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COSTANZA ARCONATI
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COSTANZA
ARCONATI ( Vienna 1800-1871): Figlia
del marchese milanese  Lorenzo Galeazzo Trotti e della nobildonna
Maria Antonia Hedwig Schaffgotsch .  Tramite la
madre, la famiglia era in ottimi rapporti con gli Asburgo, e l’ infanzia e
l’adolescenza di Costanza  trascorse
in frequenti spostamenti tra Vienna e Milano. Costanza,  sposò,
appena diciasettenne ,  il
giovane marchese, suo cugino, Giuseppe Arconati Trotti Visconti, e condivise da subito gli ideali liberali
risorgimentali del marito. In seguito alRCONATI fallimento
dei moti del 1821,   Giuseppe Arcorati, che vi aveva partecipato,  svolgendo un
ruolo di primo piano insieme a Federico Confalonieri , fuggì, grazie
agli avvertimenti  della bene
informata  suocera delle intenzioni
repressive della polizia austriaca,  all’estero, e la moglie  col
figlioletto Carlo, lo seguì. La sentenza di condanna a morte in contumacia di Arcorati ,emessa , nel 1822
( o secondo altre versioni nel 1824), dagli Asburgo, colse la copia quando si
era già stabilita in Belgio, dove il Marchese era,  proprietario , tra molti altri beni, ,del Castello di Gaesbeek . Il Castello divenne presto  un rifugio
per molti esuli italiani , tra cui Giovanni Berchet, nominato  precettore di
Carlo e legato a Costanza da un
profondo sentimento ai margini tra amore e 
amicizia. Carlo apprese, per volontà della
madre Costanza, anche -la conoscenza della lingua  e della cultura tedesca , i cui pregi ,
secondo l’opinione materna, non dovevano essere confusi  con la repressiva  politica dell’ impero austro-ungarico  nel Lombardo-Veneto. Nel
1829 morì , a 11 anni (o secondo altre versioni nel 1839 a 19 anni), il figlio
Carlo. Tornata col marito in Italia nel 1838, In seguito a
un’amnistia imperiale, Costanza si 
impegnò  come “cronista  culturale” ,  svolgendo il
rischioso ruolo di messaggera tra i patrioti detenuti in prigione
e i patrioti
sparsi in Italia o in esilio all’estero. Durante le Cinque
Giornate
di Milano Costanza collaborò
strettamente con il marito per l’ unione del Lombardo-Veneto  al
Piemonte. Nel 1850 la coppia si trasferì a Torino
dove il marito Giuseppe  Arconati 
fu eletto
deputato  al Parlamento del regno di
Sardegna e nel 1865,  avvenuta
l’ Unità d’Italia, fu nominato  senatore.
In quella città acquisì una notevole fama il 
salotto di Costanza,  frequentato
da illustri  intellettuali
e artisti liberali.  Costanza morì nel
1871 e suo marito nel 1873.
 
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ENRICHETTA CASTIGLIONI
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ENRICHETTA
BASSOLI CASTIGLIONI  ( 1803 - 1832)
. Così come altre  donne
del Risorgimento anc
 ò insieme al suo
amore per la patria  la sua resistenza al sottostare  ai
pregiudizi e alla convenzioni  borghesi  del suo tempo . A
sedici anni fu data in sposa all’anziano  Francesco Marini di Padova,
benestante, con cui ebbe una  bambina. A vent’ anni rimase vedova e
si innamorò del patriota e rivoluzionario,  SILVESTRO CASTIGLIONI,
figlio del Presidente del Supremo Consiglio di Giustizia del Duca di
Modena  .  Sfidando le
convenzioni del tempo vissero insieme condividendo i rischi e i pericoli di una
intensa  attività  cospiratoria. Dalla loro unione
extra-matrimoniale , nacque, nel 1831,  un bambino che fu chiamato
Enrico. In quello stesso anno Silvestro Castiglioni partecipò
attivamente ai moti rivoluzionari del 31.  Dopo il fallimento della
rivolta Silvestro ed Enrichetta  fuggirono da Modena per via di
mare. Nei pressi di Ancona l’imbarcazione fu intercettata dalla marina
austriaca e condotta a Venezia. Sbarcati,  Silvestro fu arrestato e
rinchiuso nella prigione di San Severo. Enrichetta ne volle
condividere la sorte e in carcere sposò Silvestro nel marzo del
1832.  In Aprile  Enrichetta morì di
cancro  in prigione    dopo 13 mesi
di  stenti  e di sofferenze.  
 
 
GIUDITTA BELLERIO SIDOLI
(1804-1871)
Sposata
giovanissima con il “carbonaro”Giovanni Sidoli ,
condivise con lui  i suoi ideali. Dopo i
moti del 1821 Giovanni Sidoli fu
condannato a morte, ma riuscì a fuggire con la moglie e la loro bambina, in
Svizzera. Nel 1828 Giuditta, rimase vedova. 
I suoi 4 figli  le furono
sottratti dal suocero, fedele a Francesco IV. duca di Modena. Nel 1831,
Giuditta   partecipò attivamente ai moti
guidati da Ciro Menotti indossando abiti tricolori. Falliti i moti  tornò in esilio prima in Svizzera e poi in
Francia, dove conobbe Giuseppe Mazzini, a cui fu sentimentalmente legata per
molti anni. Divenne  responsabile e
amministratrice del giornale “Giovane Italia, organo dell’associazione
mazziniana avente lo stesso nome. Nel 1848 il figlio Achille  combatté nella Repubblica Romana. Nel 1852 fu
arrestata e incarcerata per circa un mese a Parma, dove governava il duca Carlo
III. Dopo un breve periodo in Svizzera, dove si era rifugiata dopo il carcere,
si stabìlì con
le sue figlie, che condividevano anch’esse le idee  materne, 
a Torino. La sua casa divenne un luogo d’incontro per molti cospiratori.
Morì nel 1871, dopo avere rifiutato