Prima dell’ Affaire Dreyfus” erano già esplose , in Francia,
manifestazioni xenofobe , rivolte, in modo particolare, contro la presenza di
emigrati italiani che, per sfuggire le miserabili condizioni di vita dei loro
paesi d' origine, erano disponibili a lavorare anche per salari più bassi
e per più ore di lavoro, generando tra i nativi paure e risentimenti sino a giungere a conflitti sanguinosi tra operai francesi ed emigranti italiani . Uno degli episodi più gravi di violenza fu il cosiddetto massacro di Aigues-Mortes avvenuto tra il 16 e il 17 agosto 1893 , in cui furono uccisi 9 lavoratori italiani (e feriti centinaia) che si erano recati per lavorare dalla metà di agosto sino ai primi di settembre, nelle saline di Pecais, le più grandi della Francia. (cfr. brani)
A suscitare , comunque, i sentimenti generalmente ostili o quantomeno diffidenti dei lavoratori francesi nei confronti dei cosiddetti "viaggi della speranza" degli emigrati italiani e delle loro famiglie svolse un ruolo determinante la demagogica propaganda xenofoba della stampa di destra, nazionalista, che mirava ad alimentare, ripetendo, tra l'altro, ossessivamente il termine "invasori" riferito agli immigrati", una "guerra tra poveri" .
Brani da commentare: 1) “ Gli abitanti della zona vedono con
dispiacere questi stranieri, che, meno esigenti e con minori bisogni, vengono a
togliere loro un lavoro che a loro dovrebbe essere affidato[…] e li obbligano
ad accettare condizioni meno favorevoli. Si lamentano anche del temperamento
rissoso degli italiani che, per il minimo litigio, prendono in mano il coltello
o la pistola. Riassumendo, c’erano dei fermenti di discordia già vecchi tra
francesi e italiani che manovravano per escludersi l’un l’altro dal lavoro
delle saline” . ( lettera del procuratore generale di Nîmes al ministro guardasigilli): 2) …. Da molto tempo esiste alle
saline una rivalità tra operai italiani e francesi. Questi ultimi non vedono di
buon occhio i sudditi del re Umberto, venuti a togliere il lavoro o almeno
provocare con il loro comportamento la diminuzione della paga giornaliera. Una
volta il lavoro, veniva effettuato da operai di Aigues-Mortes e
delle Cévennes, ma da alcuni anni gli italiani nel periodo della raccolta del
sale […] invadono la zona “ (Le Journal du
Midi, 18 agosto 1893)
Bibliografia :Enzo Barnabà, Morte agli italiani! Il
massacro di Aigues –Mortes,
1893, Infinito edizioni, 2008,
pp. 57-58
Un tentativo di
ricostruzione , la più oggettiva possibile, delle cause di quanto era avvenuto, lo si trova
in un articolo su Le Figaro scritto da Bernard Lazare nel settembre 1893.(cfr. brano)
Brano da commentare: … “… Le squadre italiane finiscono le camelies molto prima delle francesi aumentando
così il salario giornaliero che arriva a 10 o a 12 franchi, a fronte degli 8 ,
9 franchi dei francesi. Una certa gelosia era nata da questa differenza
naturale, ma si era sviluppata soltanto presso gli operai erranti
che la Compagnia assume ogni anno e in
particolare tra quelli che gli operai di
Aigues-Mortes chiamano i trimardeurs. E’ acostoro che fanno risalire la responsabilità degli incidenti. In
maggioranza pregiudicati, alcuni condannati venti volte, si sono buttati sui
loro compagni italiani col solo scopo di derubarli; la prova sta nel fatto che
i cadaveri di quei poveretti sono stati depredati dei soldi che avevano
ricevuto qualche giorno prima e che dei
feriti indifesi si sono visti rovistare
e derubare. Gli operai del
posto, gli autoctoni, popolazione attratta piuttosto dal lavoro nei campi, ma
laboriosa e onesta, si sono lasciati infiammare dalle bugie di qualche
istigatore. Hanno creduto a chi raccontava loro che erano stati massacrati venti francesi e che sui cantieri
era stata innalzata la bandiera italiana. La verità è
che sono stati feriti solo alcuni francesi e che sono stati feriti non alle
saline, ma nel tafferuglio di Aigues-Mortes, colpiti da randellate che hanno dovuto
darsi reciprocamente nel fervore della lotta poiché il gregge degli italiani,
guidato e protetto dai gendarmi non
aveva alcuna arma. Oggi gli italiani hanno disertato Peccais; il
numero degli operai francesi è insufficiente, la Compagnia non può reclutarne e gli stessi abitanti di Aigues-Mortes, ripresisi dall’eccitazione passeggera,
chiedono il ritorno degli italiani e riconoscono la necessità della loro
presenza “ ( Bernard Lazare, Una visita alle saline, in Le Figaro, 15 settembre 1893)
A suscitare , comunque, i sentimenti generalmente ostili o quantomeno diffidenti dei lavoratori francesi nei confronti dei cosiddetti "viaggi della speranza" degli emigrati italiani e delle loro famiglie svolse un ruolo determinante la demagogica propaganda xenofoba della stampa di destra, nazionalista, che mirava ad alimentare, ripetendo, tra l'altro, ossessivamente il termine "invasori" riferito agli immigrati", una "guerra tra poveri" .
Brano da commentare: L’invasione :“ Il decremento della natalità, il processo di esaurimento della nostra energia (é da cent'anni che i nostri compatrioti più attivi si distruggono nelle guerre e nelle rivoluzioni) hanno portato all'invasione del nostro territorio e del nostro sangue da parte di elementi stranieri che ' adoprano per sottometterci. Una volta vivevamo seguendo Idee comuni e istinti ( buoni e
cattivi) universalmente accettati come buoni nel nostro territorio in tutta la
sua estensione ; oggi si è insinuato tra noi un gran numero di nuovi
colonizzatori (di varie formazioni) che non abbiamo la forza di assimilare, che
non sono forse assimilabili, per i quali bisognerebbe almeno determinare un
rango sociale, e che vogliono imporci il loro modo di pensare. Ciò
facendo, credono di civilizzarci; contrastano invece la nostra civiltà. Il
trionfo del loro modo di vedere coinciderebbe con la completa rovina della
nostra patria. …. ( Maurice Barrés, Contre les étrangers” , agosto 1893) .
Bibliografia :Enzo Barnabà, Morte agli italiani! Il
massacro di Aigues –Mortes,
1893, Infinito edizioni, 2008,
p. 34
Episodi xenofobi verso emigranti
italiani se ne ebbero, purtroppo, in
quegli anni e in quelli successivi anche al di fuori della
Francia. Si pensi, per esempio al linciaggio
di New Orleans di nove pescatori siciliani, accusati di avere ucciso un
sovraintendente di polizia o a quello di
cinque italiani a Talulah in Louisiana nel luglio
1899, accusati di avere ucciso un medico del luogo, o alla esecuzione di Sacco e Vanzetti a Boston nel 1927.Intanto si
diffondevano sempre di più idee fondate
sulla necessità di una solidarietà di classe tra proletari di diverse
nazioni, oggettivamente accomunati, in realtà, dalla comune condizione
dello sfruttamento patronale ( primo brano) che tuttavia trovavano sovente
ostacoli nell’ambito stesso dei
movimenti operai nazionali (cfr. secondo brano), che oscillavano, spesso, secondo quanto riferisce Enzo Barnabà , tra due opposti ideali " patria e anarchia" (terzo brano)
Brani da commentare: 1) “ .......
Sono sorte altre idee che, tutti i giorni, acquistano più forza; impregnano gli
spiriti, si stampano nei cervelli, generano concezioni nuove, nuove
forme di pensieri. Se il principio di nazionalità è ancora un principio che
guida la politica, non si fa più dell’odio contro lo straniero un dogma brutale
ed irrazionale. Si crea una cultura umana al di
là della cultura francese, della cultura tedesca, della cultura inglese;
la scienza, la letteratura, le arti diventano internazionali, non che perdano
le caratteristiche che ne fanno l’incanto e il valore, né che mirino ad un’
uniformità fastidiosa, ma sono animati da uno stesso spirito. La
fratellanza dei popoli, che era precedentemente una chimera irragiungibile, può essere sognata senza pazzia; il
sentimento della solidarietà umana si fortifica, il numero dei pensatori e
degli scrittori che lavorano per rafforzarlo aumenta tutti i giorni; le
nazioni si avvicinano le une alle altre, possono conoscersi meglio,
piacersi e stimasrsi di più, la facilità delle relazioni
e delle comunicazioni favorisce lo sviluppo del cosmopolitismo; questo
cosmopolitismo unirà un giorno le razze più diverse, permetterà loro di
federarsi in unioni pacifiche: all’egoismo patriottico, sostituirà l’altruismo
(Bernard Lazare, Contro l’antisemitismo ); 2) Si è fratelli, ma … : Queste lotte
fra operai di diverse nazioni ci fanno tristemente riflettere ancora una volta
al contrasto stridente che c’è fra quanto ogni giorno si dice nei Congressi, nei meeting, e quanto ogni giorno
avviene sul teatro del lavoro. Il più sviscerato sentimento di fratellanza si
afferma in tutti gli operai; da un continente all’altro si sentono fratelli. Ma
in patria gli operai e i loro capi non
sono teneri per i loro compagni d’altri paesi, che vengono a lavorare e a
vivere accanto ad essi. Si è fratelli, ma a condizione di restare ognuno a casa
propria. “ Non vi sono più stranieri, non più frontiere, noi siamo fratelli,
soffriamo gli stessi mali, e siamo sfruttati in tutto il mondo terrestre allo
stesso modo” dicono gli apostoli più ardenti dell’internazionalismo – ma
intanto dall’ America, dalla Svizzera, dalla Francia, ci giungono dolorosi e
straziati lamenti di questi stranieri, che non dovrebbero più esistere, e che
si vedono respinti dalla terra a cui non possono dare il dolce nome di patria.
E i governi sono loro malgrado trascinati ad inaugurare una nuova forma di
protezionismo, rispondente alle nuove
correnti e al trionfo delle nuove idee.
Ieri erano i produttori, oggi sono gli operai, che domandano di essere
protetti, e i governi cedono, e intanto si mantiene più vivo che mai quello che
Goethe chiamava l’egoismo di patria ( Pietro Sitta, L’emigrazione degli italiani in Francia, 26 agosto 1893) ; 3) "... Le
grida di Vive l’armée si coniugarono con quelle di Fourmier, la bandiera rossa con il tricolore
nazionale, il canto della Marsigliese con l’esaltazione di Ravachol, formando un groviglio il cui bandolo va
ricercato in un radicalismo operaio che pencola ora verso lo sciovinismo, ora
invece verso il ribellismo anarchicheggiante”. Si è già accennato all’influenza
esercitata, da un lato, dall’ideologia boulangista (in un’epoca in cui il
patrimonio ideale del nazionalismo era passato dalle mani dei “patrioti
repubblicani” a quelle dei nazionalisti come Barrés ) e dall’altro,
dall’agitazione gréve-généralòiste propria del sindacalismo d’action directe ...” (Enzo Barnabà, Morte agli italiani…, opera citata )
Bibliografia: Primo brano in Bernard Lazare, Contro l’antisemitismo, a cura di Massimo
Sestili, Datanews 2004 p. 31 , il secondo brano in Enzo Barnabà, Morte
agli italiani, il massacro di Aigues – Mortes ,
1893, Infinito, 2008 p.40 e il terzo brano a p. 89. Cfr. anche a pp. 65-66 dove Barnabà scrive,riferendosi all’episodio di Aigues-Mortes, che “ Nelle prime ore del
pomeriggio inizia la caccia all’italiano. Una folla preceduta da un drappo
rosso, urlando frasi quali “ Viva l’ anarchia! Viva Ravachol! Morte agli
italiani!” aggredisce tutti gli italiani che incrocia per le strade …”
BARCONE DELLA SPERANZA |
Ai drammi
connessi ai “viaggi della speranza “ degli emigrati italiani mi si
associa nella mente l’ immagine dei “barconi della speranza “ ( o più
realisticamente chiamate anche “carrette del mare” ) degli emigrati
“extracomunitari” dei nostri giorni . Inoltre i numerosi morti nei
frequenti naufragi in mare di queste “carrette”
mi fa pensare alle centinaia e centinaia di morti annegati, nei primi
anni del novecento, tra gli emigranti italiani in viaggio verso le Americhe, e che così
drammaticamente furono immortalate in tante vecchie canzoni popolari,
come per esempio il naufragio del vapore Sirio”, avvenuto nel
1907, che tanto scosse l’opinione pubblica italiana.
Canzone da
commentare: “ E da Genova il Sirio partivano // per l’America varcare i confin //
ed a bordo cantar si sentivano // tutti allegri del suo destin //
Urtò il Sirio un orribile scoglio // di tanta gente la misera fin // Padri e
madri abbracciava i suoi figli // che si sparivano tra le onde del mar // Più
di cento e cinquanta annegati // che trovarli nessuno potrà // e tra loro un
vescovo c’era // dando a tutti la sua benedizion // E tra loro ierì //
un vescovo c’era ierà // dando a tutti ierà //
la sua benedizion // Le nostre lacrime, gli stenti, l’onte // le gravi ambascie finir dovran // noi già leviamo balda la fronte,
per salutar l’astro lontan “ (da “ Il tragico
naufragio del vapore Sirio “)
Discografia: Pueblo Unido, Storia
d’Italia attraverso le canzoni popolari 1870-1918, 2 volume, Heliconia/Avvenimenti
Le condizioni di viaggio in mare , anche quando non
finiscono in tragedie,
come quella sopra ricordata, ricordano, anche esse, , sotto molti
aspetti, quelle degli emigranti
europei di più di un secolo fa. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ … Un suo cugino è già stato in Italia, lo
hanno espulso, e per adesso non ci riprova. Dice ad Alì che se vuole può
organizzargli il viaggio. […] Alì ne parla con altri cugini, sono tutti
stanchi, hanno voglia di partire, chi per fame, chi per libertà. […] Arrivano alla spiaggia, salgono su una barca che li
trasborda alla nave. La barca torna indietro per prendere altre persone. E’
buio, ma non così tanto da non vedere che lo spazio della nave è pieno di
corpi. A tastoni trovano un posto . Non dovranno cambiarlo per il resto del
viaggio. Sono le nove, quando partono. Centosessantacinque corpi, algerini e
marocchini, su una nave da pesca lunga 14 metri. Si sta stretti, i corpi si
toccano. Gli occhi aperti nel buio. Un
po’ più di spazio. I sensi all’erta. Si
sta all’erta finché la terra è ancora a portata di sguardo, per paura della
polizia . […] La notte è passata, la luce scopre gli occhi. La nave è buona,
aveva garantito il cugino, è nuova e grande. Invece fa meraviglia che possa
galleggiare. Sarebbe stato meglio non vedere. E nemmeno sentire, ché dopo poco
i piedi si sentono bagnati. La nave imbarca acqua, bagna i corpi ammassati,
stesi per terra. […]
Verso mezzogiorno, finalmente, scorgono una nave. Sono pescatori
tunisini. “ Dov’è l’ Italia?” urla il guidatore. Allora è vero, la strada non
la conosceva, qualcuno vorrebbe picchiarlo, gettarlo a mare, forse, ma questa è
per tutti la stessa barca, e di lui non si può fare a meno. “ Tranquilli –
dice. Adesso ho capito. E’ tutto a posto, arriviamo tra quatt’ore “. Ma le ore passano, le acque
passano, la nave imbarca. “ Siamo morti” pensano e dicono. Siamo morti, pensa
anche Alì. Si piange e si prega, in un unico addio. E’ tornata notte fonda, e
un’altra luna. Alla sua poca luce, il pianto del guidatore. “ Siamo perduti-
dice. Non so la strada. Siamo perduti .” A quelle lacrime, in quella luce, un
carico di morti viventi. Su quell’abbandono cala il silenzio. Da lontano, come
un’altra vita, le luci di una nave. Si avvicina, la gente riprende voce, e
anima. Si ride, si piange ancora, e dove pianto e riso si toccano, là si
ringrazia. Ci sono dei pescatori italiani sulla nave, ma per loro sono come il
corpo di Cristo che cammina sulle acque a risuscitarli. Li guidano fino a
Lampedusa. Viene un’alba nuova. Prima di arrivare a terra li prendono in
consegna due motoscafi della guardia costiera, uno davanti e uno dietro, li
scortano fino al porto, alla salvezza. Alì sa di essere stato fortunato. …” (
Alì in Marco Rovelli, Lager italiani, Bur 2006 )
Bibliografia: in Marco Rovelli, Lager italiani, Bur 2006
pp. 20, 21, 22
IMMIGRATI NEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE E DI ESPULSIONE |
Per gli immigrati, inoltre, che sopravvivono a questi drammatici “viaggi della
speranza” vi è, poi, per la maggior parte di essi, la reclusione , in campi ove si procede , sin dalla loro istituzione nel 1998 dei
Centri di Permanenza Temporanea ( CPT), alla loro identificazione ed espulsione ( proprio per
questa loro specifica funzione il loro nome, oggi , è stato mutato in Centri di identificazione e di espulsione (Cie) .
La comune caratteristica di
questi edifici, per altri aspetti
alquanto differenti tra loro, è quella di essere recintati da mura e reti metalliche, e sorvegliati notte e giorno da telecamere di
sorveglianza “ . All’ interno di questi campi vige una scarsa, o nulla, tutela
dei diritti umani, che ricorda la situazione, negli anni trenta del XX
secolo riservata in molti paesi d’ Europa ai cosiddetti “ senza patria “ ( o
apolidi) come gli ebrei, gli esuli stranieri antifascisti o antistalinisti, ecc. . (cfr. brano)
Brano da commentare: … “Nella storia europea i diritti umani sono
inscindibilmente legati alla condizione di cittadino: non a caso la storica
dichiarazione che in qualche modo è il simbolo giuridico della Rivoluzione
francese si chiama “ Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. I
diritti umani si possiedono solo se si è cittadini. Così gli apolidi “ privati
del diritto di cittadinanza” si trovarono ad essere senza alcun diritto , la
schiuma della terra “. Persero ogni diritto. Quello della patria,
ovvero dell’ambiente circostante, del proprio tessuto sociale, ma soprattutto
l’impossibilità di trovare una nuova patria. Conseguentemente , perdita della
protezione del governo, e dello status giuridico in tutti i paesi. [….] I senza
patria mancano di un posto al mondo. Il loro trattamento non dipende da ciò che
fanno, ma da ciò che sono. Esattamente la condizione dei migranti che finiscono
reclusi/esclusi nel Centri di Permanenza
Temporanea - i nostri lager, i nostri
campi dove il diritto è totalmente sospeso, dove regna un vero e proprio stato
d’eccezione. […] Nei campi si manifesta pienamente la struttura del potere
sovrano: la logica, paradossale, dell’eccezione. E’ evidente che nei lager
nazisti le condizioni di vita erano abissalmente diverse da quelle che si
trovano nei CPT. Ma ciò non toglie che
la struttura che li sorregge concettualmente sia la medesima. Persone private
di ogni status giuridico, internate per ciò che sono. Sottoposte al diritto in
quanto il diritto li priva di ogni protezione. Internati in spazi d’eccezione
dove la legge è sospesa. Sono “espulsi trattenuti”: non più “cittadini”, ma
solo espulsi (dunque non sono già più sul territorio nazionale ) , eppure
trattenuti ( e ciò che è trattenuto è la loro nuda vita, dal momento che ogni
stato giuridico gli è negato). " ( Marco
Rovelli,
Lager italiani, Bur
2006)
Bibliografia: Marco
Rovelli,
Lager italiani, Bur
2006) pp. 267, 269, 270
Usciti dai Centri
senza permesso di soggiorno si diventa
automaticamente “ irregolari”, “ fuorilegge” ( perseguibili per il reato di “clandestinità”) e sottoposti pertanto a umiliazioni, sorprusi persecuzioni e sfruttamento di ogni tipo. ( cfr. brano)
Brano da commentare: “ La prima cosa che
mi è successa è stata quella di essere rinchiuso in una gabbia, in un Cie.
Dopo quasi due mesi mi hanno rilasciato dicendomi che dovevo ritornare a casa e
io non sapevo cosa fare. Ho trovato lavoro dopo poco, grazie ad un amico che vive in Italia da tre anni,lavoravo nei campi,
pagato pochissimo e trattato come una bestia. Finita la stagione di lavoro, mi
hanno fermato per un controllo i poliziotti e mi hanno portato in carcere
perché mi hanno detto che ho commesso un crimine … quale? Non l’ ho ancora
capito, me lo stai spiegando tu, ma ancora non capisco che legge assurda avete
qui in Italia. Mi rilasciate, mi fate lavorare e poi mi mettete in carcere e
ora sono di nuovo fuori, senza documenti, con il decreto di espulsione. Non mi
hanno riportato a casa, mi hanno rilasciato in questa condizione assurda dove
non posso fare altro che lavorare in nero senza nessuna possibilità di
regolarizzare la mia posizione. Non posso fare niente senza documenti, posso
solo sopravvivere fino a che non mi fermeranno e riporteranno in carcere." ( Khalid, Egitto in Andrea Staid, I dannati della ............)
Bibliografia: in
Andrea Staid, I dannati della metropoli. Etnografie dei migranti ai confini della legalità, nuova edizione con film e disegni di Francesca Cogni, Millieu,
2015, pp. 122-123
Analoghi
fenomeni di xenofobia e di “proteofobia” ( intendendo con
questo termine, coniato, per quanto ne so, da Zygmunt Bauman, la paura nei confronti di chi , in qualche
modo” è recepito come “differente “) sono sempre stati e lo sono, in
parte, tuttora , alla base dell’avversione nei confronti
dei cosiddetti “zingari”. La proteofobia che essi suscitano è,
in gran parte, originata dal l "nomadismo", spesso più presunto che effettivo,
e "stile di vita" ritenuti una minaccia per le popolazioni
"civilizzate" sedentarie. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ .. “ Con
caparbietà, con orgoglio, il popolo gitano ha mantenuto per secoli la
specificità del proprio carattere, la sua differenza esistenziale e culturale,
in un mondo poco preparato a rispettarla, o anche solo a sopportarla. Il timore
popolare dei gitani (la “proteofobia” che risvegliano qua e là) è
giustificato; ma non per la loro presunta inclinazione al crimine quanto per
alcuni tratti della loro identità collettiva, della loro idiosincrasia, che si
scontrano frontalmente con le abitudini e i modi di pensare del resto della
società – e per questo vengono percepiti come una minaccia, una sfida, un
rifiuto di sottomettersi destabilizzante. […] In primo luogo il loro
disinteresse per qualunque Patria, per qualunque Paese che dovrebbero
riconoscere come proprio ( e se necessario anche difendere, uccidere in suo
nome) e la loro parallela rivendicazione del Cammino, della libertà assoluta di
movimento, del Diritto al nomadismo, dell’opzione di vivere migrando – vivere
la strada e sulla strada […] La tribù gitana, nomade, nemica delle case e
amante delle intemperie, con i bambini che non vanno a scuola, indifferente
alle leggi dei paesi che attraversa, era un esempio di libertà che
l’Occidente non poteva tollerare: un modello di esistenza a fatica sfruttabile,
a malapena redditizia (economicamente e politicamente); un tacito scherno,
un’implicita beffa, quasi un attentato contro i principi di fissazione
(assegnazione residenziale) lavorativa, territoriale, sociale e culturale che
il nostro regime socio-politico mette in pratica per controllare le popolazioni
e assoggettarle all’apparato produttivo e per gestire le esperienze di vita
degli individui attraverso la docilità e il mimetismo “ ( Pedro Garcia Olivo, L’enigma della
docilità o della servitù in Democrazia )
Bibliografia: Pedro Garcia Olivo, L’enigma
della docilità o della servitù in Democrazia Nautilus 2014 pp. 41,42,p. 44
Nel passato già dalla fine del
secolo XV al loro arrivo in Europa, gli zingari furono
duramente discriminati e perseguitati, dagli Stati cristiani sia cattolici
che protestanti. Il culmine di una politica persecutoria, volta al loro
totale sterminio, ( = poryaumos) fu raggiunto, infine, durante il regime
nazista, attivamente appoggiato dopo l’entrata in guerra , nel 1940. dall' Italia fascista. (cfr. brano)
BAMBINI ROM NEL LAGER DI BIRKENAU |
Brano da commentare: “ Il nazismo
basandosi su una interpretazione biologistica dei fenomeni sociali
, venne elaborando una teoria folle intorno al concetto (utopico) di razza.
Secondo questo modo di vedere, esisterebbero razze diverse” stigmatizzate come
inferiori (razzismo antropologico); non solo, ma anche all’interno di una razza
esisterebbero determinati gruppi considerati inferiori e pericolosi (igiene
razziale). Le due tassonomie sembravano coesistere negli zingari: essi infatti
risultavano appartenenti a una razza inferiore e nello stesso tempo pericolosa
socialmente. […] Il prof. Robert Ritter direttore del Centro di ricerca sull’igiene della razza, e la sua
collaboratrice Eva Austin, soprannominata dagli Zingari “Loli Ciai” (ragazza rossa” per il colore dei suoi capelli, proponevano la
separazione dei sessi, l’aborto, la sterilizzazione. Poi, come per gli ebrei,
si fece strada il disegno dell’annientamento fisico: anche gli Zingari
dovevano essere sterminati e scomparire dalla faccia della terra . Le tappe di
questo calvario ebbero inizio nel 1938 quando Heinrich Himmler ordinò che gli Zingari fossero tutti schedati e registrati dalla polizia.
Nel 1939 Reinhard Heidrich per ordine di Hitler emanò una legge
(editto di insediamento) in base al quale gli zingari erano obbligati a
risiedere nei cosiddetti campi di abitazione, appositi quartieri per Zingari
nelle periferie cittadine, simili nelle finalità ai ghetti ebraici. Nel
dicembre 1942 venne l’ordine di Himmler di internamento nei campi di
concentramento di tutti gli zingari del Reich, compresi quelli di sangue misto,
a qualunque età e sesso appartenessero. Iniziarono le deportazioni in massa nei
campi di sterminio nazisti. […] Lo sterminio degli Zingari fu messo in
atto anche nei paesi satelliti o occupati dalla Germania nazista
[…” ] La persecuzione nazista ha avuto effetti devastanti sulla società
zingare. Ha causato innanzitutto ( un forte vuoto demografico: interi clan
scomparvero nelle camere a gas (anche i due gruppi degli Zingari cosiddetti
puri o germanici e dei Sinti Lalleri, che Himmler in un primo momento intendeva preservare)
; in Polonia perse la vita il 75%; in Boemia e Moravia la maggior parte
furono sterminati; in Lituania, Estonia e Lettonia la distruzione fu totale.
“ (Opera Nomadi Milano, Gli Zingari, febbraio 1997)
Bibliografia: Angelo Arlati, Le persecuzioni contro
gli zingari: una pagina tragica e poco conosciuta in Opera Nomadi di
Milano, Gli Zingari, in Il Calendario del popolo, anno 52° n. 606,
febbraio 1997, pp. 30-31
Oggi nonostante gli orrori compiuti nel
passato persistono ancora in Europa e in Italia pregiudizi e
tendenze persecutorie nei loro confronti. Si pensi per esempio alla
vergognosa proposta di non molti anni fa in Italia , da parte della destra al
governo, di prelevare le impronte digitali dei bambini e delle bambine
“zingare”. Si deve ,inoltre notare
che, paradossalmente, l’ estrema diffidenza e malanimo nei confronti
dei Rom, presenti da secoli nell’Italia centro meridionale e dei Sinti, diffusi
nell’Italia settentrionale e centrale, che per quanto ne so, hanno
cittadinanza italiana e sono di religione cattolica, non vengono
meno neanche quando costoro si rivelano del tutto
disponibili ad integrarsi ( per es. mandando i loro figli a scuola, o
cercando un lavoro o desiderando lasciare il campo ed andare ad abitare in una
casa (cfr. brano).
Brano da commentare: “ … E’ facile
chiedersi perché i rom non escono dai campi e non trovino delle soluzioni
alternative. Oltre al peso che ci si porta dentro, c’è anche la beffa del
sistema. Quando un rom straniero ha i documenti in regola, che attestano però
che vive al “campo nomadi XY “ o semplicemente in quella via in cui
vi è solo il campo, e va a cercare un lavoro, cosa ci si aspetta che succeda?
Che trovi un datore di lavoro illuminato ? Ho visto un’opera di suore rifiutarsi
di accettare donne rom in corsi per collaboratrici domestica, che
avrebbero dato loro accesso al permesso di soggiorno ed a un’eventuale
occupazione. Le suore hanno una paura fottuta degli “zingari” come chiunque
altro. Figuriamoci un datore di lavoro medio. Un’amica che fa la bidella ha una
paura tremenda che si venga a sapere che è sinta. Perché dovrebbe avere paura? E’
italiana, ha un lavoro regolare, paga le tasse. Eppure non basta mai. Se
non hai un lavoro è perché sei un disadattato, se lo hai sei automaticamente
sospettato di combinare guai. Non fa differenza se lavori, se hai
una casa, se i tuoi figli vanno alle superiori. Lo stigma dell’essere un
non integrabile continua a perseguitarti …”Lorenzo Monasta, I pregiudizi contro gli “zingari” … )
Bibliografia: Lorenzo Monasta, I pregiudizi
contro gli “zingari” spiegati al mio cane BFS
Biblioteca Franco Serrantini edizioni , 2008,
pp.63-64
Pregiudizi sessisti e razziali sono poi quelli
che specificatamente investono le donne “romni” (o “ romanì ") . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ L’immaginario
italiano circa l’identità delle donne romanì è solito oscillare come un pendolo tra lo
stereotipo romantico della “zingara” cartomante e un po’ strega, girovaga
felice per il mondo, e la vittima irresoluta di un antico e superato mondo
patriarcale, violento e misogino. Ma è ancora il “ nostro “ immaginario a
stereotipare e inchiodare “il corpo delle altre” in un dispositivo
stigmatizzante ben conosciuto, a scelta tra la femme fatale e la donna
infantilizzata da proteggere (prima di tutto da se stessa) […] Pur nel
dichiarato tentativo di affrontare e risolvere la persistente molteplice
discriminazione verso le donne romani , le istituzioni non riescono ad
abbandonare quello sguardo performante le identità e quindi le necessità delle
donne appartenenti a queste comunità . Non sarà forse un malcelato tentativo di
autoassoluzione, ma è comunque significativo che da più parti si sostenga, con
la certezza di chi sa interpretare la divinatrice “voce del popolo” che le
donne romanì soffrono discriminazioni maggiormente persistenti e evidenti
all’interno delle comunità di appartenenza. [….] Proviamo ad approfondire
maggiormente se il sessismo e la struttura patriarcale delle comunità rom
possono essere ritenuti quasi esclusivamente gli unici elementi discriminatori
per le donne romanì. […] Ci siamo già brevemente soffermati
sulla tendenza del “nostro” sguardo a etichettare i gruppi rom con
denominazioni e identità culturali, quando non linguistiche, che spesso si
rivelano del tutto inadeguate e infondate. […] Non sto sostenendo che le
donne romani vivono il migliore dei mondi possibili.
Forse vivono una segregazione e una discriminazione di genere molto più simile
alla nostra di quanto siamo disposte ad accettare, poiché la convinzione
dell’esistenza di un mondo più sessista e arretrato del nostro ci rassicura e
ci fa sentire, solo per un attimo, meno desolatamente oppresse. Se quindi
vogliamo sostenere che le comunità rom sono spesso attraversate da maschilismo
e da una divisione tra i gruppi maschile e femminile, lo si faccia pure, senza
dimenticare che esso è esattamente speculare a quanto ogni donna gagé sperimenta sulla propria pelle ogni giorno nella società in cui viviamo.
Le donne romni vivono una discriminazione multipla: legata al genere, alla minoranza di
appartenenza, alla classe. Definiamo il potere politico come espressione
della classe dominante, del
genere dominante e dell’etnia dominante: muovendo da questo posizionamento del
potere decisionale, spesso performante il cosiddetto buon senso comune, appare
del tutto evidente come qualsiasi intervento studiato per “aiutare” gli zingari
può avere in sé, consciamente o no, i germi dei nostri atteggiamenti di
rigetto. E’ del tutto pretestuoso che una società (o i suoi membri
illuminati ) riconosca di avere maltrattato o di continuare a maltrattare
un gruppo minoritario e pretenda poi di sapere come “aiutarlo” prevedendo
unicamente interventi sul gruppo e non su se stessa ….” (Martina Guerrini, Pratiche
di dis-identità. La discriminazione
sessista contro
le…. )
Bibliografia: Martina Guerrini, Pratiche di dis-identità. La discrinminazione
sessista contro le donne romni in
una prospettiva anticolonialista in “ RomAntica
Cultura- Invisibilità ed Esclusione del Popolo Rom a cura di Vaklentina Montecchiari, Martina Guerrini,e Valeria Venturini in Briciole n. 32/2012 a cura del Cesvot (Centro VolontariatoToscana). Cfr. anche
Claudia Piccinelli, Rom,
questione di sguardi,
in A rivista anarchica n.
382 , estate 2013, pp. 160-161
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