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OCCUPY: WE ARE THE 99% |
Passando ora ad
esaminare la “questione sociale” nel
primo decennio del XXI secolo, nelle
società capitaliste occidentali ancora assai forte è la miseria e la disoccupazione e
l’emarginazione di molti strati della popolazione e ciò sfata inesorabilmente
il mito connesso al capitalismo secondo cui esso è portatore sicuro di progresso e di
benessere. Un mito, quello del successo del
capitalismo, la cui fragilità si
scorgeva già , per alcuni studiosi, alcuni anni prima quindi della cosiddetta crisi
economica (finanziaria e industriale) e sociale contemporanea. (cfr. brano)
Brano da commentare : “ Non
c’è ombra di dubbio che il Capitalismo Liberale sia fallito. Poco importa che
anche il suo antagonista “classico” (il
suo amato nemico), il Socialismo Reale, sia fallito: il Capitalismo liberale non doveva vincere tanto il suo
avversario ideologico quanto le difficoltà che avrebbe incontrato nel momento
di realizzare il suo programma, il suo progetto, nel momento in cui sarebbe
stato all’altezza delle sue promesse – e
si è arreso di fronte a questa difficoltà, non è riuscito nemmeno a sfiorare
ciò che aveva promesso. […] E’ già da
parecchio tempo che il capitalismo è fallito fuori dalla sua patria (il Nord) e non accetta venga tirata
in ballo la sua responsabilità nella condizione di miseria e terrore in cui
versa la maggior parte del Pianeta. E’ una lunga storia che iniziò con il
colonialismo, continuò con la dipendenza economica, fece un altro passo avanti
con il riordinamento multinazionale delle forme e dei modi dell’imperialismo e
presto finirà con il capitolo più fallimentare di tutti, quello che si intitola
“globalizzazione”. Eppure risulta che il capitalismo abbia fallito anche a casa
propria. Aveva promesso la prosperità, il benessere, l’eliminazione della
povertà, la tranquillità materiale delle popolazioni, una vita degna sulla base
della cancellazione del problema della fame e della vulnerabilità di fronte
alle malattie, ecc. Non è riuscito a ottenere questo nemmeno nei suoi domini,
nel mondo occidentale. Non mi riferisco solo alle “sacche di povertà” che
persistono qua e là nei paesi “ricchi” ,
ma anche alla comparsa in questi paesi di una
nuova povertà e
al fatto sconcertante […] che perfino
nei periodi di prosperità economica, di crescita dell’economia, come quelli
vissuti a partire dal 1980, questa povertà si è aggravata e ingrossa le proprie
fila in maniera allarmante […] I prossimi anni ci daranno altre prove di questo
fallimento economico del Capitalismo Liberale anche nei luoghi in cui celebrava
i suoi festini “ (Pedro García Olivo, L’enigma della docilità o della servitù in
Democrazia, Barcellona 2005)
Bibliografia: Pedro García Olivo, L’enigma della docilità o della servitù in
Democrazia, Nautilus , 2014, p. 86
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PADRE E MADRE SFRATTATI CON FIGLI |
Una palese “turpitudine sociale” ( cfr. post: CAMILLE
PISSARRO) del nostro tempo consiste
nella disattesa, nelle nostre
società, cosiddette “ civilizzate” del diritto all’ abitazione per un
grande numero di persone . E ciò
rappresenta un così grave problema che,
nel 2012, Michael Albert, chiedendosi come allargare il consenso nei
confronti del movimento statunitense, “Occupy” , elencava l’ipotesi
di alcune “azioni dirette”, idonee a contrastare sfratti, pignoramenti, ecc.
(cfr. brano)
Brano da commentare: “ Tra le priorità di Occupy ci
sono le condizioni di vita delle persone e degli attacchi che subiscono. Occupy, in
un luogo preciso, o in molti luoghi, o anche in tutto il mondo, potrebbe, per esempio, chiedere la sospensione
dei pignoramenti e la ricollocazione di coloro
che hanno perso la casa. Potrebbe Occupy lottare per questo obiettivo con modalità che abbiano gli
effetti desiderati sui propri membri e su quanti seguono le sue battaglie,
ottenendo quanto chiede? Certo. Banche e
società finanziarie potrebbero essere gli obiettivi di raduni, picchetti, e, se
il sostegno è sufficiente, occupazioni. Le famiglie che abitano case che stanno
per essere pignorate potrebbero essere collettivamente protette dallo sfratto.
Si potrebbe anche immaginare di
assediare le abitazioni dei dirigenti di
quelle banche e società finanziarie che rendono operativi i pignoramenti
sfrattando gli abitanti dalle case. Si potrebbe immaginare di prendere in
consegna edifici vuoti per destinarli ad alloggio. E si potrebbe anche
immaginare di avanzare richieste a catene di hotel e motel per assegnare alcune
camere agli sfrattati. Oppure , e questo
sarebbe un colpo grosso, si potrebbe immaginare di chiedere la riconversione di
alcune basi militari per costruirvi alloggi ad affitti contenuti, da assegnare
prima agli stessi militari in forza in
quelle basi che partecipano attivamente al progetto di riconversione,
lasciandone la gestione alla burocrazia militare, e poi estendendo il diritto
anche agli abitanti della zona. Fare una qualsiasi o tutte queste cose, senza
dubbio, tra le molte possibili, potrebbe, se ci fosse un sostegno sufficiente,
avere gli effetti desiderati. Fare le stesse cose in più luoghi, pensarla come
una campagna globale, potrebbe rendere ogni istanza molto più forte e
influente, aumentando le probabilità di ottenere i risultati voluti. “ ( Michel Albert,
Dove
va Occupy?
Bibliografia: Michel Albert, Dove va Occupy? In Salvo Vaccaro, agire altrimenti. Anarchismo e movimenti
radicali nel XXI secolo, eléuthera, 2014 , p. 54
Anche per quanto riguarda il drammatico problema del lavoro all' interno delle società capitalistiche contemporanee e alla necessità di un cambiamento più equo e più giusto Michel Albert avanzava , nel 2012, riferendosi ad Occupy , l’ipotesi di alcune
pacifiche “ azioni dirette “ .
(cfr. brano)
Brano da commentare: “ … Come possiamo
ottenere la piena occupazione in un’ economia
che non sta nemmeno consumando quello che produce, anche con l’attuale dura
disoccupazione? Pensiamo alla redistribuzione di cui sopra, oltre a un
cambiamento delle strutture lavorative. Non solo lavoro per tutti, ma salari
minimi incrementati e un tetto al reddito massimo, oltre a un limite per gli
straordinari. In effetti, perché non chiedere una settimana lavorativa più
corta, quindi con più posti di lavoro disponibili, ma senza riduzione della
retribuzione tortale (pur lavorando meno ore ) per coloro che guadagnano meno
della media della società ? Sarebbe molto redistributivo. Si potrebbe lottare
per questo parlando non solo dei benefici immediati, ma di come sia un percorso
verso una equità e giustizia. Non è il traguardo, ma è certo una tappa
importante lungo il percorso. Anzi, ottenendo un minor tempo di lavoro potremmo
anche creare una base per il cambiamento grazie al maggior tempo da dedicare al
movimento. Qualsiasi tipo di azione può essere utile – dai raduni ai teach-in, dai cortei alle occupazioni – per far
conoscere i benefici sociali contenuti in queste richieste . E, come con il
programma relativo alla casa, possiamo immaginare che cosa succederebbe se i
movimenti Occupy in
tutto il mondo avanzassero richieste per una settima
na lavorativa più corta,
per la redistribuzione
del reddito e per
la piena occupazione, e tutti agissero in modo coordinato, rifacendosi
all’aiuto reciproco. ….”
( Michel Albert,
Dove
va Occupy? )
Bibliografia: Michel Albert, Dove va Occupy? In Salvo Vaccaro, agire altrimenti. Anarchismo e movimenti
radicali nel XXI secolo, eléuthera, 2014 , pp. 55-56
D'altronde c'è da rattristarsi profondamente anche
considerando l' attuale condizione del lavoro dipendente. Nel corso del
primo decennio del XXI secolo, la situazione lavorativa è
ulteriormente peggiorata come mostra il diffondersi di
fenomeni come l’abbassamento dei salari, l' aumento dei tempi
di lavoro, la perdita progressiva dei diritti conquistati con le lotte degli
anni sessanta e settanta, l’aumento delle cosiddette “morti bianche”
nei luoghi di lavoro, ecc.
Brano da commentare: “ …. I
mass media agitano la parola “sicurezza” di continuo, ma non si
riferiscono alla guerra quotidiana del lavoro, no, con quella parola agitano lo
spettro dell’immigrazione, ché avere un nemico facile a portata di mano
conviene […] Meglio farebbero quei media, invece, a
spendere un po’ di tempo e spazio per dar conto di come vanno i procedimenti
sulle morti del lavoro. O meglio di come non vanno avanti. Di come
queste vite vengano cancellate anche dopo la morte. Del resto le sanzioni sono
del tutto inadeguate , e questo è una garanzia per chi vuole usare vite umane
come merci. Cominciamo da qui, da sanzioni pesanti, è questo che dice la
maggior parte dei familiari delle vittime. Non per vendetta del passato, ma per
giustizia del futuro. Però non basterebbe neppure questo, senza una serie di
altre misure. Perché si tratta di affrontare davvero i dati strutturali
della questione: la frammentazione del processo produttivo, la catena infinita
degli appalti, la ricattabilità e la precarietà dei lavoratori, la
competizione selvaggia scaricata sul costo del lavoro e sulla sicurezza …” (
Marco Rovelli, introduzione ....)
Bibliografia: Marco Rovelli, Introduzione al suo libro Lavorare uccide BUR 2008
Nel convegno “In bilico tra sicurezza e lavoro” , svoltosi
a Torino il 23 febbraio 2008 ed organizzato dai sindacati di base del
Piemonte, furono trattati, in modo approfondito, questi temi e furono
elencate le più importanti lotte sociali ed operaie, avvenute in
quegli anni, in Italia, e di cui alcune di esse sono tuttora in
corso
Brano da
commentare: " Su questo terreno il sindacalismo di base in questi
anni ha condotto lotte importanti, pensiamo solo alla May Day che
ha posto al centro la questione generale del precariato, agli scioperi
dei precari, alle lotte e manifestazioni contro la privatizzazione dei servizi
sociali e la mercificazione dei beni naturali indisponibili che abbiamo
organizzato, a mille vertenze locali, aziendali e categoriali. In questo
convegno è stata portata, d’altro canto, l’esperienza che abbiamo fatto nella
lotta della Valle di Susa contro il TAV, quella degli scioperi autoorganizzati dei ferrovieri dopo la strage di
Crevalcore,, le vertenze contro il Petrolchimico di Marghera e le lotte
popolari di Scanzano e delle popolazioni campane contro le
discariche e gli inceneritori, per citare solo alcuni esempi. Queste lotte
hanno affermato una visione generale dell’indipendenza degli interessi dei
lavoratori e delle popolazioni contro la logica del profitto e gli interessi
delle élites
politico affaristiche..”
Bibliografia: Simone Carinzi, Tra
sicurezza e lavoro (
in A - Rivista anarchica n. 336
Giugno 2008 p . 26
e p. 25
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BALENO E SOLE |
Tra
le vittime delle lotte alla fine degli anni novanta e i primi
anni del duemila, e tuttora in corso, condotte dalla popolazione locale
della Val di Susa contro la devastazione
ambientale e i notevoli riflessi negativi sulla vita
quotidiana e sull’esistenza dei valligiani a causa del
progetto della cosiddetta TAV (cioè Alta Velocità) , appoggiato dal
governo a favore degli interessi di grandi gruppi industriali e finanziari, si
deve ricordare la giovane “suicidastata” MARIA SOLEDAD ROSAS (1974-1998), (cfr. post: CAMILLE
PISSARRO ) che accusata ingiustamente di alcuni attentati, avvenuti in Val Susa, contro i primi lavori
per il TAV, si impiccò l’11 luglio 1998 qualche giorno dopo la morte per
impiccagione del suo compagno, anche lui “suicidastato”, EDUARDO (Edo) MASSARI ( Baleno)
(1963-1998), nel carcere delle Vallette il 28 marzo 1998.
Brano da commentare:
“ Ci vogliono morti perché siamo i loro nemici e non sanno che farsene di
noi perché non siamo i loro schiavi” (parole di Soledad)
Canzone da commentare: “
Solitudine /Perche? Anche i serpenti volano / Non tradiscono il loro idioma /
Solitudine / Volteremo le spalle con te / al passato…conforme /
Per vincere nelle stanze occupate / Solitudine / Nelle celle che ti hanno
racchiusa/ mentre Edo moriva re….mando / Solitudine / Adesso possiamo
intingere le penne nel Sangue / Hanno schiacciato anche i sospiri / Sento uno
stormo di sassi da vetro / Solitudine / voglio che il mare sia cielo !!!
/ Il tuo pugno di cenere disperso / è con noi tutti / Solitudine / Non
più “ ( Canzone per Sole di Salvatore Corvaio e cantata dal gruppo musicale Kurkuma. )
Bibliografia: Il brano e la canzone si trovano nel documentatissimo libro di Tobia
Imperato, Le scarpe dei suicidi Sole Silvano Baleno e gli
altri, Torino 1998 due suicidi di Stato Autoproduzioni Fenix 2003 p. 144
Il libro di Tiziana Barillà. Quelli che Spezzano. Gli arbӫreschӫ tra comunalismo e anarchia racconta, in modo molto suggestivo, l’ esperienza comunalista , iniziata negli anni settanta, della città calabrese di Spezzano (Spixana), dove sussiste da circa quattro secoli una forte componente albanese ( arbӫreschӫ) (. (cfr. brano) Brano da commentare: “ La storia della Calabria è storia di guerre, insurrezione e anarchia . Da secoli. Da sempre. E gli albanesi di Calabria, anche quelli di Spixana/Spezzano Albanese hanno avuto un ruolo di protagonisti. […] Secoli dopo l’arrivo degli arbӫreschӫ, Spezzano è una delle tante cittadine del Sud Italia. Della città fondata alla fine del Quattrocento restano poche tracce, per lo più orali… La lingua arbӫreschӫ irrompe dagli usci delle case e dalle porte del bar, arrivando fino alla strada. […] Qui la cultura arbӫreschӫ incontra quella calabra, teste dure e cuori soffici. Una miscela esplosiva di accoglienza e ribellione “ ( Tiziana Barillà, Quelli che Spezzano….)
Bibliografia: Tiziana Barillà. Quelli che Spezzano. Gli arbӫreschӫ tra comunalismo e anarchia Fandango libri, 2020 p. 7 e p. 9. La bella copertina del libro è opera di Anarkikka , 2020 . Progetto grafico di Francesco Sanesi , a cui mi sono ispirato per la seguente scenetta in creta.
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DUALISMO ORGANIZZATIVO
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Nel racconto assai suggestivo
di Tiziana Barillà del quarantennio di
lotte e di iniziative libertarie promosse dal 1973 dal Circolo culturale
Pinelli, che poi prese il nome di
Gruppo Anarchico “G. Pineli” nel 1976, e nel 1986 aderì alla Federazione Anarchica Italiana (FAI) e infine
nel 1996 di Federazione Anarchica “
Spixana” (Faspixana) vengono messe in
evidenza le varie fasi del passaggio che condurranno, grazie ad una sempre più
intensa partecipazione popolare, ( espressa nell’ Unione Sindacale di zona
(Usz) e più tardi nella Federazione municipale di base ( Fmb) al consolidarsi
di una “Spezzano altra’ opposta alla “Spezzano del potere” rappresentata
dall’amministrazione comunale governativa. quella attraverso una continua
ginnastica rivoluzionaria. (Cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il
senso pratico ci dice che miliardi di persone non possono certo fare la
rivoluzione all’unisono. Per riempire questa contraddizione, Lenin teorizza il
concetto di avanguardia rivoluzionaria,
un gruppo di rivoluzionari di professione che danno la direzione ai movimenti
di massa. Ed è il partito, nel caso specifico, ad assumere questo “comando”. In
ottica anarchica, invece , la soluzione viene individuata da Bakunin prima e
Malatesta poi: “ il dualismo organizzativo”, possiamo semplificare, consiste
nella separazione tra l’organizzazione di massa e quella politica. Nessuna
delle due basta a se stessa, nessuna delle due deve soffocare l’altra. […] A
Spezzano si fa del “dualismo organizzativo” il proprio metodo : “ Non
abbiamo mai voluto confondere il gruppo
anarchico con i comitati, né dopo con l’Usz e con la Fmb”, conferma Minikuci “
(( Tiziana Barillà, Quelli che
Spezzano….)
Bibliografia: Tiziana Barillà. Quelli che Spezzano. Gli arbӫreschӫ tra comunalismo e anarchia Fandango libri, 2020 p. 7 e p. 9
Nota mia: L’Usz si ispira all’anarco-sindacalismo (
cfr. post Unione Sindacale Italiana ) e l’ Fmb
al municipalismo libertario di
Murray Bookchin ( cfr. post Anarchici
americani contemporanei) Domenico Liguori ( Minikuci) uno dei principali fondatori e
animatori del circolo libertario Pinelli
nel 1973 e delle sue successive trasformazioni, descrive dettagliatamente i tratti caratteristici della "Spezzano altra" . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ è la Spezzano che rispecchia in piccolo il
vivere sociale nella libertà, che rifiuta il dominio, l’oppressione, lo
sfruttamento dell’uomo sull’uomo di cui lo Stato e dunque il parlamento, il governo e la magistratura ne
sono i garanti; è la Spezzano degli
uomini e delle donne, studenti, giovani, disoccupati, lavoratori, pensionati
che si rendono artefici in prima persona del proprio futuro; è la Spezzano
degli anarchici, dei libertari e di quanti non si riconoscono nelle regole del
dominio di padroni. Stato e chiesa perché amano allo stesso modo le proprie e
le altrui libertà; è la Spezzano delle lotte popolari e in continua ribellione
contro i soprusi e le ingiustizie sociali della Spezzano del potere, della
Spezzano delle amministrazioni comunali, dei sindaci, consiglieri, assessori
dei partiti, dei sindacati, delle associazioni di regime; è la Spezzano che combatte e rigetta la
politica di palazzo, la politica di potere che permettono a un pugno di persone
di decidere sulla testa di intere comunità; è la Spezzano che afferma e pratica
il vero senso della politica, della politica di piazza e di quartiere, della
politica assembleare; della politica che passa la parola e le decisioni
all’intera comunità; è la Spezzano della
libertà, della coerenza, della schiettezza, della solidarietà, del mutuo
appoggio, dell’amore e della sincera amicizia fra simili; è la Spezzano
orgogliosa della propria dignità umana , che non lecca il potere per ricevere
briciole, per avere tornaconti personali, ma che delegittima quotidianamente il
potere con conquiste sociali autogestionarie; è la Spezzano degli uomini e
donne che non delegano ad altri la risoluzione delle problematiche
comunitarie; è la Spezzano che si auto
gestisce e sui autogoverna con la quale necessita schierarsi se si amano la
libertà, la giustizia e l’uguaglianza sociali. “ ( Domenico Liguori, Esperienze comunaliste a
Spezzano Albanese )
Bibliografia: Domenico Liguori, Esperienze comunaliste a
Spezzano Albanese in Sentieri
libertari. Storie e memorie sulla
Federazione anarchica Italiana 1945-2015, Zero in condotta 2016 p. 210. Cfr. per le caratteristiche , invece, della "Spezzano del potere" p. 211. Domenico Liquori è anche autore,
tra l’altro, del libro La rivoluzione del paradosso, BFS edizioni 1992
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