GIOVANNI ROSSI , soprannominato Cardias (1856-1943) aveva aderito al
socialismo a 17 anni schierandosi poi sempre più per la tendenza antiautoritaria. Diventato medico veterinario fondò a
Cittadella nel 1888 in provincia di Cremona una autonoma colonia agricola, cui
aderirono trenta capi-famiglia,
socialisti e non socialisti. Questo
esperimento si sciolse nel 1890 per il
persistere , secondo Rossi, di un certo
“egoismo gretto e miope” e “di pregiudizi religiosi e sociali” dei
contadini. Poco tempo dopo Rossi riuscì
ad ottenere la concessione di una vasta tenuta nella provincia del Paranà in
Brasile, che venne chiamata Colonia Cecilia , dal nome di una protagonista
femminile di un romanzo di Giovanni Rossi. Nonostante le critiche di Malatesta
che vide questa impresa come una diserzione dalla lotta rivoluzionaria,
Giovanni Rossi e un piccolo numero di
compagni, tra cui una sola donna ,si trasferirono nella colonia. ( cfr. canzone da commentare)
Canzone da commentare: “ LA COLONIA CECILIA: L’eco delle foreste / dalla città insorte al nostro grido / or di vendetta, sì, ora di morte, / liberiamoci dal nemico. / E all’erta compagni dall’animo forte / più non ci turbino il dolore e la morte, / all’erta compagni formiamo l’unione, / evviva evviva la rivoluzione. /Ti lascio Italia terra di ladri/ co’ miei compagni vado in esilio / e tutti uniti a lavorare / formeremo la colonia sociale. / E tu borghese ne paghi il fio / tutto precipita, re, patria e Dio / e l’anarchia forte e gloriosa / e vittoriosa trionferà. / Sì, sì, trionferà la nostra causa / e noi godremo dei diritti sociali , / saremo liberi, saremo eguali, / la nostra fede trionferà”
Gli inizi furono promettenti e nel 1891
la popolazione della colonia aveva già
raggiunto le 150 persone (tra cui sempre più donne, anche se sempre inferiori di numero a quello dei maschi). Nel 1893 la Colonia si sciolse per alcuni motivi sia di ordine economico ( miseria, carenza dei mezzi di sussistenza, ecc.) sanitario ( disastrose condizioni igieniste), che socio-psicologico-etico, (ostilità del clero e della vicina comunità polacca cattolica, del governo ecc.) (cfr. primo brano) ma tale scioglimento non fu inteso da Giovanni Rossi come un fallimento. (cfr. secondo brano)
Canzone da commentare: “ LA COLONIA CECILIA: L’eco delle foreste / dalla città insorte al nostro grido / or di vendetta, sì, ora di morte, / liberiamoci dal nemico. / E all’erta compagni dall’animo forte / più non ci turbino il dolore e la morte, / all’erta compagni formiamo l’unione, / evviva evviva la rivoluzione. /Ti lascio Italia terra di ladri/ co’ miei compagni vado in esilio / e tutti uniti a lavorare / formeremo la colonia sociale. / E tu borghese ne paghi il fio / tutto precipita, re, patria e Dio / e l’anarchia forte e gloriosa / e vittoriosa trionferà. / Sì, sì, trionferà la nostra causa / e noi godremo dei diritti sociali , / saremo liberi, saremo eguali, / la nostra fede trionferà”
Discografia: in Antologia della canzone
anarchica italiana (dischi del sole)“ Quella sera a Milano era caldo..” (2) p. 1 e a p. 5 vi è una versione con alcune varianti, tra cui le parole iniziali : “Amici, compagni / all’erta stiam,
/derisi sfruttati. / Eccoci qua. "
Brano da commentare: 1) "Il nostro piccolo mondo anarchico era troppo piccolo e quindi troppo povero per assicurarci il pane bianco, la bottiglia di vino, il posto a teatro, il letto soffice, la compagna da amare; contrariamente alla retorica dei poeti, abbiamo preferito le rose della schiavitù alle spine della libertà " (Giovanni Rossi, Utopie und Experiment, gennaio 1896); 2)…”Alcuni hanno creduto che noi siamo venuti qui a fabbricare il campione,
lo specimen della società futura, per presentarlo poi, brevettato o no, all’
umanità, onde all’indomani della rivoluzione sociale non avesse altro fastidio
che ordinarne la fabbricazione all’ingrosso.
[…] Ma noi non siamo venuti a fabbricare il puerile specimen. Altri hanno supposto che noi volessimo mostrare
anticipatamente la magnificenza dell’avvenire sociale, […] Ma noi non siamo
venuti a sperimentare l’anarchia, né a tentare la miniatura della nuova
società. […] Il movimento socialista moderno contrappone allo stato l’anarchia, ma il proletariato
conservatore risponde che l’uomo non saprebbe vivere onestamente se la legge
non incombesse sopra di lui come una permanente ingiunzione, come un’ eterna
minaccia. Da ciò la convenienza per la propaganda di cercare sperimentalmente
come gli uomini convivrebbero, sulla semplice scorta di liberi patti. Ecco
dunque che il nostro proposito non è stato l’esperimentazione utopistica di un’ ideale, ma lo studio
sperimentale – e per quanto ci fosse possibile rigorosamente scientifico –
delle attitudini umane in relazione a quei problemi. […] Gli abitanti della
Cecilia hanno vissuto liberi da ogni legge e da ogni autorità. […]
L’esperimento della Cecilia ha durato ormai tre anni, e in quanti vi hanno a
lungo partecipato, ha costituito una forte
convinzione che il comunismo e l’anarchia sono oggi praticabili in tutta
la vecchia società borghese. […] E’ falsa la propaganda che
tende a mostrare il nuovo mondo sociale puro da ogni attrito maligno. Non
seminiamo illusioni se non vogliamo raccogliere disinganni. Dalla pratica della nuova vita, che
necessariamente e involontariamente chiamerà in esercizio le qualità socievoli
degli uomini, è probabile che si
sviluppi, per effetto di questo esercizio, una morale correlativa a questo
schema materiale di vita. Il disfacimento progressivo e spontaneo della famiglia
monogamica prepara il terreno al trionfo
dei nostri ideali. “
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia.
Due esperimenti di colonia agricola socialista. Brescia , maggio
1886, ristampato (se ho capito bene) da A rivista anarchica nel 1976 p. 8 82, 83, 84.
Giovanni Rossi (Cardias) riteneva, infatti, che ostacolo primario per una vita
comunitaria fosse l’istituto familiare monogamico
tradizionale “ricettacolo di egoismo, invidie e gelosie”. Per ovviare ad esso egli stesso dette nella comunità esempio di libero amore stabilendo un
rapporto a tre tra lui e due pionieri
arrivati nella colonia nel 1892: Elèda (non Elide), una giovane operaia politicizzata di trentatrè anni e il suo compagno
Annibale. Di
questa relazione a tre Giovanni Rossi
(Cardias) farà un dettagliato resoconto che sarà poi pubblicato col titolo Un episodio d’amore nella Colonia Cecilia.
Brano da commentare: …”- [Rossi)] Senta, Eléda – le dissi una sera nella sua casetta – Lei è una donnina seria, e si deve parlarle senza artefici. Mi guardò e comprese. – [Rossi] Perché non vorrebbe bene un pochino anche a me- - [Eléda] Perché temo di far troppo dispiacere ad Annibale. – [Rossi]Gliene parli . Ci separammo senza un bacio. – Eléda parlò ad Annibale, come una compagna affettuosa, ma libera e sincera, deve parlare al compagno che ama e che stima. Annibale come un uomo che sopra alle sua passioni pone lo scrupoloso rispetto per la libertà della donna. – Soffre – mi disse Eléda. [Rossi] Si poteva prevedere – risposi . Ma credi che soffra in lui la parte migliore o quella peggiore del cuore ? Questo dolore è umano, è socialistico, è indistruttibile? E’ il dolore del pugnale che uccide o è quello del coltello chirurgico che guarisce ? - E’ questo che bisogna sapere – mi rispose Eléda. E ci lasciammo ancora senza un bacio. E Annibale stesso lo disse ad Eléda e a me. – [Annibale] E’ il pregiudizio, è l’ abitudine, è un po’ di egoismo, è quello che volete; ma la libertà deve precedere su tutto e innanzitutto. Amo Eléda, e non v’è ragione perché non debba amarla più. Soffrirò, ma sarà un bene. Tu vivi triste, senza amore. Eléda farà bene a confortare la tua vita. – [ Rossi] Hai del risentimento per Eléda o per me? - [Annibale] Niente affatto. Quel giorno Eléda ed io ci scambiammo il primo bacio. Quella notte Eléda venne nella mia casetta e Annibale pianse nella tristezza dell’isolamento … "( Cardias [ Rossi] Un episodio d’amore nella colonna “Cecilia” )
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia. Due esperimenti di colonia agricola socialista, opera citata pp. 85-86
Brano da commentare: …”- [Rossi)] Senta, Eléda – le dissi una sera nella sua casetta – Lei è una donnina seria, e si deve parlarle senza artefici. Mi guardò e comprese. – [Rossi] Perché non vorrebbe bene un pochino anche a me- - [Eléda] Perché temo di far troppo dispiacere ad Annibale. – [Rossi]Gliene parli . Ci separammo senza un bacio. – Eléda parlò ad Annibale, come una compagna affettuosa, ma libera e sincera, deve parlare al compagno che ama e che stima. Annibale come un uomo che sopra alle sua passioni pone lo scrupoloso rispetto per la libertà della donna. – Soffre – mi disse Eléda. [Rossi] Si poteva prevedere – risposi . Ma credi che soffra in lui la parte migliore o quella peggiore del cuore ? Questo dolore è umano, è socialistico, è indistruttibile? E’ il dolore del pugnale che uccide o è quello del coltello chirurgico che guarisce ? - E’ questo che bisogna sapere – mi rispose Eléda. E ci lasciammo ancora senza un bacio. E Annibale stesso lo disse ad Eléda e a me. – [Annibale] E’ il pregiudizio, è l’ abitudine, è un po’ di egoismo, è quello che volete; ma la libertà deve precedere su tutto e innanzitutto. Amo Eléda, e non v’è ragione perché non debba amarla più. Soffrirò, ma sarà un bene. Tu vivi triste, senza amore. Eléda farà bene a confortare la tua vita. – [ Rossi] Hai del risentimento per Eléda o per me? - [Annibale] Niente affatto. Quel giorno Eléda ed io ci scambiammo il primo bacio. Quella notte Eléda venne nella mia casetta e Annibale pianse nella tristezza dell’isolamento … "( Cardias [ Rossi] Un episodio d’amore nella colonna “Cecilia” )
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia. Due esperimenti di colonia agricola socialista, opera citata pp. 85-86
Rossi propose poi, tanto più si prolungava tale "triangolo amoroso" ai due patners dei questionari al
fine di coglierne, per motivi, da lui definiti “scientifici”, tutte le sfumature
inerenti a questo primo episodio
di “ amplesso amoroso” o meglio di “bacio amorfista”
termini che lui preferiva a quello di “amore libero” . Faccio brevi esempi
del contenuto di queste domande fatte da Rossi ad Annibale, ad Eléda . Tale indagine si concluse infine con un'analisi introspettiva di Giovanni Rossi su se stesso . (cfr. brani da commentare)
Brani da commentare : 1) …..”
[ ROSSI ad ANNIBALE] Quando l’ Eléda ti raccontò la mia
domanda, sentisti dolore ? - [Annibale] No - Sorpresa? No,
perché l’avevo già manifestato in Italia e c’ero già preparato .- Sdegno? No, mai . – Umiliazione? No . – Risentimento verso di me ? Non risentimento, ma compassione per te. – Fu vanità offesa ? No. – Istinto di proprietà
ferito? Non pensai mai di essere
proprietario dellì’ Eléda; ciò sarebbe un affronto per lei. - Egoismo o desiderio di
bene esclusivo? Non egoismo, ma piuttosto paura che diminuisca il suo
affetto per me. –
Timore di ridicolo? Un pochino – Fu spontaneo il tuo consenso ? Assolutamente sì . - Fu, per coerenza ai principi di libertà? Un po’
per compassione di vederti soffrire, ed anche per coerenza. - Fu per pietà di me, che da tanto tempo vivevo
senza amore? Risposi già. - Se si fosse
trattato di un altro compagno, supponi che avresti provato le stesse
sensazioni? Non potrei precisarlo; ma , se sì, avrei sofferto maggiormente . - Se si fosse trattato di un proletario, non
compagno nostro? Idem. – Di un borghese? Avrei
compianto l’Eléda e sofferto molto, senza potere affermare se l’avrei lasciata ----- 2) [ROSSI AD ELEDA] Venisti a me con coscienza
sicura ? [ Eléda] Sì – Accrebbi io di un
pochino la felicità della tua vita? Sì – Mi ami sessualmente?
Intellettualmente? Per cuore ? Un
pochino in tutti e tre i modi? Sì , in tutti e tre i modi. – Dal primo giorno, mi ami un
pochino di più? Assai di più. – Ami Annibale di più? Sì . – Questi due affetti contemporanei ti hanno reso più buona? Sì. Più sensuale? No – La contemporanea
molteplicità degli affetti, quella che noi chiamiamo libero amore, ti sembra
naturale? Sì. Socialmente utile? Più che
tutto , socialmente utile. -ti dispiacerebbe non
conoscere la paternità di un figlio Che tu
avesse ora a generare? No. 3) [ Rossi riflettendo sul suo comportamento e i suoi sentimenti] "Dunque, voglio bene a Eléda: le voglio bene in modo
soggettivo e oggettivo, cioè le voglio bene per
me e per lei. [….] Sono amori soggettivi: non vogliamo bene , “ ma ci
vogliamo bene” vogliamo bene a noi stessi. Voglio bene, oltre cha a me, anche
ad Eléda , e desidero perciò
che trovi in questo mondo – giacché
all’altro abbiamo rinunciato – tutti quei fugaci momenti di felicità e tutti quei giorni
sereni, che è possibile trovare. […]. Amo Annibale perché so che Eléda le è profondamente
affezionata ed è lieta dell’ amor suo. [….] Ecco perché sono lieto ora, che tra
Annibale, Eléda ed io c’è una perfetta
equazione di affetti, e le premure dell’uno, o per l’uno, non turbano la
serenità dell’altro. […] Come dal pensiero degli altri prendo gli elementi che
insieme alle mie proprie osservazioni finiscono col costituire le mie idee, così
dalla coscienza degli altri prendo buona parte di ciò che costituisce i miei
sentimenti. Ma per i miei sentimenti e per le mie idee, né pavento il biasimo,
né bramo la lode degli altri. Quando posso constatare in me stesso che
sentimenti ed idee si corrispondono perfettamente, la mia coscienza vive
modestamente sicura, dovesse anche essere contro la coscienza di tutta
l’umanità. Con questa sicurezza, chiamatela pure ingenua sicurezza, confido al
pubblico ipocrita e bigotto le mie confessioni. ( Cardias [ Rossi] Un
episodio d’amore nella colonna “Cecilia”
, Brescia, maggio 1886
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia.
Due esperimenti di colonia agricola socialista. , opera citata pp. 86-87, 88
Anche la condizione
complessiva delle donne che
parteciparono all’ esperimento
della Colonia Cecilia fu dettagliatamente descritta da Giovanni
Rossi (cfr. primo brano) in diretta connessione con la "pratica dell' "amore libero" inteso come antitesi dell ' egoismo di famiglia"(cfr. secondo brano)
Brani da
commentare: 1) “ … Uscendo di casa,
ciascuno si reca al suo lavoro, e
intanto le donne preparano la colazione nella cucina comune. Dopo un’ora o due
di lavoro mattutino, alla spicciolata, a gruppi, tutti forniti di ottimo
appetito, accorriamo al refettorio, ove si prende caffè e latte – un po’ lungo,
ma abbondante – con polenta arrostita e con pane di segale. Torniamo al lavoro
verso il mezzogiorno; a quell’ora altra visita al refettorio per il minestrone
– anche questo poco saporito ma abbondante – e poi ci prendiamo un paio di ore
di riposo, tanto da fare il chilo e da fumare una sigaretta. . Torniamo poi al
lavoro fino al tramontare del sole, e la nostra cena consiste in polenta con
insalata, con legumi, e qualche rara volta con ragù di pollastro o di carne
suina. […] ; 2) Le donne, che per
l’arretrato sviluppo intellettuale sono energicamente conservatrici e poco
accessibili agli ideali di rinnovamento umano, in generale rappresentano nella
Cecilia l’egoismo domestico. Installate nella cucina e nel magazzino, hanno
sempre fatto a gara nel profittare della cosa comune. Le donne tra loro parenti
hanno cercato di monopolizzare le povere cose, delle quali potevano disporre.
Hanno visto di mal animo l’arrivo di nuove persone che sembrava loro venissero a diminuire i pochi mezzi di esistenza. Ed hanno accolto le nuove compagne
con freddezza, prodigando loro sgarbi di ogni modo. Queste maltrattate, hanno
portato nelle loro famiglie i loro risentimenti, ed hanno così indispettito
i rispettivi mariti. Quando poi sono riuscite
a ribellarsi e ad abbattere la vecchia oligarchia, allora il malcontento è
passato nelle famiglie del ministero caduto. Nel seno della parentela
ordinariamente si tollerano i difetti,
che, viceversa si biasimano acerbamente negli altri. Chi ha una famiglia intorno a sé, teme tanto
la povertà da rendersi importuno agli altri,
che sempre gli pare non
producano abbastanza o troppo consumino. […”] Il celibato casto è
un’aberrazione fisiologica e morale; eppure comunisticamente val meglio della
famiglia. Anche nella Colonia Cecilia, quasi tutte le difficoltà di ordine
interno, provengono dall’egoismo di famiglia, e devono scomparire col libero amore. […] In un caso o
nell’altro, come i rapporti economici furono la questione del secolo XIX, così
i rapporti affettivi saranno forse la questione del XX secolo.”
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia.
Due esperimenti di colonia agricola socialista. , opera citata primo brano a pp. 86-87 e secondo brano a p. 88
Da
questa, sebbene sommaria, descrizione della
condizione femminile nella Colonia Cecilia
giustamente Elena Bignami nel suo saggio
“ Emigrazione femminile in Brasile. Tra
lavoro e anarchia rileva come , al suo
interno, fosse sostanzialmente conservato “ il principio gerarchico della
distribuzione dei ruoli su base sessuale” a
beneficio del sesso maschile. (cfr. brano)
Bibliografia: Elena Bignami Emigrazione femminile in
Brasile. Tra lavoro e anarchia in http:/storicamente.org/emigrazione-femminile-in- brasile
Bisogna
comunque dire
che Giovanni Rossi in Paranà , scritto nel 1895, mostra, a mio parere, una maggiore
, relativamente a quell’epoca, sensibilità, seppure ancora solo teorica, nei confronti della questione femminile. In un
contesto utopistico Giovanni Rossi immaginava di discutere, durante una seduta
spiritica, con un defunto, il professore di scienze Grillo, che gli
rivelava i futuri progressi sociali che si sarebbero realizzati nel 1950. ( cfr.
brano)
Brano da commentare: … [Rossi]”
C’ è ancora una domanda che mi preme , caro Grillo, e questa forse più
delle altre. Io vivo in una società, e tu stesso vi hai non molto tempo fa
vissuto, dove oltre allo sfruttamernto economico, al quale il
lavoratore è sottoposto dalla minoranza capitalistica, vi è la schiavitù morale
e psichica delle donne e dei bambini, cioè la schiavitù da parte degli uomini,
siano essi borghesi o proletari, siano essi padri, mariti, fratelli, i quali
tutti, nell’intimo della casa sono come dei piccoli tiranni in castelli
medioevali. Dimmi , caro Grillo, risuonano dall’orchestra dell’anno 1950 ancora
la stessa musica” . [ Grillo] “ Oh, no! I suonatori sono cambiati e anche i
suoni. Ma è stata necessaria una lunga serie di lotte, per distruggere quella
convinzione di superiorità, di tutela e di disgraziato dominio che il secolare
esercizio del monopolio aveva sviluppato nell’uomo. Ai tuoi tempi la donna non
supponeva nemmeno lontanamente quali vantaggi
materiali e morali la sua completa emancipazione le avrebbe portato.
Essa era ancora l’affascinante creatura infantile di tutte le epoche storiche e
si lasciava convincere facilmente ad essere già classificata. Cioè: o la
macchina del piacere – provvisoria o definitiva – nelle braccia del cavaliere
di ventura, del compagno o del marito; il premio veniva concesso
proporzionalmente alla fortuna e alla
ricchezza del proprietario. Oppure
animale da soma, nelle officine, nei campi, nella cucina, al mastello per
lavare, tra uno sciame di bambini, senza però sottrarsi al compito di macchina
del piacere sovraccarica, e tutto questo senza vantaggi. Oppure come bambolina
di buona famiglia, come povera vittima dell’onore di ceto” “ Falla breve, Grillo, Tutto questo lo so
anch’io, e allora? “ “ Allora la donna dovette autonomamente giudicare per
proprio conto e nel proprio interesse, autonomamente volere e combattere. Le
ragazze si riversarono nei gruppi di produzione e attraverso la loro
intelligenza, il loro lavoro, si resero indispensabili. Esse erano lavoratrici,
perciò avevano il diritto, come gli altri, alla vita e alla libertà. Esse
incominciarono ad uscire dalle famiglie e a rendersi indipendenti. Alcuni
gruppi di produzione si rifiutarono di fornire loro alloggio e mezzi di
sussistenza. Allora incominciarono gli scioperi femminili e i boicottaggi. Alla
fine vinsero le ragazze. E allora
incominciarono a rifiutarsi di vivere insieme a quel compagno che si
vantava in un modo o nell’altro di un certo diritto di supremazia. “ In casa
mia sono padrona e ricevo chi voglio”, fu il grido di battaglia. Da parte
maschile si scatenò una tempesta di
proteste e di condanne morali. Ma le donne rimasero imperturbabili e alla fine
risultarono vittoriose. Oggi la donna senza estraniarsi dall’ambiente sociale
delle scuole, delle fabbriche, dei ristoranti, dei saloni, ha la propria casa,
è l’assoluta padrona dei propri pensieri, dei propri sentimenti e del proprio
corpo”. ….. ( Giovanni Rossi, Paranà (1895)
Bibliografia : in Rosellina Gosi, Il
socialismo utopistico. Giovanni Rossie la
colonia anarchica Cecilia, Moizzi Editore, pp. 168-169
Rossi , dopo un periodo di tempo passato in Brasile, tornò in Italia nel 1907 e
continuò a interessarsi di agricoltura sperimentale. In piena era fascista non
ebbe timore, sebbene vecchio, di partecipare al funerale di un noto oppositore del regime, ucciso dai
fascisti.
Nota: Il progetto della Colonia Cecilia fu, sin da subito, ancor prima della partenza per il Brasile, fortemente criticata, da un punto di vista rivoluzionario, da diversi anarchici tra cui Errico Malatesta. (cfr. brano)
Essa ebbe comunque, già tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX,anche se con alcune varianti,( in particolare proprio per il ruolo delle donne all'interno delle comunità), parecchi imitatori e imitatrici in Francia, in Inghilterra, in America, Svizzera, Belgio (cfr. in particolare i post LES MILIEUX LIBRES 1 e 2 e NEW LIFE). A partire dagli anni settanta, inoltre, La Colonia Cecilia , nonostante alcune contraddizioni rilevate già dallo stesso Giovanni Rossi, è stata generalmente rivalutata come primo esempio di vita comunitaria anarchica. (cfr. brano)
Nota: Il progetto della Colonia Cecilia fu, sin da subito, ancor prima della partenza per il Brasile, fortemente criticata, da un punto di vista rivoluzionario, da diversi anarchici tra cui Errico Malatesta. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ …
In quanto poi all’impresa del Rossi io la deploro. Essa produce tra noi, in più
piccola scala per fortuna, il danno che ha prodotto il parlamentarismo poiché
offre agli oppressi una vana speranza di emanciparsi senza bisogno della
rivoluzione … In ogni modo se il Rossi vuol fare l’esperimento, lo faccia pure;
ma lasci stare i rivoluzionari; e raccolga dei poveri lavoratori, cui non è
ancora giunto il verbo redentore del socialismo. Preferisca anzi , come Robert Owen, i più
degradati, i più abbrutiti, e faccia il nobile tentativo di elevarli a dignità umana
…. Vada pure il Rossi al Brasile a ripetere tardivamente, quando già il
problema sociale è fatto gigante e reclama urgente e generale soluzione, gli
esperimenti da dilettante, con cui i precursori del soicialismo riempirono la prima metà
di questo secolo. I rivoluzionari restino al loro posto di battaglia. Quando la
fame piglia alla gola il proletariato, e la rivoluzione si presenta come
dilemma di vita o di morte innanzi all’umanità, ritirare la sua posta dal giuoco
è cosa da pusillanime. A me pare che oggi chi parte, diserta innanzi al nemico, al momento della
mischia” ( Errico Malatesta, in La
rivendicazione , Forlì 21-2-1981)
Bibliografia :in Cittadella e Cecilia.
Due esperimenti di colonia agricola socialista. , opera citata p. 98 L' "AMOUR PLUREL" NELLA COLONIA DI BASCON |
Brano da commentare : “ La Cecilia, questa comunità d’origine
italiana, può essere considerata come la prima esperienza libertaria ed essa
indica una certa continuità tra le esperienze socialiste e i primi “ milieux libres” in Francia. Essa fu
fondata nel 1890 in Brasile su impulso
di Giovanni Rossi. La Révolte pubblicò a più riprese
lettere e comunicazioni emanate da questa nuova esperienza di “ dimostrazione
pratica “ delle idee anarchiche. Per Max Nettlau, la Cecilia resta nel
1897 il “tentativo più serio di realizzazione delle idee anarchiche”. E’
impossibile di non sottolineare a qual punto
la leggenda si impadronì di questa esperienza, al punto di colpire
l’immaginazione fino a tempi più recenti: il film di Jean- Pierre Comolli né rintracciò la storia negli anni 1970,
realizzazione ampiamente legata all’ attrazione ( engouement) per la vita
comunitaria. “ ( Celine Beaudet, Le milieux libres. Vivre
en anarchiste à la Belle-Epoque en France)
Bibliografia: Celine Beaudet, Le milieux libres.
Vivre en anarchiste à la Belle-Epoque en France, Les Editions Libertaires, 2006 pp. 28-29 (traduzione italiana mia) . Purtroppo il film La
Colonia Cecilia di Jean-Pierre Comolli (1975 ) con Massimo Foschi, Maria Carta, Vittorio
Mezzogiorno ed altri non l’ho visto. Spero un giorno di vederlo.
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