Tra
gli anarchici che all’ascesa del fascismo in Italia trovarono
"rifugio" nella Russia sovietica e
furono poi perseguitati prima e durante il regime stalinista mi limito a ricordare
FRANCESCO GHEZZI, OTELLO GAGGI, OSCAR SCARSELLI.
FRANCESCO GHEZZI
(1893-1942) anarco-sindacalista, membro dell’USI (Unione Sindacale Italiana) durante la prima
guerra mondiale disertò e riparò in Svizzera, ove insieme a Bruno Misefari ed
altri fu coinvolto nella vicenda nota con il nome “ delle bombe di Zurigo”.
Rientrato in Italia partecipò alle lotte durante il cosiddetto “biennio rosso”
sino alla sua fuga in Russia, per il suo pretestuoso coinvolgimento nell’attentato del
teatro Diana di Milano. A causa del
clima, in Russia, di sempre maggiore
intolleranza verso gli anarchici Ghezzi si recò a Berlino, dove, però , fu arrestato
e al fine di sfuggire una
estradizione nell’Italia franchista,
riuscì, grazie alla mediazione di un suo avvocato, ad ottenere
la cittadinanza russa e quindi ad essere espulso in quel paese.. Per
qualche tempo Ghezzi visse per un certo
periodo di tempo in una comune vicino a
Yalta , attorno alla quale gravitavano numerosi esuli politici libertari, tra
cui anche, se ho capito bene, gli anarchici italiani Otello Gaggi
e Tito ed Oscar Scarselli e tra gli stranieri, Nicolas Lazarevitch ed altri. Lasciata la comune lavorò, insieme ad Aleksej Borovoi, al
Museo Kropotk e nella Croce Nera
Anarchica. Dal 1930, in piena età stalinista, iniziò,, una durissima
persecuzione poliziesca contro Ghezzi, che, nonostante le numerose campagne
internazionali a sua difesa e la sua
richiesta di andare in Spagna a combattere il fascismo, durò, salvo rare pause,
sino alla sua morte nel 1942 .
Nonostante le torture e le vessazioni
subite durante i lunghi periodi di detenzione
nelle carceri e nei gulag “sovietici”
non rinnegò mai le sue idee (cfr. brano) . Sarà riabilitato in URSS nel 1956 .
Brano
da commentare: “ Ero e sono ancora un anarchico […] Confermo di avere fatto
numerose dichiarazioni anti-sovietiche e, allo stesso modo, di aver detto delle
cose in opposizione alla politica
sindacale del partito. Nel 1937 ho detto che nel sindacato sovietico non c’ è
democrazia come non c’è vera democrazia in Unione Sovietica perché tutte le
correnti politiche sono state represse”.
(risposta di Ghezzi alle accuse della Ghepeù nel 1937)
Bibliografia: Carlo Ghezzi, Francesco
Ghezzi un anarchico nella
nebbia. Dalla Milano del teatro Diana al lager in Siberia , Zero in
condotta, 2013 pp. 109-110
Brano
da commentare: “….Arrestato e condannato all’esilio nella Russia del Nord, ove
il freddo il denutrimento consuma piano piano la mia salute. Sono
impossibilitato di potermi guadagnare il mio pezzo di pane necessario alla vita quotidiana poiché
sono tenuto in considerazione di controrivoluzionario che per la rivoluzione
tutto perdette, famiglia, paese, genitori parenti io che da 12 anni lontano dal
mio paese e sempre detti la mia anima a
beneficio della rivoluzione. Oggi senza colpa il caso ironico mi fa colpire da
coloro che si dicono i sostenitori e i difensori delle vittime della reazione borghese. Sono in
condizione che solo il suicidio potrebbe far cessare questo funesto e
incomprensibile dramma ….” ( ultima
lettera di Otello Gaggi inviata a degli amici di Teramo nel 1935)
Bibliografia:
Giorgio Sacchetti, Otello
Gaggi. Vittima del fascismo e
dello stalinismo,
Biblioteca Franco Serrantini , 1992 p. 72
OSCAR SCARSELLI detto
“Lo zoppo” ( 1902- ultime notizie nel 1947) figlio di EUSEBIO, e di MARIA MANCINI e fratello di FERRUCCIO detto “ Beche
(1892-1921) , TITO detto
“l’etrusco” (1895- 1932/33) , IDA
( 1897- 1989), prima donna ad essere condannata
dal Tribunale Speciale Fascista e moglie
dell’anarchico GIACOMO BOTTINO (1897- 1970),
EGISTO (1900 – 1993) , INES LEDA (1906-1985) . Il 28 febbraio 1921
partecipò insieme ai fratelli e ad altri rivoluzionari a scontri (noti col nome
“i fatti della fiera” ) con fascisti e carabinieri . Il fratello Ferruccio morì
per lo scoppio di una bomba che teneva in tasca. Egisto fu
ferito ad una mano ed immediatamente
arrestato. Oscar, Tito ed altri compagni di Certaldo , si
dettero alla macchia e organizzatisi dal febbraio a giugno in banda (detta dello zoppo riferendosi ad Oscar che
era claudicante, ) iniziarono una dura guerriglia contro i fascisti locali guidati dal fascista ingegnere e proprietario
terriero, Mario Filippi, che subito
dopo i fatti avevano bruciato la casa degli Scarselli e
indotto i carabinieri ad arrestare e far
condannare a 4 anni Eusebio e Maria
Mancini. A giugno la “banda dello zoppo” si sciolse e Tito ed Oscar si
rifugiarono in Svizzera, da dove, però, furono estradati in Italia. Tito riuscì presto
ad evadere e raggiungere, con l’aiuto di compagni anarchici, tra cui Ugo
Fedeli, la Russia. Oscar, invece, detenuto nel Mastio di Volterra, evase da quel temibile carcere
insieme a due compagni nel 1924 e con l’aiuto del cognato Giacomo Bottino
riuscì, dopo varie traversie , a raggiungere il fratello in Russia. Così come
per Otello Gaggi e a Francesco Ghezzi,
anche i due Scarselli vennero
progressivamente sino alla loro morte in
Russia sempre più perseguitati dal regime “sovietico”. Tra i brevi periodi di serenità sono da
menzionare quelli in cui vissero nella comune libertaria a Yalta oppure come lavoratori alle dipendenze di una cooperativa agricola
di Kerk, denominata “Sacco e Vanzetti”.
Tito morì nel 1932 e di Oscar non si seppe più nulla dal 1947.
Brano
da commentare: “… Adesso nella mia avanzata età
25 anni che la belva fascista sentenziò alla distruzione e morte la
nostra famiglia e oltre vent’anni sono passati che io potetti riconquistare con
fermezza e decisione la libertà dalle tombe dei vivi dell’ergastolo di Volterra
dove ero sepolto da oltre tre anni . […]
Sono stato molto afflitto e melanconico di essere stato assente alla vigilia
dello sgretolamento del fascismo
certamente io non avrei cambiato la sua sorte e la situazione, avrei potuto
avere delle soddisfazioni morali che tante
lacrime e dolori causò alla nostra famiglia e al popolo italiano. Adesso
farò le pratiche attraverso le autorità
Sovietiche, chiedendo il permesso di ritornare in Italia spero che questo
elementare diritto in più come rifugiato politico perseguitato dalle gendarmerie
fasciste non mi sarà rifiutato ….” ( lettera di
Oscar Scarselli alla sorella Ida il 26 maggio 1946)
Tra gli anarchici russi
perseguitati dopo la rivolta di Kronstadt , quando cioè dell’anarchismo,
almeno alla luce del sole, era
sopravvissuto molto poco, mi limito a ricordare IDA METT e NICOLAS LAZAREVITCH , che
tra l’altro, aveva partecipato alle
lotte italiane del biennio rosso ed era in quel periodo divenuto leale amico di
Francesco Ghezzi.
NICOLAS LAZAREVITCH (1895-1975) Nacque in Belgio da genitori esiliati russi . A sedici anni lavorò come operaio elettricista e divenne ben presto membro di un gruppo anarco-sindacalista. Durante la prima guerra mondiale si rifugiò in Olanda per evitare di essere arruolato e nel 1919 riuscì a raggiungere la Russia e per un breve periodo combatté contro i bianchi nell’ Armata Rossa e per le sue conoscenze linguistiche, fu incaricato di fare opera di propaganda rivoluzionaria tra i soldati francesi inviati in aiuto dell’armata di Denikin. In seguito a una temporanea vittoria dei bianchi fu costretto a lasciare la Russia e trovare rifugio in Romania e poi in Yugoslavia e infine in Italia , dove partecipò, durante il biennio rosso, a Milano all ‘ occupazione delle fabbriche , e dove divenne amico di Francesco Ghezzi. Nel 1921 tornò in Russia, e dopo avere rifiutato incarichi all’interno del partito bolscevico, lavorò come operaio specializzato nelle officine “Dynamo” di Mosca. Nel 1922 partecipò con altri libertari, tra cui Francesco Ghezzi, anche lui in Russia, alla “comune di Yalta (cfr. sopra). Tornato poi a Mosca fu arrestato dalla CEKA per le sue idee libertarie e condannato a tre anni di lavoro forzato. Nel 1926, , dopo una campagna di mobilitazione operaia internazionale, fu espulso dalla Russia. Coraggiosa anche la sua pubblica difesa, all’interno della Russia, fatta, nel 1924, dall’ anarchico FRANCESCO GHEZZI (cfr. brano).
Brano da commentare: “ Il compagno Nicola Lazarevitch si trova detenuto da tre
mesi presso la Gpu di Mosca per ragioni
politiche. Noi abbiamo conosciuto Lazarevitch in
Italia nel 1920 durante i movimenti rivoluzionari e abbiamo imparato ad amarlo
per la sua fede rivoluzionaria, per averlo sempre visto in prima fila nelle
lotte, devoto alla causa operaia. Come noi egli dovette fuggire e rifugiarsi
in Russia perché perseguitato e noi
siamo molto addolorati nel saperlo perseguitato anche da questo governo. Noi ci
domandiamo costernati, come se lo domandano vari altri rifugiati politici in Russia
e operai rivoluzionari all’estero che conobbero in Lazarevitch un campione della classe
operaia, come mai si possa arrestare un operaio consimile anche ammettendo che
avesse fatto della propaganda rivoluzionaria e comunista con concetti che contrtastano colle direttive
ufficiali del governo russo, mentre si lasciano in libertà tanti borghesi
sabotatori i quali non attendono che il momento per impiccare tutti gli operai.
Ciononostante però noi vogliamo credere che presto mettiate Lazarevitch in libertà e che possa
venire qui in Yalta a lavorare con noi la terra nella nostra colonia agricola.
Saluti rivoluzionari “ (
lettera di Francesco Ghezzi a Yakov Agranov, uno dei capi della
polizia politica “sovietica” il 31 dicembre 1924)
Trasferitosi a Parigi conobbe , oltre BORIS SOUVARINE e SIMON WEIL, di cui fu premuroso e costante amico , anche IDA METT , che divenne la sua compagna.
Dopo la seconda guerra mondiale Ida e Nicolas risedettero stabilmente a Parigi dove lei praticò la professione medica e lui l’insegnamento delle lingue orientali alla Sorbona.
Trasferitosi a Parigi conobbe , oltre BORIS SOUVARINE e SIMON WEIL, di cui fu premuroso e costante amico , anche IDA METT , che divenne la sua compagna.
IDA METT (suo vero nome: Ida
Gilman: 1901-1973) nacque in una famiglia
di ebrei russi a Smorgon. Perseguitata dai
bolscevichi, in quanto anarchica, fuggì
in Polonia e poi si stabilì a Parigi dove divenne la segretaria di Nestor Machno e
redattrice del giornale “Dielo Truda”. Nel 1948 scrisse
“Souvenirs sur Nestor Makhno “ in
cui espresse, tra l’altro, la sua opinione
sul presunto “antisemitismo” di Makhno. (cfr. brano)
Brano
da commentare : “ Makhno era antisemita? Io non
lo penso affatto. Egli credeva che gli ebrei fossero un popolo capace ed intelligente, forse era
anche un po’ geloso di loro, ma non vi era animosità nei suoi rapporti con gli
Ebrei che conosceva. Era capace di essere amico di un Ebreo senza alcun sforzo
di volontà. Quando lo si accusava di antisemitismo, ciò l’offendeva
terribilmente e lo rendeva triste, perché era
stato troppo legato nel suo passato con l’ideologia internazionalista
per non sentire tutta l’importanza di una tale accusa. Era fiero di avere
fatto fucilare l’ atamano Grigoriev e considerava che tutte le voci concernennti i pogrom che sarebbero
commessi da sedicenti makhnovisti non erano che odiose
invenzioni “. ( Ida Mett, Souvenirs sur Nestor Makhno, febbraio 1948)
Bibliografia: Ida Mett, Souvenirs sur Nestor Makhno, in
http://www.theyliewedie. org/ressources/biblio/fr/Ida_Mett_- Souv….
L’ esclusione dell’antisemitismo in Makhno e
nel movimento makhnovista, , sostenuta in questo
brano da Ida Mett , ha
tanto più valore se si tiene conto di quanto ella fosse sensibile al problema dell’antisemitismo , spesso
presente , anche all’interno degli ambienti
della sinistra rivoluzionaria. Si pensi a questo proposito allla sua indignazione, nel 1938, di fronte a un articolo di Révolution prolétarienne in cui
ci si riferiva agli ebrei in termini genericamente negativi simili a quelli usati negli
ambienti antisemiti di destra. ( brano) .
Brano da commentare: "Tutta la stampa mondiale che è in mano alla finanza ebraica….. “ Che vergogna vedere
questi discorsi sulle colonne di R.P. Come internazionalista
levo la mia protesta contro una R.P. insozzata dalla peste razzista […] Protesto anche con la terminologia
impiegata da Louzon in quelle note sulla Palestina, in cui definisce colonialisti gli ebrei
che si sono rifugiati in Palestina,
lasciando paesi da cui sono stati cacciati in modo abominevole …. No, compagno Louzon, non sono dei
colonialisti … sono dei rifugiati arrivati in Palestina, così come avrebbero per esempio potuto arrivare in
Francia; tuttavia non sarebbe per colonizzare la Francia, ma per cercarvi
asilo. A meno che non si consigli a Hitler di bruciare in un immenso rogo una
parte degli ebrei (tra cui migliaia di proletari) allora la questione sarebbe
evidentemente liquidata in modo radicale “ ( Lettera di Ida Mett a Maurice Chambelland ( ottobre 1938)
Bibliografia: in L’anarchico
e l’ebreo. Storia di un incontro , a cura di Amedeo Bertolo , Eleuthera p. 124
Entrambi aderirono insieme a Machno alla
“ Piattaforma organizzativa comunista anarchica,” nonostante le critiche di
molti dei loro compagni tra cui Volin, Mollie Steimer ed
altri. Espulsi dalla Francia, Ida e Nicolas, dopo un periodo trascorso in
Belgio, si recarono in Spagna e poi nuovamente in Belgio sempre perseguitati
dalle autorità locali. Numerosi , negli anni tra le due guerre, furono gli
scritti (articoli, opuscoli, libri) di
Ida Mett e di Nicolas Lazarevitch
sugli avvenimenti rivoluzionari in Spagna e sullo stalinismo in Russia. Per
quanto riguarda Ida Mett, oltre al documentato e ancora importante libro “La rivolta di Krostandt “
cito “ Le paysan russe dans la revolution et la post-rervolution , ove, tra l’altro confutò
l’idea , sostenuta da leninisti e trozchisti ,
che la degenerazione della rivoluzione russa avesse avuto inizio solo sotto la
dittatura di Stalin (cfr. brano ).
Brano da commentare: “ Le tradizioni secolari dei contadini, il loro attaccamento
alla collettività, il mir, le loro qualità morali,
la loro cultura artistica e poetica, le loro credenze, ingenue e pure , furono
veramente inutili o persino nocive durante la creazione della nuova società?
Ora, in realtà, ne iil mondo rurale , né la
classe-operaia , hanno realmente partecipato alla creazione della società
post-rivoluzionaria perché la concezione bolscevico-leninista del socialismo
gli levò presto ogni possibilità correttrice d’intervento democratico. Il partito si credeva il solo a sapere tutto,
voleva fare tutto da solo, subordinando tutta la vita del paese allo Stato
onnipotente. In modo che lo Stato burocratico senza alcun controllo pubblico ,
e il regime sovietico dei nostri giorni sono l’opera unicamente del partito di
Lenin e dei suoi epigoni” (da Ida Mett, Les paysan
russe dans la revolution et la post-revolution”
Bibliografia:
Ida Mett, Les paysan russe dans la revolution et la post-revolution” Spartacus René Lefeuvre, Paris pp. 3-4 (traduzione italiana mia)
Per quanto riguarda, invece, Nicolas Lazarevitch
particolarmente importanti sono i suoi articoli , diretti ai militanti ed
intellettuali della sinistra francese
non stalinista, scritti con lo pseudonimo di Louis Nicolas, sulla rivista “ La Révolution Prolétarienne“,
per tutto il corso della rivoluzione spagnola, ove , ai giorni nostri in una lettura a
posteriori , emerge in tutta la sua evidenza il drammatico
passaggio dall’entusiasmo costruttivo dei primi tempi sino al progressivo sabotaggio del processo
rivoluzionario attuato dal governo del fronte
popolare sotto pressione degli stalinisti. (cfr. brani)
Brani
da commentare: 1) “ “Da veri figli del XX secolo, i lavoratori
spagnoli hanno immediatamente pensato ai
luoghi dove si crea l’opione pubblica, ai grandi
giornali. Essi hanno occupato le migliori stamperie per gli organi (di stampa) operai, trasformati da poveri settimanali in
quotidiani dalle numerose pagine. Ogni tendenza, aveva il suo […] La maggior parte degli hotel o
ristoranti sono trasformati in mense popolari dove i pranzi sono serviti prima
di tutto ai miliziani contro la presentazione di buoni o di denaro. Questi prodotti sono forniti
dal Comitato di approvvigionamento, sezione del CCMA (
Comitato Centrale delle Milizie antifasciste
(di Catalogna)”. ( La révolution prolétarienne n. 229
agosto 1936) ( ; 2) “ La presa di possesso delle industrie si
estende alla Catalogna. Le importanti centrali elettriche sono gestite dal sindacato “Forza e Luce”; i
grandi stabilimenti della Moncada per
il ferro e il cemento, quelli dell’industria tessile spagnola sono nelle
mani degli operai. Viene presa la decisione di collettivizzare le pasticcerie
….. (La révolution prolétarienne n. 231 settembre 1936);
“ … Gli staliniani avevano organizzato
una autentica Ceka che deteneva nelle su e personali prigioni degli operai colpevoli di avere un carnet della
CNT; attraverso torture medievali, i
carnefici cercavano di fare confessare a quei prigionieri che erano
dei membri del Soccorso Bianco”
organizzazione ausiliaria fascista “ (La révolution prolétarienne n. 237 dicembre 1936,
già, quindi, mesi prima delle
giornate di maggio del 1937 a Barcellona) ; 4) “ E’ una autentica battaglia che
il proletariato di Barcellona è giunto al punto di dare alle forze controrivoluzionarie coalizzate:
piccoli borghesi dell Esquerra, dei viticultori e del
PSUC: Sostenuti dal governo russo. Non
contenti di avere la loro gendarmeria, gli staliniani avevano
organizzato la loro “Sicurezza” privata
che aveva le sue prigioni e
giustiziava essa stessa i suoi
avversari” (La révolution prolétarienne n. 248 giugno 1936, dopo
le giornate di maggio )
Bibliografia: in
Daniel Aiache, La revolution défaite . Les groupements révolutionnaires parisiens face
a la révolution espagnole, Noir et Rouge, 2013 p. 48, p. 50, p.
103, p. 105.
Dopo la seconda guerra mondiale Ida e Nicolas risedettero stabilmente a Parigi dove lei praticò la professione medica e lui l’insegnamento delle lingue orientali alla Sorbona.
MARIE KORN , pseudonimo,
insieme a quello di ISIDINE ,di MARIE GOLDSMITH ( 1873-1933)
. Figlia di due esuli russi (la madre, ex populista, era amica
della rivoluzionaria VERA FIGNER ) Marie Korn studiò a Parigi e
si laureò in Scienze Naturali e in Psicologia . Frequentò assai
presto gruppi di rivoluzionari russi in esilio fuggiti dal regime zarista e si distinse presto per la sua profonda conoscenza delle tendenze rivoluzionarie esistenti in Russia tra il 1905 e il 1907 (cfr. post LA RIVOLUZIONE RUSSA DEL 1905). Fu in stretto contatto
con Wintsch, Faure e Kropotkin , di cui fu, per molti
anni, un’entusiasta collaboratrice . Fu lei, tra l’altro, a
tradurre “ L’etica” di Kropotkin. . Nel 1906 , accanto a
Kropotkin , partecipò a un
congresso di comunisti anarchici a Londra dove presentò una sua
relazione. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il nostro ideale
politico è noto: l’unione libera delle comuni autonome, di gruppi di produttori
e d’altri, delle associazioni, delle federazioni. Ciò comporta una certa forma
di organizzazione, che sviluppa nella gente una grande solidarietà; il ruolo di
piena identificazione dei loro interessi con quelli della società, quale essa
sia. E’ una organizzazione libera, volontaria,, fondata sul libero accordo. Se noi ci opponiamo a ogni
organizzazione obbligatoria, gerarchica, è perché noi riteniamo la nostra
visione rende i rapporti umani stretti e forti “ ( dal rapporto di Marie Korn al congresso di Londra (1906).
Bibliografia: in Frank Mintz, Histoire de
la mouvance anarchiste 1789-2012 , Noir Rouge 2013 p. 42
Nel 1914, allo scoppio
della prima guerra mondiale, tentò di operare una conciliazione tra
interventisti e antiinterventisti anarchici e
giustificò , sotto certi aspetti, l’ atteggiamento di Kropotkin e di Wintsch . Tuttavia, nonostante le amichevoli
pressioni di Kropotkin non firmò il
Manifesto dei Sedici. Nel 1917 non seguì Kropotkin in Russia , pur
mantenendo con il vecchio anarchico una fitta corrispondenza sino alla morte di
lui.Dieci
anni dopo la fine della prima guerra
mondiale, Marie Korn sostenne, il più pacatamente possibile,
sul giornale Plus Loin le ragioni degli interventisti rispetto a
quella di non interventisti, pur essendo pienamente consapevole che “ ogni
volta che si tocca questo punto , le manifestazioni di collera (coléres) riprendono con
rinnovato furore. “ (cfr. brano)
Brano da commentare. “ Sì, esiste incontestabilmente una
contraddizione nell’atteggiamento degli anarchici che, nella Grande Guerra, si sono collocati al fianco di uno
degli avversari […] Non si può negare
che la partecipazione a una guerra non sia una violazione dei principi
pacifisti e antimilitaristi, che il fatto di entrare in un esercito e di
sottomettersi alla disciplina non sia una importante concessione (concession) . Ma ciò che è al di
fuori della logica non è inerente alla vita stessa? […] Se la partecipazione
alla guerra viola i principi pacifisti e antimilitaristi, la
non-resistenza agli eserciti invasori
costituisce una violazione almeno altrettanto grande al principio primordiale
della resistenza all’oppressione, un abbandono almeno altrettanto grande dello
spirito di rivolta […] Dei due principi in conflitto, qual’ è il
più generale (gerenal), il più profondo, il più prezioso: il
principio pacifista e antimilitarista o il principio della resistenza
all’oppressione? Incontestabilmente quest’ultimo. L’antimilitarismo non è che
una forma particolare dell’opposizione allo Stato, come la guerra non è che una
manifestazione particolare dell’organizzazione capitalista e gerarchica della
società. Al contrario, l’idea della resistenza, della lotta contro un potere
forte, della difesa dei diritti e delle libertà di ogni raggruppamento sociale,
della lotta contro la reazione sotto ogni forma, è l’idea fondamentale
dell’anarchismo”. ( Marie Goldsmith in
Plus Loin
novembre 1928)
Bibliografia: Jean Maitron, Le mouvement anarchiste en
France , vol. 2. De 1914 à nos jours, tel gallimard, 2011, p. 20
Brano da commentare: …” Nella elaborazione dei dati per
l’attività pratica, gli anarchici si urtano contro un ostacolo, di cui non
dobbiamo ignorare l’importanza. Si tratta di quale programma offrire alle masse
nel momento in cui la rivoluzione offre a loro – talvolta brevemente- un ruolo creagtivo e una favorevole possibilità
di iniziative. […] Nel periodo pre-rivoluzionario, questa sorta di programma deve mettere
l’accento su tutte quelle forme di organizzazione necessaria per la vita
sociale., per preparare esiste un proverbio: è distrutto unicamente ciò che è sostiotuita da un’altra cosa. Quando in Russia, il commercio privato è stato
soppresso, e quando lo Stato si è
incaricato ( a pris en charge) di questo settore, da unlato l’incapacità di una
burocrazia statale a regolare questo problema (question) e dall’ altro lato la
mancanza di ogni altra iniziativa o organizzazione ( cooperative, per esempio,
di vendita diretta, non sono state né incoraggiate né create, probabilmente per
ragioni po0litiche) sono emerse abbastanza presto. Di fronte a una situazione sempre più
drammatica: la sola soluzione trovata dai bolscevichi è stata la NEP, cioè la
restaurazione pura e semplice del capitale privato, e un passo indietro per la Rivoluzione. Da tutte le lezioni dell’esperienza russa, lezioni per
l’avvenire, bisogna prendere in
considerazione il fatto che è molto più facile , sul piano economico,
distruggere un sistema piuttostoche organizzarlo. In conseguenza, è
d’importanza capitale studiare il sistema economico di domani e la sua
preparazione. La rivoluzione non deve giungere alla situazione in cui regredire sia il solo mezzo per salvare la
vita della popolazione. Ciò equivarebbe al fallimento (banqueroute). In conclusione
ecco qualche parola su un aspetto molto importante: ogni rivoluzionario onesto
e cosciente sente l' immensa responsabilità che tocca a lui e alla sua
organizzazione , volendo operare un cambiamento così totale e
completo della società. Questa responsabilità è ancora più acuta nel
momento in cui, dopo una lotta difficile, ci si accorge della
possibilità di realizzazioni pratiche. Succede che in quel
momento, si abbia tendenza ad attendere, a evitare le responsabilità, a voler
assicurarsi le maggiori condizioni di successo, a volere attendere che la
massa divenga pronta. E’ comprensibile, ma anche estremamente pericoloso:
la storia non attende, e quel momento propizio può essere perduto per
sempre. … (Marie Korn,
La situation actuelle et notre programme)
Bibliografia : in
http://w.w.w.fondation-besnard.org/spipphp? p. 6 (traduzione italiana mia da prendere, come al solito, con una certa cautela )
Nessun commento:
Posta un commento