venerdì 29 aprile 2011

ANARCHICINI: RIVOLUZIONE MESSICANA (1911), EMILIANO ZAPATA (1877-1919), PANCHO VILLA (1877-1923) , LOS BATALLONES ROJOS (1915-1916) )

 ANONIMI COMPAGNI  E COMPAGNE : A partire da sinistra  : fig. 1 e 2 L’aspetto selvaggio della donna e il vestito «elegante» (giacca nera e bombetta) dell’uomo, visibilmente in contrasto con il resto poco raccomandabile del suo aspetto mi fanno pensare a  dei «bandoleri» (cioè banditi) . Il « banditismo  sociale « era molto diffuso nel Nord del Messico soprattutto nelle zone confinanti con la frontiera degli Stati Uniti.  Figura n. 3: capo guerrigliero. Per l'aspetto e l' abbiglimento mi  sono  ispirato, anche se approssimativamente, a Emiliano Zapata e a Pancho Villa.  Figure 4 e 5:  coppia di peones e campesinos armati.  La donna  si ispira alla figura di Adelita,  cioè la donna che accompagnava il suo uomo a combattere e a cui fa riferimento la celeberrima canzone .  (vedi sotto)

  TERRA E LIBERTA’ IN MESSICO
Già a partire dalla seconda metà del XIX secolo, sotto le presidenze di Juarez e di Porfirio Diaz, iniziarono a diffondersi nel Messico idee libertarie anarchiche, socialiste e sindacaliste , che, ispirarono  negli strati più poveri della popolazione  proteste e rivolte, che, tuttavia,  venivano violentemente represse da parte dei governi centrali. Nelle campagne i contadini "terratienentes" (i cosiddetti "peones")  che costituivano la stragrande maggioranza della popolazione vivevano in condizioni disumane alla totale mercé dei grandi "hacienderos". L'asservimento delle masse contadine  avveniva  tramite due nefaste istituzioni a disposizione dei grandi proprietari terrieri: 1) le "tiendas de raya" , con cui i peones venivano obbligati a indebitarsi quotidianamente nei magazzini padronali, che monopolizzavano tutti i beni necessari alla sopravvivenza; 2) la "ley de fuga", che, dando il diritto di uccidere i "peones" fuggitivi si concretizzava , di fatto, in un diritto assoluto, da parte dei padroni, di vita e di morte sui loro contadini. Tale situazione era, poi, aggravata, sempre nelle campagne, dalla progressiva abolizione degli antichi diritti comunitari degli indios.
 Brano da commentare:  “ Il popolo messicano odia per istinto l’autorità e la borghesia. Chiunque abbia vissuto in Messico si sarà reso conto che non esiste individuo più cordialmente odiato del gendarme; che la parola “governo” riempie di inquietudine le persone semplici; che il soldato, in altre parti ammirato e applaudito, viene visto con antipatia e disprezzo; che ogni persona che non si guadagna il sostentamento con il lavoro della propria mano, viene odiata. Questo è più che sufficiente per una rivoluzione sociale di carattere economico e antiautoritario; ma c’è di più. In Messico vivono circa quattro milioni di indios che fino a venti o venticinque anni fa vivevano in comunità, possedendo in comune la terra, le acque, i boschi. […] In queste comunità non c’erano giudici, né sindaci, né carcerieri, né alcuna tarma di questo tipo. Tutti avevano il diritto alla terra, all’acqua per irrigare, al bosco per fare la legna e alla legna per costruire le capanne […] Questi costumi semplici durarono fino a che l’autorità, resa forte dalla completa pacificazione del paese,  non è stata in  grado  di garantire  alla  borghesia la proprietà dei propri affari […] Si vede dunque che il popolo messicano è adatto ad arrivare al comunismo, poiché l’ha praticato, almeno in parte, da alcuni secoli, e questo spiega perché , quantunque sia analfabeta in maggioranza, comprende che piuttosto che prendere parte alle farse elettorali per innalzare dei boia, è preferibile impossessarsi della terra, e lo sta facendo con grave scandalo della borghesia ladrona “ ( da un articolo su Regeneration  del settembre 1911 di Ricardo Flores  Magon)
 Bibliografia: in Pier Francesco Zarcone, La libertà e la terra,  massari editore, 2006, p. 173
 
  La figura più popolare e rappresentativa dello spirito e delle rivendicazioni del popolo indio , durante la rivoluzione del 1911, è stato EMILIANO ZAPATA. In una prima fase dewla rivoluzione si schierò con Madero contro  Porfirio Fiaz e si pose alla testa degli indios, organizzati nell’Esercito liberatore del Sud” al grido di “Tierra y Libertad”. In seguito si oppose a Madero e alla sua morte combatté contro Huerta e poi contro Carranza. Entrò assieme a Pancho Villa a Città del Messico. Rifiutò più volte qualsiasi tipo di potere politico e militare istituzionalizzato . Fu assassinato nel 1919. Pur non professandosi anarchico sembra sia stato influenzato, non poco, dalla lettura delle opere di Kropotkin e dalla rivista dei fratelli Magòn Regeneration”. Nel programma zapatista, le cui linee generali furono fissate già nel 1911 con il Piano di Ayala,  si attribuiva grande importanza alle libertà municipali. Nello Stato del Morelos , con l’appoggio  del movimento zapatista, dal 1915 al 1919  furono espropriate  le terre dei latifondisti e  ispirandosi  PROPRIO al “ Piano de Ayala”  si  dette inizio a  una riforma agraria finalmente favorevole ai contadini nullatenenti .  Data l’esplicita rinuncia da parte di Zapata e di altri capi zapatisti,  di assumere cariche governative o amministrative  si formò  nel Morelos un’ amministrazione autogestita, tramite assemblee popolari,   di tipo municipale libertaria. Numerose furono, tra l’altro, le scuole popolari, fondate su principi pedagogici libertari,  sia per  bambini che per adulti.
Brani da commentare:  1) “La libertà municipale  è la prima e la più importante delle istituzioni democratiche, posto che nulla è più naturale o degno di rispetto del diritto che il cittadino di qualsiasi insediamento ha di regolare da se stesso le materie della vita comune e di risolverle come meglio convenga per i suoi interessi e le necessità del suo luogo” (da Ley generall sobre  las Libertades Muncipales ( 1916); 2)  Quando noi del sud ci lanciammo nella lotta per recuperare le nostre perdute libertà, feci una solenne  promessa ai miei soldati: che conquistata la capitale  della Repubblica avrei immediatamente bruciato la sedia presidenziale, perché ho capito che tutti coloro che la usano sembrano cadere vittime di un maleficio, dimenticano le promesse fatte quando erano semplici  rivoluzionari” ( parole, se ho capito bene,  di Eufemio , il fratello di Emiliano Zapata) ; 3) “… ( Zapata) grande leader contadino le cui attività nel Messico meridionale nel periodo rivoluzionario ricordano da vicino quella di Machno in Ucraina; come Machno infatti Zapata era un povero contadino che seppe spingere alla rivolta le popolazioni rurali oppresse e guidarle a brillanti successi nella guerriglia partigiana. Lo storico Henry Bamford Parkes  ha osservato che l’esercito di Zapata nel sud non fu mai un esercito nel senso consueto della parola, poiché i suoi soldati “trascorrevano il tempo ad arare e mietere le terre appena conquistate e prendevano armi solo per respingere le invasioni; erano una popolazione insorta”. La filosofia di questo movimento, con il suo egualitarismo e il desiderio di ricreare una società contadina, con l’insistenza sul principio che il polo doveva prendersi la terra e governarsi da solo in comunità rurali, con la sfiducia della politica e il disprezzo per il guadagno personale, somigliava molto da vicino all’anarchismo rurale affermatosi in circostanze analoghe nell’Andalusia. … (Woodcock, Anarchia, Storia delle idee……..).
  Bibliografia:  in Pier Francesco  Zarcone,  La libertà e la terra, Massari editore,  2006  (primo brano) p. 249 e  (secondo brano) p. 248. Terzo brano in  Woodcock, Anarchia, Storia delle idee e dei movimenti libertarie, Feltrinelli 1966 p. 376-377.  La bibliografia su Emiliano Zapata è vasta e mi limito a citare quelli che ho io (forse un po’ vecchiotti) :  Edgoumb Pinchon, Zapata l’invincibile, Feltrinelli UE 596 , 1970,   John Womach jr. , Morire per gli indios. Storia di Emiliano Zapata, Arnoldo Mondadori Editore , 1973, , Guillermo Almeyra, Emiliano Zapata, Data News, 1995.
 Sia nello zapatismo che nel villismo, sebbene in quest’ultimo vi fosse una componente più  forte di militarismo e di  caudillismo,  lo spirito  libertario,  antiretorico e festoso,  si riscontra nelle loro canzoni.
LA CUCARACHA:  “Lo scarafaggio, lo scarafaggio adesso non può camminare perché non , perché non ha marihuana da fumare. Già se ne vanno i carranzisti, già se ne vanno verso Perote non possono camminare  a causa dei loro mustacchi. Con la barba di Carranza mi farò un nastrino per metterlo sul cappello del signor Pancho Villa”
ADELITA: “In alto su un monte scosceso era accampato un reggimento e una ragazza lo inseguiva innamorata pazzamente del sergente. Tra i soldati era popolare Adelita la donna che il sergente idolatrava oltreché coraggiosa era bella persino il colonnello la rispettava . Se Adelita andasse con un altro la seguirei per terra e per mare […] Se Adelita fosse la mia fidanzata se Adelita fosse la mia sposa le comprerei un abito di seta per portarla a ballare in caserma.  Se per caso io muoio in battaglia e se il mio corpo seppelliranno Adelita, per Dio ti prego vieni a piangere con i tuoi occhi”
I testi  delle canzoni , molto famosi,  io li ho trovati su un vecchio inserto della Domenica del Corriere, data imprecisata.  Su Pancho Villa e i vilisti, cfr. John Reed, Messico insorto, EditoriRiuniti 1985
 
BATTALONES ROJOS
 
 
  Particolarmente difficile si presentava la condizione della nascente classe operaia nelle città, in cui pur diffondendosi l'anarco sindacalismo, non si riuscì, neanche dopo lo scoppio della "grande rivoluzione" del 1910, a stabilire un'effettiva unione tra il movimento operaio e il movimento contadino, separati, tra l'altro,  da diversi fattori socio-culturali (primo brano) . Ciò determinò, purtroppo, nel 1915, lo schierarsi della più grande organizzazione sindacale messicana, ( La "Casa del Obrero Mundial" (COM),( che disponeva di "battalones rojos", formati da operai, ) al fianco del borghese Carranza contro i zapatisti e i villisti, sulla base di un patto sottoscritto a Veracruz il 17 febbraio 1915, che prometteva  agli operai della Casa del Obrero Mundial future riforme sociali atte a migliorare le loro condizioni di vita (primo brano). Va detto che ottenuto quanto si voleva da loro, Venustiano Caranza, alle prime avvisaglie di scioperi operai che chiedevano le riforme promesse,  chiuse tutte le sedi della COM e arrestò gran parte dei suoi dirigenti, considerandoli traditori della  patria , contro cui si poteva invocare persino la pena di morte.(secondo brano) 

Brani da commentare: 1) Se è ormai fuori discussione che l’anarchismo di Florens Magon aveva una particolare considerazione per il mondo indigeno e la sua cultura, sarebbe assai erroneo ritenere che si trattasse di una posizione condivisa al di fuori degli ambienti magonisti e certo non lo era all’interno dell’anarco-sindacalismo urbano. Per cui niente di “strano” che agli acculturati militanti urbani Zapata apparisse a capo di un’orda di indios e peones arretrati con cui non si poteva costruire nulla in comune. A questo si aggiunga anche un altro fattore: in maggioranza i zapatisti nutrivano sentimenti religiosi. E non vi è dubbio che il loro ingresso a Ciudad  de Mexico sventolando quello che per gli indios è anche un vessillo rivoluzionario – lo stendardo di Nostra Signora di Guadalupe- abbia suscitato ilarità e commiserazione. “ ( Pier Francesco Zarcone, La libertà e la terra…)  2) Il testo dell’accordo constava di  otto punti:  art.1e 3) “- Il governo costituzionalista conferma la propria decisione, manifestata nel decreto del 12 dicembre scorso, di migliorare con leggi appropriate le condizioni dei lavoratori, emanando già durante la lotta tutte le leggi necessarie.[…] il governo costituzionalista accoglierà con la sollecitudine dimostrata fino ad oggi, le giuste rivendicazioni degli operai nei conflitti che potranno insorgere tra essi e i loro padroni come conseguenza dell’applicazione dei contratti di lavoro. […]  art.7 e 8 )  Gli operai costituiranno centri e comitati rivoluzionari in tutti i luoghi che reputeranno convenienti. Detti comitati, oltre a svolgere un lavoro di propaganda, cureranno gli aspetti organizzativi dei raggruppamenti operai e veglieranno sulla loro collaborazione alla causa costituzionalista. […] Gli operai che avranno impugnato le armi nelle file dell’esercito costituzionalista e le operaie che si saranno unite ai servizi sanitari per l’assistenza dei feriti o ad altri servizi analoghi avranno una sola denominazione, siano essi organizzati in compagnie, battaglioni, reggimenti, brigate o divisione : tutti avranno la denominazione di rossi ”.   3) ” In quel periodo, a Carranza serviva che i circoli anarco-sindacalisti si convertissero in centri di arruolamento per carne da cannone, da inviare, bandiere rosso-nere al vento, contro Villa, Zapata e le ultime schegge sparse della Convenzione Rivoluzionaria. Gli operai e le operaie di Città del Messico, al canto di Hijos del Pueblo e al prezzo di centinaia di caduti, avevano costretto villistas reazionari e zapatistas bigotti a ripiegare. Solo che, poco dopo il rientro dei Battaglioni rossi, Carranza aveva brutalmente estromesso la Casa del Obrero Mundial dal Palacio de los Azulejos. Non sopportava che gli attivisti, ringalluzziti dalle vittorie militari, girassero il Messico quasi unificato a predicare eguaglianza sociale e lotta contro le autorità, quale che fosse il loro colore. Via via più provocatoria, l’ostilità del Primer Jefe era diventata furia al momento della proclamazione dello sciopero generale, il 30 luglio 1916. [...] La Casa del  Obrero Mundiale e la Federazione dei Sindacati, nell'organizzare lo sciopero generale,avevano previsto un’azione repressiva . Così avevano dato vita a tre comitati clandestini. Se il primo fosse stato colpito, sarebbe entrato in scena il secondo, quindi il terzo. Nessuno però immaginava che, di fronte allo sciopero, per quanto radicale esso fosse, don Venustiano proclamasse la legge marziale e spedisse  i soldati  a obbligare gli operai al lavoro. ... “ ( da Valerio Evangelisti, Il collare spezzato)

  Bibliografia: Primo brano in Pier Francesco Zarcone, La libertà e la terra, Gli anarchici nella rivoluzione messicana, Massari editore, 2006 pp. 310-31.  Secondo brano in Jesus Silva Herzog, Storia della rivoluzione messicana, Sugar editore, 1969 pp. 332-333. Terzo brano in Valerio Evangelisti, Il collare spezzato, Arnoldo Mondadori ,  2006 pp. 294 e 296 .  

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