Sulla scia delle canzoni di EUGENE POTTIER e JEAN BAPTISTE CLEMENT si diffusero, negli anni successivi, sebbene chi le cantasse poteva essere passibile di finire in prigione, canzoni di protesta, grazie alle quali le idee libertarie si spargevano anche in quegli ambienti proletari , in cui la piaga dell’analfabetismo era assai elevata e le pubblicazioni anarchiche inaccessibili. Presto accanto ad autori che erano per lo più scrittori che sulla scia di Pottier e di Clement scrivevano canzoni quasi esclusivamente per incitare alla lotta ( per esempio LOUIS ALEXIS BOUVIER) si affiancarono anche cantautori” professionisti” ( tra cui ARISTIDE BRUANT, GASTON COUTE’, CHARLES D’AVRAY ) che si esibivano nei cabaret, caffe concerto, teatri, ecc-
Canzone da commentare: “ Dans la vieille cité francaise/ Existe une race de fer, dont l’ ame comme une fournaise/ A, de son feu, bronzé la chair/ Tous ses fils naissent sur la paille,/ Pour palais, ils n’ont qu’un taudis / C’ est la canaille! Et bien j’en suis!/ Ce n’est pas le pilier du bagne / C’est l’ honnete homme dont la main / Par la plume ou le marteau gagne / En suant, son morceau du pain / c’ est le pére, enfin , qui travaille / Les jours et quelquefois le nuits / C’est la canaille/ Eh bien ! J’en suis!. / C’est l’artiste, c’est le bohème / Qui sans souper, rime reveur / Un sonnet à celle qui l’ aime / Trompant l’estomac par le coeur / C’est à credit qu’il fait ripaille/ Qu’il loge et qu’il a des habits / C’est la canaille! Eh bien ! J’en suis! C’est l’homme à la face terreuse / Au corp maigre, à l’oeil de hibou / Au bras de fer à main nerveuse / Qui sortant d’on ne sait pas où / Toujours avec esprit vous raille / Se riant de votre mépris / C’est la canaille!/ Eh bien! J’en suis! / C’est l’enfant que la destinée / Force a réjeter ses haillon / Quand sonne sa vingtième année / Pour entrer dans nos bataillons / Chair à canon de la bataille / Toujours il succombe sans cris…/ C’est la canaille! Eh bien ! J’en suis! / les uns travaillent par la plume / Le front dégarni de cheveux / Les autre martèlent l’enclume / Et se soulent por etre heureux / Car la misére, en sa tenaille/ Fait scher leur flancs amaigris / C’est la canaille ! E bien j’en suis! ( La canaille, parole di Alexis Bouvier e miusica di Joseph Darcier (1865)
Tra i cantautori di professione il più famoso , grazie anche ad alcuni celebri manifesti di Toulouse Lautrec per i suoi spettacoli, , fu ARISTIDE BRUANT (1851-1925) , nato da una famiglia benestante, dopo la morte del padre, si trasferì, appena quindicenne, a Parigi e iniziò, assai presto, ad esibirsi nei locali di Montmartre, tra cui le “Chat Noir”, frequentati da proletari, artisti e borghesi in cerca di emozioni forti. I temi delle canzoni attingevano a episodi di cronaca, per lo più nera” con magnaccia, prostitute, piccoli criminali come protagonisti, ma anche, talvolta, canzoni dal contenuto sociale assai impegnato come per es. “ Les canuts”-
Canzone da commentare : “ Signor Presidente / Le scrivo una lettera / che lei forse leggerà / se avrà tempo per farlo / Ho appena ricevuto / la cartolina militare / dovrò partire in guerra / entro mercoledì sera / Signore Presidente / Io non la voglio fare / non son o su questa terra / per ammazzare dei poveracci / Non per farla arrabbiare / ma glielo devo dire / la decisione è presa / Io diserterò / Da quando sono nato / ho visto morire mio padre / ho visto partire i miei fratelli / e piangere i miei figli / Mia madre ha sofferto tanto / che ormai è nella tomba / Se ne infischia delle bombe / e si strafotte dei vermi / Quando ero prigioniero / m’han rubato la donna / mi hanno rubato l’anima / e tutto il mio passato / Domattina di buonora / chiuderò la mia porta / in faccia agli anni morti / Me ne andrò per le strade / mendicherò la mia vita / per le strade di Francia / dalla Bretagna alla Provenza / e alla gente dirò / rifiutatevi di obbedire / di farla rifiutare / In guerra non andate / rifiutatevi di partire. / Se bisogna dare il sangue / vada a dare il suo / lei che è un buon apostolo / Signor Presidente / Se mi darà la caccia / avverta i suoi gendarmi / che non avrò le armi / e potranno sparare” . La prima versione , quella spontanea, ha un finale diverso: “ Avverta i suoi gendarmi / che ho con me le armi / e che so sparare “ ( traduzione italiana di Le déserteur)
Ogni spettacolo teatrale o di canzoni tenuto da Boris Vian al di fuori delle “caves” di Saint-Germain –des Prés generava solitamente grande scandalo e reazioni molto violente da parte del pubblico di destra.
LEO FERRE' (1916-1993), figlio del direttore del personale del Casinò di Monte Carlo e di Marie Scotto di origine italiana, si esibì per la prima volta in pubblico nel 1941 a Montecarlo. Nel 1946 Ferré andò a Parigi dove iniziò a cantare nei cabaret di Saint-Germain. Frequentò Maurice Joyeux e il gruppo “ Louise Michel". Nel 1949 cantò per un " gala" a sostegno del giornale Libertaire. Nel 1961 un suo album fu proibito per il suo contenuto anarchico. Entrò anche in contatto con gli anarchici spagnoli in esilio in Francia ai quali dedicò la canzone Franco la muerte. Scrisse e cantò molte canzoni ispirate all’Anarchia e ai “poeti maledetti “ dell’ottocento francese. Sulla copertina di “Le monde libertaire” del 1968 apparve una sua foto con le parole: “Viva l’anarchia con un grande A come Amore! “ . Morì a Castellina in Chianti ,( Siena) dove viveva già dal 1971.
Canzone da commentare (testo in italiano): “ Non sono l’uno per cento ma credetemi esistono / In gran parte spagnoli chi lo sa poi perché / Penseresti che in Spagna proprio non li capiscono / Sono gli anarchici / Han raccolto già tutto / di insulti e battute / E più hanno gridato / Più hanno ancora fiato / Hanno chiuso nel petto / Un sogno disperato / E le anime corrose / da idee favolose / Non sono l’un percento ma credetemi esistono / Figli di troppo poco o di origine oscura / Non li si vede mai / che quando fan paura / Sono gli anarchici / Mille volte son morti / come è indifferente / Con l’amore nel pugno / Per troppo o per niente / Han gettato testardi / la vita alla malora / Ma hanno tanto colpito / Che colpiranno ancora / Non sono l’uno per cento ma credetemi esistono / E se dai calci in culo c’è da incominciare / Chi è che scende per strada non lo dimentica / Sono gli anarchici / Hanno bandiere nere / Sulla loro speranza / E la malinconia / Per compagna di danza / Coltelli per tagliare / Il pane dell’ amicizia / E del sangue pulito / Per lavare la sporcizia / Non sono l’un per cento ma credetemi esistono / Stretti l’uno con l’altro e se in loro non credi / Li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi / Sono gli anarchici. ( da “Les anarchistes" di Leo Ferré)
Bibliografia: in Leo Ferré, Il cantore dell’immaginario a cura di Mauro Macario, Eléuthera 1994 pp. 31-33 e alle pp. 30-32 vi è il testo francese, dove nel verso finale si dice: “ Qu’y’en pas un sur cent et qu’pourtant ils existent-Et qu’ ils se tiennent bien bras dessus bras dessus- Joyeux et c’est pour ça qu’ils sont toujours debout- les anarchistes”
Discografia: in Têtes de bois, Ferré, l’amore e la rivolta . Nel CD la canzone è cantata in lingua originale
Brano da commentare: La cigarette sans cravate / Qu’on fume à l’aube démocrate/Et le remords des cous-de-jatte /Avec la peur qui tend la patte /Le ministère de ce prêtre /Et la pitié à la fenêtre /Et le client qui n’a peut-être / Ni Dieu ni maître / Le fardeau blême qu’on emballe / Comme un paquet vers les étoiles / Qui tombent froides sur la dalle /Et cette rose sans pétales /Cet avocat à la serviette / Cette aube qui met la voilette /Pour des larmes qui n’ont peut-être / Ni Dieu ni maître /Ces bois que l’on dit de justice / Et qui poussent dans les supplices / Et pour meubler le sacrifice / Avec le sapin de service / Cette procédure qui guette / Ceux que la société rejette / Sous prétexte qu’ils n’ont peut-être / Ni Dieu ni maître / Cette parole d’Evangile / Qui fait plier les imbéciles / Et qui met dans l’horreur civile / De la noblesse et puis du style / Ce cri qui n’a pas la rosette / Cette parole de prophète / Je la revendique et vous souhaite / Ni Dieu ni maître. ( testo e musica di Léo Ferré)
Bibliografia: Léo Ferré, Né Dio né padrone :testo canzone + trad. italiana di Andrea Giramundo : “La sigaretta senza cravatta / Che fumiamo all’alba democratica / E il rimorso degli storpi / Con la paura che tende la zampa / Il ministero di questo prete /E la pietà alla finestra / Ed il cliente che non ha forse / Né Dio né padrone / Il fardello livido che imballiamo / Come un pacco verso le stelle / Che cadono fredde sulla lastra / E questa rosa senza petali / Questo avvocato dei tovaglioli / Questa alba che mette la veletta / Per le lacrime che non hanno forse / Né Dio né padrone / Questi boschi che si dice di giustizia / E che crescono nei supplizi / E per ammobiliare il sacrificio / Con l’alberello di servizio / Questa procedura che spia / Quelli che la società rigetta / Sotto pretesto che non hanno forse / Né Dio né padrone / Questa parola di vangelo / Che fa piegare gli imbecilli / E che mette nell’orrore civile / Della nobiltà e poi dello stile / Questo grido che non ha la rosetta / Questa parola di profeta / la rivendico ed vi auguro / Né Dio né padrone” . in http://www.alloradillo.it/ni-dieu-ni-maitre-leo-ferre-tesco-canzone-trad-ita/; Una bella nota introduttiva a questa canzone si trova in Storie e amori d’anarchie. Le canzoni e gli avvenimenti che raccontano un’ idea di libertà e di rivolta a cura di Secondiano Sacchi, disegni di Sergio Staino, I libri del club Tenco, Squi[libri], 2020 pp. 225-227. , dove, tra l’altro la versione italiana di questa canzone è alquanto diversa .
GEORGE BRASSENS (1921-1981) . Egli aderì alla Federazione anarchica francese nel maggio 1946 e collaborò come segretario di redazione al giornale “ Libertaire” . (cfr. brano) . L a permanenza al “ Libertaireperò durò poco ” e pur continuando la militanza sino al 1948 diradò gradualmente i suoi impegni politici pur mantenendo anche dopo i suoi successi come cantautore rapporti personali con i compagni , tra cui Joyeux, Fontenis, Susy Chevet. Spesso partecipò a “gala” organizzati dal Mondo Libertario e per il “gruppo Louise Michel e“ finanziò generosamente molte iniziative anarchiche, tanto che a un certo punto dovette tutelarsi da chi se ne approfittava troppo . Nel 1970 Brassens spiegò il suo rapporto con l’anarchia durante una intervista pubblicata sulla rivista Ego . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ E’ per me una filosofia e una morale con cui io mi confronto il più possibile nella vita di tutti i giorni, cerco di tendere verso l’ideale. L’individualismo non significa solamente rivolta, quanto piuttosto amore degli uomini. La rivolta non è sufficiente, essa può condure a non importa cosa, allo stesso fascismo.” ( intervista a Brassens nella rivista “Ego”, aprile 1970)
Bibliografia: George Brassens in Les anarchistes, Dictionnaire biographique du mouvement libertaire francophone, Les Editions del’ Atelier/ Les edition Ouvrières, 2015 p. 162.
Tra le numerosissime canzoni di Brassens, dove predomina in tutte uno spiccato spirito libertario, mi limito, almeno per ora, a citare La ballata di quelli nati da una qualche parte
Canzone da commentare: “ “ E’ pur vero che son piacevoli questi villaggi, / questi borghi, frazioni, siti, città / con le loro mura, le chiese, le spiagge. / Non hanno che il difetto d’essere abitati ! Di essere abitati da gente che sogguarda / gli altri con disprezzo, dall’alto dei bastioni . / La razza degli sciovinisti, portatori di coccarde / gli imbecilli felici d’esser nati da una qualche parte / Maledetti tutti i figli di una madrepatria / si impalassero una volta sul loro campanile / quando esibiscono le torri, i musei , i municipi / e vi riempiono del paese natale fino a farvi vomitare / Che vengano da Roma, Parigi o Sète, / o da casa del diavolo, o da Zanzibar / anche fosse Moncucco, son capaci di vantarsi / gli imbecilli felici d’esser nati da una qualche parte /. La sabbia nella quale i loro struzzi / sprofondano la testa, non ce n’è di più fine / Quanto all’aria con cui gonfiano le loro palle, le bolle di sapone, è un soffio divino. / E così, poco a poco, giungono a montarsi / la testa fino a ritenere che lo sterco dei loro cavalli / anche se di legno renda invidioso il mondo / gli imbecilli felici d’esser nati da una qualche parte . / Non è un “ luogo comune “ quello della loro nascita, / compatiscono davvero quei poveri disgraziati / gli incapaci che non ebbero la presenza di spirito / di vedere il giorno nel loro stesso luogo / E quando la squilla li chiama, rompendo la tranquillità precaria / contro qualche straniero certamente barbaro / escono dal loro fosso per morire in guerra, / gli imbecilli felici d'essere nati da una qualche parte . / Dio mio, che bella sarebbe la terra umana / se non s'incontrasse questa razza demente / questa razza importuna che abbonda ovunque / la razza territoriale, la gente d'origine controllata. / Sarebbe bella la vita, in ogni caso, / se non avesse cavato fuori dal nulla questi cazzoni. / Prova definitiva della tua inesistenza, / gli imbecilli felici d'essere nati da qualche parte " ( Georges Brassens , La ballata di quelli nati da una qualche parte (1972 )
Bibliografia : in Alessio Lega,
Canta che non ti passa. Storie e canzoni di autori in rivolta francesi,
ispanici e slavi , Stampa alternativa 2008 pp. 28-29. Cfr. anche Nanni
svampa e Mario Mascioli, Brassens . Tutte le canzoni tradotte,
Franco Muzzio Editore , 1991 p. 229 dove accanto alla traduzione italiana vi è l'originale francese
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