FAMIGLIA ZANOLLI |
PIA ZANOLLI MISEFARI (1896-1981 ca.): La famiglia di Pia Zanolli, composta dal padre Enrico, la madre, Antonietta Recati, sarta, e da due sorelle: Lea e Zoe e un fratello, Ver (diminutivo di Veritas) si era trasferita, nel 1905, a Zurigo in Svizzera distinguendosi, tra l'altro, per i propri ideali pacifisti e per i loro successi nell'arte della moda. La poetessa Ada Negri, il 30 novembre 1913, aveva scritto un articolo , soprattutto centrato sulla figura della madre, intitolato Santa Francesca . (cfr. brano) :
Brano da commentare : “ ( Santa Francesca) Io la chiamo così. Il suo vero nome è un comune e prosaico nome moderno: Anna Bulca ( cfr. nota 1: Antonietta Recati-Zanolli). […] Ella odia la moda: eppure è questo il suo solo mezzo di sostentamento: per un miracolo di elasticità, di adattabilità, ella è riuscita ad essere un’ottima sarta; ma nessuno la vedrà mai vestita d’altro abito che non sia la la sua tunica annodata dal nero cordone. […] e le sue giovani figlie e il suo piccolo ultimogenito splendono di sacra bellezza in uguali succinte vesti di tela azzurra, fulva o bianca, listate alla greca, in leggeri sandali, larghe cinture, nudo il collo, nudi i garretti e le braccia, tagliati alla scozzese i folti capelli. […] Esse si chiamano con nomi di armoniosa brevità: Pia , Lea, Zoe. La maggiore di sedici anni , nel suo costume quasi attico, ha l’aria di una statuetta di Tanagra, incoronata di una grande zazzera bionda che arriva solo alla nuca. Respira, parla, si muove con la sicura franchezza che solo può avere una creatura felice, nella quale nulla è compresso. […] Sono poveri ma aiutano altri più poveri di loro. Non lavorano per arricchire; ma semplicemente perché è giusto lavorare per vivere. Alle pareti delle poche stanze stanno inchiodati o appesi, in stampe senza vetri e in confusione caratteristica , i ritratti di Leone Tolstoi, di Augusto Bebel, di Enrico Pestalozzi, di Massimo Gorki, di Gesù Cristo. […] In fondo (Antonietta Recati) è un’anarchica platonica. Dice sempre: “Noi siamo nati senza vesti, senza casa, senza denaro. “….. ( Ada Negri, Santa Francesca, rivista settimanale, Marzocco, 3 novembre 1913)
Bibliografia: in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp.
90, 91, 92. L'articolo Santa Francesca ottenne, tra l'altro, un'entusiastico giudizio da parte di Eleonora Duse, amica di Ada Negri.
Medesimo giudizio entusiasta fu quello di Bruno Misèfari, accolto fraternamente nella loro casa, sempre aperta ai disertori della “guerra maledetta” . (brano da commentare)
Brano da commentare: “… Ho saputo gustare troppo l’accogliente atmosfera familiare zurighese. Il vostro ambiente, i vostri personaggi, voi tutti. Papà Enrico, il personaggio più imponente, filosofo, figura patriarcale (rassomigliante a Pirandello). La mamma è quella che è: unica in tutte le sue concezioni vitali. Arde, vibra in continuazione, giorno e notte e sempre per i suoi e gli altri. I quattro figli, l’uno più bello dell’altro, hanno assorbito con intelligenza e in ogni manifestazione gli esempi dei genitori e così anche essi ardono e vibrono nella medesima entità. E con tutto questo non volete che io abbia nostalgia di questo nucleo di gente sana che mi è penetrato in profondità e che mi ha fatto godere e sognare troppo?....” ( lettera di Bruno Misefari a Pia, Stuttgart, 20 settembre 1919)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 135-136
SORELLE ZANOLLI |
Le ragazze Zanolli , a Zurigo, crebbero assimilando modelli culturali alternativi sia nell’ arte ( Dadaismo, Futurismo, Monte Verità, ecc.) che in politica ( Socialismo Internazionalista, Anarchismo soprattutto nella sua versione tolstoiana, ecc. ) (cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: “... Nel 1905 la famiglia Zanolli si trasferì a Zurigo con le tre figlie Pia, Lea e Zoe oltre a Zia Angiolina ( nota mia : sorella della madre ed esperta modista ) e dove l’anno successivo nacque il loro figlio dal nome insolito Ver. Enrico [Zanolli] fabbro qualificato, lavorava in un garage a Seefel, a Zurigo. Antonietta trovò rapidamente un collegamento (Anschluss) con un gruppetto teatrale amatoriale italiano, in cui i bambini facevano anche piccoli spettacoli. Essi successivamente frequentarono i corsi della Semmler-Rinke Schule, un istituto di danza e ritmo, dove venivano utilizzati nuovi metodi per l’insegnamento e si esibirono in varie città straniere. Gli abiti disegnati dalla madre attirarono l’attenzione e la gente a Zurigo iniziò a parlare dei modelli della sarta italiana. La scrittrice Maria Waser (1878-1939) [nota mia: la Waser fu una nota scrittrice svizzera e redattrice della rivista culturale Die Schweiz. Nei suoi romanzi vi erano numerosi riferimenti alla condizione subordinata della donna nella società e " sul futuro della Svizzera di fronte alla minaccia fascista" ] fu una delle prime sostenitrici della famiglia [ Zanolli] e le aprì l’ accesso alla società colta di Zurigo. Pia e Lea seguirono vari corsi alla Kunstgewerbeschule di Zurigo, dove impararono il ricamo da Berta Baer, il disegno ornamentale da Otto Morach e il disegno figurativo da Ernst Georg Rüegg, che si rifletté nell'Atelier Zanolli. Alcuni prodotti dell'epoca mostravano un linguaggio del design (Formensprache) simile a quello degli oggetti di Sophie Taueber-Arp, [ nota mia: artista e pittrice svizzera (1889 –1943). Sposò Jean Arp, con cui partecipò attivamente al Dadaismo zurighese ] che insegnava lì dal 1916. Durante la prima guerra mondiale, Zurigo divenne un punto caldo (hotspot) per l'arte sperimentale, come il dadaismo nel Cabaret Voltaire nel 1916 o la moderna danza libera di Mary Wigman, [ nota mia: ballerina e coreografa (1886-1973) fu una pioniera della danza moderna: Fu allieva e poi assistente del coreografo e teorico della danza moderna (Ausdruckstanz ), Rudolf von Laban sul Monte Verità dal 1913 al 1919.] che le figlie di Zanolli impararono da lei. Antonietta [Recati] si interessò anche di politica e fu amica della socialista Angelica Balabanoff e della poetessa Ada Negri. Socialisti e pacifisti italiani emigrati frequentavano la famiglia Zanolli….”( Ruth Vuilleumier, Mut zur Farbe…)
Bibliografia: Ruth Vuilleumier, Mut zur Farbe , 16.05.2022 in https://seniorweb.ch/2022/05/16/mut-zur-farbe/ (Traduzione italiana mia da verificare). Cfr. anche Maria Waser all'ASL in https://www.nb.admin.ch/snl/it/home/chi-siamo/asl/fondi-archivi/primo-piano/waser.html
PIA ZANOLLI |
Brano da commentare: “ La continua frequenza in casa di Pia ed il suo nuovo atteggiamento di corteggiatore, lasciano indifferenti la giovane. [ …] Intanto le conversazioni serali di problemi sociali in casa Zanolli continuano […] Pia comincia a riflettere, a domandarsi più spesso il perché di questa tenace fusione spirituale tra sua madre e quest’uomo. […] Comincia ad osservarlo un po’ più da vicino, ad ascoltare con più interesse le sue discussioni, a gustare il forte e dolce timbro della sua voce, cerca di trovargli dei difetti per piccoli che siano. Per questo ci sono voluti parecchi mesi. Bruno è sempre paziente e innamorato. Sa attendere. E’ certo della vittoria. Più ella cerca difetti e più virtù trova. Ora si spiega il perché del grande attaccamento della mamma per lui. […] Dopo nove mesi di paziente attesa, il 23 aprile, lui vince, lei s’ammala di amore. Da questo giorno lei capisce che il suo amore per quest’uomo, che oggi è molto in pericolo, è giunto all’apice. Oggi sente anche che lo amerà per tutta la vita”… (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp.96-97- 98-101-102
Il giorno stesso, 23 aprile del 1918, in cui Bruno e Pia si dichiararono il loro reciproco amore, Misèfari, coinvolto , insieme a tanti altri compagni, nel "processo delle bombe" (noto anche come "l'affare delle bombe" (cfr. post BRUNO MISEFARI e post: ANARCHICI SVIZZERI...) fu arrestato e detenuto per diversi mesi nel carcere di Zurigo. (cfr. primo brano) .Il 18 novembre del 1918 Bruno Misefari , gravemente ammalato di “polmonite doppia” e sentendosi in pericolo di vita, inviò clandestinamente dal carcere alla famiglia Zanolli un foglietto , in cui vi era una poesia intitolata Nel Granito della mia fossa. (cfr. secondo brano ). Scarcerato, in condizioni di salute ancora gravissime , il 20 novembre 1918, fu affidato , su autorizzazione della Polizia Cantonale, alle cure della famiglia Zanolli (cfr. terzo brano).
Brani
da commentare: 1) " 23 aprile 1918 Questa mattina presto il padrone di casa di Bruno consegna a Pia un biglietto" Pia carissima, Non so per quale motivo la polizia è venuta stamane a perquisire il mio domicilio e per portarmi seco. Perciò non posso venire a salutarti. Ti penso sempre. Voglimi bene come io ti voglio e sempre. Tuo Bruno" [...] Dai giornali si apprende dell'arresto in massa, per misura di sicurezza , di un centinaio di
disertori e renitenti di leva italiani e francesi. Figurarsi se non
mettevano in carcere anche il " pericoloso antimilitarista" Bruno
Misefari. E la sera stessa del 23 aprile 1918 una vera irruzione
poliziesca invade la casa Zanolli. ( nota mia: segue a questa parole
una ironica descrizione degli esiti di questa perquisizione, dove
invece di trovare bombe la polizia trovò nove scaldaletti) : 2) "... Il 12 novembre la grande guerra è finita. Non finiscono però tutte le sofferenze, le invocazioni del carcerato [nota mia: Bruno Misefari] Per quei prigionieri, per quei disertori, non c'è armistizio, non c'è pace! Continua a soffrire, ad invocare, a scrivere, "ad imbrattare i fazzoletti“, e intanto trova un altro sistema per mandar fuori foglietti segreti: appiccicati all'estrema punta dell'interno dei calzini. In uno di questi: " Dal carcere di Zurigo-18 novembre 1918. " NEL GRANITO DELLA MIA FOSSA’: "M'è questa notte eterna
assai men grave – del dì che mi mostrò viltà di forti – e pecorilità di plebi
schiave. – Lungi il pianto da qui: sto ben co' morti”. Tutta la famiglia entusiastica esclama : “
che stupenda epigrafe!” Ma, subito dopo: che vuol dire questo? Sarà malato,
moribondo? Sarà morto?” Otto giorni sono trascorsi e nulla si sa di lui. L'ultimo fazzoletto [ nota mia: era un altro sistema per mandare fuori dal carcere foglietti segreti] porta la data del 12 novembre. Mai come adesso si teme per la sua vita. Si è saputo della morte di molti detenuti negli
ultimi mesi; sarà successo qualche cosa anche a lui? [tra i "suicidi, il muratore anarco-sindacalista, Arcangelo Cavadini (1886-1918) noto tra l'altro per avere scagliato nel 1912 un bicchiere di birra contro Massimo Rocca (Libero Tancredi) , principale esponente del cosiddetto "novatorismo" da lui portato alla sua espressione individualistica estrema] A che scopo avrebbe
dovuto scrivere e mandare questa epigrafe? Già da sette mesi Pia è malata di nervi, di cuore e d'amore; appena legge queste strofe sviene più malamente del solito. Esclama in continuazione: - Ho paura di morire! Morirò di gioia se rivedrò Bruno, morirò se non lo rivedrò. Mamma, morirò! Passano ore di angoscia. Si teme per Bruno, si teme per Pia. ..." 3) " - Due
giorni dopo alle sette, un forte squillo di campanello scuote i cuori
dell’intera famiglia. 20 novembre 1918. Chi sarà a quest’ora ? …
Kantonpolizei. …! - Bruno Misefari è libero, però è , gravemente malato ,
dobbiamo portarlo all’Ospedale cantonale oppure qui dalla fidanzata? – Qui da
noi , -grida la mamma- qui da Pia , qui da noi! . Eccetto Pia, che è diventata
una statua, si grida, si salta di gioia.
[…] L’entrata in casa Zanolli sarà per l’ammalato il trionfo della vita o della morte? [...]
Dopo una settimana l’ammalato è all’estremo delle forze, la malattia sta
compiendo il suo ciclo : il momento è molto critico, si dispera di salvarlo.
[…] Il medico arrivando crede di trovarlo già morto; stupefatto mentre lo visita, esclama: [...] - Signor Miséfari, lei ha superato
brillantemente la crisi. Bravo! Così va bene. Si vede che le medicine che le ho
prescritto sono le migliori esistenti. A
questo punto interviene la mamma: - Caro dottore, sì , sono state le sue
medicine, ma soprattutto il nostro amore. La convalescenza è lunga . Il convalescente
è sempre più innamorato e sempre più benvoluto da chi lo conosce. […] Pia gli è sempre accanto. Bruno riprende forza ed energia. Deve stare però a letto. ...” ( Ricordi
sparsi di Pia Misefari in L’anarchico di Calabria….)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972: primo brano pp. 101-102; secondo brano pp. 108-109; terzo brano pp. 111e 113. Su Arcangelo Cavadini cfr. Gianpiero Bottinelli, Luigi Bertoni, La coerenza di un anarchico, Prefazione di Marianne Enckell, Edizioni La Baronata p. 105 e nota 20 e su Libero Tancredi (Massimo Rocca), cfr. Alessandro Luparini, Gli anarchici di Mussolini. Dalla Sinistra al Fascismo tra rivoluzione e revisionismo, M.I.R. Edizioni, pp.. 22-25; 32-34 ; 44-45 .
Una nota della prefettura di Reggio Calabria al Ministero dell’Interno, rinvenuta da Giuseppe Tripodi nel CPC, posticipa l'arresto di Bruno al 16 maggio 1918, (primo brano). In contrasto con quanto riferisce Pia Zanolli Misefari , seguendo questa data, non vengono, pertanto, tenute in conto le disperate, alternate con altre piene di speranza, meditazioni di Bruno durante la sua prigionia, scritte clandestinamente , a partire dal 25 aprile 1918. (secondo brano) dentro un noto libro dello scienziato e scrittore di romanzi, Camille Flammarion (terzo brano).
Brani da commentare : 1)“ Bruno Misefari fu arrestato il 16 maggio 1918 (CPC, nota della prefettura di Reggio Calabria al Ministero dell’Interno dell’, 11.6. 1918.”[nota mia: sul ritardo di un mese nel riferire questa nota e sulle motivazioni per cui fu scritta mi piacerebbe saperne di più] 2) “ …. 25 aprile 1918. Dunque sono in carcere da due giorni. Povera Pia! Quanto avrà sofferto sapendo della mia persecuzione e del mio arresto! Che sarà di lei? Sarà ammalata? O sarà al lavoro per farmi uscire al più presto? Che martirio! Oh, avere una sua notizia! Se dovessi morire? Se morissi! Morire significa abbandonare per sempre le persone care, dunque io dovrei abbandonare la Pia anche? E per sempre? E’ possibile ? Questo pensiero mi spaventa. Non posso fermarlo troppo nella mente. Impazzirei. Amo molto o sono un vigliacco? Non m’interessa saperlo. Sento di voler vivere. Per che e per chi? Per saziarmi di amore, del suo amore. Oh, potessi sfondare queste porte maledette! […] 29 aprile 1918. Il giudice istruttore mi comunica che io sono imputato di aver fabbricato con anarchici italiani delle bombe a scopo rivoluzionario. In un rapporto di polizia dicesi che io abbia portato meco in un comizio pro disertori e refrattari, tre tubi di ferro che ho asportato dalla fabbrica “Arbens” ( nota mia: fabbrica di automobili presso Zurigo dove Bruno aveva trovato un lavoro come operaio nel reparto prove e controlli della resistenza dei metalli) che dovevano servire per la fabbricazione di esplosivi. Imputazione idiota o infame? Sono stanco. Tre giorni di cella oscura mi hanno sfibrato. […] " 5 maggio 1918 Sono stanco. Come sono lunghi i giorni e le notti! Potessi dormire e dimenticare. Macché! I nervi sono tanto eccitati che scacciano anche il sonno. Ed è un martirio! Un'agonia! Oh, che vale amare l'umanità? Essa è feroce ancora. E quindi non resta che o sputarle sul viso o morire o isolarsi. Ed io se esco , mi isolerò. Vivrò con i miei libri e con la mia Pia. Ho schifo del mondo! [...] “ 8 maggio 1918. E’ fuori di dubbio che la guerra mondiale ha aperto il ciclo delle ribellioni popolari. Per ritardare lo scoppio di essa, logicamente, i governi si serviranno di tutti i mezzi. Tra questi, e in prima linea, è l’amnistia ai disertori. Ecco perché anche se fossi espulso, non mi abbatterei sotto il dolore. Ho sempre la speranza di vedere la Pia mia. Del resto anche libero in Svizzera, per unirmi a lei non dovrei aspettare la fine della guerra, se la rivoluzione italiana non ci libererà prima! Oh Pia, aspettami! […] "9 maggio. Ogni rumore di passi e di chiavistelli è un sussulto del cuore. Credo di essere liberato ad ogni istante. Ora sarò libero; oh gioia!... Ma il rumore si allontana, svanisce , e il silenzio ritorna. Ritorna lo sconforto e il desiderio di morire. Chi inventò la pena del carcere non doveva avere madre! Non doveva essere uomo”[...] 10 maggio 1918 L'amore è un filo di capello che tiene sospeso sopra un gorgo , che può essere il grande e il sublime, come può essere anche il ridicolo e il vile. Che sarà per me questo amore ? [...] "Nel carcere si è soli e abbandonati. Chi è misantropo non vi soffre; ma colui che ama è perduto: egli è preda al dolore. Egli è agonizzante: gli manca l'ossigeno morale! O mamma, o famiglia lontana, o Pia, che sarà di me" Mi sembra che non dovrò mai uscire dal carcere! Maledetto il mondo! ." [...] 13 maggio 1918 Pur di essere libero darei parte di me, un piede, un braccio, un orecchio. Oh! Libertà! Io sono nella tomba e il mondo è sordo e cieco! " 3) " Il giorno del suo arresto era partito da casa con un grosso libro sotto il braccio L'astronomia popolare di Camillo Flammarion. Questo libro , slegato disordinatamente , con la dedica: " A Pia sua che lascerà solo morendo, Bruno" viene riconsegnato in direzione dopo tre settimane per essere mandato fuori con la biancheria. Il secondino addetto alla verifica di tutti gli oggetti controlla con molta attenzione se, eventualmente , fra i quinterni slegati il prigioniero si sia azzardato a mettere qualche letterina... Tiene il dorso nella mano, capovolge, scuote. Non cade nulla. Invece non sapeva che stava tenendo proprio nella sua mano degli scritti pieni di dolori, pieni d'amore. Bruno aveva scritto nel bordo interno in varie pagine del libro tutto ciò che in quei tristi giorni desiderava comunicare a Pia" (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Primo brano in Giuseppe Tripodi, , L'invenzione del ribelle. Vita tortuosa di bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto "anarchico di Calabria, Città del sole, 2020, p. 80 n. 8. Stessa data è menzionata in Enzo Misefari, Biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989, p. 80. Secondo e terzo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 103 104-105 ss.
Qualunque sia la vera data dell’arresto di Bruno Misèfari mi
sembra comunque importante il contenuto di questi foglietti clandestini per rievocare lo stato d’animo dei suoi primi
giorni di detenzione nel carcere di Zurigo .
Per
quanto riguarda la poesia “Nel granito della mia fossa” bisogna
notare che essa diventò, su iniziativa di Pia e della sorella Lea,
un'epigrafe a tutti gli effetti, solo molti anni più tardi, quando ormai il
ricordo del "grande macello" (1915-1918), che aveva ispirato
quei versi era ormai lontano rendendo così facili futuri fraintendimenti.
Giuseppe Tripodi, nel suo libro su Misèfari ne offre una interpretazione
negativa superomistica. Una interpretazione che mi sembra rinviare
ideologicamente al "novatorismo tancrediano, da cui la maggior parte degli
anarchici individualisti, tra cui Leda Rafanelli e i futuri disertori Giuseppe
Monanni, Ugo Fedeli, Francesco Ghezzi ed altri (cfr. post: BRUNO MISEFARI), si
differenziarono presto ( cfr. primo brano). Personalmente ritengo invece che
il punto focale di questi versi non sia il presunto superomismo di
Bruno Misefari, bensì il funesto ricordo del giorno ( 24 maggio 1915)
dell’entrata dell’ Italia nel conflitto mondiale, che provocò nei tre
anni successivi, la morte di milioni di contadini e operai
trascinati come tante pecore ( vittime sacrificali per antonomasia sin dai
tempi antichi e sul piano simbolico facili prede, per la loro
mansuetudine e ingenuità, di ogni seduzione) verso il grande macello, anche
grazie, durante le cosiddette "radiose giornate di maggio", all' uso dei più moderni, per quei tempi, mezzi di
comunicazione di massa per la diffusione della propaganda interventista. (cfr. secondo e terzo brano )
Bibliografia: Primo brano in Giuseppe Tripodi , L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892- 1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole edizioni, 2020, p. 217. Secondo brano in Furio Sbarnemi (Bruno Misefari) Diario di un disertore un anarchico contro la guerra, Gwynplaine edizioni 2010 , p. 36. Terzo brano in Nota introduttiva a Utopia? No! Scritti scelti di Bruno Misefari, a cura di Pia Zanolli Misefari, Roma 1975 p. 8. Sul significato simbolico della “pecorilità”, cfr. Enciclopedia dei simboli, Garzanti 1991, pp. 12-13 e 380-381. Sulle profonde divergenze tra il “novatorismo tancrediano” e l'anarchismo, sia individualista che comunista cfr. Gino Cerrito, Dall’ insurrezionalismo alla settimana rossa per una storia dell’anarchismo in Italia [ 1881/1914], cp editrice, 1977 pp. 109 e seguenti e anche Maurizio Antonioli Pier Carlo Masini, Il sol dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla prima guerra mondiale, BFS edizioni 1999, pp. 76-78 e Fabrizio Giulietti, Storia degli anarchici italiani in età giolittiana, Franco Angeli Storia,2012, pp. 104-112. Sul complesso rapporto tra il pensiero di Nietzsche e l’anarchismo, cfr. John Moore e Spencer Sunshaine, Non sono un uomo, sono dinamite. Friedrich Nietzsche e la tradizione anarchica, Bepress Edizioni 2012, Si veda in particolare l'articolo di Leith Starcross, Nietzsche era un anarchico. Ricostruzione delle conferenze su Nietzsche tenute da Emma Goldman , pp. 51-68
Sui viaggi
di Pia Zanolli e la madre in Germania per trovare Bruno che, espulso dalla
Svizzera, si era trasferito a Zuffenhausen (Stoccarda) ed iscritto al
Politecnico di Darmstadt, cfr. post BRUNO MISEFARI.
Nel novembre 1919 a Domodossola dove Pia, la madre e il padre si erano recati per incontrare Bruno Misèfari, che, amnistiato, tornava in Italia dalla Germania, furono arrestati e trattenuti in carcere per cinque giorni. Pia in quell’occasione riuscì a trasmettere a Bruno un foglietto clandestino. (cfr. primo brano) . Circa un anno dopo Pia, insieme alla madre, viaggiando in Italia, durante il quale, era, tra l’altro, previsto un breve incontro di passaggio con Bruno Misèfari, furono sottoposte a stretta sorveglianza (cfr. secondo brano)
Brani da commentare: 1) " Pia con un altro fogliettino clandestino, gli risponde: Non t'impressionare, caro Bruno, vedrai che da un momento all'altro ci libereranno. Soffriamo è vero ma questo nostro soffrire non è nulla al paragone del gran vantaggio morale che rinforza ed arrichisce il nostro mondo interiore. Tutti gli esseri umani dovrebbero, a mio avviso, prima o dopo, provare un pò di carcere- anche se innocenti -per divenire più buoni e più battaglieri contro le ingiustizie umane. Mamma esclama ogni tanto: E’ conseguenza della guerra – E’ perché siamo contro la guerra.- E’ perché abbiamo aiutato i disertori. E’ perché ci ritengono pericolose. –E’ perché ho detto che siamo venuti a vedere Bruno. – E’ perché ho detto la verità. Pia.” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria); 2) “Bruno passò il capodanno presso i parenti di Palizzi [...] e poi tornò a Napoli [...] per poi salire a Belluno per incontrare Pia Zanolli e la madre [...]Il 9 febbraio 1920 il prefetto di Belluno Oneglia comunica al Ministero dell’Interno che “ Recati Antonietta e Pia Zanolli sono a Belluno, munite di regolare passaporto per accompagnare qui sorella e zia rispettiva che recossi a Zurigo per visitare propria madre segnalate quali bolsceviche pericolose iscritte circolo Libertario Zurigo..” Il ministro a stretto giro di posta (12 febbraio 1920) fa sapere che “ Pia è l’amante del pericoloso propagandista Bruno Misefari … Detta donna e la di lei madre Recati Antonietta sono pericolose comuniste anarchiche. Dovranno pertanto essere sottoposte a rigorosa vigilanza durante tutta la loro permanenza nel Regno al fine di conoscerne le mosse, relazioni e soprattutto la corrispondenza”. Il prefetto di Belluno comunica il 14.2. 1920 al Ministero dell’Interno che “anarchico schedato Misefari Bruno…dopo breve permanenza qui ieri partì con anarchica pericolosa Recati Antonietta e Zanolli Pia diretti Como”. Il Prefetto Caffari di Reggio Calabria, con nota inviata il 21 febbraio 1920 alla direzione Generale PS segnala che Misefari Bruno “rintracciato a Belluno presso la fidanzata Zanolli Pia… Partito il 13 febbraio per Como, a accompagnarvi la Zanolli, che rimpatriava a Zurigo, ha fatto perdere le sue tracce. Lei è transitata il 19 febbraio. Disposte le ricerche (CPC) “ ( Giuseppe Tripodi , L'invenzione del ribelle ...)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari , L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 141 e secondo brano in GiuseppeTripodi, L'invenzione del ribelle. Vita tortuosa di bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto "anarchico di Calabria, Città del sole, 2020, p.91
Chiara e ben determinata è la posizione di Pia Zanolli , sin dall’inizio del suo legame con Bruno, nei confronti del matrimonio e del “libero amore. ( cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: “ … Io non sposerò mai davanti al sindaco né davanti al prete. Sono contraria a quel famoso “sì”. Quanti “sì” sono stati detti, e prima o dopo sono stati traditi! L’unica legge che ci dovrà legare, Bruno caro, dovrà essere l’amore. E questo si può ottenere anche senza quel “sì”. Così intendo io l’unione ideale di due esseri umani. Su queste basi intendo formare una famiglia bella e sana. […] E’ meno immorale un amore senza matrimonio che un matrimonio senza amore” … “ ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 114
Nel 1921 Pia e la madre, sua accompagnatrice anche nei viaggi precedenti in Germania e in Italia nel 1919, trascorsero alcuni giorni a Reggio Calabria per conoscere i parenti di Bruno. Al momento di ripartire per la Svizzera Pia decise contro la volontà della madre di rimanere in Italia e di convivere "libertariamente" a Napoli con Bruno. ( brano da commentare)
Brano da commentare: “
Alle lunghe e animate discussioni che si susseguono fra madre e figlia,
dopo il loro viaggio in Calabria, Bruno non prende parte, lascia la
scelta a Pia, la quale ripete con risolutezza " Io rimango". Bruno
vorrebbe gridare " Rimani". Ma pensa" Cosa offrirle? Dirle: parti; ma
non la perderei forse per sempre?". Ma perché non si possono unire ora,
che hanno tanto amore da offrirsi? Così pensano i due innamorati. Forte
di questo Pia lascia partire la mamma sola. [...] Pia resta con me! E
mamma parte sola, senza darci neppure un bacio! Pia col dire " io
rimango" aveva inteso che ormai sarebbe appartenuta a Bruno, anima e
corpo. Di questo, egli si convinse solo diciotto giorni dopo, il 12
ottobre, giorno in cui completano il loro amore, venendo così meno alla
parola data alla mamma. ( Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 179-180
La loro “libera unione” si realizzò di fronte a pochi testimoni “ senza prete e senza sindaco". A questo evento , se ho capito bene, si riferisce il trasgressivo, per quei tempi, annuncio pubblico di Bruno e Pia. (cfr. primo brano). Nel commentare questo biglietto Giuseppe Tripodi impiega il concetto di "invenzione della tradizione, tratto dal libro omonimo di Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger. (cfr. secondo brano)
Brani da commentare: 1)" Il cuore ricco di canti e la mente di luce BRUNO MISEFARI E PIA ZANOLLI. Ribelli agl’idoli mendaci di un evo balordo vollero santificare e santificarono LIBERTARIAMENTE il loro purissimo rubesto amore sotto il cielo incantato di Napoli. 13 ottobre 1921. Fratello, godi! Schiavo, impara! " (Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria …); 2) " Come non considerare "invenzione della tradizione" il biglietto con cui "si partecipava" agli amici la "consumazione" del rapporto amoroso tra Bruno e Pia definendo i protagonisti " ribelli agli idoli mendaci di un evo balordo" ( Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle...)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p.180. Secondo brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole 2020 p. 217. Cfr. Eric J. Hobsbawm e Terence Ranger , L'invenzione della tradizione, Einaudi 1983, p. 3 , ove vi è la seguente definizione: “Le” tradizioni” che ci appaiono , o si pretendono antiche hanno spesso un ‘origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta […] Per “tradizione inventata” si intende un’ insieme di pratiche, in genere regolate da norme apertamente o tacitamente accettate e dotate di una natura rituale o simbolica che si propongono di inculcare determinati valori e norme di comportamento ripetitive nelle quali è automaticamente implicita la continuità col passato. “
Per quanto riguarda il secondo brano mi sembra che Tripodi non tenga in conto la differenza tra “ l’ inventare” tradizioni e “ l’iniziare” nuove tradizioni. A mio parere Pia e Bruno Misefari sono da considerarsi, senza inventare una fittizia continuità con il passato, tra gli iniziatori della prima metà del novecento, (per es. gli individualisti dei “milieux libres”, Otto Gross, Voltairine de Cleyre,, Emma Goldman e altri, cfr. i post: MILIEUX LIBRES; LA RIVOLUZIONE SESSUALE 1-2; VOLTAIRINE DE CLEYRE ; EMMA GOLDMAN ) di un nuovo fenomeno, da allora in crescente ascesa, ( cfr. infra il post: CAMILLO BERNERI. ESILIO E.) teso a soppiantare tramite “libere unioni”, antiautoritarie e anti-gerarchiche,i matrimoni e le famiglie patriarcali tradizionali ("idoli mendaci di un evo balordo"). Il termine “consumazione”, che, a mio parere, si addice più a un rapporto mercificato tra un cliente e una prostituta [ oppure tra un marito ed una moglie trattata sessualmente come una prostituta, ma "consumata" gratis] che a una “ libera unione” tra libertari innamorati è usato da Giuseppe Tripodi , anche in giudizi, tra loro contrastanti, sull' "amore dei due" . (primo e secondo brano).
Non so proprio come può essere nata in Tripodi la convinzione che nei “canoni primonovecenteschi più bacchettoni “ fosse permessa alle giovani ragazze una benché minima libertà sessuale . Al contrario, per quel che so, nelle famiglie e nella società di quegli anni, dominava, per lo più, incontrastata una diffusa morale sessuofobica e pesantissime conseguenze liberticide erano previste per i trasgressori e soprattutto per le trasgreditrici. Il numero di costoro, tuttavia, nel corso del secolo, anche se solo come pioniere/i accanitamente perseguitate/i crebbe sino a dare inizio a una vera e propria “rivoluzione sessuale” ( cfr. in questo blog i post: LA RIVOLUZIONE SESSUALE 1 e 2) . Infine resta a tutt’oggi, insoluto, almeno per me, il mistero su che cosa abbia indotto Tripodi ad avanzare l’ipotesi, durante l’intervista con Claudio Cavaliere, che l’amore tra Pia e Bruno “forse non fu mai consumato" quando invece in diverse pagine de “L’ ‘invenzione del ribelle…, op. cit. pp. 78, 217, 110 la “consumazione” del loro rapporto, anche se "tardiva" era data per scontata.
Brano da commentare: “ Già nel 1921 si sapeva dell’innocenza di Sacco e Vanzetti. Tutti i loro amici e compagni volevano contribuire ad ogni costo a strapparli alla sedia elettrica. Bruno da parte sua organizza dei comizi e delle proteste in tutta la Campania a favore dei due anarchici italiani condannati a morte negli stati Uniti. Uno di questi comizi viene tenuto a Napoli , in piazza Principe Umberto il 13 ottobre 1921, giorno seguente a quello del loro “matrimonio”. Quando alla fine , del fervente discorso Bruno grida : Sacco e Vanzetti sono innocenti, venite, venite con me al Consolato americano!”. Le guardie regie, nascoste già all’inizio del comizio nei portoni adiacenti alla piazza, avanzano disperdendo la folla con i soliti tre squilli di tromba. Nel trambusto di gente che fugge alla disperata, l’unica ad essere arrestata e portata “ a bascio o’ porto” in camera di sicurezza, è Pia, che assisteva al discorso, tenendo sottobraccio un pacco di cinque chili di spaghetti. […] Al commissariato viene minutamente perquisita; non le fanno una domanda, non le rivolgono nemmeno la parola , la credono una straniera. Poi con le dovute cautele , aprono il pacco, sicuri di trovarvi degli esplosivi. Ma, nonostante, il sospetto si riveli infondato, è trattenuta ugualmente e, il giorno dopo, viene condotta alle Carceri di Poggio reale. Questo il suo viaggio di nozze! Pia attende dentro, Bruno si strugge fuori: così trascorrono i loro primi tre giorni di luna di miele. “ ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 181-182
Nell' agosto del 1923 Bruno Misèfari si laureò in ingegneria al Politecnico di Napoli, dove, tra l'altro, insegnava Marussia Bakunin (cfr. post MICHAIL BAKUNIN. AMORE LIBERO...). Pia gli fu particolarmente vicina e il suo sostegno indispensabile. (cfr. brano da commentare)
Brani da commentare: " Il primo maggio 1923, malgrado non esista più la festa dei lavoratori, c'è in città un certo fermento. Proprio oggi, Bruno deve fare gli esami di chimica tecnologica con la professoressa Bakunin, figlia adottiva del grande anarchico russo [...] Se Bruno è riuscito a fare gli ultimi tre anni di studio in due anni e mezzo lo deve soltanto all'abnegazione illimitata della sua compagna di vita, che nulla ha tralasciato pur di vederlo laureato . " ( in Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di
Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 188 . Sull'accenno di Pia Zanolli Misefari alla figlia adottiva di Balunin, Marussia,cfr. post: MICHAIL BAKUNIN (3): AMORE LIBERO...
Il sostegno dato da Pia a Bruno Misefari nel conseguire la laurea fu tanto più risolutivo se si tiene conto di tutte le volte che, in precedenza, l’anarchico pur proponendosi di proseguire negli studi li aveva poi abbandonati per lottare per i suoi ideali. . Prendo come esempio due lettere a Pia (primo e secondo brano) e due lettere alla madre di Pia, Antonietta Recati, scritte da Bruno tra il 1920 e il 1921 (terzo e quarto brano)
Brani da commentare: 1) ... Pia, penserò solo a lavorare per me: studierò. Che cambiamento in me. Avevo il bisogno di cavezzarmi per rientrare nel pieno possesso di me. ( nota mia: l'immagine di una "cavezza" autoinflittasi mi sembra renda bene lo stato d'animo esacerbato di Misefari di fronte alla necessità di una ripresa degli studi ritenuta , in quel momento, non più procrastinabile) Ho girato l' Italia, Ho visto. Ho osservato. Ho riflettuto. Ho compreso, e, sono, come dici tu, arrivato. Mi sento più forte , più sereno. E mi avvolgo definivamente nel freddo lenzuolo dello studio ( nota mia: altra immagine inquietante abbinata al doveroso conseguimento della laurea), lontano dal rumore degli uomini che sono quasi tutti vili o apatici o vanitosi. Poche anime grandi ho incontrate. Con esse vivo ugualmente pur stando lontano. [ nota mia: Penso, anche se è una mia opinione del tutto personale, che qui Miséfari si riferisca a Errico Malatesta e ad altri compagni ancora detenuti arbitrariamente in prigione dal 17 ottobre 1920,]. Forse anche questo era necessario per essere ancor più tuo!" ( Lettera di Bruno a Pia del 25 dicembre 1920, Reggio Calabria) ; 2) "Sì! E' già trascorso un anno che ci siamo visti l'ultima volta. Un anno! E in quest'anno ho fatto solo quattro esami! Sono uno sciagurato...Pia, se non vieni tu a starmi accanto quando darò gli altri 17 esami? E poi la laurea? Le tue parole mi hanno colpito. Perdonami, ti ho parecchie volte dimenticata, per rispondere all' appello dell'Ideale, trascurai enormemente gli studi, e quindi il nostro amore..." (Lettera di Bruno a Pia, Napoli, 21 febbraio 1921); 3) Carissima mamma … ritornato qui a Taranto per riprendere gli oggetti e per
sistemare la mia posizione politica, quale propagandista delle organizzazioni
operaie di Taranto, da cui mi dimetto per ragioni di studio, ecco in poche
parole la risposta alla vostra lettera raccomandata, Mamma, Pia , ho avuto il
bisogno di toccar con mano. Non ho dato ascolto alle parole dei miei cari, né
ai fraterni consigli dei miei migliori compagni di fede, i quali mi hanno
sempre detto di lasciar tutto e di mettermi a studiare. Ho dovuto convincermi
dopo qualche tempo che bisogna emanciparsi per emancipare. ...” ( Lettera ad Antonietta
Recati, Taranto, 26 novembre 1920)…; 4) “… E’ necessario che io mi renda indipendente anche
economicamente avanti a chicchessia. E
mi sono messo a tal uopo al lavoro nuovamente. Sto studiando come mai ho
studiato ingegneria, ho chiesto una licenza all’idea, ho chiesto ai miei
compagni d’arme della santa battaglia il permesso di tuffarmi nello studio.
Luigi Fabbri mi ha abbracciato a Bologna, e mi ha detto: “ Studia, Bruno,
consegui la laurea, è meglio per te, che ti emancipi economicamente e per
l’Idea, che ha bisogno di uomini che sappiano. “ Ed ecco ora da un mese al
lavoro. […] N. B. Bisogna aver vissuto
nel 1919-1920 in Italia e aver avuto la mia fede, per comprendere il mio entusiasmo
e le mie lotte a favore dell’idea. Era come vivere in un vortice, io tentavo
aggrapparmi agli studi professionali, dal cui compimento dipendeva anche la mia
unione con Pia. Ma il vortice era più forte di me e mi trascinava. Voi pensate
certamente ad un inganno o ad una debolezza da parte mia, leggendo le mie
lettere in cui promettevo di studiare ingegneria e poi invece mi sono lanciato
a capofitto nella propaganda a scapito dello studio” ( Lettera ad Antonietta
Recati, Napoli, 11 gennaio 1921)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 165, secondo brano a p. 168, terzo brano, a p.164 e quarto brano a p 167.. Cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole edizioni 2020, p.105, dove l'autore , commentando la lettera ad Antonietta Recanati del 26 novembre 1920 (vedi brano n. 3) sostituisce con dei puntini la frase: " né ai fraterni consigli dei miei migliori compagni di fede, i quali mi hanno sempre detto di lasciar tutto e di mettermi a studiare."
Per mettere in atto questi buoni propositi e il conseguimento della laurea ci vollero comunque ancora più di due anni e soprattutto avere, dal marzo 1922, al proprio fianco la paziente Pia (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Pia viene da me , fino alla laurea ! ( dal taccuino di Bruno 19 marzo 1922). … Le cinquecento lire, inviate ogni mese da Zio Vincenzo, ( nota mia: è Pia Zanolli che scrive in terza persona) ora devono bastare per il sostentamento di tutti e due. Sono poche, ma bastano, perché Pia fa di tutto in casa ed è tanto economa; ha perfino confezionato due vestiti a Bruno ! Per lei personalmente non spende mai niente; vanno avanti a stento e con duri sacrifici, ma felici. Pia aiuta Bruno anche nello studio. Lo sprona con civetteria e astuzia a continuare a studiare quando le sembra venga dominato dalla stanchezza e dal sonno; l’incoraggia facendogli delle domande sui vari problemi di matematica o di qualche altra materia professionale. […] Gli sta accanto, lo segue con attenzione e interesse, particolarmente quando studia geologia e mineralogia, materie nelle quali egli si specializzerà. A volte , però, non riesce a seguirlo nei suoi complicati e difficili teoremi di matematica, finge di capirli al fine di spronarlo. Con questi sistemi e con l'isolamento assoluto degli amici e della sua inclinazione " di voler migliorare il mondo", la laurea si avvicina. Trascorrono un anno duro. Inoltre sono sempre perseguitati e controllati. Davanti alla porta di casa hanno sempre un agente, "un angelo custode che li sorveglia. Siamo ancora prima della "Marcia su Roma". (Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 , p. 185. L'isolamento negli studi di Bruno non fu poi così "assoluto", come lo ricorda Pia, se si pensa , per esempio, alla sua partecipazione alle attività, nel maggio 1922, del gruppo "Prometeo". (Cfr. post: BRUNO MISEFARI )
E bisogna dire che accanto a quella, alquanto noiosa e metodica, vigilanza sugli studi del compagno in Pia si sviluppò, contemporaneamente, un crescente interesse verso la geologia e la mineralogia, che , al suo ritorno in Calabria, dopo la morte di Bruno, mise in pratica continuando, quando possibile, le ricerche sui giacimenti minerari da lui intraprese o che pensava di intraprendere in futuro. ( si veda più avanti).
Stando a quanto scrive Tripodi in L'invenzione del ribelle... ,, Pia Zanolli, risolto il problema della laurea di Bruno, , se ho capito bene, richiese, nel settembre del 1923, il passaporto per potere , senza impedimenti, viaggiare dall’Italia alla Svizzera e viceversa. Il generale ed ex quadrumviro, Emilio De Bono, capo della polizia dal 1922 al 1924, ricorse alla Regia Legazione diplomatica di Berna per avere informazioni su Pia e la sua famiglia. La risposta fu totalmente negativa per quanto riguardava la concessione del passaporto. (cfr. primo brano) . Nel 1924, per ordine di De Bono,, si effettuò il definitivo ritiro del passaporto di Pia Zanolli (cfr. secondo brano)
Brani da commentare: 1)“ Signor Generale, in risposta alla nota di V.E. dell’11 andante n. 23395, circa la controscritta anarchica, esprimo parere contrario alla concessione del passaporto richiesto dalla stessa. E’ vero, infatti, che a Zurigo la famiglia Zanolli è domiciliata da 20 anni, ma è anche vero che questa famiglia costituisce uno dei nuclei sovversivi più pericolosi quella città. Anche in tempo di guerra essa ha favoreggiato i più tristi arnesi del sovversivismo italiano, latitanti, disertori e disfattisti, ed è stata altresì implicata nel noto affare delle bombe di Zurigo. Ritiensi quindi che non sia prudente di munire la Zanolli di un documento che le potrebbe facilitare il transito da e per il Regno e conseguentemente le consentirebbe ogni possibile traffico delittuoso ai danni della Nazione e dell’ordine pubblico. …” ( Comunicazione della Regia Legazione d’Italia 3286 Berna a S. E. Generale De Bono, direttore Generale della PS Roma, 16 settembre 1923 ) ; 2) " La prefettura di Reggio Calabria ha segnalato che gli anarchici Misefari Bruno e Zanolli Pia sono stati rintracciati a Roma ove alloggiano in via Gioberti 39, piano 1° presso l’anarchico Avv. Merlino Saverio. Trattandosi di elementi sovversivi che, dati i loro precedenti non debbono essere perduti di vista si interessa la S.V ad adottare in loro confronto quelle misure di sorveglianza che sono del caso. Per conoscenza, si invia copia di un telegramma , che addì 4.2.23 fu trasmesso dalla Questura di Torino a questa direzione generale,nei riguardi della Zanolli, e nel contempo, si prega la S.V. di provvedere a che sia ritirato alla predetta donna il passaporto per la Svizzera, rilasciatolo nello scorso dicembre dalla Questura di Belluno, tenuto conto che la R: Legazione d'Italia a Berna aveva manifestato, con lettera 16.91923 (di cui uniscesi copia) parere contrario alla concessione di tale documento.” ( Lettera del Generale di Corpo d'Armata Capo della polizia De Bono al Signor Prefetto Reggente la Questura di Roma 6 maggio 1924)
Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del Sole edizioni, 2020 (primo brano) p. 113 e ( secondo brano p. 114 ) . Mi piacerebbe sapere di più sul rapporto tra Francesco Saverio Merlino, considerato ancora dalla polizia nel 1924 un anarchico, e Bruno Misefari. Sulla conduzione pionieristica della polizia fascista durante la gestione del generale De Bono cfr. Mimmo Franzinelli, I tentacoli dell'OVRA. Agenti e collaboratori e vittime della polizia fascista, nuova edizione, 2020 pp. 3-4-5-6-7Il 2 agosto 1927 Pia Zanolli scrisse una lettera indirizzata direttamente a Mussolini chiedendo al maggiore responsabile e artefice del nuovo ordine poliziesco vigente in Italia, il rilascio di un passaporto che , in seguito all' ordine di De Bono, le veniva ancora sistematicamente rifiutato dalla questura. Il motivo allegato alla richiesta era quello di potersi ricongiungere a Zurigo alla madre e al suo "caro mondo spirituale" dopo tre anni di forzata lontananza. La lettera, come nota Giuseppe Tripodi, era , nella parte finale, “piena di captatio benevolentiae” . (cfr. brano)
Brano da commentare: “Non al capo del Governo io mi rivolgo, ma all'uomo che può sentire e comprendere i battiti del mio cuore, del mio piccolo cuore attanagliato dalla sofferenza di figlia che cerca e non può raggiungere il santo grembo materno... [...] Ella che tutto comprende, ella intuisce, ella sa quale luce di bellezza e grandezza si sprigionerebbe dal gesto di colui che all’avversario rispondesse con la generosità. La generosità è delle anime grandi. Ed io ho fiducia che ella riparando ad un errore della polizia, mi accorderà il passaporto , ond’io, tornando a riabbracciare mia madre a Zurigo e a tuffarmi nel mio caro mondo spirituale, possa dire alto e forte a tutti che la giustizia in Italia vive e trionfa ancora “ ( Pia Misefari, L’anarchico di Calabria)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 210. Cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole edizioni 2020, p. 128 infra nota n. 3
Vale comunque , a mio parere, leggere per intero la lettera, dove pur affermando che non si era mai occupata di cose politiche ( il che come sappiamo non era completamente vero almeno secondo l'opinione contraria della polizia italiana ) rivolgendosi al duce dichiarava, con risoluta fierezza, di essere la convivente dell’anarchico Misèfari. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ … sono unita liberamente ad un uomo, l’ingegnere Bruno Misefari, che ella conobbe perché fino al 1911 fu l’anima del movimento giovanile socialista nella provincia di Reggio Calabria e dopo fu cultore e propagandista dell’idea anarchica ed ora è valorizzatore indefesso delle risorse minerarie calabresi. Io non ho militato , né milito, in alcun partito politico. Eccletica in filosofia, non posso avere un partito. Mi sono innamorata di questo giovane perché a Zurigo, egli – nella sua povertà francescana, nella sua anima piena di sole e di canti – mi è apparso come un apostolo del pensiero. E l’ho seguito . E convivo con lui da sei anni. […] Che se poi essa volesse farmi pagare il fio del mio purissimo e rubesto amore con l’anarchico ch’io posi in cima ai miei pensieri, e che per onestà, laboriosità e dirittura morale non è ad altri inferiore, io, allora, soltanto, al suo cuore vorrei chiedere se sia giusto considerare quale colpa l’amore, che è invece e dev’essere considerato quale legge fondamentale della vita. Non solo. Ma vorrei anche ammettere che sia colpa per una donna amare un anarchico." ( Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande
esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia,
1972 pp. 209-210
Alla consegna del passaporto, arrivato dopo una settimana , Bruno si domandò insieme a Pia cosa avesse spinto Mussolini a dare l' autorizzazione . (cfr. brano)
Brano da commentare: “... Perché questo gesto? – – Pel modo sincero con cui Pia ha scritto la lettera ? – Perché Pia è la figlia di “Santa Francesca” ? – Perché egli stima molto Ada Negri? –Perché Pia è “moglie” di Bruno Misefari? – Perché egli non è sposato legalmente con la signora Rachele? Chissà quale di queste considerazioni è stata determinante . Certamente tutte avranno contribuito alla sua decisione. In ogni caso ha voluto dimostrare che “ la generosità è delle anime grandi” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 210-211
A mio parere fu proprio l’ ambivalente "captatio benevolentiae” della lettera scritta da Pia, a obbligare il “grande attore” Mussolini, colpito nella sua vanità, a recitare il ruolo , di fronte a una giovane donna, di “generosa anima grande” autorizzando il rilascio del passaporto. Ma , come ha intuito Enzo Misèfari, nella sua biografia sul fratello, si trattava di una falsa “generosità”. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il gesto di Mussolini per la Zanolli dimostrava falsa generosità, non già le qualità delle “anime grandi”. Venti giorni dopo, per un telegramma spedito alle famiglie di Sacco e Vanzetti assassinati dopo tanti anni tormentosi, essa ne ebbe la prova: suo marito fu arrestato e gettato in prigione per tre giorni” ( Enzo Misefari, Bruno, biografia di un fratello)
Bibliografia: Enzo Misèfari, Bruno, biografia di un fratello, Zero in condotta, 1989, pp.110-111
D' altronde la presunta generosità di Mussolini non risparmiò dalle persecuzioni poliziesche , appena due anni dopo quella lettera, la stessa Pia Zanolli. In occasione delle nozze di Umberto di Savoia e Maria José del Belgio Pia Zanolli , in quanto ritenuta “ pericolosa”, fu fermata e trattenuta in carcere il 28 dicembre 1929. Il 1 gennaio 1930 Bruno Misèfari, dopo avere messo, con una lettera, la famiglia di Pia al corrente di questo fatto, la raggiunse, condividendone la pena, nello stesso carcere. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ La settimana dopo, Pia decide di ritornare da Bruno: in due si combatte , si combatte meglio, si soffre meno. Arriva a Pezzo la mattina del 28 dicembre 1929. Il pomeriggio dello stesso giorno, è arrestata e condotta alle carceri di Bagnara, non le si dice il motivo. Bruno, invece dovendo partecipare il 31 dicembre all'importante riunione alla Vetraria ha modo di sfuggire all'arresto. Si presenterà il 1° gennaio se lo si cercherà ancora." […] " Pezzo, 30 dicembre 1929, Carissimi, con Pia siamo sempre allo stesso livello; ci amiamo; e tutte le manovre che mirano a staccarci sono vane. Eravamo nel nostro bell’ idillio, quando una chiamata della Polizia ha voluto staccarci. Si stanno facendo le retate per le nozze auguste. Io sono scappato: la Pia è stata invece fermata. Forse mi deciderò – se tutto il mio lavoro per liberarla riuscirà vano – a raggiungerla nello stesso carcere, per dirle che sono con lei, nello stesso luogo di dolore. Ve ne avvertirò. Vi bacio col solito affetto. Bruno". […] ” Per le nozze di Maria José ed Umberto di Savoia, i due “pericolosi” sono trattenuti per venti giorni nello stesso carcere, fino a quando tutti i Reali del mondo non saranno ritornati ai rispettivi paesi. “ ( Pia Misefari, L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria, La Nuova Italia 1972, p. 233 Cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria, Città del Sole, 2020 p. 144 n. 5, ove citando una nota informativa del prefetto di Reggio Calabria al Ministero dell' Interno si afferma che Bruno Misefari fermato per misure di P.S. in occasione nozze di S. A. R. fu "rimesso in libertà il 13.. 1, 1930 e anche Enzo Misefari, Bruno. Biografia di un fratello, Zero in condotta 1989, p. 118
Nel 1931 Pia sposò legalmente Bruno, nel carcere di Reggio Calabria, dove Bruno era detenuto in attesa della partenza per il confino a Ponza, per potere condividere, con lui in quanto moglie legale, conditio sine qua non, l’esperienza del confino . Il "matrimonio legale" è descritto, con toni alquanto divertiti, dalla stessa Pia in terza persona . (cfr. primo brano). Al fratello Enzo deluso da queste "nozze legali" Bruno contrappose a un'ideologia, astrattamente intesa, il desiderio suo e di Pia di affrontare insieme le pene del confino, che altrimenti li avrebbe separati per due lunghi anni (cfr. secondo brano). Nonostante quella scelta forzata il rapporto libertario interno alla coppia, non sembra, neanche a distanza di qualche anno, avere subito mutamenti . (cfr. terzo brano)
Brani da commentare: 1) “ Per potere seguire il suo
Bruno, Pia, è costretta a sposarlo secondo la legge degli uomini … e del
Concordato. Ora, non basta “la sua
legge”, ora non le sarebbe permesso vivere con lui senza esserne la moglie
“legale”. Il 30 maggio –in carcere- loro
due, coi loro nomi, inaugurano in prima pagina, il registro di Stato Civile dei
matrimoni civili della città di Reggio Calabria. Bruno alla domanda del Vice
Podestà Conte Plutino (cognato di
Giuseppe Zagarella), se vuole sposare Pia, risponde: - Sì, signore! – E Pia, a
sua volta, risponde con:- Sì, sì, sì. Questi tre monosillabi, detti non senza
ironia, fanno ridere tutti i presenti. Testimoni di queste "insolite nozze sono l'avv. Domenico Spoleti e il notaio Diego De Tommasi, due amici di Bruno. Due anni prima, subito dopo il Concordato fra lo Stato e la Chiesa, anche Mussolini aveva sposato Donna Rachele, ma per ben altri motivi. ” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico
di Calabria…); 2) “ Il giorno dopo al fratello Enzo, Bruno
espose il motivo più persuasivo del cambiamento della posizione mantenuta fino
a quel momento, cioè della unione stretta tra loro con l’amore libero. Disse: “ E’
stato così bello! Ma ora vietano alla Pia di seguirmi al confino perché
non è legale la nostra unione. Ed io non
posso vivere solo nell’isola.” Il fratello Enzo non si persuadeva: “ Sciuperesti in tutti
il ricordo della vostra ribellione alle costrizioni della società. Devi riflettere:
anche lei , se è vero ciò che abbiamo
saputo allora, dichiarò che non avrebbe mai sposato né davanti al Sindaco né
davanti al prete e che era contraria a
quel famoso sì.” Bruno si arrabbiò: “ Basta. Io la voglio con me. Peggio per
chi non mi capisce”. …( Enzo Misefari, Bruno. Biografia di un fratello…) ; 3) " Il loro matrimonio "legale" non ha la potenza d'indebolire il loro amore, come succede in molti casi. Anzi, come continuano ad essere innamorati! E come continuano a volersi un bene pazzo! ( Riflessione, se ho capito bene, di Pia Zanolli Misefari tra il giugno e il luglio 1934 in L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari, La Nuova Italia 1972 p. 246 e sullo stato d'animo di Bruno, e indirettamente su quello di Pia, in carcere in attesa di partire per il confino, cfr. la lettera di Bruno a Pia del 27 maggio 2931, cfr. pp.. 245-246. Secondo brano in Enzo Misefari, Bruno. Biografia un fratello, Zero in condotta, 1989, p. 121. Terzo brano in Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria, La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari , LaNuova Italia 1972, p. 268
Ai primi di luglio del 1931 Bruno Misèfari giunse a Ponza, Pia lo poté
raggiungere solo "tre mesi dopo" e restò con lui,
condividendone la vita e le costrizioni imposte ai confinati , sino
al dicembre 1931, quando dovette partire per Zurigo, per stare accanto
alla madre gravemente malata. (cfr primo
brano). La presenza di Pia Zanolli a Ponza fu negata dal fratello
di Bruno, Enzo Misèfari (secondo brano). Il commento di Giuseppe
Tripodi contro questa asserzione di Enzo Misèfari è assai duro e
non esita a definirla "una impostura tra le molte altre" ( terzo
brano)
Brani da commentare: 1) “Prima di poter raggiungere Bruno, Pia deve seguire da vicino, con l’avv. Pugliatti, la causa della Vetraria. Vorrebbe andare subito a Ponza, ma non è possibile: mancano i mezzi necessari per il suo mantenimento. [...]Le cinque lire del governo per il marito e la lira per la moglie non possono bastare, anche perché Pia deve portare con sé Homina, la loro lupa fedele. Riesce ad andare a Ponza dopo tre mesi. [...] La sua casa diventa una fucina di lavoro e di calcoli. Qui, al confino , Bruno deve aprire la “valvola” dei numeri, l’altra “valvola” quella della filosofia e della letteratura, deve tenerla ermeticamente chiusa… [per le eventuali perquisizioni]. Mentre si lavora così alacremente e si è quasi felici, ecco che giunge una dolorosa notizia: madre di Pia è gravemente malata: tumore alla trachea! Pia parte per Zurigo.” […] Davanti ad ogni abitazione dei confinati, la "ronda" passa tre, quattro, cinque volte la notte, (militi e agenti di P.S.) ed ogni volta essi vengono svegliati, costretti ad alzarsi dal letto , devono aprire la porta d'ingresso per farsi vedere. Ogni qualvolta Bruno è voltato dalla parte di Pia e quindi dallo spiraglio di luce viva, non possono vedere le sue "vere sembianze" bussano forte alla vetrata, lo svegliano. Bruno allora si gira, volta la testa, sorride, invece, di "bestemmiare". ( Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria); 2) " Nel libro della Zanolli (op. cit. p. 246 . rig. 139) essa scrive " per poter seguire il suo Bruno. Pia fu costretta a sposarlo secondo la legge degli uomini ... e del concordato..." In realtà nei due anni in cui Bruno marcì al confino e nel carcere lei ne restò lontana." ( Enzo Misefari, Bruno biografia di un...) 3) " Pia rimase a Reggio fino al matrimonio, avvenuto in carcere il 30 maggio 1931 e poi raggiunse il marito a Ponza dove rimase dall'agosto 1931 fino all'8 dicembre dello stesso anno quindi, lungi dall'essersi tenuta alla larga dal marito come sostiene Enzo Misefari, Pia rimase con lui ben nove mesi della sua disavventura confinaria, [nota mia: vorrei sbagliarmi, ma mi sembrano un pò troppi, il che ovviamente nulla toglie ai disagi e agli oneri, volontariamente, vissuti da Pia , durante la sua permanenza al confino, che solo l'annuncio della malattia della madre interruppe."] e nel libro [ nota mia: Bruno. Biografia di un fratello ] ci sono molte altre imposture piccole e grandi." ( Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle ..)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno [Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 251 e p. 253. Secondo brano in Enzo Misefari, Bruno . memoria di un fratello, zero in condotta 1989 nota 1 a pp. 121-122 . Terzo brano in Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole edizioni 2020, p. 202 infra nota n. 1. Cfr. anche p. 160 n. 14 dove la presenza di Pia a Ponza trova conferma anche in un telegramma di Bocchini all'Alto Commissario di Napoli
Personalmente ritengo che Enzo Misèfari fosse davvero convinto, in buona fede, anche se erroneamente, dell'assenza di Pia a Ponza. Come potrebbe una deliberata "impostura", essere cosi' ingenua e facile da smentire ?
Nell’aprile del 1932, Umberto Tommasini espatriò clandestinamente dall’Italia ed essendo riuscito a raggiungere Zurigo, andò a trovare Pia Zanolli allora in Svizzera presso la sua famiglia. Restò a casa loro un giorno, poi, dopo una focosa discussione con la madre, divenuta fascista, decise di spostarsi a Ginevra. (cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: “
Sono arrivato a Zurigo. Avevo l’indirizzo della Pia Zanolli, la moglie del
compagno Misefari. Era una famiglia di sovversivi e nel tempo di guerra era il
rifugio di tutti i disertori. La mamma era una donna isterica, aveva
cambiato idee ed era diventata fascista.
Ma io non lo sapevo. Pia era stata al confino e la madre le aveva detto che era
gravemente malata perché ritornasse in Svizzera e si staccasse da lui.[ nota:
Bruno Misefari ]. Io le dicevo: " Pia , un giorno busseranno alla tua
porta. " Chi è?" "Tommasini" " Eh, questo non sarà
mai!" Prendo il tram e vado da loro. Vedo una signora sulla porta e
domando: "E' qua Zanolli" " Sì" " C'è Pia in
casa?" " Sì, sì Pia c'è un signore che ti vuole" Viene
fuori: " Oh, Tommasini " Un abbraccio. " Come va con
Bruno?" Era partita già da tre mesi dal confino. " Mah, ho notizie
vecchie". Cominciammo a parlare.
Io sono ingenuo e non vedo le
cose che non mi fanno piacere, non perché non le voglio vedere, ma perché non
le vedo proprio. C’ era una discussione se dovevo restare là o no. Dopo ho capito. Vedevo che avevano preparato
un tavolo perché erano le dieci di mattino e loro pranzano a quell’ora. C’era
di tutto: the, caffè, yogurt, cioccolata, dolci. Mi veniva l’acquolina in
bocca. “ Bene, andiamo a mangiare”. Avevano deciso di accogliermi in casa. Suo
papà e sua sorella dipingevano stoffe, facevano cravatte, roba di seta. Avevano
molto brio artistico, creativo. Mi sono messo vicino a loro che lavoravano e ci
siamo messi a discutere, a parlare di Bruno, del confino. La mamma mi fa un
inno del fascismo. Io ho cominciato a ribattere dicendo che sapevo quello che
avevano fatto durante la guerra “ Ma adesso gli Italiani hanno bisogno di una
guida perché gli italiani sono come dei bambini, hanno bisogno di essere
guidati...” " Non è vero 'bambini' ". Gli insegnano male. Lei
che è una donna che non vuole la guerra là cantano: “ Impugnando il pugnale
spaccheremmo il cuore…” E ho cominciato a discutere perché quella volta ero più
focoso ancora. E Pia piangeva dall’altra
parte… Mi hanno tenuto anche a dormire. La mamma mi aveva quasi preso in
simpatia. Alla mattina ho però detto: “Sa se avete l’indirizzo di qualche
compagno va bene, se no vado a Ginevra. Sono andato a Ginevra da Bertoni. …” ( Umberto Tommasini, Il fabbro
anarchico...)
Notizie sulla conversione della famiglia Zanolli al fascismo sin già dall’ottobre del 1927 si trovano in un telegramma inviato il 14 febbraio del 1929 dal Console Generale di Zurigo al Ministero degli Interni. (cfr. brano da commentare )
Brano da commentare: “ Come è noto la famiglia Zanolli, composta dal padre Enrico, dalla madre Antonia Recati, di tre figlie Pia, Lea e Zoe e di un figlio Veritas, è stata in passato non solo sospettata , ma effettivamente di sentimenti sovversivi con tendenze anarcoidi, soprattutto la Pia Zanolli, per i suoi rapporti col sovversivo Misefari, col quale ha vissuto alcuni anni a Reggio Calabria e presso il quale è ritornata tempo fa dopo un periodo di residenza in Isvizzera. La figlia Lea risiede a Gera (Lipsia) come artista di teatro. Mentre nulla so della predetta Zoe Zanolli, [nota mia: qui mi sembra che sia sorta un pò di confusione, per quanto ne so, è Zoe, l'artista di teatro, che risiedeva a Gera, mentre Lea, grazie alle sue capacità artigianali e al suo estro creativo sostituì sempre più la madre nella gestione dell'azienda di famiglia], la condotta della Pia non ha dato luogo a rilievi durante la sua permanenza qui. In quanto al resto della famiglia, cioè il padre e la madre Zanolli ed i figli Veritas e Lea, posso assicurare (ch)e i loro sentimenti si sono completamente cambiati. Essi non solo si manifestano ferventi ammiratori del Duce e del fascismo, ma presenziano a tutte le nostre feste patriottiche (furono tra i più entusiasti alla conferenza tenuta qui nell’ottobre 1927 dall’ On. Bottai) e sono tra i più attivi ammiratori del nostro Dopolavoro e della Casa degli Italiani. Essi come già riferito, vivono lavorando assiduamente e con successo in arte decorativa. [… ] Quanto alla figlia Zoe il Regio Consolato in Lipsia potrà riferire, mentre gradirei essere informato della Pia Zanolli, tuttora a Reggio Calabria, pur pregando , ove si dovesse procedere a indagini, di farle con tutta discrezione per non allarmare la famiglia Zanolli e produrre su di essa, ora così trasformata nei suoi sentimenti politici, una impressione pregiudizievole. ( copia dattiloscritta del telegramma n. 1352/147 datato 14.02.1929 )
Bibliografia: Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle. Vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936, cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole, 2020 pp. 139-140
ATELIER ZANOLLI |
Sulla storia della famiglia Zanolli e sulla loro produzione artistica
è recentemente uscito, dopo la mostra " Atelier Zanolli. Tessuti, moda, artigianato 1905-1939" tenuta al "Museum für Gestaltung Zürich "nel 2022 , un libro omonimo, che ridimensiona , tra l'altro, almeno da quanto si legge nella
presentazione, la loro
adesione al fascismo, rimanendo inalterato nel tempo il loro sostanziale dissenso per ogni ideologia totalitaria e bellicista. Si deve , inoltre, notare. che, nonostante il successo artistico e commerciale gli Zanolli non divennero mai ricchi come precisò anni più tardi Lea Zanolli. (cfr. primo brano ) . A una considerevole componente non-violenta e libertaria nella loro produzione artistica accenna anche un articolo sulla famiglia Zanolli pubblicato sulla rivista on line, Frachtwerk. (secondo brano)
Brani da commentare : 1) “Sotto l'etichetta Atelier Zanolli, tra il 1905 e il 1939 fu creato a Zurigo un mondo fantastico di tessuti di seta (silk) dipinti e impressi con motivi (patterns), cuscini riccamente ricamati, creazioni di perle colorate e articoli in pelle e legno finemente lavorati. Gli Zanolli erano immigrati dall'Italia nel 1905. La loro azienda di famiglia era gestita da Antonietta e dalle sue figlie Pia, Lea e Zoe Zanolli. Le influenze culturali e stilistiche manifestate nei prodotti visivamente attraenti (appealing) degli Zanolli spaziano (range) dall'avanguardia a un'estetica forgiata da uno spirito di difesa nazionale intellettuale contro la crescente minaccia (threat) dei regimi totalitari nella Germania nazista, nell'Italia fascista e nell'Unione Sovietica comunista , che era prevalente in Svizzera negli anni '30. Nonostante le circostanze a volte difficili dell'epoca, gli Zanolli riuscirono sempre a coniugare il loro desiderio di autorealizzazione artistica con commesse per importanti aziende tessili e grandi magazzini. [...] Nelle sue memorie Lea Zanolli scrive: "Per la nostra natura ferocemente idealista, la nostra situazione finanziaria lascia molto a desiderare. L'unico difetto che abbiamo tutti è l'incapacità di produrre denaro dal nostro lavoro collettivo". ( da Atelier Zanolli: Fabrics, Fashion,…); 2) “… Per quanto riguarda i "disegni" (=Designs), nella mostra sono rappresentati oggetti che riflettono la palese influenza delle tendenze artistiche dell'epoca, come l'Espressionismo o il Costruttivismo. Allo stesso tempo, ci sono anche quelli oggetti che esprimono una chiara posizione politica. Essi sono spesso diretti contro la minaccia dei regimi totalitari, il che è particolarmente notevole data la dipendenza della famiglia dalle aziende tessili”.( Opulentes und bereicherndes Erbe.....)
Bibliografia: Primo brano in
Atelier Zanolli: Fabrics, Fashion, Craft 1905–1939 Hardcover – August 25, 2022 , by Sabine Flaschberger(Editor), Museum Für Gestaltung Zürich(Editor) in https://www.amazon.co.uk/Atelier-Zanolli-Fabrics-Fashion-1905-1939/dp/3039420828
. (traduzione italiana mia da verficare). Secondo brano in Opulentes und bereicherndes Erbe
– Das Atelier Zanolli, in frachtwerk. Onlinekultur aus der stadt ,23. August 2022 in https://www.frachtwerk.ch/2022/08/23/opulentes-und-bereicherndes-erbe-das-atelier-zanolli/. Spero che vengano entrambi presto tradotti in
italiano. Brevi notizie biografiche su Lea e Zoe Zanolli in lingua tedesca o inglese sono facilmente reperibili su internet.
Per quanto riguarda Pia Zanolli vorrei ricordare che la polizia fascista la considerò sempre con sospetto come si deduce , tra l’altro, dal suo fermo avvenuto il 28 dicembre 1929 ( cfr. lettera di Bruno Misefari del 30 dicembre ai genitori di Pia, che ho citato prima) a cui seguì la detenzione in carcere per tutto il tempo dei festeggiamenti principeschi e ciò solo dopo alcuni mesi dalla rassicurante comunicazione sulla famiglia Zanolli del Console Generale di Zurigo al Ministero degli Interni.
Tornato dal confino, nel novembre 1932, Bruno Misefari, appoggiato attivamente da Pia, riprese, non senza ostacoli, la propria attività professionale. Da ricordare per esempio, l'aiuto dato a Bruno, di Pia, insieme alla sorella Lea, nell' allestimento di mostre (cfr. infra post BRUNO MISEFARI) , in cui vennero esposti i risultati degli scavi dei giacimenti di Davoli. (cfr. brano)Brano da commentare: " Il quarzo di Calabria è esposto alla 2° mostra nazionale di strumenti ottici a Firenze (maggio). Bruno, assieme a Pia e a Lea, fa un bellissimo "stand" [...] In settembre nello stesso anno (nota mia: 1934), alla Fiera del Levante, il quarzo viene esposto in un grande "stand" progettato ed eseguito da Lea. Anche qui si ottiene un grande successo." ( Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria ...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza
di una vita intera con Bruno [Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 266-267
Non è, infine, da sottovalutare , la condivisione di Pia Zanolli dei patimenti della sistematica persecuzione poliziesca subita, dopo l’esperienza del confino, dal suo compagno, (cfr. primo brano) e persino il giorno in cui accompagnò la bara del compagno al Verano, la protervia poliziesca le fu risparmiata (cfr. brano da commentare)
Brani da commentare: 1) On. Ministero dell’Interno – Roma. […] Il locale comando dei RR. CC, certamente non in disaccordo con le Autorità locali, esercita uno zelo fuori luogo nei riguardi del sottoscritto, che pure da anni non si occupa più di politica bensì di sole questioni inerenti la sua qualità di Ing .industriale […] Il fatto stesso della residenza di lui in un piccolo paese di montagna (nota mia: Davoli, ) - dove ogni passo, ogni parola, ogni gesto vengono notati e controllati dall’invidia e dai pettegolezzi paesani – dovrebbe essere sufficiente al suddetto Comando (e per esso a chi mal lo Consiglia) per il controllo delle azioni del sottoscritto, se pur ve ne sia bisogno. Invece si abbandona ad una forma di sorveglianza talmente vessatoria contro di lui e, in mancanza, contro la di lui Signora, che, stanco di tanto, finanche il padrone di casa - che è il vice Podestà del paese e persona retta - minaccia di sfrattarlo, e di creare uno scandalo. ...” ( Lettera di Bruno Misefari al Ministero dell’Interno, 4 marzo 1934)“ 2)“ Alcuni uomini, all’uscita del Verano, appena varcato il cancello di ferro, ci piombarono addosso afferrandoci per le braccia. Il più anziano , il meglio vestito, ci dichiarò in arresto. Ci portarono prima al Commissariato di San Lorenzo, poi, a notte inoltrata, me alle Mantellate, gli altri a Regina Coeli. Perché questo trattamento? Cosa avevamo fatto? Che cosa avevo fatto? Ah, sì, avevo gettato un papavero sulla tua bara. Un fiore rosso. Fosse stato di un altro colore, noi cinque non saremmo stati per tre giorni in carcere. A quei tempi, ricordi?, il rosso era un brutto colore, un colore che faceva paura alle forze governative. In giro non si vedeva nulla di rosso, proprio nulla. Tutti e cinque ci siamo trovati alla Questura Centrale. Ci hanno fatto firmare una specie di "diffida"." ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria)
Bibliografia: Primo brano in Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936) cosiddetto “anarchico di Calabria”, Città del sole edizioni 2020, pp. 269-270 e secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 6-7 . L' aberrante “misura poliziesca” esercitata dalla polizia sui parenti stretti il giorno della sepoltura di Bruno Misefari è ricordata, con alcune varianti, anche in Enzo Miséfari, Bruno biografia di un fratello, zero in condotta , 1989 p. 139-140.
ALFONSO FAILLA E PIA ZANOLLI |
Dopo la morte di Bruno Misèfari , Pia Zanolli si dedicò al duplice compito di continuare , sino a che fu possibile, in Calabria, l’opera lavorativa del compagno e al tempo stesso di ricordarne la memoria pubblicando libri , tra cui l’ appassionata biografia intitolata L’anarchico di Calabria. , pubblicata per la prima volta nel 1967 , nel pieno fermento delle prime "contestazioni giovanili", e seguita poi da una seconda edizione nel 1972. Pietro Buttitta , nella prefazione de L’anarchico di Calabria , Alfonso Failla in una recensione su Umanità Nova , Alberto Moroni su " Volontà. Rivista anarchica bimestrale e Attilio Copetti su "L'Adunata dei refrattari si soffermarono sugli aspetti innovatori dell'opera di Pia Zanolli dal punto di vista letterario, politico, sociale ed esistenziale. (cfr. brani da commentare)
Brani da commentare: 1) ...“Una
prefazione, e perché? Ma provateci un po’ voi a dire di no a Pia Zanolli
Miséfari. E vedrete che l’impresa non è facile, anzi è impossibile, perché è
tale il suo entusiasmo, il suo giovanile entusiasmo, a dispetto degli anni, che
non si può fare a meno di restarne contagiati . […]… Il fatto è che un
volume come questo di Pia Zanolli Misèfari a volerlo iscrivere all’anagrafe letteraria finisce con
lo scapitarci. Infatti, immediatamente, su di esso verrebbe fuori una
discussione sui generi: romanzo, biografia, autobiografia? Secondariamente, un’altra
discussione sulla lingua e ancora una sui suoi antecedenti. Ma a che
servirebbe? Pia Zanolli Misefari non crediamo abbia voluto scrivere questo libro per rispondere, come si
dice, ad una vocazione, ma per compiere
un gesto d'amore, con tutte le implicazioni psicologiche che lo determinano:non
a caso il libro si apre con una lettera al suo compagno scomparso. Leggerlo
potrà servire a molti, soprattutto agli studiosi del movimento libertario. Ci
sembra che esso però finirà col trovare il suo vero pubblico fra i giovani, che
vi ritroveranno non poco delle loro inquietudini. Fra quei giovani che tornano
a cantare i vecchi “stornelli d’esilio”: La nostra patria è il mondo intero, nostro credo la
libertà; “ che vogliono ignorare stati e regimi, che vanno a Firenze a spalare
il fango e preferiscono la chitarra al fucile. …” ( Prefazione di Pietro
Buttitta a L’ anarchico di Calabria); 2) "… Questa biografia di
Bruno Misèfari non poteva scriverla altra persona che non fosse la sua
compagna, la nostra compagna, Pia. […] Il grande amore di Bruno e Pia, che nel libro è ricordato nelle
lettere dei due innamorati, fa vibrare il lettore con intensità di poesia, ma
lo tiene sempre avvinto nella realtà della lotta contro le ingiustizie sociali,
contro la guerra, contro il fascismo, rievocando un’epoca non mai abbastanza
conosciuta dalle giovani generazioni. Ed in ciò la biografia di Bruno Misefari
è molto efficace […] Bruno Misèfari, come gli altri compagni, affronterà e
subirà le persecuzioni, anche nella sua vita privata, di un regime fondato
sulla sopraffazione e sull’arbitrio, ma continuerà sempre, anche in carcere e
al confino, sempre col sorriso sulle labbra, la fermezza e la serenità dei
forti, a lottare e cospirare per l’avvento di una società migliore […] Di
Bruno Misèfari, primo progettista del ponte sullo stretto di Messina da Punta
Pezzo, oggi in via di realizzazione, come annunziato dalla TV, scopritore
dei primi giacimenti di quarzo in Italia, pioniere dell’industrializzazione
meridionale in Calabria, delle sue lotte contro i monopoli che durante il
fascismo stroncano tutti i tentativi nel Sud e nelle isole, di costruire impianti
concorrenti: delle vicende che portarono al confino e al tribunale speciale,
della dolorosa fine del nostro compagno, è bene leggere direttamente nella
biografia della buona Pia, materiata di pagine sublimi di bellezza effettiva
che invitano i giovani ad emulare i lottatori di ieri ed i vecchi militanti a
scuotersi ed attivizzarsi sempre più nella lotta per l’anarchia.“ ( Alfonso Failla, recensione
a L’anarchico di Calabria,
Umanità Nova, 22 aprile 1967) ; 3 ) " Bruno Misèfari riappare tra noi con questo libro. [...] Nacque in Calabria nel 1892 e morì a solo 44 anni e in questo breve arco di tempo visse con la semplicità e l'ardore di un poeta il periodo più turbolento e più fosco della storia italiana. Dalla predicazione sovversiva che l'orientò verso l'anarchia fin dai primi anni della gioventù, al dramma della prima guerra mondiale, alle lotte convulse che ne seguirono fino alla notte nera del fascismo. Non voglio qui riesaminare i luminosi episodi della sua vita ( nota
mia: Bruno Misefari) che la compagna Pia narra e documenta nel suo libro
con talento di scrittrice, ma trovo utile indicare i motivi che lo
rendono a noi contemporaneo. Sono due e dividono nettamente anche la sua
vita in due periodi distinti: quello del proselitismo e quello del
lavoro. La predicazione dell'amore universale e della fratellanza,
perché così egli intendeva l'anarchia - ed i miracoli creativi del
lavoro col quale tentò di redimere la sua Calabria dalla miseria contro i
sordidi interessi capitalistici e le persecuzioni dello stato. [...] Specializzato in geologia e mineralogia, scoprì nella sua Calabria ricchi giacimenti di silice e di quarzo che potrebbero dare alla regione grosse industrie di vetro e di ceramiche. E diede infatti vita con instancabile attività alle prime industrie che avrebbero potuto segnare un nuovo destino per la Calabria. Ma fu presto divorato come un agnello nella giungla. La sua attività minacciava potenti interessi, e quale migliore pretesto delle sue idee anarchiche per toglierlo di mezzo? Capitalisti italiani e stranieri tramarono nell'ombra contro l'ardito pioniere dell'industria calabra e scatenarono contro di lui la sbirraglia fascista. Oggi si fa appello agli interessi capitalistici e statali per risollevare le sorti del mezzogiorno, ma laggiù in Calabria più di trent'anni fa, fu proprio l'azione congiunta del capitalismo e dello Stato che troncò il primo tentativo di industrializzazione; quello che l'ingegno ed il lavoro stavano creando, il capitalismo e l'autorità politica lo distrussero. Bruno Misefari scoprì la ricchezza dove ancora oggi regna la miseria: il suo nome è un tremendo pugno sul tavolo che fa trasalire i nostri politicanti e le loro scartoffie ministeriali. Ricordiamolo questo nostro compagno che seppe vedere oltre il velo dell'odio della sua epoca e seppe fare con il suo ingegno quel che lo sfruttamento e la burocrazia non faranno mai. ... "(
Alberto Moroni, recensione a L' anarchico di Calabria di Pia Zanolli Misefari in Volontà... n. 7, 1967); 4) "“Mi sia permesso di portare
dalle colonne di questo foglio il mio modesto plauso all'amica e compagna di
idea Pia Zanolli Misefari per l'ottimo lavoro compiuto tracciando la biografia del suo amato e indimenticabile
compagno Bruno Misefari, nel suo libro recentemente uscito (1). E' logico che
una biografia deve essere il più schiettamente possibile conforme alla realtà
vissuta dal protagonista ed a questo principio si è ispirata l'autrice dandoci
un fedele e veritiero ritratto del suo Bruno, dalla ribelle fanciullezza alia
tragica immatura fine; con le sue virtu', con le sue buone qualità, ma anche
con le sue debolezze e le sue contraddizioni egualmente umane; con le sue
imprecazioni, coi suoi scatti impulsivi, con la sua ingiustificata gelosia,
anche. Non
per niente era Bruno figlio
della focosa terra di Calabria. Nelle sue lettere si alternano
esplosioni
d'ottimismo e di alate speranze, grida di giovanile entusiasmo, ma anche
momenti di dubbio, di inquietudine, d'esasperazione. Ma al disopra di
tutto si
sprigiona da tutta l'esistenza di Bruno Misefari, da tutte le sue
attività un' immenso
amore per la sua Pia e per tutta l'umanità sofferente. Conformemente ai
suoi
principii tutt’altro che conformisti, Pia Misefari comincia col
capovolgere
l'ordine generalmente seguito dagli autori, mettendo come introduzione
al suo
libro quello che avrebbe potuto, seguendo un ordine cronologico,
presentare
come epilogo. Racconta cioè a Bruno, davanti al bronzo rappresentante la
sua maschera
mortuaria, quello che successe immediatamente dopo la sua morte,
cominciando
dalle esequie. […] Poi racconta, in questa sua introduzione, tanti altri
particolari, vicende, episodi avvenuti dopo la scomparsa dell'amato e
chiude il suo commosso racconto con queste parole: "Bruno mio! Hai
seminato!...Bruno! ancora e sempre fai sentire il tuo grido: " Mai più
ingiustizie!" Mai più massacri! Mai più guerre! Grida sempre, non
smettere mai. Ti prego, Pia!." Mai fu questo grido tanto di attualità
come ai giorni nostri, sui quali plana la spaventosa e fosca ombra di
una guerra mondiale. ..." ( Attilio Copetti, Storia di una vita.…, L'Adunata dei Refrattari, XLVI, Luglio 1967)
Bibliografia: Primo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di
Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp.
XV-XVI. Secondo brano in Insuscettibile di ravvedimento. L’anarchico Alfonso
Failla (1906-1986). Scritti e Testimonianze , a cura di Paolo Finzi, La
Fiaccola, 1993, pp.260-261. La recensione di Failla è stata riproposta ,
recentemente, con il titolo Sempre con il sorriso sulle labbra, anche in A rivista anarchica n.
445, estate 2020 p.61-62 all’interno di
un bel dossier su “ L’anarchico di Calabria” pp. 57-62). Terzo brano in Alberto Moroni, Recensioni. Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria, in Volontà. Rivista anarchica bimestrale n. 7 , 1967, pp. 446-448 . Quarto brano: Attilio Copetti, Storia di una vita in L'Adunata dei Refrattari, Volume XLVI sabato 22 luglio 1967 pp. 5-6. L'articolo che sono riuscito inaspettatamente a rintracciare su Inernet è, se ho capito bene, sola la prima parte della recensione al libro di Pia Misefari. Sarebbe bello riuscire un giorno a leggere anche la seconda parte. Su Attilio Copetti, autore, tra l'altro di Ricordi Zurighesi, cfr. infra post BRUNO MISEFARI.
Il libro ottenne, come ricorda Pia Zanolli, un generale consenso negli ambiti della sinistra ed affini . ( cfr. brano)
Brano da
commentare: “ Fu presentato al pubblico all’ Istituto Antonio Gramsci e alla
Casa della Cultura di Roma. Amici tuoi (nota
mia: di Bruno Misefari, a cui, sovente, nel libro Pia si rivolge) ed anche
miei, di cinque diverse tendenze politiche, hanno
elogiato L’anarchico di Calabria e
lettori di ogni nazionalità, regione, età, idea politica dimostrazione ammirazione
e talvolta “venerazione” per te. Vari giornali politici, culturali, letterari,
hanno pubblicato delle recensioni equilibrate, incoraggianti, insomma ottime . ” ( Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria …)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 283-284
Per quanto mi riguarda devo precisare che sino a non molto tempo fa conoscevo di Bruno Misèfari , a parte alcuni cenni biografici, solo il suo intenso e appassionante libro Diario di un disertore e pertanto in questo blog avevo riservato a lui solo uno spazio, relativamente breve, all’ interno del post “ LA GUERRA MALEDETTA”. E' stata la lettura del libro di Giuseppe Tripodi L’invenzione del ribelle. ... ( più volte citato in questo post), che mi ha spinto a rintracciare e a leggere, per la prima volta, il bel libro della Zanolli, L’anarchico di Calabria. Leggendolo, oltre ad ampliare di molto la mia conoscenza della vita e del pensiero di Bruno Misèfari e della sua compagna, sono stato favorevolmente colpito dalla traslazione letteraria in questa biografia, davvero singolare, di concetti rivoluzionari quali “ Il personale è politico” e la “critica della vita quotidiana”, divenuti , almeno per quanto riguarda l' Italia, solo dopo il "1968" o più precisamente dopo il "1977", punto di riferimento fondamentale per un’ “azione diretta”, in senso libertario, sul proprio “vissuto”. Da questo punto di vista, come ben sottolinea Pia Zanolli, nel suo libro, Bruno Misèfari è stato, sotto più aspetti, un anticipatore. (cfr. primo, secondo e terzo brano)
Brani da commentare: 1) "Prima di pensare di rivoluzionare le masse, bisogna essere più o meno sicuri di aver rivoluzionato noi stessi " (Pia Zanolli Misefari, (a cura di ), Utopia? No!...) 2)"... L'anarchico è sempre sobrio. Egli ha orrore dell'alcol, perché un ubriaco non è più un uomo. L'anarchico vuole conservare tutte le sue facoltà e restarne degno. Egli cerca i mezzi di evolversi fisicamente mediante l'igiene, moralmente mediante la libertà e la verità, e intellettualmente mediante il sapere. Colui che non vuole e non tenta di evolversi in questo senso potrà essere un malcontento, giammai un "anarchico". Bruno ! [...] " [ Bruno Misefari] Dice : L'anarchico deve comportarsi in tutte le sue manifestazioni della vita odierna, da anarchico" Dice: Già oggi l'anarchico può con il suo comportamento agire anarchicamente, quindi da uomo integro, da uomo quasi perfetto senza alcun vizio" ...", 3) “ Bruno, anche allora il tuo cervello galoppava molto , andava troppo avanti nel tempo; eri un precursore, non solo in materia sociale, ma anche, come vedi, nella tecnica. Eri un precursore benemerito anche in cose meno importanti, sai perché? Già quarant’ anni addietro , d’estate, camminavi con i sandali a piedi nudi, senza giacca, senza cappello, scamiciato. A Reggio e anche a Napoli, t’indicavano come un essere stravagante, eccentrico. Oggi tutti gli uomini, in ogni paese, vanno vestiti alla tua maniera. Eri all’avanguardia nel pensiero, nel lavoro e anche nel vestire. Quasi dopo 50 anni dalla tua diserzione. Una recluta (di qualsiasi idea politica o religiosa) chiamata a prestar servizio militare e che non intenda indossare la divisa, oggi viene classificata quale “ obiettore di coscienza”. In tempo di pace questi giovani vengono condannati a diversi mesi di carcere. In tempo di guerra, però, è più coraggioso, più significativo, fare l’obiettore di coscienza” e poi il “disertore” come lo fosti tu. “ ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Primo brano in Utopia ? No! Scritti scelti di Bruno Misefari a cura di Pia Zanolli Misefari (anni 70) Roma, p. 131 Secondo e terzo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 198 e 274 e pp. 23-24
Nonostante l'avanzare della sua malattia, Bruno Misefari si impegnò. sino all'ultimo, anarchicamente nella sua attività professionale ( cfr. primo brano). Da ricordare inoltre, secondo quanto riferisce Pia Zanolli, la premura , davvero innovatrice per quei tempi e anche per quelli di oggi, di Bruno Misefari nei confronti dei diritti e della salute dei lavoratori impiegati nella Società Davoli, da lui diretta. (cfr. secondo brano). Dopo la morte di Bruno Misefari la “S.p.A. Davoli Quarzo e Silice” prosperò, da quanto ho capito, economicamente, sino alla sua chiusura nel secondo dopoguerra, ma non utilizzando le misure protettive per la salute dei lavoratori previste da Bruno Misefari, numerose furono le malattie polmonari e delle vie respiratorie mortali tra i lavoratori (terzo brano)
Brani da commentare: 1) " La sua consueta carica, il suo entusiasmo per la vita, si sono spenti. Non legge più con passione, , non studia più i suoi libri di filosofia. Forse quel male che si è fatto sentire nel novembre del 1933 sta minacciando il suo cervello? Eppure ogni tanto, trova il tempo per la sua passione: le ricerche minerarie. Per esse spende un mucchio di denaro, per esse non ha mai un soldo in tasca... Ora sente un gran bisogno di esprimere se stesso solo con il lavoro, quel lavoro che desidera porti benessere a tutti, ma in special modo a tutti i calabresi. Proprio lavorando in tal modo, mette in pratica la sua "ideologia di anarchico" (Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria... 2) “ Che tristezza Bruno ! ( nota mia: è la stessa Pia che rivolgendosi a Bruno racconta quanto avvenuto dopo la sua morte). Da sei anni la cava di quarzo è chiusa. La società si è sciolta e liquidata. Tutti gli impianti sono stati smantellati e nessuna traccia vi è di quanto tu avevi accuratamente organizzato. […] Coloro che hanno sostituito te, dopo la tua morte, hanno voluto ignorare il tuo avvertimento di non creare pozzi né gallerie per lo sfruttamento. Forse per la loro incapacità tecnica di condurre i lavori, ma più probabilmente per avidità di produrre al massimo, non hanno tenuto conto della tua preparazione a cielo scoperto. Hanno costruito delle gallerie, dei pozzi, senza costruire fornelli, cunicoli per il rinnovo dell’aria: accorgimento indispensabile per la tutela della salute degli operai. Invece niente di tutto questo! Tutti i tuoi operai collaboratori, coloro che ti sono sempre stati accanto, sono morti di silicosi. Già venti di essi sono sepolti, in fila, nel cimitero di Davoli, mentre tanti altri sono ammalati, in cosciente attesa che venga il loro turno. ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…); 3) “ Negli anni ’30 alcune frane alluvionali mettevano in vista i primi rinvenimenti delle sabbie quarzifere in località Trono del comune di Davoli. Il 1933, l’Ing. Bruno Misefari , dopo accurati sopralluoghi e l’accertamento di una faglia di quarzo puro dello spessore medio di 10 metri tra i 70 e 300 metri di profondità, che avrebbe dato lavoro per 20 anni, affrontò il tentativo di reperire finanziatori svizzeri. Fallito il primo approccio, nel 1935, con un gruppo di impresari romani fondò la “S.p.A. Davoli Quarzo e Silice” con 10.000.000 di Lire di capitale sociale. Ebbe così inizio l’estrazione del prezioso minerale che, mentre offriva lavoro e occupazione alle famiglie del paese (ai minatori e alle donne di trasporto), apriva orizzonti e speranze nuove a tutto il circondario, attraverso la catena di distribuzione, costituita da una teleferica di 3200 metri, la stazione di Satriano, lo stabilimento di molitura di Soverato e le vaporiere, che dal molo di Soverato distribuivano la “terra bianca” a Napoli e a Firenze. Quattromila tonnellate annuali di questa purissima quarzite (silice al 99,10%) venivano destinate tra i laboratori di precisione dell’Esercito di Roma, alla ditta Venini di Murano, alla Richard Ginori, per costruire vetri da ottica, porcellane, vetrerie e isolatori elettrici. Ma la “polvere bianca”, estratta a quelle profondità in condizioni di permanente umidità, senza le necessarie protezioni respiratorie, mentre offriva il pane sul desco del focolare, procurava inesorabilmente e percettibilmente il dramma della silicosi in centinaia di giovani lavoratori e padri di famiglia. Con la fine del periodo bellico, liberalizzati gli scambi con l’estero e i costi di produzione, data la posizione geografica del giacimento, divennero pesanti le tariffe delle merci poco sostenibili, vista la spietata concorrenza della Francia e dell’Olanda. Dal 1956, si chiuse definitivamente il ciclo produttivo, lasciando nella popolazione davolese l’illusione amara di un sogno svanito, di una catena interrotta di giovani vite stroncate dal male, di intere famiglie private, non solo dal sostegno economico, ma soprattutto dalla presenza e dalla gioia di tanti valorosi Martiri del Lavoro.” (Davoli- Martedì 4 novembre 2014 commemorazione dei Caduti del quarzo” )
Bibliografia:
Primo e secondo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La
grande esperienza di una vita intera con
Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 274 e pp. 20-21.Terzo brano in redazione // Eventi, Società // Davoli // Ottobre 31, 2014 https://www.soverato.eu/news1/?p=7726
Brano da commentare: "Passando da Roma visitai la Mostra del Minerale, al Circo Masimo. Grandissima, bellissima! Constatai, però, con profondo rammarico, che la Calabria non era rappresentata con tutti i suoi minerali. Solo e unico il quarzo di Davoli era degnamente esposto, abbagliava con il suo candore. E' per questo che mi decisi, lì per lì, a continuare da sola, le ricerche minerarie che tu volevi e dovevi condurre ( nota mia: in questo brano è a Bruno che Pia si rivolge). Avevo ereditato i tuoi
studi e i tuoi appunti, unico tuo patrimonio. Ecco avevo trovato uno scopo della mia esistenza. Dopo questa rapida decisione mi sentii nuovamente piena di volontà ed entusiasmo per la vita. Ero quasi felice. Avrei vissuto ancora fra le rocciose e
sconosciute montagne calabre fra la tua gente. Mi portai in quei paesi ove non
avevi più avuto la possibilità di condurre a termine le ricerche. Ho continuato
io per te. Il mio
andare era duro, trovavo ovunque delle ostilità e difficoltà. Ad una donna non
si addice andare sola per le montagne per fare un lavoro che dovrebbe svolgere
un uomo. Non mi credevano, non avevano fiducia in me, anche perché mi sapevano
strettamente sorvegliata. Prima che io
arrivassi in un qualsiasi paese ero preceduta da un telegramma con cui si
avvertiva del mio arrivo. [...] A Canolo, Mammola, Grotteria, dove sempre ti
accompagnai, sono riuscita a continuare tranquillamente le ricerche. In quei
luoghi mi vennero incontro, particolarmente gli abitanti di Canolo, i quali, in uno slancio di affettuosa
collaborazione , mi aiutarono con molto entusiasmo. Quando mi congedai da essi
ho dovuto promettere che sarei ritornata per sfruttare e valorizzare i minerali rinvenuti nei loro
terreni. E ritornai. A questo proposito invogliai la Soc. Rumianca di Torino a
sfruttare l’arsenio-pirite contenuta in grandi masse in quelle zone sconosciute.
La Società ha costruito in poco tempo teleferiche e impianti di lavaggio del
minerale, per cui hanno trovato lavoro ben 500 operai. Una meraviglia, un sogno
per quella povera gente! Si lavorava in
fretta perché si avvicinava un’altra guerra. Si aveva bisogno di quel minerale.
E la guerra venne. Più orrenda di quella che tu hai vissuto. Quella è stata definita mondiale, questa la chiamerò " mondialissima", la prossima "sarà la fine del mondo". Se tu sapessi che ordigni hanno inventato i tuoi amati scienziati! Figurati che tra non molto i più potenti si faranno guerra per il dominio spaziale. Ah, Bruno mio ! non avevi sopportato la prima, non
avresti tollerato la seconda; alla terza poi moriremo tutti. Meglio tu sia
morto !“ ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria …)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 9 e10.. Cfr. su questo tema anche p. 12 e p. 283
Anticipatori furono Pia Zanolli e Bruno Misèfari anche come coppia nel manifestare pubblicamente e con gioia la loro “libera unione” , vissuta poi esemplarmente per dieci anni (1921-1931) in un periodo , in cui i conviventi fuori dal matrimonio erano pesantemente discriminati, con gravose conseguenze, dalla morale e dalla legislazione dominante, sia ecclesiastica che laica. (cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: “ Probabilmente a coloro che parteciparono all’incontro del 13 ottobre 1921 […] venne recapitato un biglietto a stampa su cartoncino per ricordare una circostanza molto personale che però loro (nota mia: Pia e Bruno ) per la positiva visione del mondo che li accompagnava in quel momento non potevano assolutamente tenere per sé. Erano passati quattro lunghi anni dal loro primo innamoramento, la mamma di Pia era tornata a Zurigo e loro avevano goduto pienamente del loro “purissimo e rubesto” amore. Come tenersi la cosa solo per sé? Si vede che anche allora il personale era politico.” (Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 110.
L'osservazione finale di Tripodi è giusta solo in parte. Se ciò è vero per quanto riguarda Pia e Bruno, bisogna comunque ricordare che in quel periodo , persino all 'interno del movimento anarchico, erano ancora molti che ritenevano la vita privata, e i temi ad essa connessi come la sessualità e l'emancipazione della donna, non rilevanti da un punto di vista prettamente politico-sociale e rivoluzionario (cfr. post: BRUNO MISEFARI).
Si deve infine notare, che sebbene in misura ridotta rispetto al passato, il problema delle unioni, fuori del matrimonio, resta tuttora aperto , specie per quanto riguarda le unioni libere tra persone dello stesso sesso, a causa di una mentalità catto-fascista ancora sin troppo diffusa e persistente.
Bruno e Pia non furono tuttavia, completamente esenti, nonostante le loro idee libertarie, dai pesanti condizionamenti culturali della loro epoca. Per esempio, il loro amore, agli inizi, dovette fare i conti con la gelosia di Bruno tanto più aggressiva quanto più prevalevano in lui gli stereotipi tipici di una società patriarcale e maschilista, che associavano pretestuosamente la violenza fisica con l’amore, quando in realtà non era che possessività o altro , ma non certamente amore. La seguente "orrenda scena" è ricordata dalla stessa Pia Zanolli in terza persona. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Pur essendo libertario il “figlio di Calabria” si distrugge per la gelosia. E’ in pieno contrasto con se stesso: vorrebbe e non vorrebbe far danzare Pia. “ Così come io amo la libertà non posso toglierla a nessuno.” Mentre Pia e Lea cercano di spiegargli il vero concetto della danza in genere, sul rapporto innocuo esistente fra chi balla e il pubblico. Bruno non sente ragioni: dominato dall’atavismo calabro-arabo , in un attimo di folle amore, afferra Pia alla gola, e con tutte e due le mani stringe gridando come un forsennato - Preferisco vederti morta piuttosto che vederti ballare in quei luoghi …- e stringe ancora. Dopo questa orrenda scena, Pia con la gola ancora dolorante gli sorride; ha capito il motivo del suo gesto. E Bruno per dimostrare che è pentito, per farsi perdonare, le sussurra con estrema dolcezza: - Pia, Pia mia , perdonami, questa sera vengo con voi, non ti ho mai vista ballare; voglio vederti, voglio comprenderti anche in questo. Sei contenta´. Vedi, così siamo noi calabresi quando amiamo sul serio, agiamo così come ho agito io adesso possiamo anche uccidere per amore, e chi “uccide per amore è perdonato!” ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria...)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 120. L'amore per la danza di Pia Zanolli, risaliva, se ho capito bene, sin dai tempi della sua giovinezza quando, insieme alle sorelle, era allieva della famosa danzatrice e coreografa Mary Wigman ( vedi sopra)
La famigerata associazione tra amore e delitto, viene ancora ripetuta , nelle
cronache contemporanee, per la maggior parte dei casi di femminicidio . Per fortuna, però, per quanto riguarda Misèfari la gelosia non lo spinse sino all'uccisione della compagna, e anzi, l'appassionata rievocazione di Pia della sua esperienza di vita con Misèfari, scritta quando ormai era anziana e vedova da molto tempo, fa sperare che quell'orrendo episodio venisse completamente superato negli anni successivi della loro vita di coppia. (cfr. brano)
Brano da commentare: “… Grazie, Bruno, per quella felicità che mi hai saputo dare. Grazie per avermi scelta. Grazie per quel lungo e breve periodo che abbiamo vissuto insieme: vent’anni. Ma ogni anno ne è valso cinque. Quindi un secolo accanto a te. Un secolo intenso, colmo d’affetto, di elevazione morale e spirituale: una vita che valeva la pena di essere vissuta ."… ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 24
Negli ultimi anni della sua vita, la casa di Pia Misefari in Via Flaminia a Roma era frequentata da numerosi giovani, soprattutto, provenienti dalla Calabria, tra cui Rocco Palamara, Otello Profazio, Giuseppe Tripodi e la moglie. (cfr. primo e secondo brano).
Anche PIETRO
FERRUA (1930-2021) (cfr. post STORICI/E ANARCHICI....) era spesso
suo ospite e in un suo articolo ricorda l’amore che Pia Misèfari aveva
per la Calabria e l’aiuto che essa dette durante l’alluvione di Melito Porto
Salvo (14-19 ottobre del 1951), che
provocò una settantina di morti e circa 5 mila senza tetto. (cfr. primo brano). L’ amore verso la Calabria,
trasmessogli da Bruno Misèfari, si estese, poi in Pia anche nei
confronti della regione calabrese integrata, dopo la seconda guerra mondiale, nella Repubblica italiana.(cfr. secondo brano) . Tuttavia della continuità dello Stato, cosiddetto "democratico", con i regimi precedenti, incluso, grazie a "un' epurazione fallimentare", quello fascista, nel perseguire le idee libertarie e rivoluzionarie, Pia Zanolli, ricordando "l'eterno perseguitato" Bruno, era pienamente consapevole. (cfr. terzo brano)
Brani da commentare: 1) “ Uno dei disastri a cui si fa allusione è il terribile alluvione di Melito Porto Salvo, nel quale intervenimmo con efficacia: il gruppo d’avanguardia recandosi sul posto immediatamente a dare una mano ai pompieri e alla popolazione, mentre quello della retroguardia ( il sottoscritto, un’infermiera e un volontario jugoslavo, mingherlino e malaticcio) a reclamare viveri e medicinali, a sequestrare vagoni e treni (sic!), a distribuire latte, penicillina, indumenti caldi nella zona che ci circondava. Un mio appello al movimento , provocò una reazione a catena di solidarietà da parte dei gruppi anarchici, soprattutto ma non esclusivamente romani, grazie allo stimolo di Pia Misefari (che conosceva ed amava la Calabria per via del marito Bruno, da molto scomparso, ma di cui venerava la memoria). ( un ricordo di Pia di Pietro Ferrua); 2) “ Mi sono detta: Pia, oggi ancora tu ci sei, domani non ci sarai più. E allora? Che avverrà dei preziosi documenti riguardanti le ricerche minerarie eseguite con tanta passione da Bruno e anche da te? E dei campioni di minerali di tutte e tre le provincie calabresi in tuo possesso che ne sarà? Chi potrà farne un tesoro? Chi potrà valorizzarli con tutti i mezzi necessari? Questa impresa , chi potrà esercitarla? Solo la Regione Calabria. E mi venne in mente un tuo scritto del 20 gennaio 1920. “ Vedrai, com’è bella, unica, la Calabria. Io vorrò sempre aiutarla, proteggerla. Ho consegnato al Nucleo del Consorzio per la Industrializzazione della Calabria la relazione Tesori minerari ignorati del sottosuolo calabrese, corredata dalle diverse analisi, relazioni geologiche, campioni di minerali, grandi e piccoli; insomma tutto. Ho offerto alla Regione anche i campioni ricavati dal quarzo di Davoli nel maggio 1934 a Firenze fusi davanti a te e a Guglielmo Marconi, alla mostra del vetro d'ottica. Ed anche i famosi cavallucci ricavati dal quarzo di S. Trada, fusi in tua presenza nella costruenda Vetraria di Pezzo di Villa San Giovanni. Mi sono distaccata molto a malincuore da essi. Comprendi? Credo però che saresti stato d'accordo, come sempre. Bruno, agisco in ogni circostanza, in ogni occasione, secondo il tuo motto: "Non si ama abbastanza, se non si ama troppo". …” ( Pia Zanolli Misefari , L’anarchico di Calabria…) ; 3) “ Era il 12 giugno 1946, decimo anniversario della tua morte […] La Repubblica Italiana era nata da dieci giorni […] In quel momento [nota mia: allusione a un incontro di Pia, al cimitero di Roma, con la nipote di Garibaldi, Anita, che le confidò, tra l'altro, che il nonno non "sarebbe contento di questa Repubblica"] rammentai che spesso sostenevi, convinto, che Vittorio Emanuele III sarebbe stato l’ultimo re d’Italia. Allora sembrava una profezia: ora è una realtà! Come sempre, anche questa volta avevi ragione. La guerra provocò non solo la caduta del fascismo, ma anche il crollo della monarchia. Bruno, anche tu non saresti stato contento di questa Repubblica, e credo, pur oggi saresti stato “l’eterno perseguitato”. Sì, “ l’eterno perseguitato” anche oggi nel Centenario dell’Unità d’Italia. Così come fosti perseguitato nel 1911, nel “cinquantenario”, mentre ti accingevi a commemorare la figura dell’Eroe ai piedi del suo monumento . [nota mia: cfr. post. BRUNO MISEFARI] . Anche oggi , nel 1961, se ti fossi azzardato a presentarti per la sua commemorazione davanti ai piedistalli dei monumenti di tutte le città d’Italia, avresti subito la stessa sorte. Certamente proprio a te lo avrebbero proibito. Perciò, Bruno mio, questa non è la vostra Repubblica: né quella tua né quella di Garibaldi! ( Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Primo brano in
FERRUA, Pietro.- Franco Leggio: oltre mezzo secolo di amicizia e
collaborazione in
https://archives.cira-marseille.info/raforum/spip.php?article667 - Secondo e terzo brano in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di
Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972, p. 286 e pp. 16-17. Sul mantenimento ai vertici del potere poliziesco, prefettizio e giudiziario di noti fascisti, tra cui per esempio Guido Leto, Marcello Guida e tanti altri cfr. Mimmo Franzinelli, Il fascismo è finito il 25aprile 1945, Laterza 2022, pp. 22 ss.
La venerazione di Pia nel ricordare il marito scomparso ( primo e secondo brano) non fu apprezzata da tutti i compagni, tra cui Umberto Tommasini, che vi vide un atteggiamento quasi maniacale. (cfr. terzo brano)
Brani da commentare: 1) “ Però, Bruno mio, sento sempre la tua mancanza e sempre più mi innamoro di te” (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…) 2) “Bruno, tu sei morto da ben trentacinque anni e mi sembra ieri, da trentacinque anni e non mi sembra ancora vero. Per me non sei mai morto, io ti rivivo. Quando soffrivi tanto per i dolori atroci alla testa mi sussurravi: “ Non morirò, Pia, vivrò in te sempre, sempre vivrò fino a quando tu vivrai. Ed io baciandoti la fronte imperlata dalle gelide perle di sudore della morte, là, dove supponevo ti straziasse il male, ti rispondevo sottovoce: “ Sì, Bruno, tu vivrai in me fino a quando io avrò vita.” Ci dicevamo tutto questo solo per consolarci o perché ne eravamo convinti? Ti ricordi, il 12 ottobre 1921? La nostra libera unione a Posillipo? Ebbene oggi dopo cinquant’anni l’ho festeggiata – da sola - ho festeggiato le nostre nozze d’oro, da sola! Vedi come io vivo in te e tu vivi in me? E quindi non sei morto? (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…); 3) “ La sua compagna Pia ha scritto diversi libri su di lui. Adesso devono dedicargli un monumento in paese, una fontana. La moglie è un po’ maniaca, poveretta. Dice: “ Più vivo e più mi innamoro di mio marito…”( Umberto Tommasini, Il fabbro anarchico…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 (primo brano) p. 24 e.( secondo brano) a pp. 281-282 .Terzo brano in Umberto Tommasini, Il fabbro anarchico. Autobiografia fra Trieste e Barcellona, Odradek , 2011, p. 120
Non avendo conosciuta Pia Zanolli di persona non me la sento di pronunciare un giudizio sulla sanità psichica del suo amore per Bruno, ma ritengo, che il bel libro, L’anarchico di Calabria, dedicato alla memoria del suo compagno defunto sia stato il mezzo più suadente ed efficace, per rendere davvero imperitura la loro "storia d'amore e di anarchia". E a questo proposito mi auguro una riedizione, al più presto, di questo libro, in cui, tra l'altro, risaltano, come notava Alfonso Failla nella sua recensione all'uscita del libro (sopra citata) puntuali e storicamente validi riferimenti al contesto politico e sociale. (cfr. brano)
Brano da commentare: "Ad essa (nota mia: Pia Zanolli Misefari) dunque il merito principale dell’ opera (nota mia: L'anarchico di Calabria ...) che nello sfondo del suo grande ed intramontabile amore per il suo Bruno ricorda ai vecchi e fa conoscere ai giovani l’ambiente in cui nacquero e si svolsero le lotte sociali del primo quarantennio del nostro secolo, dalla guerra per la conquista di Tripoli alla prima guerra mondiale ed al fascismo" ( Alfonso Failla, L'anarchico di Calabria, Umanità Nova, 22 aprile 1967).
Bibliografia: Alfonso Failla, Insuscettibile di ravvedimento. L’anarchico Alfonso Failla (1906-1986). Scritti e Testimonianze , a cura di Paolo Finzi, La Fiaccola, 1993, p.261.
Da sottolineare, inoltre, le interessanti riflessioni di Pia Zanolli sugli eventi createsi, in Italia, immediatamente dopo il proclama di armistizio di Badoglio dell' 8 settembre 1943. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il giorno più indimenticabile, il giorno più significativo nella storia italiana di questi ultimi tempi, dovrebbe essere e rimanere l’8 settembre 1943. Quel giorno fu per me, per gli antimilitaristi, per i tolstoiani e maggiormente lo sarebbe stato per te ( nota mia: qui Pia si rivolge al compagno defunto). Il giorno più memorabile della nostra vita. […] I soldati si svestono, bruciano le divise, scappano con solo la camicia e le mutande o con pantaloni borghesi. Fuggono, vanno verso la direzione dei loro paesi, delle loro città, delle loro case. Vanno a piedi, con automezzi di fortuna, su treni zeppi fino sopra ai tetti. Nelle caserme la disciplina è scomparsa, non serve più impartire ordini, non serve più urlare- Fermatevi! I fuggiaschi continuano la fuga. Il flusso non si arresta. Si scappa come se nelle caserme divampasse un incendio, un incendio indomabile. L’esercito non esiste più. I comandi, i generali hanno perduto il controllo della situazione. Sembra un baratro. Sembra lo scatenarsi di una rivoluzione” […] ”Il mondo più bello” però durò solo quel giorno. La potenza militare sostenuta dagli alleati, cominciò a conquistarsi l’assoluto sopravvento. Pian piano l’esercito italiano si ricompose. Si rivedevano i soldati e gli ufficiali, non più vestiti all’italiana, ma, buffo a dirsi, all’americana. Con le divise di altri colori con armi nuove lucide, con grandi carri armati, mai visti, con aereoplani di ogni forma e grandezza. Insomma tutto nuovo. L’esercito divenne più completo di prima. […] Peccato! Il nostro più bel giorno, un altro otto settembre ritornerà ? Deve ritornare, più cosciente, più voluto, più duraturo, perenne ! ( cfr. Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria…)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 pp. 13-14.
Un ulteriore eloquente e, almeno nelle intenzioni, perenne "atto d'amore" fu il monumento-fontana dedicato a Bruno Misèfari a Palizzi, voluto con appassionata determinazione da Pia , che si proponeva con esso anche concreti obiettivi di utilità sociale da realizzarsi, anarchicamente, attraverso un’azione diretta , al di fuori, per quanto possibile, delle istituzioni. ( cfr. brano)
Brano da commentare: “ L’idea di erigere la fontana a Palizzi ed il progetto sono di Lea (nota mia: sorella di Pia). [...] , Ed il monumento-fontana è oggi una realtà. La fontana simboleggia la tua vittoria. [nota mia : è Pia che, come spesso avviene in questa biografia/autobiografia, interloquisce con il suo compagno scomparso]. Apre la via al più concreto esempio umano, culturale e civile. Infine “l’acqua” rimane sempre simbolo di vitale creazione, corrispondente alla tua personale idea di progettare un acquedotto per Palizzi, idea che fu allora completamente ignorata e respinta dalle autorità. La costruzione è stata diretta da un tecnico calabrese che ha prestato la sua opera gratis. Anche questo tutto in tuo onore…“ (Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria...)
Bibliografia: in Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di
una vita intera con Bruno Misefari. La
Nuova Italia, 1972 p. 285. Cfr. Giuseppe
Tripodi “ L’invenzione del ribelle, Vita tortuosa di
Bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto «anarchico di Calabria» Città del Sole, nella nota n. . 10 di p. 217, sottolinea come
“ da qualche anno la fontana non zampilla più e l’iscrizione lapidea perde ogni
tanto qualche lettera.” Sul rifiuto delle autorità, nel 1923, del progetto di un acquedotto a Palizzi, cfr. infra post BRUNO MISEFARI.
La raccolta della somma necessaria fu sostenuta, in parte, dalla fattiva e solidale collaborazione di pittori famosi. La cronaca (se ho capito bene) radiofonica dell' evento fu compiuta dallo scrittore e giornalista Sharo Gambino (1925-2008). (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Ora [nota mia: Pia Zanolli Miséfari] ha pensato di eternare la memoria del marito al paese natale, a Palizzi, con la costruzione di una fontana monumentale. E per racimolare i fondi necessari si è rivolta agli amici pittori chiedendo loro l’omaggio di una tela da vendere in proprio. Pia è veramente buona, tutti le vogliono sinceramente bene ed è perciò che in questi ultimi tempi la casa della Flaminia si è trasformata in una galleria d’arte moderna; perché all’appello hanno risposto artisti di fama e che si chiamano, per esempio, Guttuso, Salvatori, Turchiaro, Enotrio, Omiccioli, Fantuzzi, Treccani, Maccari, Calabria, Reggiani, Solendo, Ombretta, Caridi, Porzano, Caruso, Brindisi, ecc. Ma Pia non ha fatto affidamento solo sulla generosità degli amici. Ci si è messa d'impegno anche lei a produrre quadri .Quadri fantastici, nel vero senso della parola, che essa dipinge usando conchiglie marine che le arrivano da ogni parte del mondo..." ( Sharo Gambino, Le conchiglie di Pia Miséfari, RAI, Radio Cosenza. Corrispondenza da Serra S. Bruno, 16 novembre 1970)
Bibliografia: Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misefari. La Nuova Italia, 1972 p. 283
Sebbene, attualmente, quella fontana sia in disuso e in degrado, i suoi profondi significati sono stati recentemente ricordati da Jerry Ferrara (cfr. primo brano) durante i due giorni di incontro pubblico sulla figura e sul pensiero di Bruno Misèfari a Cittanova a Villa Academy, nel gennaio 2020, su iniziativa di LYRIKS ( Laboratorio Interdisciplinare di Ricerche Artistiche) con la collaborazione di Accademia Libera Novi Albori, A-Rivista Anarchica e con il patrocinio del Comune di Cittanova. ( cfr. secondo brano)
Brani da commentare: 1) “… Il filo rosso (nero) tesse da sempre le trame e l’ordito delle storie sfilacciate dal potere e mi conduce a una fontana mutilata nel suo gorgo con un tappo a deturpare la sua dignità e a reciderne il flusso… che di Acqua si compra, non si beve! […] Una fontana di memoria e di impegno per l’anarchico di Calabria Bruno Misefari voluta fortemente da Pia Zanolli sua compagna di vita e di pensiero, negli anni ’60, a circa trent’anni dalla morte di Bruno. Un atto d’amore e di lotta, sul confine di Acqua e Anarchia.[…] Un atto dovuto e concreto per provare a tracciare il profilo alto, e urgente da attualizzare, di Bruno Misefari per cercare la "chiave" che riapra l'acqua alla sua fonte a Palizzi ma soprattutto riapra il gorgo dentro di noi. Due giorni di incontro approfondimento e dibattito per/con Bruno, scandito dai canti di terra e di acqua, di festa e di lotta, dei Suonatori Libertari Calabresi Gerardo Vespucci e Felice Campora...."( Jerry Ferrara, Acqua e Anarchia…); 2)" Incontro con BRUNO MISEFARI l'anarchico di Calabria, ingegnere, matematico, poeta, scrittore e antimilitarista (17 gennaio 1892- Roma 12 giugno 1936) con una mostra di documenti inediti [...] Per ricordare un personaggio tanto poliedrico quanto poco conosciuto, è previsto per Sabato 18 Gennaio 2020 alle ore 17:30 presso La Villa Academy a Cittanova (RC), un primo incontro di presentazione rispetto alla realizzazione di un ciclo di conferenze e di una mostra multimediale di carattere divulgativo e culturale, assieme a una copiosa e accurata raccolta di documenti inediti rivolta anche alla sensibilizzazione dei più giovani e delle scuole. L’opportunità prende le mosse da una intensa ricerca culturale per ridare luce alla rilevanza storica del pensiero e delle opere di Bruno Misèfari – l’anarchico di Calabria, grazie alla partecipazione attiva di un gruppo di operatori culturali e studiosi come Antonio Orlando storico e saggista; Pino Vermiglio ricercatore e libertario; Paolo Finzi direttore A rivista anarchica; Gerardo Ferrara giorrnalista e performer; Mimmo Morello musicista polistrumentista; Nino Cannatà regista e scenografo. ( dalla locandina di ” Un incontro con Bruno Misefari, l’anarchico di Calabria”)
PIA E I SUOI LIBRI |
Considerazioni personali: Non riesco a capire l’acredine di Giuseppe Tripodi nei confronti di Pia Zanolli , una donna, che quando uscì la prima edizione de L’anarchico di Calabria, aveva, se non sbaglio, già superato i settant’anni e verso cui mi sembrerebbe scontato mostrare un po’ di rispetto. Possibili sviste, errori, ed eventuali arrotondamenti nel computo dei frequenti, e sovente arbitrari, periodi di detenzione passati dal compagno in carcere, non mi sembrano giustificare l’addebito a Pia Zanolli di “falsificazioni grossolane” , di “alterazioni macroscopiche della verità”, “millanterie”, ecc. La buona fede di Pia Zanolli nel riportare fatti lontani, spesso non vissuti personalmente, e facilmente confondibili è , a mio parere, fuori discussione. D'altronde alcune di queste notizie, ritenute da Tripodi, " non corrispondenti al vero" si sono rivelate, salvo errore da parte mia, "vere". Si pensi, per es. all'esistenza del carcere per militari ad Acireale durante la prima guerra mondiale (negata da Tripodi), all' assenza di Pia e della madre a Zuffenhausen il 7 settembre 1919 (negata da Tripodi), oppure alla presenza di Bruno Misèfari il giorno 6 ottobre 1920 a Taranto (negata da Tripodi) , oppure alla presenza al confino nell'isola di Ponza di Alfonso Failla, il cui articolo su Bruno Misefari confinato a Ponza era riportato integralmente nel libro L'Anarchico di Calabria con la citazione della fonte, da dove era tratta. (cfr. infra post: BRUNO MISEFARI) . Nessuna indignazione, poi, per quanto ne so, suscitò tra i lettori degli anni sessanta e settanta, molti dei quali erano stati duramente perseguitati durante il ventennio fascista, la lettura , nell’Anarchico di Calabria dei rapporti di Bruno Misèfari, strettamente connessi con l'esercizio della sua professione , con il regime fascista ( in particolare con il Ministero dell'Interno) tra la fine degli anni '20 e il 1936, anno della sua morte. Eppure Pia Zanolli Misèfari li aveva onestamente menzionati e , spesso, con ampia diffusione di dettagli, nel suo libro. Oggi, pertanto, stupisce, non poco, che tali rapporti, dopo molti, molti anni dalla loro pubblicazione in L'anarchico di Calabria vengano presentati da Giuseppe Tripodi e dagli entusiasti recensori del suo libro, come una inedita “scoperta”. (cfr. brano)
Brani da commentare: 1) “ Io, fino a che lei ( nota mia: Pia Zanolli Misefari) è stata viva, non ho mai avuto dubbi sulla sua buonafede o sulla rettitudine politica di Bruno. [...] È stato lo studio delle carte di archivio che mi ha portato fuori strada rispetto alla leggenda. È stato difficile, una volta scoperti gli intrecci profondi col regime fascista, superare la delusione emotiva e riprendere il lavoro per portarlo a termine.” ( Intervista di Claudio Cavaliere a Giuseppe Tripodi in Calabria news settembre 2020); 2) "Tripodi, prima di mettere nero su bianco, ha proceduto a un meticoloso studio del fascicolo riguardante Misefari conservato presso il Casellario Politico Centrale dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma, di quello sui Confinati politici a Ponza, presso l’Archivio di Stato di Latina, dei documenti contenuti nel Fondo Bruno Misefari consegnato dalla Zanolli alla “Fondazione Lelio e Lisli Basso ISSOCO” di Roma e di decine di altri documenti sparsi nei vari archivi. Solo dopo tale certosina ricerca ha ritenuto di poter dire la sua sulla vita del “più illustre cittadino di Palizzi. […] Giuseppe Tripodi non ha esitato, da studioso, a correggere le sue valutazioni sulla vita dell’”anarchico di Calabria” e, raccogliendo e pubblicando le carte che, inconfutabilmente, “cantano” la verità, ha prodotto un documento che permetterà, andando a Palizzi, di guardare con occhi nuovi quell’urna di travertino «deposta in un anfratto spalancato nel basalto della rocca sveva, a lato del municipio di fronte alla marina classica del Jonio», il 3 novembre 1973, con sopra incise le parole di una superba epigrafe dettata dallo stesso Misefari «M’è questa notte eterna assai men grave / del dì che mi mostrò viltà di forti / e pecorilità di plebi schiavi. Lungi da qui il pianto sto ben coi morti»." [ nota mia: Mi sembra, se ho capito bene, che sulla scia di Tripodi, anche Giuseppe Antonio Marino ritenga la poesia/epigrafe Nel granito della mia fossa " un documento di rara superbia"(vedi sopra la mia diversa interpretazione)] ( Giuseppe Antonio Marino, Un libro di Giuseppe Tripodi, L’invenzione del …); 3) "Tripodi acumina lo sguardo sulle carte. Evita ogni latinorum e non resta a mezzo con le parole. Anzi: prende di petto (nel corso di un decennio di ricerche) l’intera vicenda, la setaccia e distrugge ogni leggendaria rappresentazione dell’anarchico calabrese. Dà un giudizio non meno severo sia sull’estro imprenditoriale che sul carattere dell’uomo (financo dedicandogli un intrigante “post scriptum psicanalitico) ...." ( Romano Pitaro, Il mito stroncato dell’anarchico Misefari… in Corriere della Calabria, novembre 2020) ; 4) "Come nella precedente produzione, anche in questo caso Tripodi fa i conti con la sua storia personale, con la sua biografia. La separazione dal mito Misefari non gli deve essere stata facile e piacevole avendo a suo tempo frequentato e conosciuto direttamente alcuni di quei personaggi che hanno contribuito più di tutti a creare l’immagine “dell’anarchico ribelle”, la moglie Pia Zanolli ed il fratello Enzo Misefari, restandone esso stesso abbagliato com’è evidente in molte citazioni sparse nella sua produzione antecedente. Forse anche per questo il dettaglio apparentemente più minuto della breve vita di Bruno Misefari viene nel libro sottoposto a verifica con l’obiettivo di separare i fatti dalla mitologia e restituire così una biografia autentica che forse qualcuno avrà difficoltà ad accettare ma che, alla luce dell’imponente e inedita documentazione esibita, risulterà difficile contestare, soprattutto per quanto concerne i rapporti col fascismo ed alcuni suoi personaggi. ...". ( Claudio Cavaliere, Il rimbalzo interrotto e lo smantellamento del mito ….. in Corriere della Calabria, luglio 2020)
Bibliografia : Primo brano in Intervista di Claudio Cavaliere a Giuseppe Tripodi che con “L’invenzione del ribelle” svela il “vero” Bruno Misefari 2 Settembre 2020 in https://www.calabrianews.it/intervista-a-giuseppe-tripodi-che-con-linvenzione-del-ribelle-svela-il-vero-bruno-mise]fari/ . Secondo brano in Giuseppe Antonio Martino , recensione al libro di Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle . vita tortuosa di Bruno Misefari 1892-1936 cosiddetto anarchico di Calabria …in https://vengodalsud.wordpress.com/2020/09/02/un-libro-di-giuseppe- tripodi-linvenzione-del-ribelle-vita-tortuosa-di-bruno-misefari-1892-1936-cosiddetto-anarchico-di-calabria/ . Terzo brano in Romano Pitaro, Il mito stroncato dell’anarchico Misefari in https://www.corrieredellacalabria.it/2020/11/18/il-mito-stroncato-dellanarchico-misefari/Il corriere di Calabria,; Quarto brano in Claudio Cavaliere, Il rimbalzo interrotto e lo smantellamento del mito in Corriere della Calabria il 25- luglio, 2020, in https://www.corrieredellacalabria.it/2020/07/25/il-rimbalzo-interrotto-e-lo-smantellamento-del-mito/
Per fare maggiore luce sull’argomento, passo in rassegna le principali di tali presunte ”compromissioni palesi” con i fascisti, così come le ha registrate Pia Zanolli Misèfari , confrontandole, con occhi non tortuosi, con la documentazione reperita da Tripodi “ nel corso di un decennio di ricerche certosine” negli Archivi di Stato, raccolta nel libro L’invenzione del ribelle in una appendice con il fuorviante e fatuo titolo “Segretario Galante col Regime Fascista". Considerazione personale: Le motivazioni di Bruno Misefari nel proporre a Michele Bianchi il suo progetto di introdurre in Calabria una razionale pianificazione industriale, allegando, tra l'altro , una preziosa ricerca sul "sottosuolo calabrese e i suoi minerali sfruttabili" mi sembrano analoghe a quelle che spinsero, circa trent'anni dopo, Pia Misefari , nonostante la sua diffidenza nei confronti della neo-costituita Repubblica Italiana, a inviare al Nucleo del Consorzio per la industrializzazione della Calabria, la relazione tecnica " Tesori minerari ignorati del sottosuolo calabrese". Queste importanti offerte di dati geologici locali , in gran parte ancora sconosciuti, avevano, a mio parere, come principale motivazione il condiviso "amore verso la Calabria" di Bruno e Pia Misefari. (cfr. vedi sopra)
Nell’ Anarchico di Calabria, op. cit. p. 221 , Pia Zanolli fa seguire alla richiesta di udienza una lettera intitolata La società vetraria e la persecuzione contro il suo dirigente , scritta, in terza persona da Bruno Misèfari, Villa S. Giovanni , 1° ottobre 1928/VI , dove, invece, rivendicava, "senza chiedere onori o cariche", il diritto di potere esercitare tranquillamente la propria attività professionale ostacolata ininterrottamente da calunnie e diffamazioni anonime messe in circolazione da concorrenti sleali. E’ da notare che questa lettera si trova anche nel libro di Enzo Misèfari , Bruno biografia di un fratello…, op. cit. pp. 114-115. Ritengo probabile , anche se non ci sono precisazioni a riguardo, che il destinatario della lettera fosse anche in questo caso Michele Bianchi, in quanto l’ autorità competente a cui rivolgersi per problemi concernenti l'ordine pubblico era proprio il sottosegretario del Ministero dell’Interno in carica. Durante l’incontro Michele Bianchi si rivolse con furia contro Bruno Misèfari , insultandolo ripetutamente, e ordinandone l’ espulsione da Roma , a cui seguì il coatto trasferimento sotto scorta di due agenti in Calabria. Secondo Pia Zanolli Miséfari ( cfr. L’anarchico di Calabria op. cit. p. 222 e Enzo Misèfari ( Bruno. Biografia di un… , op. cit. p. 115) gli insulti che Michele Bianchi usò contro Bruno Misèfari erano quelli solitamente diffusi contro di lui da un noto calunniatore di Bruno, Francesco Sottilaro ( nota mia: nel libro di Tripodi: Sottillaro), che fu infine denunziato per diffamazione e morì , dopo due anni di detenzione preventiva, nell’ottobre 1931 in carcere. Mi sembra che non si possa escludere l'ipotesi avanzata da Pia Zanolli che, prima dell'incontro tra Bruno Misèfari e il sottosegretario del Ministero dell'Interno, " qualche autorità fascista", collusa con Sottilaro, avesse influenzato negativamente Michele Bianchi diffondendo le maldicenze di quel calunniatore. Bisogna notare, infine, che la lettera di rimostranze di Bruno Misèfari per i continui intralci alla sua attività professionale non è menzionata nel libro di Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle ..., op. cit. .
- Lettera di Bruno Misèfari a Sua Eccellenza (S.E.) Benito Mussolini del 13
giugno 1929 in cui Misèfari per superare gli ostacoli che la polizia avrebbe certamente frapposto per la sua "qualità di anarchico ", richiedeva direttamente al duce il rilascio del passaporto per visitare
alcune fabbriche industriali tedesche
già esperte nel settore della lavorazione del vetro da molti anni. Il testo integrale della lettera
si trova in Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria , op.cit. pp. 225 e 226 ,
ove tra l’altro si dice che Bruno ottenne il passaporto. La
lettera scritta da Bruno Misèfari a Benito Mussolini il 13 giugno 1929, è
riportata integralmente anche da Giuseppe Tripodi in L’invenzione del
ribelle, op. cit. pp. 267 -268, p. 142 e
p. 324 , dove Tripodi nell' appendice documentaria mostra una fotocopia della
lettera originale , in cui la parola “nulla osta” ,
con la quale il duce autorizzava il
rilascio del passaporto era sottolineata , "quasi sicuramente di pugno di Mussolini
, con la punta rossa di matita rosso-blu", con sotto tre punti esclamativi. Il significato
di quei punti esclamativi mi è ignoto,
ma, a mio parere, non promettevano niente di buono.
Secondo Tripodi , L’invenzione del ribelle op. cit. p. 143, Bruno Misèfari , se ho capito bene, non ritirò il
passaporto rilasciato da Mussolini. Si deve inoltre notare che , alcuni mesi dopo , Pia Zanolli (dal 28 dicembre 1929) e Bruno Misèfari ( dal 1 gennaio al 13 gennaio 1930) passarono il periodo di celebrazione delle nozze di Umberto di Savoia e di Maria Josè in carcere in quanto ritenuti "pericolosi", cfr. Pia Zanolli Misèfari, L'anarchico di Calabria..., op. cit . p. 233 ( si veda brano citato infra questo post) .
Relazione di Misèfari senza
data ( scritta probabilmente tra il 1930 e
il 1931) indirizzata a Sua Eccellenza (S.E.) Benito Mussolini : In questa relazione ( cfr. Pia Zanolli Misèfari, L’anarchico di
Calabria, op. cit. pp. 234-238 ) Misèfari elencò tutta una serie di gravi restrizioni a lui imposte dalle autorità che
lo discriminavano pesantemente nella sua attività professionale. Tra esse: l’espulsione da Roma, dove pur lo attendevano affari
professionali importanti; l’ordine di non uscire fuori residenza senza previo
avviso alle autorità di P. S.; la
rigorosa sorveglianza poliziesca a cui era sottoposto che inesorabilmente
allontanava possibili committenti al fare affari con lui. Inoltre quali
indizi di una nuova incombente “
tempesta che si stava addensando sul suo capo” erano elencati: la sospensione dall’albo degli ingegneri senza
giustificato motivo; il sequestro di una carta di autorizzazione ferroviaria
avvenuto qualche giorno dopo il rilascio; un recente rincrudimento nella
sorveglianza da parte della polizia; le
manovre oscure, agenti
contro di lui all’interno stesso della Società Vetraria su particolare iniziativa dell' amministratore delegato Nicola Siles . L' ex deputato popolare, Siles era, tra l'altro, secondo una nota del prefetto di Reggio Calabria del 7-11-1927, "attualmente presidente dell'Associazione Industriali Fascisti" . (cfr. Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle..., op. cit. p. 128) . Mussolini non rispose a
questa relazione. La rivendicazione di
Misèfari dei propri diritti
calpestati non dovette essere
gradita al duce, che di quella
situazione era, in gran parte, il massimo responsabile. Le pesanti misure restrittive all' attività professionale di Misefari, inflitte da più fronti, ma tutte, incluso l'istituto della diffida, riconducibili al regime fascista, mi sembrano azioni volte, più o meno intenzionalmente, a preparare una sua finale condanna al confino , che difatti non tardò. Bastava un pretesto ed esso si presentò con la morte di Giuseppe Zagarella. (cfr. post: BRUNO MISEFARI) . Questa lettera di Misefari a Benito Mussolini non è citata nel libro di
Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle.... , ma, vi è, comunque, nelle pagine 143-144-145, un riferimento, con espressioni pressoché simili a quelle usate da Misèfari nella relazione a Mussolini, all' addensarsi, nella seconda metà dell'anno 1930, "sul capo di Bruno ulteriori e consistenti nubi repressive", come per esempio la crisi all'interno della Società Vetraria Calabrese e l'inasprimento delle misure poliziesche contro Bruno Misèfari , tra cui la revoca dell'abbonamento ferroviario e l'inclusione nell'elenco degli anarchici pericolosi. (cfr. post : BRUNO MISEFARI)
Nota
mia: Dopo questa lettera, Misèfari per le sue rimostranze, per quanto ne so, non scrisse più direttamente a Benito Mussolini, ma, in modo apparentementente meno personalizzato, all' "On. Ministero dell'Interno. Mi piacerebbe sapere da qualcuno esperto di ministerialismo
fascista se esisteva una
differenza intestando la lettera " A S. E. BENITO MUSSOLINI " oppure a "ON. MINISTERO DELL' INTERNO" o se esse erano del tutto equivalenti.
-Ricorso di Bruno Miséfari all’On. Commissione di Appello per l’assegnazione al Confino di Polizia. Ministero dell’Interno, Roma. Dal carcere di Reggio Calabria il”4. 4. 1931. Ne esistono due versioni differenti tra loro. Una, citata da Pia Zanolli Misèfari, L’anarchico di Calabria,op.cit. pp. 244-245 , in cui, Bruno Misèfari nel ricorso alla Commissione d'Appello, scritto dal carcere di Reggio Calabria il 24.4.1931, in attesa di essere inviato al Confino, affermava come "pur conservando "pura nell'anima la propria fede di libertario“ esplicava " da oltre cinque anni la sola attività professionale, e particolarmente mineraria" . E tale affermazione, in cui il suo anarchismo era tutt'altro che abiurato, non era certo idonea, come è facile da immaginare, ad accattivarsi la benevolenza degli inquisitori fascisti. Nella chiusa finale, infine, si dichiarò convinto che i giudici, condannandolo al confino, stavano realizzando per "un eccesso di esagerato zelo" "la minaccia" , più volte, rivolta contro di lui "dai “pezzi grossi” della Soc. Vetraria," di cui era direttore ". Mi sembra trasparire qui l'implicito sospetto di Misèfari di una collusione della Commissione ( o parte di essa) con i suoi avversari all'interno della Società Vetraria. Egualmente Enzo Misèfari nel suo libro ” Bruno. Biografia di un fratello , op. cit. p. 122-123 dopo avere accennato alle manovre di parte del Consiglio di amministrazione della Società vetraria calabrese per eliminare Bruno Misèfari “ ricorrendo anche ad espedienti politici”, concludeva il suo commento al ricorso scritto dal fratello con le seguenti parole: " Nel ricorso il Miséfari ( nota mia: Bruno) pose l'accento su tali circostanze come reali cause della sua assegnazione al confino e affermò di essersi da lungo tempo appartato dalla politica pur mantenendo inalterati i suoi convincimenti". Mi piacerebbe potere un giorno leggere l’articolo anonimo uscito il 21 dicembre 1933 dal titolo Politica e affarismo. Il caso di un ingegnere libertario, in cui “ Giustizia e Libertà”, se ho capito bene, attribuiva alle manovre di Nicola Siles e di altri azionisti della Società Vetraria Calabrese il provvedimento del confino nei confronti di Misèfari.
Nota mia: Non ho trovato questo articolo né nel
settimanale La Libertà giornale della Concentrazione antifascista
(1927-1934) né nei Quaderni di
Giustizia e Libertà (1932- 1935). In
nessuno degli elenchi di queste due
riviste sfogliabili, che ho rintracciato su Intenet, (https://www.bibliotecaginobianco.it/?e=flip&id=83
e https://www.bibliotecaginobianco.it/?e=flip&id=69)
è incluso il fascicolo del dicembre 1933.
L’altra versione del ricorso è stata reperita da Giuseppe Tripodi” nell' Archivio Stato di Latina, Confinati politici Ponza, busta109. fasc.9: copia trascritta delle note difensive. Di essa Tripodi cita solo alcuni frammenti che si distinguono per il contenuto difensivo "minimizzante" e per “ la captatio benevolentiae finale” ( cfr. Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle... op. cit. p. 151 e nota n. 7 ) . E' da notare che Giuseppe Tripodi non menziona, anche se soltanto per contestarla, la versione del ricorso di Misèfari citata da Pia Zanolli nel libro L’anarchico di Calabria, op.cit. sebbene fosse stata pubblicata molti anni prima della versione scoperta nell'archivio di Latina.
Lettera di Bruno Misèfari il 31 maggio 1934 indirizzata all’ On. Ministero dell’Interno . Questa lettera non si trova nel libro di Pia Zanolli, L’anarchico di Calabria, ma solo in Giuseppe Tripodi L’invenzione del ribelle, op.cit. pp. 273-275. Comunque il contenuto non si differenzia dalle lettere precedenti. Si tratta anche qui di una rimostranza contro i reiterati ostacoli frapposti da più fronti alla sua attività professionale. In particolare Misèfari denuncia le dannose interferenze mosse contro di lui dalla Società Vetraria Francese, "Saint Gobain", detentrice del "monopolio dell' importazione dei silicati in Italia" , giovandosi dell’appoggio indiretto delle complici autorità giudiziarie italiane ( in particolare della Corte di Cassazione) e della persistenza dell’ opera di calunniatori e diffamatori , tra cui , " il più pericoloso" era Placido Corigliano. ( Su questo losco personaggio, cfr. Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle, op.cit. pp. 169-173 ).
- Relazione di Giuseppe Consolo, ispettore del Capo della polizia Arturo Bocchini, sull’ industria di Davoli e sulla controversia Misèfari-Corigliano. 4 luglio 1934 (CPC).
Si tratta di un documento , trovato da Giuseppe Tripodi, consultando il Casellario Politico Centrale e pubblicato in L'invenzione del ribelle, op.cit. pp.276-287. Esso non era, tuttavia, del tutto sconosciuto, in quanto Enzo Misèfari aveva riassunto e commentato il suo contenuto nel libro Bruno. Biografia di un ... op. cit. pp. 135-136, pubblicato nel 1989, dalla casa editrice anarchica, Zero in Condotta. Questa indagine ministeriale, affidata all’ispettore Giuseppe Consolo, sotto la supervisione, se ho capito bene, del capo della polizia, Arturo Bocchini, si distinse nel ricostruire, in modo estremamente dettagliato, la storia delle ricerche minerarie di Bruno Misèfari , iniziate nel 1926 , sfruttando "le ricchezze del sottosuolo calabrese" per giungere, infine, agli ultimi importanti risultati ottenuti nella zona di Davoli, esposti alla II Mostra Nazionale di Strumenti Ottici a Firenze dal 20 maggio al 20 giugno 1934. (cfr. Pia Zanolli Misefari, L'anarchico di Calabria... pp. 266-267, Enzo Misèfari, Bruno ritratto di un ..., op. cit. pp 135-136 e Giuseppe Tripodi, L'invenzione del ribelle, op. cit. p. 177, 207 e 241). Speciale attenzione nella relazione dell'ispettore Consolo fu, poi, riservata alle “insinuazioni calunniose e malevolenze” di Placido Corigliano a danno di Misèfari. Dopo l'inchiesta, Corigliano fu condannato per calunnie e diffamazione al confino, ma non ne fece neanche un giorno, perché la Commissione Provinciale per l'assegnazione al confino di polizia sospese il provvedimento per non gettare discredito sull’autorevole famiglia della moglie con ben due parenti, colonnelli. (cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle op, cit. pp. 182-183 ). Per quanto riguardava, invece, "le oscure vie" praticate dalla "Saint Gobain" denunciate da Misèfari l'inchiesta le ritenne possibili, ma non perseguibili per la mancanza di "elementi positivi di conferma" . Su questa cauta decisione influirono, probabilmente, data la posizione di netto predominio di questa ditta francese all'interno della produzione vetraria italiana, anche le connivenze "in alto-loco" , che non mancavano alla "Saint Gobain" sia in ambito industriale che politico e giudiziario (vedi sopra). In questa relazione si affrontava, anche, il problema dell' anarchismo di Bruno Misèfari, che pur se non veniva negato, era presentato entro una prospettiva " ispirata ad ideologie tolstoiane di fratellanza umana e di riprovazione degli egoismi", che certamente Misèfari condivideva, già dai tempi della sua frequentazione, in Svizzera, della famiglia Zanolli, ma che, comunque, non esprimevano totalmente le aspirazioni libertarie e rivoluzionarie del suo pensiero, come d'altronde la polizia italiana ben sapeva. ( Nota mia : non sono ancora riuscito a consultare, e forse non ci riuscirò mai se qualcuno non mi aiuta, l'articolo di Antonio Orlando, La corrispondenza di Errico Malatesta e Bruno Misefari in La Città del Sole n. 9 settembre 1998 ) . Anche il riferimento all’ influenza su Misèfari di un sindacalismo rivoluzionario di fonte corridoniana non rifletteva a pieno la realtà. Infatti già dal 1914 Bruno Misèfari non condivise la scelta interventista di Filippo Corridoni, (1887-1915) anzi seguì, poi, quella totalmente opposta della diserzione. Le idee e il passato rivoluzionario di Miséfari passavano, a mio parere, in seconda linea rispetto alla finalità primaria dell'inchiesta e cioè l'accertamento della colpevolezza del Corigliano, che Misèfari aveva denunciato , sulla base di fondate imputazioni, al ministero dell' Interno nella lettera del 31 maggio 1934 (vedi sopra) seguita, se ho capito bene, da un "esposto al ministero del 2 giugno 1934" , (cfr. Giuseppe Tripodi in L’invenzione del ribelle op, cit. p. 179 ). A mio parere, contarono, anche, per il rapido avvio dell'indagine, probabili sollecitazioni del commendatore Beniamino Chiaravalloti e di alcuni altri sodali della "Società Davoli", ai quali gli ostacoli frapposti, da più fronti, all'attività professionale di Bruno Misèfari, nuocevano, in modo sensibile, economicamente. Nel libro, L’anarchico di Calabria op.cit. p. 275, Pia Zanolli , fornisce una versione positiva degli interventi di Beniamino Chiaravallotti a favore di Bruno: " Egli ( nota mia: Chiaravallotti) non ha solo interessi personali, vuole contribuire, soprattutto, a far fiorire l'agonizzante industria. E' intelligente e buono, conosce a fondo uomini e cose, quindi sente il dovere di mettersi a fianco di questo ingegnere, disgraziato e, per di più, perseguitato ingiustamente." La giovane donna, tuttavia, non poté che constatare amaramente come lo stesso giorno dell’annuncio della fase terminale della malattia di Bruno, la "Società Davoli”, comunicò a Bruno il suo licenziamento. (Pia Zanolli Misefari, L’anarchico di Calabria op.cit. p. 279) . L’esito sostanzialmente favorevole dell’inchiesta nei confronti di Bruno Misèfari, è definito da Tripodi come " la ricompensa dell'abiurante". Secondo me, invece, almeno per quanto riguardava "l'opera nefasta" del Corigliano, a cui , seppure tardivamente, si poneva una meritata fine, può considerarsi, come un atto di dovuta ed elementare giustizia in aperto contrasto con l'ingiustizia predominante diffusa nel ventennio fascista, che, poi, si manifestò, vistosamente, da lì a poco, con la revoca del provvedimento di confino del Corigliano. (vedi sopra). Lo stesso Tripodi ( in L'invenzione del ribelle, op. cit. p.182) nota, con disapprovazione, la disparità di comportamento della Commissione Provinciale per l'assegnazione al confino di polizia : assolutoria, di fatto, nei confronti del calunniatore Corigliano e "spietata" , verso Misèfari. E' , da notare, inoltre, che il, presunto più che effettivo, risultato positivo dell'inchiesta dell'ispettore Consolo, fu, comunque, effimero in quanto non impedì il proseguimento della vigilanza poliziesca ( cfr. post BRUNO MISEFARI) né il sorgere di una nuova pesante controversia industriale-finanziaria tra Bruno Misèfari e il suo socio e finanziatore svizzero, Nino Spinner.
-Vertenza stragiudiziale Spinner -Misefari
Sulla controversa questione sorta tra Bruno Misefari e John Spinner rinvio, per un primo approccio con l’argomento, a quanto scrisse Pia Zanolli nelle pagine del libro, “ L’anarchico di Calabria ... ) :
- In un momento molto difficile sia politicamente, economicamente e anche fisicamente di Bruno Misefari, appena tornato dal confine (cfr. post: BRUNO MISEFARI), Pia Misefari riuscì ad ottenere, per gli scavi di Davoli, un sovvenzionamento da un suo ricco amico svizzero, Jonh Spinner dando come garanzia se stessa come erede universale di Bruno (cfr. Lettera di Pia Zanolli Misefari a Bruno, Reggio, 20 gennaio 1933 in L’anarchico di Calabria p. 261) – Nell’ affare si inserì , da lì a poco, anche il benestante Bellarmino Chiaravallotti (cfr. Lettera di Bruno Misefari a Pia da Catanzaro, 8 aprile 1933 in L’anarchico di Calabria p. 264 ) – Richiesta di Bruno Misefari a John Spinner di un ulteriore aiuto finanziario “per non essere battuti dalla concorrenza francese”. ( cfr. lettera di Bruno Misèfari a Lea Zanolli da Davoli il 18 marzo 1934) - Inizio , durante l'estate del 1934 dell' incrinatura dei rapporti solidali tra Spinner e Misèfari e primi interrogativi sui motivi del mutato comportamento dell'industriale svizzero (cfr. riflessioni di Pia Zanolli Misefari in L’anarchico di Calabria p. 267 ) - Conferma della rottura rivelatasi , poi, definitiva e sempre più conflittuale, del rapporto tra i due soci ( ricordi di Pia Zanolli cfr. p. 269 e le lettere da Roma di Bruno Misefari a Pia Zanolli del 6 gennaio 1935 e del 9 marzo 1935 in L’anarchico di Calabria, pp. 270-271) - Accenno al risvolto giuridico della rottura di quel rapporto tramite gli interventi a favore dello Spinner dell'avvocato svizzero Bernardo Greuter e del suo "gruppetto" di avvocati e di consulenti vari, senza però entrare nel merito ( cfr. Lettera di Bruno Misefari a Pia del 15 marzo 1935 in L’anarchico di Calabria, p. 272) – Da notare, comunque, che non era del tutto esclusa la possibilità di trovare un accordo con Spinner ( Lettera di Bruno Misefari a Pia del 7 luglio 1935 in L’anarchico di Calabria, p. 273) . Nel libro L’invenzione del ribelle…, op. cit. pp. 185-199 e pp. 299-315, Giuseppe Tripodi si sofferma minuziosamente sulla vertenza Misèfari - Spinner entro una prospettiva decisamente parziale come si desume già dal titolo del capitolo : John Spinner come Pinocchio: anatomia di una truffa. Pur non volendomi addentrare su questo argomento, mi sembra, sia, comunque, da notare, una certa discrepanza tra il Parere giuridico sulla situazione dell'azienda ing. Misefari in Davoli dell'avv. Paserio e la Lettera dell'avv. Paserio al Capo della Polizia Arturo Bocchini del 27 gennaio 1935. Nel Parere giuridico..., l'avv. Enrico Paserio, rappresentante italiano dell'avv. svizzero Greuter, mi sembra più orientato a trovare un compromesso con la parte avversa ( Misèfari e Chiaravalloti) avendo escluso, se ho capito bene, la responsabilità legale di Misèfari, " per sua colpa, dolo o abuso di facoltà ", nei confronti di Spinner , o quantomeno ritenendola legalmente contestabile da parte di Misefari " avanti al tribunale". ( cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…, op. cit. pp. 300-302). Diverso è invece quanto traspare dalla Lettera dell' avv. Paserio al Capo della Polizia..., dal contenuto assai più denigratorio nei confronti dell' avversario, che , però, per comprendere bene, dovrebbe essere raffrontata con un memoriale di Misefari, concordato con il Chiaravalloti, in cui erano lo Spinner e i suoi avvocati ad essere accusati "di manovre per stroncare l'industria del quarzo della Calabria" tramite " loschi intrighi e palesi minacce". Di questo documento consegnato al Capo della Polizia il 22 gennaio 1935 da inoltrare a Mussolini e poi , senza autorizzazione, comunicato , appena qualche giorno dopo, da qualcuno, se ho capito bene, agente all'interno della Pubblica Sicurezza, rimasto sconosciuto, agli avvocati Del Vecchio e Paserio, non si conosce, sinora, a detta di Tripodi, che fine abbia fatto. Rimane, comunque, l'indignata lettera del comm. Chiaravalloti al Capo della Polizia in cui si denunciava come " gravissimo fatto" che un "documento d'ufficio" ( il memoriale di Misefari) fosse stato trasmesso indebitamente ai suoi avversari. ( cfr. Giuseppe Tripodi, L’invenzione del ribelle…, op. cit. pp. 196-198). Non risulta chiaro, poi, dalla lettura delle fonti di cui dispongo, come si concluse quella vertenza, ma, mi sembra che il confronto in tribunale che era stato annunciato per il 13 febbraio 1935 non ebbe luogo . Nel luglio 1935, quando si costituì la nuova “ Davoli” Società Anonima Sfruttamento Silicati Italiani “SASSI” , Spinner non ne volle far parte e secondo Pia Zanolli influì, probabilmente, su questa sua decisione, così come già prima sulla rottura del rapporto dello Spinner con Misèfari, il potente trust vetrario del Nord, la "Saint Gobain", (nota mia: credo che ad essa si riferisca Pia Zanolli con l'espressione "i francesi" con il loro "trust") ostile, in quegli anni, alla diffusione di autonome "industrie della silice calabrese" . (cfr. Riflessioni finali di Pia Zanolli Misefari, in L'anarchico di Calabria..., op.cit. p. 275). L’ ipotesi di un legame tra il finanziatore Spinner e la Saint Gobain è sostenuta anche da Enzo Misefari, nel suo libro, Bruno biografia di un fratello, op. cit.p. 137).
Conclusione: A partire dall’ ascesa al potere del fascismo mi sembra che risulti evidente come in un crescendo progressivo del consolidarsi del regime fascista Bruno Misèfari, dovendo rinunciare a un’ attività politica alla luce del sole, si sia sempre più impegnato in una resistenza, per quanto possibile, attiva contro l’opprimente incombenza quotidiana poliziesca nella sua vita privata e professionale e contro i suoi avversari, che egli chiama "camorristi ammantati di industrialismo" che lo volevano defraudare del suo "annoso lavoro" di appassionato scopritore di giacimenti minerari e di direttore tecnico degli scavi. Il suo stato d'animo è ben espresso in una lettera a Pia non molto tempo prima di morire. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ ... Sono stanco , ma non domo. Ho la febbre della lotta. Mi duole solo che debba sprecare le mie energie per questioni in cui non c’è luce d’ ideale. Ma debbo sprecarle, per conservazione e per istinto guerriero…” ( Lettera di Bruno Misèfari a Pia il 15 marzo 1935, Roma)
Bibliografia: Pia Zanolli Misèfari, L’anarchico di Calabria. La grande esperienza di una vita intera con Bruno Misèfari. La Nuova Italia, 1972 p. 272
NOTA: Queste mie considerazioni personali sulla vita di Bruno e Pia Misèfari e in particolare sugli anni da loro vissuti, in Italia, durante la dittatura fascista sono state motivate anche dalle riflessioni, di Natale Musarra nell’ articolo pubblicato Un servizio al buon Misefari pubblicato su Umanità Nova il 17 aprile 2021. Anche io, come lui, sono del parere che non sia bene seguire “ la strada del silenzio” nei confronti “di chi getta fango sulla nostra storia e sui nostri più sperimentati militanti”. Mi ha fatto riflettere anche l’osservazione di Tripodi su chi come me non ha ancora capito “ cosa significa scrivere storia anche attraverso i documenti” . Ammetto che quanto ho scritto in questo blog su Bruno Misefari e Pia Zanolli Misefari è stato dettato, oltre che dalla ricerca, per quanto mi è stato possibile, della "verità storica", dall’ empatia che provo nei loro confronti e per le loro esperienze di vita. Questo d’altronde vale per ogni anarchic*, che ho inserito in “cretastorie”.
Lo stesso tipo, più o meno, di empatia, che Giuseppe Tripodi, nel suo scritto autobiografico, Minima personalia, mi sembra provare nei confronti dello stalinista Vittorio Vidali, noto, tra l’ altro, per le sue ingiuriose calunnie contro gli anarchici. (cfr. brano da commentare):Brano da commentare: “ E, a proposito di impegno politico di quel periodo, non posso non ricordare la commossa stretta della mano mutilata di Vittorio Vidali, comandante delle Brigate Internazionali nella guerra civile spagnola, nella conferenza veneziana sul significato della Resistenza cui io e Maria ci eravamo presentati dopo un’ abbondante colazione a base di cannoli siciliani.” (Giuseppe Tripodi, Minima Personalia…)
Bibliografia: Giuseppe Tripodi, Minima Personalia in “Annali del Liceo Classico Amedeo di Savoia”, XXIII- 2010 p. 33 in http://www.liceoclassicotivoli.eu/Liceo_resources/pubblicazioni/ALCAST_2010.pdf ) .
Sulle “falsità di ogni genere, bluffismo smaccato e dimenticanze interessate “ di Vittorio Vidali sul comportamento degli anarchici durante la rivoluzione sociale spagnola, cfr. in questo blog, PIO TURRONI infra post VOLONTARI ANARCHICI ITALIANI IN SPAGNA (1).
Concludo ricordando la promozione del libro di Tripodi, in importanti sedi politiche e culturali calabresi , con il sostegno, se ho capito bene, anche dell' ANPI provinciale :
REGGIO CALABRIA
Martedì 1 settembre 2020 alle ore 21, 15 allo Spazio Open la presentazione, in prima nazionale, del libro di Giuseppe Tripodi, “L’invenzione ribelle Vita tortuosa di Bruno Misefari (1892-1936), cosiddetto «anarchico di Calabria» Città del Sole Edizioni”. Interventi di Claudio Cavaliere, sociologo e scrittore, Sandro Vitale, presidente ANPI provinciale, Franco Arcidiaco editore e l’autore.
LAMEZIA TERME"L'invenzione del ribelle, Vita tortuosa di Bruno Misefari cosiddetto ‘anarchico di Calabria” di Giuseppe Tripodi, Città del sole edizioni sarà presentato il 18 marzo 2022 presso la Libreria Tavella. L’ incontro è promosso dal Civico Trame in collaborazione con la Libreria Tavella, Sistema Bibliotecario e Cuore Cantastorie. Moderatore: Claudio Cavaliere. Interventi di Laura Provenzano e Franco Arcidiaco. Francesca Prestia canta "Calabria di lotta e di anarchia in tre ballate".
NOTA: Mi chiedo se ci sia davvero da essere fieri da parte degli organizzatori di questi incontri per la loro ripetuta azione di discredito messa in atto contro Bruno Misefari e ancor più contro la sua compagna Pia Zanolli sulla base di una lettura, quella sì veramente tortuosa, di documenti, per la maggior parte, tutt’altro che inediti prima delle cosiddette "scoperte" di Tripodi.
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