CIANCABILLA GIUSEPPE (1871-1904) giornalista, socialista
democratico e poi anarchico. Diciottenne combatté valorosamente nella “Compagnia della morte”, comandata da
Amilcare Cipriani nella guerra greco-turca del 1897 . Famose, durante
quell’impresa, furono le sue corrispondenze di guerra sul giornale socialista,
Avanti ! ( cfr. infra post AMILCARE CIPRIANI) , che
si distinguevano , dalle altre contemporanee, per il loro contenuto più rivoluzionario che militare. Negli ultimi
articoli, scritti, ancora, in suolo greco, Ciancabilla tracciò, infine, una suggestiva
e disincantata interpretazione di quella
spedizione, ormai giunta al termine dopo
la cruenta battaglia di Domokos. (cfr. brani)
Brano da commentare: 1) “ …. Il
governo italiano e i partiti conservatori in genere si sono compiaciuti per
l’eroismo di mostrato dai nostri e per il “prestigio” e l’ “onore” rilevati e messi in
commercio. E sta bene. Ma poche eccezioni fatte, i volontari italiani […) appartengono in Italia, chi materialmente
e chi moralmente, a quella categoria che si è convenuto di chiamare degli
spostati. Erano, in certo qual modo [non tutti, ripetiamo] i banditi dalla
società, e perciò i ribelli, anche incoscienti. Erano il frutto della
costituzione sociale presente e della pessima organizzazione politica ed
economica dell’Italia. Anelanti alla libertà per la libertà combatterono,
alcuni morirono. … “ ( Giuseppe Ciancabilla, Il sacrifizio sull’ Avanti! del 21 maggio 1897) ; 2) “ Le camicie rosse, son dunque partite. O meglio sono state
congedate. E forse meglio sono state cacciate. Dopo la prova di Domoko [sic]
visto che i greci ci scapitavano al
paragone, il governo si affrettò a rinviare i garibaldini senza nemmeno dar
loro gli otto giorni come alle serve infedeli. […] Che il governo greco abbia
avuto paura ch’essi diffondessero un po’ di coraggio e di valore e di ardimento
fra questo popolo divoratore di agnelli? No, altra è la paura del governo e del
re. Essi temono la rivoluzione. Mai parola così terribile suona ora così comica
e così ridicola in bocca di questa gente. E’ il bis della parola guerra . Anche quella terribile espressione fu
sciupata per mesi e mesi per ottenere una pace vergognosa […] Eppure il governo
ed il re hanno una paura matta. …..” ( Giuseppe Ciancabilla, Lettera dalla Grecia, sull’ Avanti ! del 5 giugno 1897)
Bibliografia: in Eva
Cecchinato, Camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla grande guerra,
Editori Laterza, 2007. Primo brano a p. 259 e secondo brano a p. 260 . Sugli
anarchici garibaldini nella guerra greco-turca del 1897, cfr. anche Maurizio
Antonioli, Sentinelle perdute. Gli anarchici, la morte , la guerra, Edizioni BFS 2009 pp. 23-39
Tornato in Italia, il socialista Ciancabilla divenne sempre più critico di fronte alla politica opportunista ed elettorale , proclamata durante il Congresso di Bologna del partito socialista democratico (P.S.I.) e dopo avere, come giornalista, intervistato, nell’ottobre del 1897, sempre per conto dell’ Avanti !, Errico Malatesta, appena rientrato in Italia clandestinamente, aderì all’ anarchismo. (cfr. brano)
Brano da commentare “… Il
congresso di Bologna, composto nella sua maggioranza di aspiranti, più o
meno prossimi o remoti, alla deputazione e al consiglierato, i più borghesi che
facevano sfoggio di discutibile abilità oratoria, il resto operai imborghesiti,
goffi mestieranti della politica, non meno degli altri ambiziosi, tutti
candidati del passato, del presente e del futuro, riaffermò , per quanto
attenuato, il concetto dell’azione del proletariato socialista. Sortii da quel congresso
disgustato, e non esitai a rendere pubblica la mia impressione sfavorevole.
Vidi poco dopo Errico Malatesta, e all’espressione stringente del programma
socialista-anarchico, io m’intesi ritemprato e come rinforzato in quel bagno di
luce serena. Quel programma lo resi pubblico in un’intervista sull’ Avanti! La
concezione socialista-anarchica, senza ambizioni, senza aspirazioni
autoritarie, senza mistificazioni, senza transazioni acquietò l’animo mio
disgustato e sfiduciato. L’ultimo colpo era, dato, le ultime esitazioni vinte
[…] Le mie aspirazioni eternamente ribelli e insofferenti di giogo, hanno
trovato nell’anarchia il loro cielo e il loro acquietamento. “ ( Giuseppe
Ciancabilla, Una dichiarazione, scritta a Zurigo 24 ottobre 1897 e poi
pubblicata su L’ Agitazione il 4 novembre 1897)
Bibliografia: Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di
Lima , Gratis, 2012 p. 31. Cfr. anche
Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli.
Samizdat 1997 pp. 19-20
Dopo l’intervista a Malatesta, fatta nella clandestinità e
ricca di notizie false atte a depistare la polizia, Ciancabilla, insieme alla sua compagna ERSILIA
CAVEDAGNI GRANDI, fu costretto ad
espatriare prima in Svizzera e poi in Francia. A Parigi, entrò in contatto con
numerosi compagni francesi , tra cui
JEAN GRAVE che lo invitò a collaborare al prestigioso giornale da lui
diretto, Les temps nouveaux.
L’articolo di Ciancabilla, che,
pubblicato su quel giornale, ebbe maggiore risonanza, tanto da provocare, tra
l’ altro, l’effetto di una sua immediata espulsione dal territorio francese, fu
La jacquerie italienne , in cui
vi era una acuta interpretazione, da un punto di vista rivoluzionario, sia del “movimento dei fasci siciliani” e sia
dei “moti per la fame del maggio 1898 a Milano”. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Si aveva in Italia questa
situazione di fatto: le condizioni economiche dell’Italia meridionale e della
Sicilia erano talmente depresse che un giorno o l’altro avrebbe dovuto levarsi
in armi per non morire di fame, ma d’altra parte di fronte a questa occasione
rivoluzionaria, la mancanza di una coscienza assoluta dei diritti da reclamare
in un’insurrezione sempre per scoppiare (e scoppierà di nuovo), ma che può
essere calmata coll’elemosina d’un pezzo di pane. Nell’Italia settentrionale,
al contrario, vi è una coscienza molto sviluppata, ma le condizioni economiche
abbastanza soddisfacenti non favoriscono la condizione voluta ; […] i grandi predicatori di pace erano
soprattutto i socialisti. Dovevano sempre attendere, e nell’attesa addormentano
gli spiriti coll’illusione della ginnastica parlamentare. Ed hanno raccolto i
frutti di questa ipnotizzazione . […] Non
vi furono interruzioni nelle comunicazioni telegrafiche e ferroviarie; nessuna
esplosione di dinamite o anche solo di polvere, né contro le forze armate nè
per creare nel paese delle formidabili barricate. Al contrario, tutti gli
infantilismi dei giovani: si rispondeva ai colpi di cannone col lancio di
tegole e di mattoni! Si innalzavano barricate con tavoli e sedie! ( Giuseppe
Ciancabilla, La jacquerie italienne, su Les
temps Nouveaux, 2 giugno 1898)
Bibliografia: Giuseppe
Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 pp. 11-12. Cfr. anche Ugo Fedeli, Biografie di anarchici:
Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 pp. 23-26 , dove vi è, tra
l’altro, la conclusione dell’articolo : “ Il popolo italiano ha imparato molte
cose e saprà certamente tenerne conto. Si prepara a scrivere una pagina superba
nella storia del proletariato”
Dopo l’attentato a Ginevra contro l’ imperatrice d’ Austria, già
ritiratasi da alcuni anni dalla vita di corte e dalla scena politica, compiuto
da LUIGI LUCCHENI ( cfr. post Ciancabilla, venne espulso anche dalla
Svizzera, dove si era rifugiato, per essere stato tra i pochi, anche fra gli anarchici, a prenderne
risolutamente le difese . (brano da
commentare)
Brano da commentare: “…. Coloro che si credono uomini, si struggono in lacrime più o
meno sincere perché un’imperatrice si è spenta per un colpo di lima; e trovano
il delitto tanto più efferato perché la vittima è un’innocente,
un’irresponsabile, una donna. Ponetevi una ano sulla coscienza, e chiedetevi
quale colpa e quale responsabilità hanno i poveri contadini e gli abitanti
d’una città assediata allorché la loro dimora diviene teatro di sanguinosa
battaglia!... […] Di quale colpa si macchiarono i milanesi inermi che nelle
giornate dello scorso maggio, obbrobrio dell’umanità intera, venivano fucilati,
cannoneggiati, falciati dal regio piombo, tra i vostri applausi ?...” (
Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di lima su L’ Agitatore, n. 12
settembre 1898)
Bibliografia: Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima ,
Gratis, 2012 pp. 36-37. Cfr. sempre in
questo libro anche gli articoli di
Ciancabilla L’attentato di Ginevra
(pp. 42-46) e L’epilogo della
tragedia (pp. 46-48)
GIUSEPPE CIANCABILLA ED ERSILIA CAVEDAGNI |
Espulso da quasi tutti i paesi d’Europa e nell’ impossibilità
di tornare in Italia Giuseppe Ciancabilla, insieme alla sua compagna Ersilia
Cavedagni Grandi si trasferì negli Stati
Uniti a Patterson dove risiedeva una consistente comunità italiana anarchica. A
Ciancabilla fu offerta , sia per la sua fama di
esperto e brillante giornalista professionale e sia per il suo trascorso
personale di rivoluzionario intrepido e intransigente, la direzione del
giornale “La questione sociale” fondato da PIETRO GORI nel 1895 durante il suo giro, coronato da un
grande successo personale, negli Stati Uniti. ( cfr. post….) Ben presto però
all’ idea di organizzazione anarchica di Enrico Malatesta , sino ad allora
seguita dal giornale, in cui, pur, se entro una prospettiva libertaria, si
faceva riferimento ad un programma e a organismi( riunioni, congressi, comitati
di corrispondenza, ecc.) prestabiliti, Ciancabilla,
invece, si fece promotore di un tipo di
organizzazione o meglio di “antiorganizzazione” sostanzialmente differente. (cfr.
brano)
Brano da commentare: “ … Non possiamo concepire che
da anarchici si stabiliscano a dogmi fissi i punti da seguire sistematicamente.
[…] Noi non vogliamo quindi programmi di tattica, eper conseguenza non vogliamo organizzazione. Stabilito i fine,
la meta cui tendiamo, lasciamo libera ad ogni anarchico la scelta dei mezzi che il suo criterio, la sua educazione, il suo
temperamento, il suo spirito di combattività gli suggeriscono come migliori.
Non formiamo programmi fissi e non formiamo piccoli o grandi partiti. Ma ci
aggruppiamo spontaneamente, e non con criteri permanenti, secondo le affinità
momentanee per un dato scopo, e incessantemente trasformiamo questi gruppi a
seconda che cessa lo scopo per il quale i eravamo associati, e altri scopi e
altri bisogni sorgono e si sviluppano in noi e ci spingono alla ricerca di
nuovi cooperatori, di gente che pensi identicamente in quella determinata
circostanza…” ( Giuseppe Ciancabilla, Contro l’organizzazione)
Bibliografia: Ugo Fedeli, Biografie di anarchici:
Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 p. 45
CIANCABILLA E MALATESTA |
Su questo tema la tensione crescente, all’ interno della
redazione della Questione sociale, aggravata anche da pesanti
polemiche di carattere personale, raggiunse il suo culmine con l’arrivo di
Enrico Malatesta a Paterson (cfr. più sotto)e si giunse infine a una scissione. La
direzione della “ Questione Sociale,
fu momentaneamente affidata a Enrico Malatesta e dopo la sua partenza a PEDRO
ESTEVE, Ciancabilla fondò il giornale
“L’Aurora”, dove, tra l’altro , chiarì e approfondì la sua concezione
antiorganizzatrice e dette, in più articoli, una valutazione sostanzialmente
positiva del gesto di rivolta
individuale. Mi limito , come esempio, a citarne uno, scritto, poco dopo
l’attentato di Gaetano Bresci al re Umberto I (cfr. brano) .
Brano da commentare: “ … né la propaganda anarchica, né noi individualmente predichiamo ad alcuno la
ribellione individuale e l’uccisione. Noi combattiamo la società borghese, le
sue istituzioni, i suoi governanti, i suoi parassiti, ma la scelta delle armi,
più che da noi, dipende dal modo col quale i nostri avversari ci combattono.
Finché alla nostra serena propaganda di dee, fatta con metodi civili e umani,
essi opporranno il bavaglio, il carcere, l’esilio, il domicilio coatto, le
torture, la garrotta, la ghigliottina, e le fucilate, noi abbiamo tutto il
diritto di far capire a quei signori che […] è bene che per le migliaia dei
nostri che cadono sui campi di battaglia, anche qualcuno compensi […] gli
innumerevoli martiri nostri, le infinite vittime del popolo oppresso e affamato
“ ( Giuseppe Ciancabilla, Quel che ne pensiamo su L’ Aurora, 8 settembre 1900)
Bibliografia: Giampietro Berti, Errico Malatesta e il
movimento anarchico italiano e internazionale 1872-1932, Franco Angeli Storia,
2003 p. 310
Un anno dopo l’attentato di Bresci, LEON CZOLGOSZ uccise il presidente degli Stati
Uniti , WILLIAM Mc KINLEY e anche in
questo caso, sul giornale L’ Aurora, Ciancabilla, in alcuni articoli,
tra cui La disgrazia del signor Mc Kinley , prese le difese dell’
attentatore. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ … Noi lo ripetiamo, non
siamo stati punto sorpresi dal fatto. Perche? Noi anarchici riteniamo che
l’individuo, il quale sta più in alto
nella scala sociale e più sintetizza in sé l’oppressione economica di
cui il popolo lavoratore soffre orribilmente, questo individuo è naturalmente
il più esposto agli scatti di ribellione degli oppressi e dei diseredati, dei
sofferenti del pensiero emancipato come dei sofferenti del ventre vuoto. Nella
sua professione di presidente, di re, di imperatore, ha anch’egli i suoi
incerti del mestiere, i suoi infortuni sul lavoro. […] Perciò noi pensiamo che
il presidente Mc Kinley fosse rimasto semplicemente mister Mc Kinley, avrebbe
scansato certamente la rivoltella del cittadino
Czolgosz . …” ( Giuseppe Ciancabilla, La disgrazia del signor Mc
Kinley su L’ Aurora n. 47, 14 settembre 1901)
Bibliografia: in Giuseppe Ciancabilla, Un
colpo di Lima , Gratis, 2012 p. 237. Per gli articoli in difesa di
Czolgosz, dal suo arresto all’esecuzione finale sulla sedia elettrica, si vedano
sempre in questo libro le pagine : 247-249 ; 249-251; 254-257; 257-259
Con il precipuo fine di impedire la pubblicazione de L’ Aurora , che si reggeva quasi esclusivamente sulla sua persona, e determinarne la chiusura, Ciancabilla fu incriminato per un pretestuoso reato postale e costretto, a causa di una alternativa cauzione da pagare eccessivamente alta, a passare alcuni mesi in prigione. Tornato in libertà si trasferì a Chicago e poi a San Francisco, dove , nel 1902, fondò insieme a ENRICO TRAVAGLIO La Protesta Umana, rivista di scienze, lettere ed arti, definita da Ugo Fedeli “ la pubblicazione di Ciancabilla più riposata ed importante”. (cfr. brano)
Brano da commentare. “ Con la rivista, dove ormai
il lato polemico è meno vivace, il Ciancabilla ha maggiori possibilità di mettere in evidenza i
risultati dei propri studi e delle nuove esperienze acquisite […] Per questi motivi la rivista La Protesta Umana segna un particolare
momento della vita del nostro, sia per la serietà della trattazione degli
argomenti che per gli argomenti stessi trattati, cose che gli permetteranno di
esercitare, con la nuova pubblicazione, una più estesa influenza su tutto il
movimento anarchico. “ ( Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla)
Bibliografia: Ugo Fedeli, Biografie di anarchici: Ciancabilla Damiani Gavilli. Samizdat 1997 p. 55
A Chicago nel
settembre del 1904 Ciancabilla, assistito sino all’ultimo da Ersilia Cavedagni,
morì dopo una lunga e dolorosa malattia.
Nel 1901 Ciancabilla scrisse un articolo Il pregiudizio d’amore il pregiudizio
della donna in cui elogiava incondizionatamente il concetto di amore
libero, ma giudicava negativamente l’
esperimento di “ amore plurimo” ,
descritto dettagliatamente da GIOVANNI ROSSI /CARDIAS (cfr. post omonimo ) nell’opuscolo
Un episodio d’amore nella Colonia Cecilia pubblicato nel 1893 a Livorno .(cfr. brano)
Brano da commentare: “… Noi e del resto tanti altri
che, pur non essendo anarchici, preconizzano l’avvento duna società
egualitaria, predichiamo l’amore libero, o, meglio, la libertà nei rapporti
d’amore in quanto nessun altro vincolo di convenienza o d’interesse debba
legare due individui di sesso diverso se non la comunione di affetti e finché
essa duri, sia per entrambi, sia per l’uno o l’altra dei due amanti. Concezione
così semplice e naturale, quale non si può ideare diversa e migliore.
Concezione così completa, che risponde a tutte le esplicazioni più varie e individuali dei rapporti di
amore, quali l’affetto plurimo o singolo, la coabitazione o la vita separata,
la famiglia, ecc. Ebbene, ci sono stati e ci sono degli anarchici che sono arrivati
a fantasticare di stranezze impossibili partendo pure da un criterio così
logico e di buon senso. E sono giunti all’amorfismo, all’amore esclusivamente
sessuale, al bacio amorfo (sic) e a tante altre corbellerie non meno pazzesche
, da spaventare i neofiti, a far credere che in Anarchia le donne debbano
mettersi… in comune. Proprio così. C’ è stato persino qualche studioso delle
donne altrui che ha voluto fare esperimenti in anima vili sulla pluralità degli affetti o meglio dei rapporti
sessuali e ha pubblicato l’anatomia dolorosa e straziante di due anime ingenue
e illuse che compiacentemente si prestarono al suo bisturi di vivisezionatore. …” ( Kordias/ Giuseppe Ciancabilla, Il
pregiudizio d’amore, il pregiudizio donna in L’ Aurora, nuova serie n. 58 ,
30 novembre 1901)
Bibliografia: in
Giuseppe Ciancabilla, Un colpo di Lima , Gratis, 2012 p. 265
GIUSEPPE CIANCABILLE E NELLA GIACOMELLI |
Sebbene
sia soltanto, per quanto ne so, una mia
ipotesi personale ritengo che il dibattito sull’amore libero e plurimo, nato
all’interno della rivista antiorganizzatrice
milanese, Il grido della Folla il
3 settembre 1903, ( cfr. infra post DALL'INTERNAZIONALISMO AL FEMMINILE
ALL'ANARCO-FEMMINISMO: NELLA GIACOMELLI… ) possa in qualche modo essere stato influenzato dall’articolo
di Ciancabilla, considerando le affinità culturali e ideali esistenti, pur
nella varietà delle conclusioni, tra lui
e i collaboratori della rivista e in particolare con Nella Giacomelli, verso
cui provava appassionati sentimenti amorosi. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Sono conservate alcune lettere di Ciancabilla
alla Giacomelli: Il 14 ottobre 1902 le scrisse una cartolina da Chicago: “
Attendo con ansia i tuoi scritti per la rivista. Ci conto mensilmente.
Scrivimi, scrivimi, scrivimi”. E il 31 dicembre una lettera in cui dava voce in
versi poetici alla sua passione amorosa per Nella: “ La pena che mi sal per te
dal core/ è sì dolce ch’io non vorrei mutare/ con mille gioie questo mio
patire./ […] Niuno lo sa ch’io ti ami. E pur vorrei/ gridare al mondo questa
voce arcana/ che tumultua nel cor tremendamente./ Ma niuno intendere la
potrebbe. Sei/ così lontana, così lontana!/ Neppur l’anima tua, forse, mi
sente” ( Lettere a Nella Giacomelli da
Giuseppe Ciancabilla)
Bibliografia:
in Ercole Ongaro, Nella Giacomelli.
Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta 2019 p. 40 e n.12. Entrambe
le lettere sono firmate Kordian. Sullo struggente rifiuto di Nella Giacomelli
all’ invito di Ciancabilla di trasferirsi a Chicago, cfr. anche Maurizio Antonioli, Sentinelle perdute. Gli anarchici, la morte ,
la guerra, Edizioni BFS 2009 pp.
197-198
ERSILIA CAVEDAGNI |
Brano da commentare: ““I sottoscritti a nome
degli anarchici di Bologna, dichiarano di trovarsi sempre pronti a combattere
la battaglia in favore del popolo, e di combatterla a fianco di qualunque
partito. Approvano la necessità di un’agitazione di fronte agli ordinamenti
attuali e respingono la tattica e la lotta parlamentare”.
Bibliografia: T. Marabini- M. Ortalli, Elisa Cavedagni in DBAI,
volume I p. 360
Continuamente perseguitata dalla
polizia, significativi sono i commenti
maschilisti e denigratori di chi costantemente la sorvegliava:
““Per sottrarsi alle conseguenze
della vita libera che mena […] riscuote cattiva fama […] anche per essere di
costumi licenziosi [...], frequenta[va] la compagnia degli anarchici più
convinti e più esaltati ai quali abbandona[va] anche la persona […] . È
propagandista attivissima ed indefessa e con buon profitto, addimostrandosi in
ogni contingenza solertissima ed acerrima nemica dell’ordine”.
Bibliografia: T. Marabini- M. Ortalli, Elisa Cavedagni in DBAI,
volume I p. 360 e cfr. Elena Bignami, Le
schiave degli schiavi. La questione femminile del socialismo utopistico
all’anarchismo italiano ( 1825-1917)
Clueb, 2011, p. 173
ERSILIA CAVEDAGNI EMIGRANTE |
A Bologna conobbe Giuseppe Ciancabilla , di cui divenne compagna di idee e di vita e partirono insieme per Parigi e poi a Paterson negli Stati Uniti. Durante il viaggio transoceanico che doveva portarli in America fece amara esperienza di che cosa voleva dire essere “stranieri” persino con persone che condividevano la stessa sorte. (cfr. brano)
Brano da commentare: “Ho traversato l’Oceano; e allontanandomi dalla terra dove gli esseri sono separati dalle sciocche divisioni di frontiere, di Stati, di rivalità, di tradizioni di odio, ebbi per un istante l’illusione che là, in mezzo al mare, su quel naviglio perduto nell’immensità dell’Oceano, fra i pochi esseri ivi raccolti da un destino quasi per tutti comune, fossero cessate le maledette vibrazioni di quel sentimento nefasto che si chiama patriottico. Povera illusione la mia! E ben presto ne feci l’esperienza a mie spese. Quando la necessità dell’avvicinamento ebbe fatto noto a quegli emigranti uomini e donne, per lo più scandinavi, irlandesi, inglesi, che io ero una straniera, e la mia lingua era diversa dalla loro, e il mio vestito pure, e tutte le mie abitudini infine, quando essi seppero che io ero una figlia della disgraziata terra d’Italia, io vidi con dolore allargarsi intorno a me come un gran cerchio di diffidenza e d’isolamento. Né bastò. Alcune creature, nella loro povera ignoranza che mi faceva compassione, aggiunsero talvolta, durante i tristi giorni del viaggio, la cattiveria dello scherno e della derisione. […]E mai come in quei tristi giorni della traversata dell’oceano, io compresi quanto grande sia la colpa, e quanto più grande dev’essere l’espiazione di una società infame che, contro ogni legge naturale ed umana, ha creato, per un capriccio malvagio, il delitto di essere stranieri…..” ( Ersilia Cavedagni, Straniera,….
Bibliografia: Ersilia Cavedagni,
Straniera, in La Questione Sociale, Anno IV, n. 92 del 31 dicembre 1898 p.
361 in https://machorka.espivblogs.net/tag/ersilia-cavedagni/
Giunti a Paterson ( New Jersey)
Ersilia Cavedagni collaborò spesso al settimanale La Questione Sociale,
di cui Ciancabilla era stato nominato direttore. Dall’ America Ciancabilla e la Cavedagni inviarono sovente soldi destinati ad aiutare il movimento anarchico in
Italia, tra cui le iniziative culturali promosse, in quel
periodo, da Ettore Molinari e Nella Giacomelli. (cfr. brano)
Brano da commentare: “In
questo modo alla Posta andavano accumulandosi sempre più i denari che
dall’Italia e dall’America – per opera specialmente di Ciancabilla e di Ersilia
Cavedagni – generosamente affluivano per noi, a sostegno della nostra
battaglia, a incoraggiamento della nostra resistenza, a conforto dei nostri
sacrifici”.
( Nella Giacomelli, Un
triste caso di libellismo anarchico 1909)
Bibliografia:
Ersilia Cavedagni, Straniera, in La Questione Sociale, Anno IV, n. 92 del 31 dicembre 1898 p. 361 in https://machorka.espivblogs.net/tag/ersilia-cavedagni/.
Sulla particolare attrazione che Ciancabilla provava per Nella Giacomelli,
secondo quanto lei stessa confidò al suo amico
Oberdan Gigli, cfr.
Anche dopo la morte di Giuseppe Ciancabilla nel 1904 continuò per quanto le potevano permettere le sue condizioni economiche a sostenere pubblicazioni anarchiche di vario orientamento, tra cui per esempio nel 1912 il periodico settimanale Il Libertario diretto da Pasquale Binazzi e nel 1932 Il Martello . fondato e diretto da Carlo Tresca . Ersilia Cavedagni continuò ad essere sempre attiva nel movimento anarchico italo-americano. Nel 1905 organizzò una serata lirico-drammatica a beneficio dei rivoluzionari russi e collaborò, spesso, con articoli sul famoso giornale in lingua italiana, Cronaca Sovversiva fondato nel 1903 da Luigi Galleani e che fu pubblicato sino al 1918. Si spostava frequentemente , come si deduce dalle segnalazioni poliziesche da una città americana a un’altra ( New York, Filadelfia, San Francisco, Seattle , dove convisse con l’anarchico spagnolo , LEON MOREL. Non sono noti la data e il luogo della morte, anche se è certo che non rientrò mai in Italia.
ERNESTINA CRAVELLO |
ERNESTINA CRAVELLO (1880-1942) : Nel 1895
partì dall’Italia per emigrare in America e andò a stabilirsi con i suoi
due fratelli anarchici, Antonio e Vittorio,
a Paterson , In questa città,
famosa per la produzione tessile e per l’alto numero di emigranti
politicizzati, la Cravello si distinse per il suo impegno nella “Società per il
diritto all’esistenza” , frequentata assiduamente, durante il suo soggiono a
Paterson , anche da Gaetano Bresci. (cfr. post NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE 2....) Dopo il riuscito attentato di Bresci si
cercò con tutti i mezzi di dimostrare
l’esistenza di un collegamento tra il
gesto di Bresci con gli anarchici di Patterson. A questo scopo Ernestina
Cravello, a cui fu appiccicato il titolo
di “regina degli anarchici” fu convocata dalla polizia e sottoposta a pressanti
interrogatori, a cui lei,per nulla impaurita, rispose con dignità e fermezza.
(cfr. 1 brano). In quei giorni,
inoltre, all’uscita della fabbrica , dove lavorava come operaia tessile, fu una
volta aggredita e sottoposta a un tentativo di linciaggio, che per fortuna non
riuscì. Anche in tal caso non
rinnegò i suoi ideali che anzi riconfermò pubblicamente sul giornale locale libertario, La questione sociale”
( cfr. brano n. 2):
Brani da commentare: 1) “ Siamo tutti anarchici e
molti di noi ebbero la fortuna e l’onore di conoscere Gaetano Bresci, che è uno
di noi. Ma chi di noi sapeva che Bresci si accingeva a uccidere questo re
allorché lasciò Paterson? Nessuno lo sapeva. Noi non abbiamo mai progettato di
uccidere re Umberto, ma siamo lieti che Bresci lo abbia fatto. “ ( parole di
Ernestina Cravello ad una assemblea) ; 2) “ … Mi chiamate sedicente anarchica. Perché?
Sapete che cosa vuol dire l’aggettivo sedicente?... Per vostra norma, sappiate
che sono anarchica nell’anima; che anelo al giorno in cui le mie teorie
diventino realtà … E’ appunto perché m’immedesimo e mi commuovo di fronte alle
odierne sofferenze di centinaia di proletario che io lotto per un assetto sociale
ove non fosse più possibile lo sfruttamento dell’uomo; ed ove- se non tutti,
almeno una gran parte dei mali che affliggono il genere umano – venissero a
sparire. Questo è sinteticamente Anarchia. Chi dunque, fra me e voi, ha il
cuore più gentile? Sareste forse voi, che altro culto non avete se non il Dio
dollaro, altra educazione se non il farabuttismo?..” ( Risposta di
Ernestina Cravelllo sulla Questione sociale del 1 settembre 1900, alla campagna padronale
contro di lei e fomentata dal giornale locale , il Bollettino dellla sera.)
Bibliografia: Fabrizio Montanari, Libertarie. Quattordici figure esemplari di donne anarchiche Compograf Reggio Emilia 2007 . Primo brano p. 68 e secondo brano a p. 71
MARIA RODA |
MARIA RODA (1877- ? )Figlia
di Cesare Balzarini Roda, operaio
anarchico di Como, fu compagna di
scuola di Sante Caserio, ed ebbero come maestra
la poetessa Ada Negri. Lavorando giovanissima , insieme alle sue sorelle, in una fabbrica tessile, crebbe in lei sempre
più una coscienza di classe e un’attitudine alla lotta. Per avere partecipato
come oratrice a un comizio ed avere cantato canzoni anarchiche e gridato “ Viva
l’Anarchia” e “Morte al papa e a re” fu condannata insieme alla sua compagna
Ernesta Quartiroli a tre mesi di carcere
e 50 lire di multa . La stampa dette
ampio spazio all’ atteggiamento battagliero
delle due ragazze durante il processo ( cfr. brano)
Brano da commentare: “ La Quartiroli ha uno sguardo
e un sorriso tutt’altro che antipatici, ma la Roda era addirittura una
splendida ragazza, è vestita in nero e piuttosto bene. Bruna, coi capelli ricci
svolazzanti, una rastrelliera di denti magnifica, un corpicino elegante, un volto ovale e leggermente
roseo, due occhi sfavillanti. E’ di
Como, ed è scappata d[ casa; è niente commossa, ride rumorosamente ed è di una
spavalderia straordinaria. Essa rispose che
trovavasi a porta Genova per i suoi affari particolari; non cantò nessuna
canzone, e fu arrestata. Si professò recisamente anarchica. […] E uscendo
anch’io, insieme al redattore giudiziario del “Secolo” e con un corrispondente
ci imbattemmo sulla porta del tribunale con due giovani e pallide monache, dai
larghi cappelloni di tela bianca inamidata. E dico la verità! La mente mi si arrestò confusa di fronte al
colossale contrasto contro il quale urtava. Di dentro due giovani donne con
l’ardente gioventù sul volto, con il corpo , rigoglioso che gettano la loro
vita al sole – di fuori due giovani emaciate dal volto non colorito dal sangue
vivo, ma dal siero, tormentate dal desiderio di sottrarsi alla vita. E’
curioso! Le une e le altre spinte dai nervi
a due estremi con quasi lo stesso ideale sulle labbra: l’uguaglianza sociale! Problemi
straordinari di fine secolo. “ ( articolo di un cronista di un giornale non precisato che assisteva al
processo contro la Roda e la Quartiroli ed altri compagni)
Bibliografia:
Francesco Lisanti, Storia degli
anarchici milanesi (1892-1925) , La coda di paglia 2016 p. 27-29
Nel giornale , l’Indipendente di Brescia si riportò,
mantenendo il dialetto usato dalla
quindicenne Maria Roda, il suo fiero e sprezzante comportamento in aula e i
suoi scontri verbali col giudice. (cfr.
brano)
Brano da commentare: “ Al processo vestiva di bruno, piuttosto bene; niente commossa, rideva sgangheratamente, con una spavalderia meravigliosa. Essa rispose che trovavasi a Porta Genova per i suoi affari particolari, non cantò nessuna canzone, e fu arrestata. Si professò recisamente anarchica. Pres. . “ - Ma scommetto che non sapete nemmeno voi cosa voglia dire l’anarchia” . Imp. - Oh! El so minga? Ben, allora me l’insegnerà lu… . Durante la deposizione di una guardia si alza gridando: “ - El compatissi perché anca lu l’è in miseria e ghe tocca mangà la pagnotta. Vergogna, a ligàa su i so fradej… “. E fu tutto il tempo del processo provocante, petulante. Durante la requisitoria continuò, a dispetto delle ammonizioni del presidente, ad interrompere il Pubblico Ministero, e quando in ultimo le venne accordata la parola esclamò: - “ Mi disi nagott, perché tanto l’è inutil! “. Mentre il tribunale si ritirò per la sentenza, la comasca petroliera si tolse una pagnotta secca e andava battendola contro la gabbia; rideva fragorosamente, si metteva in testa il cappello anarchico a larghe tese del vicino, e al vicino che le imponeva di toglierlo, rispondeva: -“ Chi comanda nissun! “ E poi volgendosi ai giornalisti: - Ades comincierà el scacc che veden in di anrchich anca i donn”. ( Cronaca del processo contro Maria Roda e altri compagni-e nell’ Indipendente di Brescia)
Bibliografia: Marabbo
e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente.
Rivista di lotta e di critica del territorio, 20 giugno 2020 pp.101-102 e approfitto
dell’occasione per ringraziare questa bella rivista di avere usato la foto
della mia figurina in creta raffigurante Maria Roda.
Brano da commentare: “ Gli anarchici in primo luogo,
vogliono la scomparsa dell’autorità, della proprietà individuale , della
religione, e della famiglia per sostituire all’autorità, l’indipendenza
relativa, ossia fino al punto di non nuocere agli altri. Alla proprietà
individuale, quella comune, o meglio patrimonio sociale, senza tutori speciali:
che maneggiano gli affari altrui. Alla religione, la scienza, il progresso,
quella potente arma che sradica i pregiudizi inculcati da quel vento pestifero
religioso che da secoli incretinisce ed impedisce al cervello umano la sua
marcia trionfale. Alla famiglia attuale che trovasi basata sull’interesse
sostituirci quella basata sull’amore reciproco, ove i figli saranno educati e
custoditi dall’intera comunità. In secondo luogo gli anarchici vogliono
possedere gli attrezzi necessari per lavorare i campi e nelle manifatture, le
macchine triplicate, studiare in maniera che i lavori più penosi e pericolosi,
siano fatti dalle macchine, acciocché il lavoro diventi più piacevole che sia
possibile. Inoltre vogliono il libero scambio per non cercare occasione a
chicchessia di alzarsi al di sopra degli altri […] vogliono un’esistenza
migliore, perché nel mondo il posto vi è per tutti, e tutti dobbiamo prendere
parte al gran banchetto della vita […] Per voi
odiati spogliatori, ladri e assassini la condanna è scritta, e ad onta
delle vostre forche, delle vostre manaie, del vostro patrio piombo, e delle
vostre infami leggi, non c’impedirete di rovesciarvi nel fango donde siete
venuti “
Bibliografia: Marabbo
e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente.
Rivista di lotta e di critica del territorio, 20 giugno 2020 p. 103
MARIA RODA ED EMMA GOLDMAN |
.A New York, durante
una conferenza tenuta dalla giovane italiana
Emma Goldman rimase assai colpita dalla bellezza e dal melodico
impeto oratorio di Maria Roda, sebbene
parlasse non in inglese, ma in italiano
.) (cfr. brano)
Brano da commentare: “ “Improvvisamente giunse nel
camerino il suono di una bellissima voce. Parlava una lingua che non conoscevo.
“ Chi sta parlando adesso?” domandai. “ E’ Maria Rodda, un’anarchica italiana.
Ha solo sedici anni ed è appena arrivata in America.”. La voce mi elettrizzò e
volli vedere l’oratrice. Mi avvicinai alla porta che dava sul palco. Maria
Rodda era la creatura più meravigliosa che avessi mai veduto. Edra una ragazza
di media altezza; la testa, ben formata e coperta da folti riccioli neri,
spiccava come un giglio sul collo esile e slanciato. Il viso era pallido, le
labbra rosse come il corallo, ma ciò che più colpiva erano gli occhi: grandi,
scuri come carbone e illuminati da una luce interiore. Come me, la maggior
parte del pubblico non capiva l’italiano, ma la strana bellezza di Maria e la
musica delle sue parole suscitavano un senso di tensione e di entusiasmo
nell’assemblea. Per me fu come un raggio di sole. I fantasmi svanirono, il peso
della prigione scomparve. Mi sentii libera e felice, tra amici […] Dopo la
riunione, alcuni compagni si ritrovarono nel locale di Justus. C’era anche
Maria, e io ero ansiosa di sapere tutto sul suo conto. Pedro Esteve , un
anarchico spagnolo, fungeva da interprete. Seppi dunque che Maria era stata
compagna di scuola di Sante Caserio e che la maestra di entrambi era stata Ada
Negri, l’ardente poetessa rivoluzionaria. Tramite Caserio, Maria, appena quattordicenne
, era entrata in un gruppo anarchico. Quando Caserio aveva ucciso Carnot, il
presidente francese, il gruppo era stato colpito da una retata della polizia e
Maria, insieme a tutti suoi compagni, era finita in prigione. Subito dopo la
scarcerazione era partita per l’America con la sorella più giovane. Quello che
avevano sentito raccontare di me e di Sasha le aveva convinte che anche in
America, come in Italia, gli idealisti erano perseguitati. Maria sentiva di
poter fare molto per i suoi compatrioti negli Stati Uniti. Mi pregò di
aiutarla, di farle da maestra. L’abbracciai forte per proteggerla dai colpi
crudeli che, sapevo, la vita le avrebbe inflitto. Sarei stata la sua maestra,
la sua compagna …” ( Emma Goldman Vivendo la mia vita….). Sulla sua intensa
propaganda anarco- femminista cito brani di due articoli
Bibliografia: Emma Goldman, Vivendo la mia vita, vol. 1
1889-1899, La salamandra 1980 p. 143. e Stefania Mazzone, Seta e
anarchia. Teorie e prassi degli anarchici italiani a Paterson, Rubettino
Università, 2018 pp. 84-85. Cfr. anche per gli emigrati anarchici negli USA Gino Vatteroni, Dalle Apuane
alle Green Mountains. Anarchismo ed anarchici fra Carrara e il Vermont
(1888-1910),Edizioni Monte Bove Collana Rossa, 2019 pp. 170-172 Un bel libro ma mi è
dispiaciuto che non fossero menzionate le anarco-femministe italo americane come
Ernestina Cravello, Maria Roda, Ersilia Cavedagni, pur facendo menzione di
Pedro Esteve, Giuseppe Ciancabilla ed altri.
Accortasi di quanto anche all’interno del movimento anarchico
italo americano di quei tempi la donna venisse alquanto emarginata , fondò, nel
1897, assieme ad Ernestina Cravello e ad
altre il “Gruppo di emancipazione delle
donne”, aiutate in questo anche dal suo noto compagno catalano, PEDRO ESTEVE
(1865- 1925) , amico di Malatesta e redattore
del giornale La Questione sociale . , con
cui ebbe 10 figli (cfr. più avanti) Su questa rivista Maria Roda pubblicò vari
articoli , tra cui uno rivolto alle operaie e l' altro alle madri. ( cfr. brani)
Brano da commentare: 1) “ Alle Operaie- Compagne; è
ormai tempo che anche noi ci agitiamo, ci organizziamo per provare al mondo che
ci accusa, che anche noi siamo capaci a qualche cosa. Facciamo conoscere all’uomo,
che impedisce ogni nostra volontà, che non ci permette di pensare a modo
nostro, di agire secondo il naturale nostro impulso, ma ci considera molto al
di sotto di lui, imponendoci sia la sua autorità di padre, sia quella di
fratello, sia quella di marito, e come tale si crede più forte e ci calpesta,
ci opprime, e tal volta la mano pesante di lui perquote la nostra guancia, e
noi quali più deboli dobbiamo sottostare a tutti, noi siamo fatte oggetto di
piacere che vogliamo noi pure goder dei nostri diritti, della nostra libertà. Io sentii l’uomo. Io sentii l’uomo, e voi pure
compagne, lo sentiste, dire che noi non sappiamo che fare dei pettegolezzi, che
siamo linguacciute, che noi non ci occupiamo che di mode e di gingilli, ma che
siamo incapaci a comprendere le cose serie, che noi non prendiamo a cuore le
miserie della società, che noi non ci curiamo di combattere le infamie di una
casta che ci danna al dolore ed alla fatica. Si dice che noi siamo frivole,
siamo deboli, che siamo incapaci a sostenere la lotta contro questa infausta
società, che noi non sappiamo comprendere l’ideale anarchico[…] Addimostriamo,
compagne, che invece anche noi siam capaci a qualche cosa, che anche noi
sentiamo l’onta di questa società infame che, anche nel nostro cuore sorge l’idea
della rivolta, perché siamo stanche delle ingiustizie di cui siamo vittime,
perché vogliamo noi pure abolito il servaggio , perché vogliamo sorgere a
libertà . Ed è appunto perché sentiamo e soffriamo che noi pure vogliamo
immischiarci nella lotta contro questa società, perché anche noi ci sentiamo
nate per essere libere, per esser uguali. …” ( Maria Roda, Alle Operaie
in La Questione Sociale, 1897) ; 2“ Alle Madri […] “ Credo che,
come madri generose, non permetterete che i vostri figli siano educati colla
falsa istruzione del sistema attuale, e che, al contrario, infonderete nei loro
cuoricini la Verità, la Bellezza. Spero che non insegnerete loro ad adorare un
dio che non esiste, che è una menzogna; ma in vece di dio insegnerete ad
ammirare la Natura. Che non insegnerete loro di amar la patria, perché non è
che una causa di carneficina tra fratelli, per il capriccio degli uni e la
vanità degli altri; ed inculcherete loro il sentimento dell’amore a tuti i
popoli. Che non imporrete ai vostri figli, o madri, il matrimonio legale,
perché non è altro che un patto d’interesse, un laccio odioso, come cosa sacra;
ma parlerete loro, invece, dell’amor puro, naturale, di due cuori che si
uniscono, dell’amor libero. Che non insegnerete loro ad essere umili e sottomessi al capitalista, il quale li
sfrutta giornalmente; ma ad essere fieri e dignitosi e a sottrarsi alla sua
prepotenza, proclamando i loro diritti. Così saremo certe che otterranno il
benessere, la felicità e l’amore, perché le loro madri avranno loro insegnato
la via della Verità” ( Maria Roda, Alle
Madri in La questione Sociale settembre 1901)
Bibliografia: Marabbo e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente. Rivista di lotta e di critica del territorio, 20 giugno 2020. Primo brano a pp. 105-106 e secondo brano a p. 107
MARIA RODA E PEDRO ESTEVE |
L’attività delle compagne, non subalterna a quella maschile, incontrò una forte reazione maschilista da parte di alcuni compagni tanto che il 4 settembre 1902 il Gruppo femminile di Paterson si rivolse alla “Questione sociale” con questa lettera, scritta probabilmente dalla stessa Maria Roda. (brano da commentare)
Brano da commentare : “In disposizioni conformi di solidarietà e di benevola collaborazione noi speravamo quando, or fa quasi un anno, nel gruppo femminile Emancipazione della Donna ci disponemmo, coi poveri mezzi che erano a nostra disposizione, senza alcuna pretesa, a diffondere le idee comuni d’emancipazione dando speciale sviluppo a quella parte che ha più diretto rapporto colla nostra condizione servile, vilipesa, mortificante. Dobbiamo aggiungere che se la bontà e la modestia delle nostre intenzioni furono riconosciute da molti buoni compagni che ci sovvennero di largo e fraterno incoraggiamento, non giunsero però mai a salvarci dalla persecuzione rabbiosa di molti eterni malcontenti i quali nelle nostre intenzioni non vedono che l’orgoglio, nei nostri atti non cercano che l’errore, nelle nostre parole... l’ortografia, e ci gratificano delle loro malignità, dei loro scherni, della loro assidua derisione d’uomini superiori. Dica la Questione sociale in proposito il suo modo di vedere e se noi abbiamo proprio tutti i torti a credere che l’emancipazione delle donne sia così direttamente subordinata alla libertà ed al rispetto di cui deve godere che mal vi provvedono e la censura sistematica e l’irrisione abusata”. (Gruppo femminile di Paterson, Questione sociale, settembre 1902)
Fu probabilmente lo stesso Pedro Esteve a nome della redazione della Questione sociale a rispondere alle rivendicazioni del Gruppo femminile di Paterson:
Brano da commentare: “Alle nostre compagne del Gruppo Femminile. [...] Esse dovevano prevedere che se attorno all’opera loro sarebbero convenuti solidali tutti coloro in cui la convinzione turgida cerca ogni giorno nuove arterie a più diffusa e più vitale circolazione, dovevano, per converso, contro l’opera loro schierarsi tutti i rachitici della fede denutrita, tutti gli ibridi, tutte le mezze coscienze, tutti i mezzi caratteri fino a coloro che a dispetto delle intenzioni povere e della boria facile, di carattere e coerenza non sanno che farne e non perdoneranno mai alle donne, sieno quanto vogliono compagne, di voler fare da sé. Finché a parlare di redenzione delle donne sono... gli uomini, magari di buona volontà, le cose procedono su per giù come per l’emancipazione dei lavoratori per cura dei capitalisti, vale a dire col massimo ordine e con risultati irrisori. Ma il terreno diventa scabro non appena, emancipate dalle tutele più prossime cominciano a dissodarlo... le donne stesse con un ribelle sentimento d’indipendenza e coll’esercizio pratico di quell’azione diretta che raccoglie nei comizi tante simpatie, [ma] tanta corona d’oltraggi nella pratica e nella lotta, come avviene appunto alle compagne nostre del Gruppo Femminile. [...] le compagne nostre hanno torto a meravigliarsene e di dubitare del loro nobilissimo lavoro di propaganda; torto tanto maggiore che esse non potranno impedire mai agli idrofobi di perdere la bava né di ridere stupidamente agli idioti”. ( Redazione della Questione sociale, 1902)
Bibliografia: Marabbo
e Alessia Bruni Cavallazzi, Attorno a una vita: Maria Balzarini Roda in Malamente.
Rivista di lotta e di critica del territorio, 20 giugno 2020. Entrambi i testi sono a pp. 108-109
PEDRO ESTEVE E MARIA RODA PIU' ANZIANI |
Dopo il 1908 Maria e Pedro
lasciarono Paterson e
viaggiarono, sempre a fini di propaganda, in tutte le più importanti città americane
sino a che si stabilirono definitivamente a
Weehawken (New Jersey) e la loro
casa divenne un noto luogo, dove, soprattutto le domeniche, si organizzavano
raduni. Dopo la morte di Pedro Esteve nel 1925 e quella del padre Cesare nel
1932 continuò a vivere insieme ai figli
Violetta, Sirio, Sensitiva, Pedro, Flora, Elio, Iris e Zeffiro a
Weehawken, restando sempre “ un’ardente anarchista”. Non se ne conosce la data
precisa della morte.
Nessun commento:
Posta un commento