EDVARD
MUNCH (1863- 1944) Nacque Loten in
Norvegia , nel 1863, da Christian Munch, medico militare, e da Laura Cathrine Bjolstad . La
madre morì di tisi e fu sua sorella, la
zia Karen , a occuparsi dei cinque fratellini. Dedicatosi completamente alla
pittura frequentò gli ambienti artistici di Cristania
(oggi Oslo) e lo scrittore anarchico norvegese,
HANS JAEGER( 1854-1910), autore,
tra l’altro del libro Anarkiest
Bibel ( La
Bibbia anarchica). Munch
viaggiò in
tutte le grandi città europee e negli USA ( tra cui Parigi, Vienna, Copenhagen,
Berlino. Bruxelles, Monaco, Chicago,
Oslo, San Pietroburgo, Venezia.) e ovunque
le sue opere ( Il grido, Angoscia, Pubertà , Il
bacio, Madonna ecc.)
suscitarono grande clamore e scandalo. Fu
amico di August Strindber e di
Enrik
Ibsen. Nel 1898
incontrò Tulla
Larsen, figlia di un commerciante di vini.
Ebbe con lei una relazione molto intensa che si concluse tragicamente
nel 1902 con una grande scenata in cui
egli sparò e si ferì ad una
mano. Pur continuando incessantemente a dipingere venne spesso
ricoverato in case di cura per abuso di
alcol e per allucinazioni. Tra le sue opere importante per il
suo contenuto sociale e libertario è, a mio parere, il quadro intitolato I
lavoratori tornano a casa,
composto nel 1912.
Il quadro di Munch mi ha fatto nascere il desiderio di fare delle figurine di creta , che grosso modo si ispirano ad esso e sullo sfondo ho messo una carrozza con dentro un borghese che probabilmente li osserva con il consueto disprezzo riservato agli operai da parte della borghesia oppure con una presa di coscienza, che potrebbe portare quell’osservatore dall’ altra parte della barricata rinnegando i suoi privilegi di classe. In fondo la «carrozza « , che ho usato è la stessa di cui mi sono servito per la fuga di Kropotkin nel post dedicato a quell’anarchico russo.
A
partire da sinistra: 1) Internazionalista di tendenza bakuninista
, disertore della classe borghese e “apostolo” degli ideali
socialisti e rivoluzionari. Nel primo decennio del novecento, i cosiddetti
“apostoli” ancora viventi, erano generalmente dei “vecchi” con idee in gran
parte superate, il che è, in questa figurina, rappresentato metaforicamente
dall’abito, alquanto demodé . Tuttavia, questo personaggio , così come me lo
immagino io, si differenzia nettamente dal protagonista del film di San Michele aveva un gallo dei
fratelli Taviani, ( e dalla novella di Tolstoj, Il divino e l’umano)
. Egli sebbene alquanto spaesato nel nuovo contesto sociale , soprattutto
se reduce da un lungo periodo di prigione e di isolamento, otteneva
grazie al suo carisma e alla sua enorme esperienza di lotta,
facilmente , senza cercalo e tanto meno imporlo, stima e rispetto tra le
giovani leve. Le figure n. 2-3-4 sono ispirate al quadro Quarto Stato di
Polizza da Volpedo . La figura 5 è un giovanissimo operaio, molto arrabbiato.
Mi piace ancora immaginare che dopo l’eventuale arresto del giovane, il
numero 1 , in qualità di avvocato, avrebbe assunto la sua difesa, in
tribunale, evidenziando le condizioni miserabili e disumane in cui
versava la classe operaia, e i sistemi ferocemente repressivi usati contro di
essa. Tanto, per inciso, ci si ricordi che, anche, le celebrate riforme
sociali, attuate nell’età giolittiana , non furono il regalo di nessuno, bensì
sofferte conquiste, acquisite duramente, dalla classe operaia.
Nota: il
povero serpente, prima della punizione divina, aveva ancora le
gambe.
Il quadro di Munch mi ha fatto nascere il desiderio di fare delle figurine di creta , che grosso modo si ispirano ad esso e sullo sfondo ho messo una carrozza con dentro un borghese che probabilmente li osserva con il consueto disprezzo riservato agli operai da parte della borghesia oppure con una presa di coscienza, che potrebbe portare quell’osservatore dall’ altra parte della barricata rinnegando i suoi privilegi di classe. In fondo la «carrozza « , che ho usato è la stessa di cui mi sono servito per la fuga di Kropotkin nel post dedicato a quell’anarchico russo.
Dal 1916 Edvard Munch si ritirò nella sua tenuta di Ekely,
vicino ad Oslo , dove morì nel 1944.
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GIUSEPPE PELLIZZA DE VOLPEDO ( 1868-1907). Nacque a Volpedo da una famiglia di agricoltori Dopo avere studiato disegno nella Scuola Tecnica di Castelnuovo si iscrisse all’ Accademia i Belle Arti di Brera. Continuò poi gli studi a Roma e a Firenze. Nel 1889 si recò a Parigi. Tornato a Volpedo sposò Teresa Bidone. Nel 1901, particolarmente scosso dai moti del 1898 e la feroce repressione , che seguì, agli infami ordini del generale Bava de Beccaris ( cfr . post : LE LOTTE OPERAIE FINE SECOLO XIX ) tornò con motivazioni nuove su un tema pittorico già affrontato negli anni precedenti ( tra cui gli Ambasciatori della fame, e La Fiumana ) in un dipinto dapprima chiamato « Il cammino dei lavoratori» e poi, col nome , ora noto, di Quarto Stato, che assume rispetto ai suoi «dipinti sociali» precedenti , un più esplicito messaggio politico ed è stato giustamente considerato il « più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l’ otto e il novecento.
GIUSEPPE PELLIZZA DE VOLPEDO ( 1868-1907). Nacque a Volpedo da una famiglia di agricoltori Dopo avere studiato disegno nella Scuola Tecnica di Castelnuovo si iscrisse all’ Accademia i Belle Arti di Brera. Continuò poi gli studi a Roma e a Firenze. Nel 1889 si recò a Parigi. Tornato a Volpedo sposò Teresa Bidone. Nel 1901, particolarmente scosso dai moti del 1898 e la feroce repressione , che seguì, agli infami ordini del generale Bava de Beccaris ( cfr . post : LE LOTTE OPERAIE FINE SECOLO XIX ) tornò con motivazioni nuove su un tema pittorico già affrontato negli anni precedenti ( tra cui gli Ambasciatori della fame, e La Fiumana ) in un dipinto dapprima chiamato « Il cammino dei lavoratori» e poi, col nome , ora noto, di Quarto Stato, che assume rispetto ai suoi «dipinti sociali» precedenti , un più esplicito messaggio politico ed è stato giustamente considerato il « più grande manifesto che il proletariato italiano possa vantare fra l’ otto e il novecento.
Il
quadro di Pelizza de Volpedo mi aveva ispirato già parecchi anni fa in una
serie che avevo chiamato « i rivoluzionarini» le
seguenti cinque
figurine
di creta che sintetizzavano la mia idea del «movimento operaio» tra la fine del
secolo XIX e il primo decennio del XX secolo.
Nel 1907 Pelizza de Volpedo si uccise,
sconvolto dalla morte per parto della moglie, che era stata la
modella della donna del Quarto Stato .
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ROBERT HENRI |
ROBERT
HENRI ( 1865-1929 ). Un
suo antenato paterno, noto con il nome di Cazat, era un ugonotto francese, fuggito
in America dopo la «Notte di San
Bartolomeo « (1572) . I suoi discendenti svolsero tutti importanti ruoli nelle guerre d’indipendenza
degli Stati Uniti, Il padre di Robert Henri, John Cozad, ebbe una vita avventurosa e fondò
il villaggio di Cozzadale vicino a Cincinnati, ma dopo avere
ucciso un uomo, durante una lite, dovette fuggire e cambiare il nome in Richard
Henri. Ad allevare e a educare Robert Henri, trasmettendogli l’amore per l’arte
e la letteratura, fu la madre, anche lei discendente da una vecchia famiglia
del Sud. Nel 1886 Robert Henri si
iscrisse alla rinomata Pennsylvania
Accademy the Fine Arts ( PAFA) Nel 1888 , per rafforzare la propria cultura artistica si recò in Francia e in Italia . A Parigi Robert Henri frequentò
ambienti bohemiens ed anarchici, in cui erano assai
diffusi scritti di Jean Grave, di Elisée
Reclus e di Piotr
Kropotkin. Tornato a Filadelfia nel 1891 si
dedicò all’insegnamento, ma presto si ribellò nei confronti dell’ arte e della
cultura dominante e nel 1907 fondò il
cosiddetto « gruppo degli Otto», composto da artisti anticonformisti, tra cui John Sloan e George Bellows .
Il gruppo organizzò diverse mostre in cui si affrontavano temi
alternativi a quelli accademici ( l’emancipazione della donna, denuncia delle
disuguaglianze sociali , ecc.) e la stampa dominante li
definiva beffardamente «scuola della cassetta delle immondizie « per la
scelta di soggetti pittorici come i miserabili quartieri perficerici, gli operai, gli Afroamericani, le prostitute, ecc. (cfr. brano)
Brano
da commentare: « «… Ed egli creò un
circolo di studenti con il suo proprio programma che comprende diversi punti: -
Nessuna materia obbligatoria, né limiti ai soggetti e alle discipline scelte
dallo studente; - Abbandono delle credenze accademiche tradizionali, insistenza
sull’importanza dell’immediatezza e dell’autenticità e dunque delle esquisses
pratiche; - Rigorosa eguaglianza tra gli studenti dei due sessi. Robert Henri
incoraggiò ciascuno e ciascuna a sviluppare
la propria personalità andando piuttosto nel quartiere (cadre) miserabile delle
periferie operaie. Si dipingeranno lavoratori, Afroamericani, e anche
prostitute. Si uscirà dalle concezioni borghesi sulle donne, ciò che sarà più
tardi ripreso dal movimento femminista.,
e i suoi studenti furono centinaia ..»
(Ronald Creagh, Ars e Anarchisme dans
les Etats -Unis. A’ la rencontre du Cygne Noir )pressions Libertaires du XIX au
XX siècle , oordinateurs Paola Domingo
Bibliografia: Ronald Creagh, Ars e Anarchisme dans les Etats -Unis. A’ la rencontre du Cygne Noir, in Amerique
Anarchiste. Expressions libertairesw du XIX au XX siècle,
coordinateurs
Paula Domingo -Alba Lara – Alengrin Karim Benmiloud,
America Libertaria, 2014 pp. 245-246. traduzione italiana mia
Nel 1912,
attraverso la lettura della rivista anarchica Mother
Earth , di
cui era abbonato, conobbe Emma Goldman, allora impegnata ad
animare il Centro Sociale Ferrer, fondato da lei e ad altri
compagni, due anni prima, a New York. A Robert Henri fu chiesto di
aprire, nel Centro , una scuola d’ arte , ed egli, insieme ad alcuni altri
artisti, accettò con entusiasmo. (. cfr. brano)
Brano
da commentare: « L’insegnamento di Henri si basa essenzialmente su un corso di
due sere settimanali che alterna con un altro insegnante, il pittore George
Bellows. […] La scuola è aperta ogni giorno , compreso il sabato e la domenica,
ma di giorno è aperta ai bambini e la sera e nei week-end agli adulti; non c’è
obbligo di frequenza, ed è gratuita, sebbene gli iscritti versino un contributo
libero per pagare le modelle. Henri incoraggia nei suoi allievi la lettura dei
capolavori della letteratura e del teatro. Convinto che questi testi possano
nutrire la loro pittura. Si limita a correggere pochissimo, proprio per dare
spazio alla sperimentazione. Ma la cosa più importante è che il pittore fissa
l’idea base che ogni studente può, anzi, deve imparare dai propri compagni tanto
quanto dall’istruttore o da una causa naturale, lasciando che nulla passi
inosservato, maturando cioè quell’attenzione per il particolare tanto preziosa
non solo agli artisti visivi. […] Le lezioni al Centro sono intervallate da pause pranzo, che si svolgono alla mensa e
consentono di continuare le lezioni oltre le normali ore scolastiche e, allo
stesso tempo, di tessere delle relazioni tra studenti o tra studenti e
insegnanti. Nascono così amicizie, gruppi di lavoro e persino storie d’amore
…». ( Cristiano Gilardi, Arte § Educazione. Visioni pratiche antiautoritarie
..)
Bibliografia: Cristiano Gilardi, Arte § Educazione. Visioni pratiche
antiautoritarie, La Fiaccola, 2016, pp. 29-30
La scuola d’ arte
ebbe successo e dal 1915 si trasferì nella Colonia di Stelton. Numerosi
(relativamente) furono i suoi allievi e alcuni di essi divennero artisti famosi
come per esempio Man Ray. Robert Henri,
sino alla sua vita , continuò nella sua missione di diffondere le idee
libertarie e anarchiche attraverso esposizioni d’arte antiaccademica e creando spazi per un’educazione artistica
libertaria. Tra
Emma Goldman e Henri Robertsi
stabilì un solido rapporto di
reciproca ammirazione . Da questo rapporto derivò, tra l’altro , la richiesta
di Henri Robert di poterle fare un ritratto., che Emma Golldman però non vide mai. (cfr. brano)
Brano
da commentare: « Imparai a conoscere Henri e constatai che era un uomo dalla
personalità eccezionale, uno spirito libero e generoso. La sua concezione dell’
arte e del rapporto tra arte e vita era, di fatto, anarchica. Quando
inaugurammo le classe serali alla scuola Ferrer, egli aderì prontamente
all’invito di tenere un corso sull’arte.
Riuscì anche a coinvolgere George Bellows e John Sloan, e insieme i tre
instaurarono nei corsi ad indirizzo artistico un cima di libertà che
probabilmente non aveva l’uguale in nessuna altra scuola di New York a
quell’epoca. In seguito Robert Henri mi chiese di posare per un ritratto. Ero
molto occupata in quel periodo , e poi
molti altri pittori avevano cercato di ritrarmi senza successo. Henri disse che voleva dipingere «la vera
Emma Goldman» « Ma qual è la vera Emma Goldman?» domandai « io non sono
riuscita a scoprirla». Il bellissimo studio di Henri nel Gramercy Park, così
lontano dalla polvere e dal frastuono della città, e l’ospitalità squisita di
sua moglie furono come un balsamo per me. Insieme discutemmo di arte, di
letteratura e di educazione libertaria. Henri era versatissimo in questi
argomenti ; inoltre , possedeva un insolito intuito che gli permetteva di
riconoscere quando un impegno era sincero. Nel corso di quelle conversazioni,
estremamente illuminanti, appresi della scuola d’arte, da lui fondata alcuni anni addietro. « Gli studenti sono
lasciati completamente liberi e possono sviluppare ciò che è in loro» spiegò « Io rispondo soltanto alle domande e
dò consigli per risolvere i problemi più difficili» Non cercava mai di imporre
le sue idee agli allievi. Ovviamente, ero ansiosa di vedere il ritratto,
tuttavia, sapendo che Henri non amava
mostrare le sue opere non concluse, non gli chiesi nulla. Quando il quadro fu
terminato, non ero a New York, ma qualche tempo dopo mia sorella Helena mi
scrisse di averlo visto esposto in una mostra a Rochester. « Non ti avrei
riconosciuta, se non ci fosse stato il tuo nome sotto il quadro» mi spiegò.
Molti altri amici concordarono con lei. Comunque fosse, ero certa che Henri
aveva cercato di ritrarre quella che pensava fosse « la vera Emma Goldman». Non
vidi mai il dipinto, ma conservai un caro ricordo delle sedute, dalle quali
avevo ricavato molto .» ( Emma Goldman, Vivendo
la mia vita … )
Bibliografia:
Emma Goldman , Vivendo
la mia vita, Volume III, 1908-1917,
La Salamandra, 1985 pp. 130 -131
Questo ritratto, per quanto ne so, è , oggi, andato distrutto
, e,
se ho
capito bene , se ne può avere un’ idea solo tramite una foto in bianco e nero,
fatta, a suo tempo, da
Peter A. Juley §
Son. Ispirandomi ad esso nel fare la mia figurina di creta mi sono quindi inventato i colori
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MAN RAY |
MAN RAY ( 1890-1976) fotografo e pittore statunitense, la cui fama è tale, che
rende superfluo ricordare
qui la sua biografia e la sua arte.
Qui mi soffermerò brevemente soltanto sulla sua esperienza
artistica giovanile
nella Scuola Moderna di Stelton, nota anche con il nome di "colonia Ferrer , sotto la "guida" di Robert Henri, definita da lui stesso nel 1924 durante una intervista con Anna Guerin " il periodo formativo della sua opera avvenire" . (cfr. brano)
Brano
da commentare: “ E’ allora che intesi parlare di un centro sociale a nord della
città, ci si poteva iscrivere ad un corso serale in cui dei modelli posavano
. (…) Potevo iscrivermi quando potevo,
il corso era gratuito per i membri che si effettuavano una colletta per pagare
il modello (…). Questo centro era stato fondato , in ricordo dell’esecuzione
dell’anarchico spagnolo Francisco Ferrer, da dei simpatizzanti di quest’ultimo. Era finanziato da uno scrittore benestante
newyorchese. Oltre i corsi artistici, c’erano corsi di letteratura, di
filosofia ed una scuola per i bambini dei membri che desideravano allevare la
loro progenitura in un ambiente più liberale di quello offerto dalle scuole
pubbliche. Tutti i corsi erano gratuiti , alcuni scrittori e pittori conosciuti
fungevano benevolmente da professori. Di fatto tutto era libero, anche l’amore.
La maggior parte disapprovavono le convenzioni imposte dalla società”( in Gurin Anna, Man Ray, autoportrait" (1964)
Bibliografia: in Isabelle Marinone,
Man Ray, La
sintesi di due espressioni di una stessa contestazione, da Anarchisme et Cinéma.,
2004 in dada100.over-blog.it
› article-saggio-granier-man-ray-la-sintesi-di-due-esp...
E fu proprio
all’interno Colonia Ferrer che Man Ray espose le sue prime opere e, in quel
periodo, illustrò anche, disegnandone le copertine, alcuni numeri della rivista
“Mother Earth, fondata da Emma Goldman. Tra quelle belle copertine ho scelto di
inserire qui quella che rappresentava lo strazio dell’umanità divorata da due
mostri: Il capitalismo e il governo. A modo mio, nella figura due ho cercato di
riprodurla con la creta.
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RALPH FASANELLA (New York 1914-
1997) : E’
nato a New York nel 1914 da genitori
italiani emigrati negli USA nel 1910,
Giuseppe (Joe) Fasanella , venditore ambulante
di ghiaccio e Ginevra Spanoletti, attiva antifascista e madre di
altri 5 figli. Il padre nel 1920 lasciò la famiglia e tornò in Italia. Da
ragazzino fu vittima , in una scuola cattolica , di un abuso sessuale da parte
di un prete. Allo scoppio della guerra
civile Ralph Fasanella si arruolò come volontario nella brigata internazionale
“ Abraham Lincoln” Tornato in America divenne un attivo sindacalista e iniziò
ad esporre suoi quadri durante le riunioni e le feste sindacali. Nel 1950 sposò , in
seconde nozze, l’insegnante Eva Lazorek, da cui ebbe due figli, Marco e
Gina. Il primo matrimonio con Matilde Weiss era durato appena un anno.
Durante il maccartismo , etichettato come uomo di sinistra, non poté
più lavorare se non nella stazione
di servizio di suo fratello. Negli anni settanta i suoi quadri , dal contenuto fortemente sociale, vennero assai apprezzati e lodati anche da diversi critici d’arte (es.
John Berger). Durante gli ultimi anni della sua vita il mutamento della
situazione politica americana in senso conservatore e neoliberista provocò un
relativo declino della sua popolarità.
Alla sua morte venne comunque riconosciuto
dalla stampa di sinistra come “un vero artista del popolo al pari di
Paul Robeson e di Woody Guthrie”.
Tra i suoi quadri mi limito a ricordare qui " Iceman crucified " precisando comunque che l'immagine del padre, Giuseppe Fasanella, emigrante italiano, venditore di ghiaccio, inchiodato sulla croce, ricorre in molte altre sue opere. Questa immagine dell’emigrante italiano crocifisso mi ha fatto venire in mente altri crocifissi di oggi : i rom, gli extracomunitario, i bambini poveri, le donne , * queer
Tra i suoi quadri mi limito a ricordare qui " Iceman crucified " precisando comunque che l'immagine del padre, Giuseppe Fasanella, emigrante italiano, venditore di ghiaccio, inchiodato sulla croce, ricorre in molte altre sue opere. Questa immagine dell’emigrante italiano crocifisso mi ha fatto venire in mente altri crocifissi di oggi : i rom, gli extracomunitario, i bambini poveri, le donne , * queer
PROGETTO DI MONUMENTO (?) A BAKUNIN |
Brano
da commentare: « …. Mi arrivò , da parte
di Bernd Kramer, l’invito a partecipare ,
con un mio progetto, ad una mostra di proposte per un monumento a Bakuninb, da erigersi possibilmente a
Berlino . Il primo monumento a l mondo per Bakunin. Volevo partecipare alla
mostra; volevo ideare un modello; e la mia mente andò a quel cavalletto, posto
sopra la cassa di legno. Realizzai il
progetto, in piccolo, miniaturizzando
quell’idea. Feci, cioè , una piccola scatola di legno e sopra posi un
piccolo cavalletto di legno, di quelli che talvolta vengono utilizzati per le
vetrine. Sul cavalletto pensai che ci andava bene una tela da pittore, una
piccola tela che approntai con il ritratto di Bakunin. Data la somiglianza,
volevo chiamare Pierre Casè a posare per il ritratto, ma poi
usai una delle classiche foto a mezzo busto. Aggiunsi sulla scatola in legno
una bella A ricavata con gli stampini per casse .
A come
Arte, A come Anarchia. L’immaginazione sta
all’arte come il seme della libertà sta all’anarchia.. Il progetto mi convinse
e lo posi ad asciugare sulla grande
cassa con sopra il cavalletto con sopra il cappuccio. Presi una tela più grande , di cm. 80 X 60,
e per trasporto fotografico ci feci
sopra un altro ritratto di Bakunin .
Messo sul cavalletto grande il ritratto grande, capii che il monumento maggiore
conteneva in sé quello minore , anzi poteva partorirne molti di quelli piccoli
come voi qui li vedete. …» (Enrico Baj, Un monumento ? )
Bibliografia: Baj Bakunin Atti del convegno. Monte Verita’
Ascona 5 ottobre 1996,
Città di Locarno Musei e Cultura , Edizioni La Baronata, 2000 pp. 29-30. Subentrò poi un' altra idea , quella di un "semplice blocco di marmo di Carrara percorso da una crepa allargata, una fenditura provocata da un cuneo. Il cuneo del pensiero di Bakunin." (pp. 30-31)
Infine ricorderò, qui, una delle opere di Baj
, che preferisco : Adamo ed Eva
, in cui dio (o un angelo) rimprovera Adamo ed Eva
rivelando la propria vera natura di guardiano collerico e autoritario.
Questa
scena ha fatto sorgere
anche in me un’immagine della vita nel mitico
“paradiso” terrestre alquanto inquietante e ben poco beata.
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FLAVIO
COSTANTINI (1926-2013) Dopo alcuni
anni di servizio , prima nella Marina militare e poi in quella mercantile lavorò
per
alcuni anni come disegnatore di stoffe e collaborando come grafico a molte riviste aziendali ( tra
cui
l’italsider).
Si interessava anche di letteratura, in
particolare di Kafka di cui illustrò
alcuni romanzi . Dopo un
viaggio in Spagna
, nel 1959, iniziò
una serie che intitolò Tauramachia
. (cfr. brano)
Brano da commentare: « … Un giorno si
decise a visitare la Plaza de Toros. La tauramachia fu per lui lo spettacolo perturbante della violenza, della
sopraffazione, della lotta. « Io sto dalla parte del torero. Lei no ? Provi a trovarsi davanti un
toro, poi mi dice». Ritornato in Italia cominciò a dipingere
tauromachie. […] «Nei miei quadri il torero ha quasi
sempre la peggio « . In Tauromachia V il pubblico e i picadores
guardano fuori campo. Una muleta e un
cappello giaciono nella sabbia. La bestia, con le
picche nel dorso e una spada nelle scapole, fissa noi. Il toro è nero, come il
fascismo. « Ma fosse rosso, non sarebbe
meglio» . La tauromachia riflette la condizione
umana: la grazia e la tecnica del torero sono gli attributi della civiltà, il
toro è la furia cieca della vita. Sebbene siano ancora presenti l’angoscia e il
senso di sconfitta dei quadri precedenti, nelle tauromachie qualcosa è
cambiato, mentre gli eroi kafkiani, schiacciati dal senso di colpa, non trovano
la forza di ribellarsi e sono destinati alla sconfitta, nell’arena c’è la lotta
« ( in Roberto Farina, Flavio
Costantini , l’anarchia, molto cordialmente …)
Bibliografia: in Roberto Farina, Flavio
Costantini , l’anarchia, molto cordialmente ,
Milieu 2015, pp. 37-38
Negli
anni sessanta e settanta, dopo un viaggio a Mosca, dove rimase fortemente
deluso dal socialismo autoritario russo e
la lettura del libro Memorie
di un rivoluzionario di Victor Serge,
Flavio Costantini iniziò la serie , pubblicata col titolo The Art of Anarchy nel
1975. (cfr. brano)
Brano da commentare: « … « Il periodo storico su cui si concentra
la produzione di Flavio Costantini è quello della prima grande scintilla di
resistenza dei lavoratori verso lo Stato che, sostenuto dal capitalismo rampante,
in quegli anni stava distruggendo il ceto artigiano e il suo spirito
indipendente per ammassarlo nelle fabbriche d’ Europa. […] Ed è proprio sugli eventi di questa lotta
contro l’oppressione che si sofferma Flavio Costantini. […]
Per comprendere l’arte di Costantini è necessario capire che il suo vero
interesse è rivolto alla lotta di classe; e troppo spesso, purtroppo, per
combattere la repressione, la miseria e le ingiustizie sociali perpetrate dallo
Stato, quella lotta ha dovuto ricorrere alla violenza. Sono queste le azioni
che formano il tessuto connettivo dell’anarchismo rivoluzionario. Gli eventi
che Costantino raffigura sono episodi di una lunga odissea verso la libertà.
Con la sua arte sta tessendo l’Arazzo di Bayeux della rivoluzione anarchica. Con
questo arazzo dedicato alla conquista del pane e della libertà, ci accompagna
attraverso le tappe salienti del movimento anarchico, i suoi picchi di speranza
e di sconforto, quei momenti che hanno formulato un credo e hanno segnato una
netta linea
senza demarcazione tra il socialismo libertario da un lato, e il
socialismo riformista ed autoritario dall’altro, ognuno dei quali mostra a suo
modo che senza libertà non può esistere l’ uguaglianza e che senza uguaglianza non può
esistere la libertà e senza lotta non
può esistere né l’una né l’altra». ( Introduzione di Stuart Christie a Flavio
Costantini, The
Art of Anarchy, London 1975)
Bibliografia: Introduzione di Stuart Christie a Flavio Costantini, The Art of Anarchy,
Cienfuegos Press London
1975. Traduzione italiana dall’inglese
in Roberto Farina, Flavio
Costantini , l’anarchia, molto cordialmente ,
Milieu 2015, pp.234-235
Le nove illustrazioni di Flavio
Costantini , che inserisco in questo post sono tutte tratte da The Art of Anarchy , fuorchè la terza a partire da sinistra,
che fa parte della serie dedicata alla
Tauromachia e dove il toro, "con le
picche nel dorso e una spada nelle scapole," potrebbe rappresentare , accantonando , per un momento, l' afffermazione di Costantini: " Il toro è nero, come il
fascismo" , anche quella "forza di ribellarsi e di resistere", che anima tutte le ilustrazioni dedicate da Costantini agli anarchici.
Per questo
motivo ho fatto in
creta una figura antropomorfa: mezzo toro e mezzo anarchico , una specie, cioé, di Anarchik taurino. ( Anarchik è, come è noto, il protagonista di striscie a fumetti create da Roberto Ambrosoli, che, da parecchi
anni, appaiono mensilmente su A rivista anarchica)
ANGELO
CASILE (1950-1970) :Sulla
sua
breve vita e sulla sua più che sospetta morte , si veda , in questo blog, il
post 1968 E GLI ANARCHICI .Aggiungo
solamente alcune informazioni sulle qualità artistiche di Angelo Casile, contenute nel libro , già citato,
di Nicoletta Orlandi Posti. (cfr. brano )
Brano da commentare: «… Angelo è
l’artista del gruppo: tra una manifestazione e l’altra dipinge quadri di grande
effetto cromatico e di grande suggestione esistenziale. Nell’estate del 1970
vince il primo premio di un concorso di
pittura a Locri: 200 mila lire, qualcosa come duemila euro di oggi, che regalò
ai suoi compagni permettendo loro di partecipare a una manifestazione nazionale
contro la guerra in Vietnam organizzata a Roma. A ottobre 1970 la famiglia Casile riceve
una lettera del critico d’ arte Rudolf de Jong , che lo invita ad esporre in
una mostra permanente i suoi quadri ad Amsterdam» (Nicoletta
Orlandi Posti, Il sangue politico …… )
Purtroppo
non ho mai visto i quadri a cui accenna
l’autrice, ma ho trovato su Internet i
tre seguenti schizzi
Il
bel disegno sulla Nato di Angelo Casile mi ha
ispirato la seguente scenetta in creta :
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