LIA BELLORA
LIA
BELLORA (nata nel 1913) , staffetta partigiana nelle brigate Malatesta-Bruzzi , dal 1945 venne nominata segretaria della Federazione
Comunista –Libertaria Lombarda. Aderì nel 1950 all’ Unione delle Donne Italiane
(UDI) . Alla Bellora si deve , tra l’altro,
un importante articolo pubblicato
su "Il comunista libertario" il 30 giugno 1945. in cui è molto ben espresso
quello che deve essere stato lo spirito animoso ed entusiasta di numerosi
partigiane e partigiani , che hanno lottato contro il nazifascismo e
contro tutto un sistema di vita retrogrado e conformista imperniato sulla
paura e sul culto di un' obbedienza passiva e spersonalizzante. (cfr. brano)
Brano da commentare
: “Ciò che si è convenuto chiamare il male, ossia tutto ciò che costituisce un atto di rivolta contro le leggi della natura e della società, non solo può essere necessario al compimento della vita dell'individuo, ma ha anche in sé un valore innegabile che può essere almeno comparabile al valore del bene. Infatti , la felicità che ci offrono i moralisti risulta dall'obbedienza a tutte le costrizioni che ci sono imposte dalla natura e dalla società; per essere felici secondo loro basta obbedirvi. Ma essi dimenticano che tale felicità è tutta negativa, giacché consiste soltanto nell'evitare il dolore. L’immobilità che ci viene proposta dai moralisti non è altro che il
non-essere, l’inerzia, l’indifferenza. Gli individui che non si allontanano
che debolmente dalla linea diretta, diventano monotoni e fiacchi. Si
riconoscono ben facilmente; nulla li tenta, nulla li interessa, non osano
nulla. Hanno ucciso in se stessi, per mezzo della paura e dell’obbedienza, la
facoltà di sentire, di desiderare, di volere. Guardano a tutte le cose con
occhio sfiduciato e si allontanano da tutto ciò che potrebbe apportare loro
qualche gioia, poiché non vedono che dei pericoli. Sono condannati ad una vita
timida e triste. La felicità non può consistere in alcun modo nell'osservanza delle leggi, nella sottomissione alla regola. Basta, per esempio, leggere un trattato di igiene per rendersi conto di che sarebbe fatta la vita di un uomo che volesse osservarne tutte le prescrizioni. La felicità che risulta dall’osservanza di tutte le leggi
della natura e della società è una felicità d’inerzia, la ribellione condannata
dalla morale comune è invece il principio stesso della vita. Gli audaci
hanno una personalità abbastanza forte per sapere che nulla ha importanza se
non i loro desideri e le loro volontà nei limiti dell’altrui diritto; altri a
loro volta l’impareranno e la loro vita sarà più lieta e bella, più
intelligente e più fiera, più feconda anche, sbarazzata dai timori, dalle
incertezze che oggi l’opprimano.” (Lia Bellora, “ Nella ribellione comincia la vita” ,in “Il comunista –libertario, 30 giugno 1945)
Bibliografia: in
Martina Guerrini, Donne
contro ribelli, sovversive, antifasciste, e prefazione di Mario Rossi, Zero in condotta, 2013
pp. 72-73
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TARCISIO ROBATTI |
Tra le formazioni
minori, ma non per questo meno combattive, di tendenza anarchica-libertaria, che agirono in Lombardia, mi
limito a citare l’ AMILCARE
CIPRIANI , che operò nella
zona tra
Canzo ed Asso guidata da TARCISIO ROBBIATI
(1897-1952). Nato a Milano Tarcisio Robatti aderì all’anarchismo
ancora assai giovane. Arruolato nel 1916
disertò . Arrestato e condannato a 5 anni
di prigione fuggì dal carcere di Borgonuovo Valtidone.Fu la prima di una
lunghissima serie, negli anni successivi,
di arresti ed evasioni. Visse
molto tempo sotto il falso
nome di “Luigi Maiocchi”. Nel 1926 fu assegnato
al confino ( Favignana, Lipari e le Tremiti) per 5 anni. Tornò a
Milano nel 1931 e sposò Maria Remondi, fascista di lunga data, che al di là della divergenza di
idee, si mostrò con lui , per quanto ne so, sempre una compagna
affezionata e pronta ad intervenire in suo favore (persino con una lettera al duce) nei molti casi in cui lui , per i suoi
“ persistenti atteggiamenti antifascisti”, era perseguitato dalle autorità. Ciò
non gli risparmiò comunque ulteriori periodi di confino, dove il suo carattere ribelle e ad ogni forma di autoritarismo ebbe sempre modo di manifestarsi, nonostante le reiterate punizioni. Solo nel 1941 potè tornare a Milano e dopo
l’8 settembre comandò la formazione partigiana anarchica “ Amilcare Cipriani". (cfr. brano)
Brano da commentare:
“ Su questa formazione abbiamo
scarsissime notizie; viene brevemente ricordata nel memoriale di Concordia: “ Cipriani agiva sulle montagne di Asso- Como-Erba ( altre fonti parlano della Val d’Intelvi) .
Qualche contatto con il gruppo milanese sicuramente c’era, perlomeno nel
periodo pre-insurrezionale, visto che il nome di Robbiati compare, in veste di capo distaccamento, in alcuni elenchi di
partigiani della “ Malatesta Bruzzi” operanti in zona ticinese (dove
risiedeva in via Montegani) […] Prova dell’importanza della banda è
il fatto che nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione a Canzo risulti attiva una sezione comunista
libertaria con circa 60 iscritti ed un centinaio di simpatizzanti e che un
anarchico faccia parte del CLN “ ( Mauro
De Agostini- franco schirone, Per la rivoluzione sociale …)
Bibliografia:
Mauro De Agostini- Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale.Gli anarchici nella
resistenza a Milano (1943-1945),
zero in condotta 2015, p. 76
Durante
l'occupazione del Nord-Italia dei nazi-fascisti agì parallela alla
resistenza armata la non meno coraggiosa e rischiosa "resistenza
disarmata" , che si espresse sotto svariate forme, tra cui quella più
incisiva ed efficace, e che purtroppo costò deportazioni
e parecchi morti nei campi di concentramento in Germania fu la propagazione di scioperi operai tra il
1943 e il 1944.
GAETANO GERVASIO
Un protagonista e testimone di quella "resistenza disarmata" fu GAETANO
GERVASIO (1886-1964). Falegname, operaio metalmeccanico, aderì all’ Unione Sindacale Italiana (Usi
), sin dalla sua costituzione nel 1912, svolgendo, al suo interno, importanti incarichi. Partecipò attivamente a Torino al movimento dell' occupazione delle fabbriche (1919-1920) e , dopo il suo fallimento emigrò in Francia , da dove fu , poi ,espulso con l'accusa " di attiva propaganda agli scioperi" e per "appartenere al movimento comunista". Dopo l'avvento del fascismo partecipò al Convegno clandestino dell' USI che si tenne a Genova. Le difficoltà come antifascista di trovare un lavoro, lo spinsero ad aprire un'officina a Milano, dove vi trovarono lavoro compagni senza tessera fascista, che divenne ben presto nota come "l'officina rossa" e che chiuse nel 1934 per il boicotaggio contro di essa da parte del regime fascista. (cfr. brano)
Brano da commentare: " In quegli anni non si trovava lavoro se non si aveva la tessera del Partito fascista e l'iscrizione al sindacato fascista. [...] Con i risparmi, a dir la verità esigui, degli anni di lavoro a Torino e a Parigi, negli anni successivi alla morte di Nina [ nota mia: la sua prima moglie] poiché non volevo aderire al Partito Nazionale fascista, e quind non avrei trovato lavoro in alcuna fabbrica, aprii a Milano un laboratorio-officina in cui costruivamo tecnigrafi. A Milano vigeva un clima di "caccia alle streghe" : irruzioni nelle case di antifascisti da parte delle squadracce con i manganelli per togliere dalla testa le idee marcie" urlavano i fascisti - o con l'olio di ricino - "per purificarli dalle loro idee malsane." Nonostante questo continuavo la mia " nuova militanza" nell' "officina rossa" , come tutti chiamavano la mia officina a Gorla; i compagni "di passaggio" vi trovavano ospitalità o lavoro e così gli immigrati dal Sud. personalmente aiutavo anche compagni socialisti e comunisti sindacalisti "della base" [...] Nel '34 dovetti dichiarare il fallimento dell'officina. Anche questa opportunità di richiamare nell'irrealtà di un'impresa fuori dal tempo, gli ideali di fraternità e solidarietà, finì . Dichiarato il fallimento dell'officina, che mi sentivo addosso come un fallimento personale - anche se la causa più importante era l'ostrcismo delle altre imprese allineate alregime e le persecuzioni dei fascisti - mi misi in cerca di un lavoro. per fortuna lo trovai presso un imprenditore intelligente e non fascista , l'ingegnere Sormani ..." ( Gaetano e Giovanna Gervasio, Un operaio semplice..)
Bibliografia:
Gaetano e Giovanna Gervasio, Un
operaio semplice. Storia di un sindacalista rivoluzionario anarchico
(1886-1964)
Zero in condotta 2011 pp. 193-194 e p. 227
Dopo la
costituzione, nel centro-nord, della Repubblica fascista di Salò, Gaetano
Gervasio partecipò agli
scioperi del 1943 e del 1944 e arrestato, riuscì a fuggire prima di
essere deportato in Germania nel lager di Dachau.
Brano da commentare: “ ..
Fu negli anni della guerra, e soprattutto a iniziare dal ‘ 42 , che avevo
intensificato i miei rapporti con i lavoratori delle altre fabbriche, piccole e
grandi. Ci si ritrovava in gruppi ristretti, la maggior parte delle volte
in casa di compagni non ancora conosciuti dalla polizia repubblichina. Si
parlava della situazione politica, delle azioni dei fascisti, dei movimenti dei
soldati, dell’atmosfera che si respirava nelle fabbriche, ma in primo luogo che
cosa comunicare sulla stampa e quali interventi preparare […] Era, questo il
nostro modo di fare “ Resistenza”. Combattevamo senza armi – anche se era una
lotta impari contro la violenza estrema dei nazifascismi, ma era una
“testimonianza” vitale nei luoghi che ci vedevano ogni giorno lavorare,
faticare. Perché non volevamo adoperare i loro mezzi. Non volevamo “combattere
quello che loro sono, senza più essere quello che noi siamo” “Non volevamo “non
essere uomini”. Resistenti vittime, ma non violenti, anche se questo era una
pazzia. [……].
Nel novembre ‘43 ricominciarono gli scioperi nelle fabbriche, anche se le
rivendicazioni” “ufficiali “ erano di carattere economico: miglioramenti
salariali, indennità speciali, razioni alimentari supplementari …., ma esse
vennero ad assumere un significato politico, di opposizione al fascismo e
al nazismo. [….] Gli scioperi e le manifestazioni nelle fabbriche erano
la nostra Resistenza, la resistenza dei lavoratori. Tra gli operai si attiva
una confederazione clandestina di forze antifasciste di partito. Nacque così
il “governo ombra” che guidò la Resistenza in tutte le sue forme”
[….] La reazione dei fascisti e dei nazisti agli scioperi fu durissima:
arresti, torture, morti. I nazi-fascisti andavano nelle fabbriche, prendevano a
caso i cartellini degli operai (uno su dieci) dalle caselle degli orologi e,
con grande rumore, si recavano nei reparti a prelevare i lavoratori
“prescelti’. Li portavano nelle loro terribili sedi, o in carcere (i più
fortunati). Andando al lavoro, al mattino, i cittadini vedevano i morti
per la strada, fucilati, torturati …..” ( da Gaetano e Giovanna Gervasio, Un operaio semplice. Storia di un sindacalista rivoluzionario
anarchico (1886-1964) .
Bibliografia : Gaetano e Giovanna Gervasio, Un
operaio semplica. Storia di un
sindacalista rivoluzionario anarchico (1886-1964) Zero in condotta,
2011, p. 262
Dopo la seconda guerra mondiale Gervasio aderì alla C.G.I.L , con altri anarchici,
dando vita all’interno di quella organizzazione a "Comitati di difesa sindacale"
Nell’ultima fase della sua vita , contribuì , grazie alla sua
inventività e alla sua abilità nei lavori manuali, alla realizzazione di interessanti
esperienze pedagogiche libertarie all’interno della "Colonia
Serena. Maria Luisa Berneri" (cfr. post GIOVANNA CALEFFI
BERNERI) e, dopo essere andato in pensione a 72 anni ,come volontario, insieme ad altri compagni libertari, tra cui , per esempio CARLO e DIANA DOGLIO e PIO TURRONI, nel Centro Educativo Italo-Svizzero (CEIS) di Rimini, diretto da MARGHERITA ZOEBELI e dalla sua vice BARBARA STRATRIESKI e fruttuosamente sostenuto , sotto il profilo pedagogico e culturale, da LAMBERTO BORGHI e il suo gruppo. (cfr. brano)
Brano da commentare: "La prima volta che mi recai a visitare il CEIS , Margherita Zoebeli, la direttirce, e Barbara Stratrieski, la sua vice, , mi accolsero subito come un compagno. [...] Il mio compito consisteva nel favorire la realizzazione dei progetti dei ragazzi con piccoli aiuti tecnici (la maggior parte delle volte, tuttavia, lasciavo che scoprissero da soli gli stratagemmi atti a dar vita al giocattolo, o all'oggetto utile, in fabbricazione) e sostenerli quando sorgeva in loro loscoraggiamento, perché, magari , si erano fissati obiettivi troppo ambiziosi. I ragazzi venivano volentieri in laboratorio e mi facevano dono della loro gioiosa vitalità: arrivavano correndo e schiamazzando, mi buttavano le braccia al collo, poi, di subito seri, si mettevano ai loro posti ai banchetti [...] la serietà con cui si applicavano al lavoro mi suscitava tenerezza. Amavo quella loro serietà, che mi ricordava i miei compagni operai in fabbrica. La mani sono testa, occhi, cuore ... e la testa, gli occhi e il cuore ...sono mani. L'uomo vive la sua vita e il suo lavoro intero, non a pezzetti. ...." ( Gaetano e Giovanna Gervasio, Un operaio semplice...)
Bibliografia : Gaetano e Giovanna Gervasio, Un
operaio semplica. Storia di un
sindacalista rivoluzionario anarchico (1886-1964) Zero in condotta,
2011, p. 324 e p. 332.
ANTONIO E ALBERTO MORONI
ANTONIO (1892-1971) E ALBERTO
(1923-2000) MORONI . Antonio Moroni,
tipografo e sindacalista
rivoluzionario, la cui
liberazione dalle condizioni disumane delle compagnie di disciplina, dove
durante il servizio militare, era stato relegato per le sue idee
antimilitariste e rivoluzionarie fu uno
degli obiettivi principali della
“Settimana Rossa” del 1914 (cfr
post AUGUSTO MASETTI E LA SETTIMANA ROSSA)
sconcertò un anno dopo molti compagni diventando, al seguito di MARIA RYGER , ALCESTE DE AMBRIS , FILIPPO
CORRIDONI e altri (cfr. I LA GUERRA MALEDETTA E ABBASSO LA GUERRA) un entusiasta interventista e che fu tra i primi ad andare a combattere
come volontario garibaldino al fianco
dei francesi sulle Argonne . Allo scioglimento del corpo dei
volontari Antonio Moroni tornò in Italia
e , arruolato nell’esercito italiano, combatté
al fronte riportando varie
ferite. Finita la guerra , aderì , per
un breve tempo, al fascismo, ma già alla fine degli anni ‘’20, dopo i Patti
lateranensi tra il fascismo e il Vaticano,
se ne distaccò, pur godendo ancora di una certa protezione da parte
dello stesso Benito Mussolini e del suo fratello Arnaldo, , nel nome di un antico passato rivoluzionario comune, . Ma,
dopo il patto fascista con la
Germania nazista e la conseguente entrata dell’ Italia
nella seconda guerra mondiale al fianco dei tedeschi, le sue critiche al regime divennero sempre più audaci. Insieme al
figlio Alberto, Antonio Moroni avviò , nella sua tipografia,
una fitta pubblicazione clandestina di fogli sempre più apertamente antifascisti
e antinazisti, tra cui una versione satirica e coraggiosa, per quei
tempi, della canzonetta tedesca, diffusa
soprattutto tra i soldati tedeschi, “ Lili Marleen “.
Canzone da commentare : “ Quando l’Italia si ridesterà / ed il giogo nero nel fango crollerà / la
guerra infame cesserà / la vita alfine sorriderà / con te o Libertà …. / Con te o Libertà! / Nella
notte nera del tempo del Littor / regna sovrana la fame e il disonor, /
sangue e miseria non basterà / per farne un trono d’empietà / Con te, o Libertà
(due volte) / E i nostri figli costretti dal terror / van con
gli assassini dei loro genitor, /
questa è l’infamia che sconterà / chi l’ ha voluta, senza pietà / Con
te, o libertà (due volte) / Ma il dì
s’appressa o popolo sovran / che farai ritorno nel consorzio uman, /
il marchio nero scomparirà, / il sangue tuo lo laverà / Con te, o libertà (due
volte). ( Il
canto della rinascita sull’aria
di Lili Marleen).
Bibliografia: Dino Taddei, In galera per Lili Marleen, Bollettino n. 17 Centro
Studi Libertari- Archivio Pinelli, luglio 2001, p.23
Arrestati, nel
1942, per questa loro densa
attività antifascista, padre e figlio furono condannati a 5 anni di confino nelle Isole Tremiti. Amnistiati , in occasione del ventennale
della marcia su Roma, ripresero
immediatamente la loro attività sovversiva,
e in particolare la promozione di agitazioni sindacali, in un clima che
diveniva sempre più ostile al fascismo. (cfr.
brano)
Brano da commentare: “ Quello che più ci
colpì nei giorni seguenti , fu la gente profondamente cambiata, nei discorsi e
nei comportamenti. Prima, quelli che ci sapevano antifascisti, tenevano le
distanze e nel migliore dei casi ci
consideravano pazzi; ora la stessa gente ci veniva incontro con simpatia
e si dichiarava solidale con noi. Amici di scuola e di premilitare che prima
contestavano le mie critiche alla guerra e al regime, ora si dichiaravo d’accordo e qualcuno giunse a chiedermi cosa
potava fare per la buona causa ….” ( Alberto Moroni, testimonianza sull’ottobre del 1942 a Milano)
Bibliografia: Alberto Moroni, Antonio Moroni, una vita controversa dall’inizio del secolo
al secondo dopoguerra, Milano 1998 pp. 104-105. Cfr. Anche testimonianza video di Alberto Moroni
in Gli anarchici nella resistenza, Video a cura del Centro
Studi Libertari/ Archivio Pinelli, in collaborazione
con la Fondazione Anna Kuliscioff, Milano , 1995.
Dopo il 1943, con la
caduta del fascismo e la successiva nascita
nel Nord-Italia della Repubblica di Salò sostenuta dalle
truppe d’occupazione tedesche, Antonio e Alberto Moroni parteciparono in
stretto contatto con i gruppi partigiani
milanesi alla resistenza nazi-fascista. Importante fu un
loro manifesto rivolto “ Ai
lavoratori dell’ AltiItalia” firmato “ i
sindacalisti rivoluzionari “ pubblicato e diffuso tra il febbraio e l’aprile
1945, in cui venivano annunziati alcuni dei principali obiettivi da attuare
dopo la, ormai data per certa, vittoria sul nazi-fascismo. (cfr.brano)
Brano da commentare: “… all’ occupazione dell’ Italia del Nord da
parte degli eserciti alleati non segua l’insediamento del governo monarchico
repubblicano […] che il C.L.N. Sia l’espressione genuina dei Consigli di
fabbrica, dei contadini e dei partigiani in armi e non il riflesso dei partiti
borghesi del pre-fascismo. […] “ la
convocazione di un’ assemblea costituente, che non avverrà prima della
detronizzazione monarchica e completa emancipazione del proletariato da ogni
sfruttamento capitalistico mediante la conquista , da parte dei Sindacati di
categoria, dei mezzi di produzione e di scambio” ( tratto da Ai lavoratori dell’ AltiItalia febbraio7marzo
1945)
Bibliografia: in Cfr. Mauro De Agostini – Francesco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella resistenza a
Milano (1943-1945), Zero in condotta, 2015 p. 137. Non dispongo purtroppo del libro di
Alberto Moroni, Antonio Moroni, una vita controversa dall’inizio del secolo
al secondo dopoguerra, Milano 1998
(appendice), dove questo documento è riportato integralmente.
In seguito alla
diffusione di questo ed altri manifesti i Moroni furono accanitamente ricercati
dai nazi-fascisti e sfuggirono ai primi di aprile del 1945 per un pelo alla cattura e alla
morte (cfr. brano)
Brano da commentare : “ ….. Se quella
mattina […] fossimo entrati in ospedale
come al solito alle 7 e 30 per iniziare alle 8 il lavoro in tipografia, avremmo
trovato la portineria, bloccata da un
corpo speciale della polizia politica in
camicia nera, le “SS italiane “.
Avrebbero chiesto il nostro nome e ci avrebbero arrestato , perché eravamo
proprio noi che cercavano. Poi come avevano detto ai lavoratori fermati in
portineria ci avrebbero fucilati lì, nella piazzetta fuori dell’ospedale, per
dare un esempio a tutti [ …] Eravamo in tipografia con i pantaloni e la vestaglia nera di lavoro,
quando entrò un gruppo di infermieri molto agitati. “ Scappate, scappate!” ci dissero “ da mezz’ora la portineria è bloccata, vi
vogliono fucilare, adesso verrano a prendervi in tipografia …” ( Alberto
Moroni ,
memorie)
Bibliografia: in Cfr. Mauro De Agostini – Francesco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella resistenza a
Milano (1943-1945) Zero in condotta, 2015 p. 138
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MARIA OCCHIPINTI |
Nel Sud d'Italia
lo spirito resistenziale si manifestò invece nel
dicembre-gennaio 1944-45 tra i soldati siciliani che, dopo il 1943, erano
tornati dalla guerra voluta dal re e da Mussolini nei loro paesi. Quando il Governo Badoglio ordinò a questi reduci
di riarmarsi e di andare a combattere nell'’Italia del Nord nel nome del re di
Savoia, complice e maggiore beneficiario , per tanti anni, delle infamie di Mussolini, nacque,
spontaneamente, una rivolta al grido di
"Non si parte, non si parte" aggiungendo però "“ma, indietro non
si torna", volendo ben chiarire che con il fascismo, la monarchia e un esercito di tipo gerarchico ed autoritario, la si
era finita una volta per tutte. Il partito comunista, per opportunismo, si mise
dalla parte del governo , ma molti comunisti di base parteciparono, assieme
agli anarchici, alla rivolta. Tra i rivoltosi vi erano MARIA
OCCHIPINTI (1921-1996) e ERASMO SANTANGELO, che , poi, condannato a
23 anni si “impiccò” (versione ufficiale) in carcere. La storia di
questa pagina quasi sconosciuta della “resistenza alla guerra dei governi “ è
stata raccontata da Maria Occhipinti nel suo bel libro Una donna di
Ragusa” (1957) .(cfr. brano)
Brano
da commentare : “ Il camion carico di giovani veniva avanti come un carro
funebre […] Allora urlai: ”Lasciateli” e mi stesi supina davanti alle ruote del
camion “Mi ucciderete, ma voi non passerete” […] Lo stradone in pochi minuti fu
pieno di gente eccitata e pronta a tutto. Le autorità di polizia dettero ordine
di lasciare andare i giovani e quelli, di corsa, sparirono tra la gente. Ma
l’ira dei soldati fu tremenda, spararono sulla folla inerme . Un giovane
comunista mi cadde ai piedi mortalmente ferito. La folla si dileguò. Restarono
solo i più coraggiosi e disarmarono i pochi militari che c’erano. …. ( da “Una
donna di Ragusa” di Maria Occhipinti)
Bibliografia: Maria Occhipinti “Una donna di Ragusa” Sellerio 1993, pp. 88-89. Cfr. anche il libro
/fumetto di Antonio Mangiafico - Pippo Gurrieri, Non si parte! Non si
parte! Le sommosse in Sicilia contro il richiamo alle armi, Sicilia Punto L edizioni , 1991 . .
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