mercoledì 27 aprile 2011

INTERNAZIONALISTE E ANARCO-FEMMINISTE ITALIANE : MARIA LUISA MINGUZZI (1852- 1911)I - TERESA FABBRINI ( 1855-1903)- GIUSEPPINA CATTANI (1859-1914) - ANNA KULISCIOFF ( 1855-1925) - NELLA GIACOMELLI ( 1873- 1949) - LEDA RAFANELLI ( 1880-1971), ADA LATINI (1882-1932)


         

      




Già dopo   la Conferenza di Rimini del 1872 (cfr. post CONFERENZA DI RIMINI (1872) iniziarono in Italia ad apparire raggruppamenti di donne, tra cui uno dei più combattivi fu quello di Firenze sorto nel quartiere proletario di San Frediano. (cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: Tra il 1872 e il 1874 si ha infatti notizia dei primi raggruppamenti di internazionaliste – a Imola, dove è presente un nucleo – e di sezioni a Firenze e a Bologna.  Poche sono le notizie sulla città emiliana […]  Più consistenti sono le informazioni su Firenze, uno dei luoghi i maggiore radicamento e diffusione delle idee internazionaliste, dove, stando a fonti interne al movimento, nel 1872 la sezione femminile sarebbe composta da più di cento operaie in gran parte della Regia  Manifattura Tabacchi. Le militanti note sono qui Annunziata Fugoni, Annunziata e Serafina Fritelli, Caterina Serafini e Maria Luisa Minguzzi, importante figura di riferimento dapprima per la sezione di Firenze, poi per quella di Napoli, infine per il circolo femminile Luisa Michel di Ravenna, e tra le primissime donne, insieme ad Anna Kuliscioff, a dovere comparire a processo in Italia per attività politica . ...",  Le internazionaliste non mirano tanto a un riconoscimento dei loro diritti civili e politici da parte del governo, ma lottano per la propria emancipazione entro la più generale lotta per  l’emancipazione del proletariato. La rivoluzione ha cioè il compito di traformare radicalmente i rapporti sociali e di liberare  lo schiavo dal padrone e la donna dall’asservimento dell’uomo, di rimodellare i tempi e i modi del lavoro e del tempo libero. In questo quadro va inserita la rivendicazione del libero amore e una certa analisi critica del ruolo della famiglia tradizionale e  patriarcale.» 
Bibliografia: Antonio Senta, L’Associazione Internazionale dei lavoratori e la questione femminile in Le donne del movimento anarchico italiano ( 1872-1956) , a cura di Elena Bignami in Italia Mimesis Eterotopie, 2018 pp. 26 e 27. Cfr. anche Elena Bignami, Le schiave degli schiavi . La “questione femminile” dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano (1825-1917), CLUEB 2011 p. 131 e pp. 166-170




                                                                   
MARIA LUISA MINGUZZI ( 1852-1911).   Anche lei , come il suo compagno Francesco Pezzi (cfr. post  "INTERNAZIONALISTI 2 ....) fu tra i primi ad aderire alla sezione italiana dell’Internazionale antiautoritaria   e a partecipare a tutti gli avvenimenti più importanti dell’anarchismo di fine secolo. Nel 1879 fu imputata con l' accusa di  cospirazione, insieme  a Francesco Pezzi, Francesco Natta, Anna Kuliscioff, di cui era molto amica, ed altri nel cosiddetto " processone"di Firenze, che si risolse con una assoluzione generale. Il 27 ottobre dell’81, Luisa Minguzzi fu processata ma assolta insieme ad altri compagni per  avere  chiamato vigliacchi  gli agenti di polizia che , il  7 settembre, avevano invaso l’anfiteatro  Umberto I durante un comizio unitario (repubblicani e socialisti di ogni tendenza).  Con grande dolore e sconcerto visse, negli anni ottanta, l'allontanamento dall'anarchismo di Anna Kuliscioff e di Andrea Costa. Nel 1885  seguì, insieme a  Francesco Pezzi ed altri compagni, ,  Errico Malatesta nell’America del Sud  (cfr.  ERRICO MALATESTA 1)
 
 Maria Luisa ebbe inoltre un ruolo essenziale nella nascita  e nello sviluppo,del movimento operaio  femminile in Italia .  Fu lei, assieme  ad Assunta Pedani e a Amalia Migliorini a scrivere il Manifesto alle operaie italiane  nel 1876 e a organizzare il primo grande sciopero delle sigaraie a Firenze. 
Brano da commentare: “Compagne,  vittime, come noi,  dei privilegi e dei pregiudizi; mantenute come noi, nell’ignoranza e dannate ad un lavoro che ci sfinisce e non ci sfama, voi vorrete, crediamo,  prestare orecchio amichevole alle nostre parole, e seguendo il nostro esempio unirvi e associarvi, perché la causa degli oppressi è dappertutto la medesima; i loro diritti sono gli stessi dappertutto; e per farli efficacemente valere, dobbiamo dappertutto adoperarci. Che cosa vogliamo noi?  Null’altro se non quanto dobbiamo avere; quanto la natura ci diede e la società ci nega. Vogliamo che i nostri diritti di esseri umani siano  riconosciuti; la nostra dignità rispettata;  il nostro affetto  e il nostro ufficio di donne dovutamente apprezzati; la libertà e la vita nostra assicurate mediante il nostro lavoro.  Ma non è pertanto la emancipazione borghese della donna quella che desideriamo; ma l’emancipazione umana: la stessa per la quale gli operai di tutto il mondo si associano oggi per combattere domani. Vogliamo che – i frutti del nostro lavoro  essendoci assicurati- la nostra vita non sia più alla mercé del caso e dei capricci degli uomini; ma possiamo vivere invece libere ed eguali. Vogliamo amare: essere compagne affettuose degli uomini, cui la nostra inclinazione ci spinge; essere loro alleate nelle lotte che avranno a sostenere contro ai privilegi; ma non esserne le schiave. […]   La società del presente ci ha detto: o soffri la fame  o venditi . La società dell’avvenire ci dirà: Vivi, lavora ed ama” ( dal Manifesto a tutte le operaie d’Italia in La Plebe ottobre 1876
Bibliografia:  in La federazione italiana della associazione internazionale dei lavoratori . Atti Ufficiali 1871-1880, a cura di Pier Carlo Masini, Edizioni Avanti , 1964 pp. 271ss. cfr. sull’importanza di questo manifesto , cfr.  Claudia Bassi Angelini, Amore e anarchia, Longo editore,  2004, pp. 52-54 .   Cfr. anche Elena Bignami, Le schiave degli schiavi . La “questione femminile” dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano (1825-1917), CLUEB 2011 pp. 160-163
Nel 1920 Leda Rafanelli dedica a  Maria Luisa Minguzzi , che aveva conosciuto da giovane ed era stata  trattata da lei  come una “figlia”, uno scritto  elogiativo e commosso. (fr. Brano)
Brano da commentare: “ Luisa  Pezzi non era anarchica per cultura né per teoria; lo era in pratica e per istinto […]  Ella possedeva quelle grandi virtù  umane che sono la sua consapevolezza, la costanza, la bontà sotto una  perfetta semplicità di carattere. E quella audacia di  Donna forte, fusa con la sua bontà superumana, ha fatto di lei la compagna fedele  di gioia e di sacrificio dell’uomo che la volle sua, e la compagna di lotte e di sofferenza di chi professava le stese idee . […] [ Fu anarchica e degna di essere ricordata tale perché seppe affrontare le persecuzioni e le ingiustizie con ] animo di fede, di carità e di speranza. “  ( Leda Rafanelli, Ricordando una donna in  Umanità Nova , 14, 1920)

Bibliografia: in Elena Bignami, “ Le schiave degli schiavi “. La questione femminile dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano ( 1825-1917), Clueb, 2011 p.  199
                                                               
 

TERESA FABBRINI ( 1855-1903). Nata a Firenze, si dedicò attivamente, dagli anni ottanta, alla propaganda degli ideali anarchici e  collaborò con articoli e poesie  a diverse pubblicazioni libertarie, tra cui La questione sociale di Firenze e  Il Paria  di Pisa.  Nel giugno del 1893  fu arrestata durante una sua conferenza a Colle Val d’Elsa. Anche negli anni successivi passò diversi periodi in prigione sino a quando fu sottoposta a  sorveglianza vigilata , che permetteva alla polizia di  invadere la sua abitazione  a ogni ora del giorno e della notte . Nel 1898 per sfuggire  queste continue persecuzioni espatriò in Francia insieme al marito, anche lui anarchico, ORESTE BALLERINI . Espulsa quel paese si recò da sola  in Svizzera, dove iniziò una lunga convivenza con il tipografo  francese Jean-Octave Pellegrino, Stabilitasi definitivamente a Losanna morì nel 1903 a 48 anni. Nella sua breve, ma intensa, vita entrò in contatto con numerosi anarchici, tra cui  Pietro Gori, Francesco Pezzi, Luisa Minguzzi, Temistocle Monticelli  e Luigi Fabbri.  Un suo scritto importante sulla condizione femminile dell’epoca  fu “ Dalla schiavitù alla libertà”  pubblicato dopo la sua morte da Oreste Ballerini.
Brano da commentare :  “….  La donna ha la semplice funzione di  rattoppatrice di biancheria, rifar il letto e la zuppa, di guardare i bambini se è maritata, o di cantarellare o di attendere l’innamorato alla finestra se è giovanetta. Non istanno troppo bene le donne in mezzo agli uomini quando questi devono discutere di politica […] avete il diritto al pari di loro di assistere alle riunioni, assistere alle conferenze, leggere libri, giornali, … se si rifiuteranno denunziateli agli altri compagni, fate che ridano di loro, della loro piccineria, della pochezza del loro carattere […] Compagne di schiavitù, avanti!”  ( considerazioni di Teresa Fabbrini in  A Rivista anarchica  n. 374, ottobre 2012)
Bibliografia: in Tomaso Marabini, Compagne di schiavitù, avanti! in Rivista anarchica  A, n. 374, ottobre 2012  p. 122.   Cfr. anche Elena Bignami, Le schiave degli schiavi . La “questione femminile” dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano (1825-1917), CLUEB 2011 pp. 165-166


Dall’intensa attività e propaganda delle internazionaliste MARIA LUISA MINGUZZI,   detta Gigia , e da TERESA FABBRINI numerose furono le  operaie , le contadine e le popolane che già dalla fine degli anni settanta del XIX secolo aderirono all’Internazionale mantenendo, relativamente ai tempi, una certa autonomia dai compagni maschi, che tenesse  in qualche modo conto della loro appartenenza di sesso.   A Firenze fu fondato dalla Minguzzi e da altre compagne , soprattutto sigaraie, il Circolo di propaganda socialista a San Frediano (Partito Internazionale, sezione femminile) (cfr. brano) , dove oltre alla diffusione delle proprie idee e alla istruzione  delle nuove iscritte si prefiggevano anche  di coordinare e organizzare  la difesa  contro il pesante sfruttamento , a cui erano quotidianamente  sottoposte da parte dei  loro datori di lavoro e al tempo stesso  di porre fine alla  frequente  diffidenza e ostilità da parte dei  lavoratori e compagni maschi. (cfr. brano tratto dal manifesto in occasione della ricostituzione del circolo di San Frediano  nel 1878.)
Brani da commentare: 1) “ .. Non a caso con l’Internazionale si ha il primo ingresso nella vita politica di gruppi organizzati di donne. Non più i casi isolati di nobili patriote che durante il Risorgimento avevano cooperato alle cospirazioni, ma sezioni femminili, formate da operaie e popolane, che si costituiscono con un programma di rivendicazioni proprie e affiancano il movimento rivoluzionario, stampano i loro manifesti, partecipano ai congressi, subiscono persecuzioni e arresti … ( Pier Carlo Masini, Il sol dell’avvenire…); 2) “ Cari compagni, comprese anche noialtri donne della necessità di sollevarci dallo stato di servitù e di abiezione in cui versiamo, per ottenere la nostra doppia emancipazione morale ed economica, ci siamo costituite in Sezione allo scopo appunto di reciprocamente istruirsi nei nostri diritti e doveri e di propugnare calorosamente quel trionfo di ogni verità e giustizia cui basasi la nostra associazione, e così mentre noi vi partecipiamo la nostra  costituzione in Società, facciamo voto ardentissimi che il giorno dell’emancipazione degli oppressi non tardi a venire, a rivendicare la pace e la felicità ai  lavoratori uomini e donne, a far cessare il mercato minfame che fanno sul nostro sudore e sulle nostre fatiche i ladri ingordi dei nostri prodotti. Abbiatevi , cari compagni, una fraterna stretta di mano da tutte noi altre della Sezione. Salute ed emancipazione sociale. Firenze, febbraio. Per la  Sezione la segretaria di corrispondenza: Serafina Frittelli “ ( Circolo di propaganda socialista  fra le sigaraie di San Frediano  (Partito Internazionale - sezione femminile, aprile-ottobre 1878)
Bibliografia: Primo brano in  Maurizio Antonioli-Pier Carlo Masini, Il sol  dell’avvenire. L’anarchismo in Italia dalle origini alla prima guerra mondiale, BFS, 1999 p. 26 e secondo brano  in Elena Bignami, Le schiave degli schiavi . La “questione femminile” dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano (1825-1917), CLUEB 2011 p. 168.
 
  

 Fu, inoltre, la sezione femminile fiorentina  dell’Internazionale a promuovere, su iniziativa delle sigaraie internazionaliste e in particolare  di ANNUNZIATA FUGONI ( 1852-1932) e le sorelle  ANNUNZIATA e SERAFINA FRITELLI,  diversi scioperi, tra cui  i più famosi furono quelli del 1874, del 1877 e  infine  del 1885, che mostrarono una sempre maggiore capacità di resistenza e di crescita della coscienza di classe e dell’appartenenza di genere. Tra le molte rivendicazioni avanzate dalle scioperanti particolare significato assunse quella riassumibile nelle parole   “ cattiva foglia, poco lavoro”. ( da quel che ho capito  con ciò si voleva contrastare la prassi  padronale di fornire  foglie scadenti di tabacco al fine di ridurre  la velocità nella lavorazione e di conseguenza pagare  meno le operaie).

 

        


 
Numerose  furono anche le lotte contadine , in cui, si distinsero, per la loro  determinazione,  le  mondine. Il governo represse ferocemente questi moti  inviando l’esercito. Il culmine della repressione lo si ebbe  il 20 maggio 1890  con l’eccidio di Monselice (vicino a Ravenna)  dove soldati e carabinieri spararono sulla folla (composta soprattutto da donne) che protestava pacificamente   davanti al Municipio uccidendo tre persone  e ferendone gravemente  altre 21, di cui alcune morirono  nei giorni successivi.
  Quindi è ormai, credo, idea consolidata sia tra gli storici non anarchici (primo brano) che in quelli anarchici (secondo brano) che l’internazionalismo antiautoritario verso la fine del secolo XIX sia stato un movimento rivoluzionario di massa  e che le donne abbiano dato un altissimo contributo in questo senso. ( cfr. brani da commentare)

Brani da commentare: 1) Negli anni successivi al 1877 l’anarchismo, anche se in zone geografiche ristrette diviene in senso relativo movimento di massa. Infatti già a Firenze nel 1877(dove erano scesi in sciopero tumultuoso gli scalpellini e le sigaraie) , quando i dirigenti anarchici borghesi erano quasi tutti in galera o all’estero, l’internazionalismo ha basi di massa […] Il 29 settembre 1887 ad un comizio tenuto a Firenze, in quel di Marignolle fuori porta Romana, si incolonnano in corteo  , percorrono la città e giungono in Piazza Signoria, ove si sciolgono al grido di  “W  l’Internazionale”. Qui non siamo più di fronte ai solitari ribelli di San Lupo: qui l’internazionalismo è divenuto ideologia di massa e le masse sono scese in piazza alla luce del sole. “ ( Renzo  del Carria, Proletari senza rivoluzione. … vol. 1); 2) “ La composizione della sezione fiorentina, le cui aderenti sono quindi in gran parte sigaraie, conferma come l’Internazionale sia la prima organizzazione in Italia a includere programmaticamente donne di classi non agiate. […] Il valore principale dello sciopero è quello di essere propedeutico all’insurrezione, una sorta di palestra rivoluzionaria in cui si affinano gli strumenti entro un comune immaginario sovversivo. E’ all’interno di questo scenario che si sviluppa una questione femminile finalmente autonoma da influssi filantropici provenienti dalla borghesia e che è anche, direttamente, questione di classe."  ( Antonio Senta, L’Associazione Internazionale dei lavoratori e la …)

Bibliografia: Primo brano in Renzo  del Carria, Proletari senza rivoluzione. Storia delle classi subalterne italiane dal 1860 al 1950 vol. 1, edizioni oriente 1970 p. 163 . Secondo brano in Antonio Senta , L’Associazione Internazionale dei lavoratori e la questione femminile in Italia in Le donne nel movimento anarchico italiano a cura di Elena Bignami, Mimesis eterotopie, 2018, p. 27

                                                                          

                                                                  
PEPPINA CATTANI
 

GIUSEPPINA  CATTANI (1859-1914) medico italiano, ricercatrice e docente di patologia generale delle università di Torino me Bologna. Nata da una famiglia di umili condizioni. Riuscì a completare gli studi, anche quelli universitari nella facoltà di medicina, grazie  all’esenzione delle tasse  in virtù dei suoi meriti scolastici. Laureatosi con lode in medicina  nel 1884   fu assunta come assistente del professore Tizzoni, direttore  del Laboratorio di Patologia dell’Università di Bologna, con il quale aveva già collaborato saltuariamente quando era ancora studentessa.. Si perfezionò anche con studi all’estero a Zurigo sotto la direzione del prof.  Edwin Klebs. Nonostante le  non poche discriminazioni da lei subite, in quanto donna, soprattutto durante i concorsi, conseguì brillanti risultati negli  studi sul colera  e sulle ricerche sul tetano.che la condussero alla scoperta del siero antitetanico. Nel 1897 , su richiesta di andrea Costa, fu nominata direttrice del laboratorio di  radiologia,  di anatomia patologica  e di batteriologia  nell’ ospedale di Imola.  Giovanissima aveva aderito alla sezione della Prima Internaztionale  di tendenza antiautoritaria  di Bologna partecipando attivamente , sia apertamente che clandestinamente,  alle azioni promosse dal gruppo, di cui faceva parte in quel periodo.  anche Giovanni Pascoli .  cfr. brani da commentare)
Brani da commentare: 1) «  In quanto alla Cattani Giuseppina, Liceo tratterebbesi  di una giovane bolognese di anni 18  che percorre con successo la carriera degli studi e conta nel venturo anno scolastico  farsi iscrivere nella Facoltà di Medicina in questo Patrio ateneo … Dell’ingegno svegliato e pronto di costei ne  parlarono i periodici bolognesi, tessendone l’elogio anche per la squisitezza dei modi e per la specchiata condotta sua. Che sia affiliata all’Internazionale o che nutra idee socialiste non mi par dato constatarlo; quel che è indubitato si è ch’essa trovasi in rapporti col socialista Pascoli Giovanni «  ( Nota 2045 della questura di Bologna del 24 agosto 1878); 2) « I rapporti del Gabinetto di prefettura la associano al socialista Pascoli quando lui è insegnante al  Ginnasio bolognese e lei ancora una liceale […] Sappiamo inoltre che insieme  a Matilde Desalles la Cattani si dedica all’assistenza dei compagni in molteplici circostanze e recapita libri e indumenti a carcerati, come avverrà  con lo stesso Pascoli «  3) « Nel contesto di un’informativa che riguarda  la diffusione del manifesto redatto a nome delle sezioni femminili dell’Internazionale di Napoli e di Romagna, che coinvolgerebbe alcune figure femminili tra cui Violetta dall’Alpi , Giuseppina Cattani e  Andreina  Gabusi ,  emerge un riferimento a Giovanni Pascoli definito «gregario influentissimo del partito « ( nota  1242 della Questura di Bologna dell’8 maggio 1879)  .
Bibliografia:  in  Giuseppina e le altre  Archivio di Stato di Bologna cfr. anche  e sezione di Imola in http://www.archiviodistatodibologna.it/bologna/attività/mostre/eventi/  Primo e secondo brano p. 1  e terzo brano p. 2 cfr. anche Antonio Senta, L’Associazione Internazionale dei lavoratori e la questione femminile in Le donne del movimento anarchico italiano ( 1872-1956) , a cura di Elena Bignami in Italia Mimesis Eterotopie, 2018 p. 33

 Dopo il conseguimento della laurea interruppe, per quel che se ne sa,  la sua  militanza politica restando comunque ferma nelle sue idee  socialiste  e femministe.  Dal 1890  la Cattani fu sostenitrice  del « Comitato di propaganda per il miglioramento  delle condizioni della donna  «  Morì a 55 anni  probabilmente per un tumore  da radiazioni contratto  durante le sue innovatrici ricerche scientifiche.
                                                                
                                                                    
ANNA KULISCIOV

ANNA KULISCIOFF  ( 1855-1925)  Il vero nome era Anna Moiseevna Rozesteij ed era nata da una aagiata famigli di mercanti di origine ebraica. La vita e il pensiero politico di Anna Kuliscioff e il suo importante contributo contributo alla storia dellPartito Socialista Italiano  sono assai noti e in questo contesto mi occuperò brevemente solo del periodo giovanile in cui simpatizzò per la tendenza bakuninista  della Prima Internazionale. Nata in Crimea  nel 1871   frequentò nell’ Università di Zurigo   la facoltà di filosofia entrando in contatto con le nuove idee rivoluzionarie e libertarie che circolavano in Svizzera. Tornata in Russia  si unì ai circoli populisti, ma ben presto  attirò l’attenzione della polizia zarista e per evitare l’arresto ed una sicura condanna si recò nuovamente in Svizzera. Fu in questa occasione che assunse il nome di Anna Kuliscioff al fine di depistare il più possibile  gli agenti zaristi  incaricati di rintracciarla.   A Lugano conobbe, probabilmente a casa  di Luisa ( detta Gigia)  Minguzzi e Francesco Pezzi , allora profughi per motivi politici  in Svizzera,  Andrea Costa,   iniziand con lui o una lunga  e accidentata ,  a causa dei continui spostamenti  ed arresti  subiti da entrambi, che durò  sino al  188 1 , anno in cui nacque la loro figlia, Andreina.  Un evento importante in quegli anni fu il coinvolgimento di Anna con l’arresto  di  un gruppo di anarchici a Firenze il 1 ottobre  nel 1878  con l’ accusa di « cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato». L'attenzione della stampa e dell'opinione pubblica, durante lo svolgimento del processo si concentrò su di lei (primo brano) . Sembra inoltre che la Kuliscioff abbia  ispirato anche Collodi nellla creazione del personaggio della fata turchina. Ipotesi che anche recentemente ha dato vita a obiezioni. (secondo brano)
Brani da commentare:  1) « Si arriva così al più atteso e al più importante processo di questo periodo: quello che vede sul banco degli imputati della Corte di Assise di Firenze Francesco e Luisa Pezzi, Anna Kuliscioff, Oreste Falleri, il vinaio pisano soprannominato  Dio bello , anch’egli abilissimo nel dare sgabellate sulla, testa dei poliziotti, Dante Marzoli, ventenne macellaio, i già noti Francesco Natta, Giovacchino Niccheri, Aurelio Vannini, Antonio Chiti ed altri. Gli accusati si trovavano in carcere  dal 1 ottobre 1878 … e contro questo prolungato carcere preventivo essi avevano protestato con una lettera fatta pervenire alla stampa. La Kulisciov, che in carcere aveva molto sofferto contraendo una grave affezione polmonare mai più risanata fu al centro dell’attenzione generale. La giovane russa di ventisei anni, venuta da terre lontane, in mezzo a quei malfattori , dalla terribile fama,  oltre a portare nel processo – insieme all’amica  e compagna  Luisa Pezzi – un tocco di gentilezza femminile, fece impressione per la fermezza e la sobrietà con cui espose le proprie idee socialiste ( pur dichiarando di non appartenere all’Internazionale, e di non condividere la tattica insurrezionale) e per l’efficacia con cui ribatté le argomentazioni dell’accusa. Un cronista fiorentino la ricorda « con una testa da madonna, con la carnagione bianxca, imporporata di salute, con le trecce lunghe, d’un biondo luminoso per le spalle, essa faceva pensare alle donne graziose dei preraffaeliti»; un giornalista la ritrae  come « una donnina piccola, svelta, simpatica; vestita con eleganza, un cappellino tondo, e due trecce bionde le scendevano dalle spalle. Ha parlato con gran fuoco,, con ardire, contro la società moderna che è tutta da cambiare. ….»   ( Pier Carlo Masini,  Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta .. ); 2) La controversia riguardava addirittura il Pinocchio di Carlo Lorenzini pseudonimo Collodi: il quale assistendo al processo di Firenze contro Anna Kuliscioff (rinchiusa alle Murate), restò affascinato dalla sua autodifesa dinanzi al Tribunale penale: e per sua ammissione nel ritratto della Fata dai capelli turchini si ispirò proprio ad Anna. L'ex -arcivescovo di Bologna sostenne che semmai la fata turchina era l' immagine della Vergine." (Giuseppe Barbalace, Anna Kukiscioff. Alle radici del...)

 Bibliografia:  Primo brano in Pier Carlo Masini,  Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta,  Biblioteca Universale Rizzoli (BUR)  1974 pp. 164-165. Secondo brano in Giuseppe Barbalace, Anna Kuliscioff. Alle radici del femminismo, in Mondo operaio n. 8-9 agosto-settembre 2016 p. 107 nota n. 4. So che a Firenze esiste anche un’altra versione secondo cui la fata turchina era Giovanna Ragionieri, donna conosciuta da Collodi e morta quasi centenaria, che abitava dalle parti di via Sestese.

Dopo più di un  lungo anno di  dura e sofferta detenzione preventiva il processo si concluse  con un’ assoluzione generale il 5 gennaio 1880.
Negli anni successivi il distacco della Kuliscioff dall’anarchismo e dagli anarchici fu irreversibile . Iniziò per lei la nuova vita, insieme al suo nuovo compagno Filippo Turati, di  dirigente  del partito socialista ,    di femminista, interessata soprattutto  alla rivendicazione  dei diritti delle donne lavoratrici e di    «medico dei poveri,» (essendosi laureata in medicina  a Napoli nel 1886 e specializzatasi in ginegologia nel 1888)


Appartenenti a una generazione successiva delle  " Internazionaliste", ma in qualche modo collegate con esse ( vedi sopra l'articolo di Leda Rafanelli dedicato a Maria Luisa Minguzzi apparvero anarchiche, che di fronte, ad eventi drammatici , di grandi proporzioni, come la guerra di Libia, la  settimana rossa, la grande guerra,  il biennio rosso, l'avvento del fascismo, esercitarono  su di essi una influenza , che, solo recentemente , iniziamo a comprendere pienamente. Di alcune di esse si è già trattato in post precedenti ( cfr. post ABBASSO LA GUERRA  e  ANARCHICI A MILANO ). Mi riferisco in particolare a NELLA GIACOMELLI  e LEDA RAFANELLI. Qui ci si soffermerà , in particolare, sulla loro posizione nei confronti della "questione femminile".
                                             
NELLA GIACOMELLI CON CAPPELLO

Su Il Grido della Folla ,  settimanale anarchico individualista e antiorganizzatore, che aveva contribuito  a fondare insieme a Ettore Montanari nel 1902,  Nella Antonelli  scrisse, sotto lo pseudonimo maschile di Ireos, numerosi articoli , tra cui  La donna nel divenire sociale, dove auspicava una sempre crescente presa di coscienza delle donne dalla loro  umiliante e subordinata condizione nella società classista e sessista. (cfr. brano)  B
rano da commentare:  “ La donna è una creatura tutta da fare. Oggi la donna non esiste che come femmina dell’uomo, o cuoca, lavapiatti, gingillo, ma non come individualità dignitosa, , distinta, notevole. Questo è pur noto ai signori uomini, i quali pur dilettandosi di femminismo, ci tengono a quella ragione che permette loro di ritenersi il sesso forte e di guardare con disprezzo a quel mondo in sottana che turbina loro all’in giro. O voi cultori dell’educazione femminile, che aspirate alla redenzione morale della donna, di vederla individualità dignitosa, e non più mantenuta spregevole o appendice parassita (anche se legittima) dell’uomo, imparate il linguaggio della verità; […]; parlate ai cervelli delle donne , alle coscienze, e non alle loro debolezze e alle loro vanità! Quand’ esse saranno coscienti della propria miseria, dellapropria indegnità principieranno ad educarsi . “  ( Nella Giacomelli, La donna nel divenire sociale,  Il Grido della  Folla  17 dicembre 1904)
Bibliografia: in  Ercole Ongaro, Nella Giacomelli. Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta,  2019. p. 52. La figurina in creta  di Nella Giacomelli è inventata

All’inizio del secolo si stava affermando, anche in Italia, un movimento femminista che reclamava tramite comizi,  manifestazioni e cortei il diritto della donna a votare. Nella Giacomelli, pur scorgendo alcuni aspetti positivi di quelle lotte contro la supremazia del’ uomo  nella sfera politica , le  riteneva però sostanzialmente incapaci di una autentica  trasformazione rivoluzionaria del contesto politico e sociale e contrapponeva ad esse l’azione delle donne russe durante la rivoluzione del 1905.  (cfr. brano)
 Brano da commentare: “  Io mi domando quale intenzione sovrintende a questa agitazione femminile per la conquista dei diritti politici. E’ un’aspirazione astratta a base d’un innocuo sentimento di eguaglianza con l’uomo, o è ritenuta una condizione necessaria ad una lotta più vasta, più valida, più morale e concreta? […]  Ciò che conta e deve contare è di sapere se la donna colla sua agitazione attuale, aspira alle aride schermaglie della politica parlamentare, o alle lotte più degne, ben più vere nel campo delle rivendicazioni umane. Ch’ella dica insomma perché vuol conquistare il diritto elettorale. Per potere partecipare a tutte le manifestazioni della vita politica e sociale?  In Russia, rispondeva Nella, le donne si sono unite al popolo “nella lotta per la libertà in odio alla tirannia potente e feroce  delle Stato”, divennero eroine senza che nessun di loro fosse elettrice, ma “ con una chiara coscienza della necessità del momento”. In Italia  invece le donne mancavano di tale chiarezza e decisione. [Pertanto era necessaria e urgente “un’opera di educazione e propaganda” “disciplinare le infinite forze sparse” perché “la causa della libertà non ha bisogno di leggi e di legislatori, ma ha bisogno di energie e intelligenze “. (  Ireos  [ Nella Giacomelli], Questione femminista o sociale?, in La Protesta Umana, 20 ottobre 1906)
Bibliografia: in  Ercole Ongaro, Nella Giacomelli. Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta,  2019.  pp. 55-56.  Le frasi in corsivo sono di Nella Giacomelli, le altre sono di Ercole Ongaro 

Prendendo spunto dal dibattito molto intenso , nel 1903,  all’interno della stampa anarchica,  che era seguito, negli ambienti anarchici italiani,  alla lettura dell’ opuscolo Un episodio d’amore della Colonia Cecilia di  GIOVANNI  ROSSI  ( cfr. post   ) Nella Giacomelli , pur non condividendo la condanna  del “plurimo amore” da parte di alcuni compagni , nel proseguimento della polemica ammise in lei una tendenza, in amore,  prevalentemente  “esclusivista”. Tornò poi sull’argomento nel 1921 senza però fare più riferimento all’ “amore plurimo”. (cfr.brano)
 Brano da commentare: 1)  “ Se amassi sarei un’esclusivista: sento che non amerei che uno: quello. Non per questo però io  mi sogno di ritenermi superiore o più morale di un’altra che amasse più d’uno  […] Anch’io come te difenderei il mio amore, il mio solo amore, ma non contesterei il diritto al mio compagno di nutrire altre affezioni. Soffrirei, se egli amasse un’altra oltre di me, ma con ciò non dico che avrei ragione” ( Ireos [Nella Giacomelli], Insisto nel peccato in  Il Grido della Folla, 1 ottobre 1903 );  2)“  Per  Nella l’amore ha radici contemporaneamente “ nell’esaltazione dei sensi e nella soddisfazione dello spirito” perciò, quando l’amore c’è, è “monogamico, esclusivista, unico”, salvo variare nella durata e nell’intensità. I teorizzatori del libero amore fanno confusione: chiamano amore il matrimonio, che è spesso un’espressione di interessi, o l’accoppiamento, che è un soddisfacimento momentaneo dei sensi, o l’impulso sessuale, che ha cause superficiali e transitorie e non è mai un sentimento. Aggiunse poi:  “Nella vita l’uomo e la donna […] racchiudono nell’amore uno scopo, oltre che un piacere, e più sono coscienti, più sono normali, sani ed equilibrati, più sentono dell’amore anche la responsabilità. Già perché la libertà in amore sta soprattutto nel poter sottrarsi ad una costrizione , ad un obbligo divenuto insopportabile , ad una convivenza che ripugna, non nel mutare a tutte le ore, conforme i ghiribizzi del momento [ … ]  Curiosi certi anarchici che sono contro le leggi, perché limitano la libertà, e non vedono che la coscienza è pure una terribile legge! Solo che le leggi scritte nei codici, nella loro fissità e sommarietà, sono sempre ingiuste, brutali e antinaturali, mentre la coscienza, che sovrintende alle azioni individuali è una garanzia assai più valida per gli interessi generali della collettività. Ed è ciò che è necessario in una società anarchica.  … “ ( Inkyo [Nella Giacomelli], Le delizie del libero amore in Pagine Libertarie 20 luglio 1921)
Bibliografia:  Primo e secondo brano in  Ercole Ongaro, Nella Giacomelli. Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta,  2019.  p. 51 e  p. 129

LEDA RAFANELLI
Per quanto riguarda l’atteggiamento di Leda Rafanelli nei confronti del “ femminismo” a lei contemporaneo ho trovato molto interessante quanto sull’argomento ha scritto  Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ A metà ottocento il movimento femminista, nato in Inghilterra si sviluppa negli altri  stati europei e anche in Italia. Le protagoniste, donne delle classe agiate, prendono il nome dal primo diritto che rivendicano, il suffragio femminile – da cui l’appellativo con cui passano alla storia, suffragette o meglio suffragiste – cioè il diritto di voto attivo e passivo […]  La Rafanelli vede i cortei, sente le rivendicazioni e non ci si ritrova. Lei, con la vita che conduce, è una figura esemplare di chi ha saputo rompere i vincoli e i condizionamenti della donna che mettono in subordine la donna e ci appare come un esempio di femminismo raggiunto. Eppure, anche per lei, la realtà è più complicata. Nulla da spartire con il movimento in atto, afferma subito. Intanto non crede al potere taumaturgico di voto se la società resta quello che è. Questa è la prima cosa, fondamentale, che la stacca dalle suffragiste. E poi: è insorta la donna borghese, ma contro chi? “ Contro l’uomo, contro il maschio? Vuole essere come lui, raggiungerlo nelle professioni, lavorare e guadagnare come lui per prendersi un cappellino in più”. Diverse sono le donne a cui lei guarda, le donne del popolo, che sono  al fianco dell’uomo della loro classe non contro di lui.  Da altri nemici deve guardarsi, la donna proletaria, dal capitalismo sfruttatore, dal clericalismo asservitore delle coscienze, dal militarismo antiumano. …”  (Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli )
Bibliografia: Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli, in Le donne nel movimento anarchico italiano (1871-1956), Mimesis editore, 2018 pp. 69-70
Alla radice di questo suo atteggiamento, concorre, in gran parte, la sua stessa concezione di ”donna” che, grazie a un prezioso studio di Elena Bignami,  emerge dal confronto con quella della compagna/amica Nella Giacomelli e dalla sua convinzione  che le caratteristiche fondamentali della donna fossero il “cuore” e l’ “utero” ossia se ho capito bene ne deriverebbe, tra l’altro,  che ruoli essenziali della donna sarebbero: amante e madre. (cfr. brano)
Brani da commentare: 1) “ E’ con la Giacomelli, infatti, che Leda Rafanelli si trova spesso a discutere polemicamente , come ad esempio,  sul rapporto uomo-donna e i relativi ruoli. Scrive la Rafanelli: “ Pur riconoscendo che molte donne valgono qualcosa, non sono mai all’altezza dell’ Uomo. Ricordo le parole aspre, sdegnose – sebbene dettate da una donna che mi fu tanto cara – la “nostra” Nella, “Ireos,”  come firmava i suoi articoli vivaci e violenti – mi rivolse quandoi scrissi sulla mia rivista “Sciarpa nera” che la  Donna, dell’uomo –quando sono allo stesso livello morale sarà sempre “ombra ed eco” . Nella  invece rivendicava la superiorità della donna. Ma vinsi io nella polemica […] Tra due individui di sesso diverso, arrivati a un grado  di superiorità intellettuale, idealista, sociale, l’Uomo è sempre più in alto….. […] Nel continuo gioco tra fantasia e realtà, tra romanzo e vita, che caratterizza molta parte della sua produzione letteraria, Leda esalta le “virtù femminili” ( maternità, fascino, moralità, etc.) come sublimi strumenti che permettono alle  “femmine” di farsi “donne”, e così di opporsi e battersi contro il potere borghese, per la realizzazione di una società regolata sull’anarchismo. 2) “ La donna – che ha due sole molle a promuovere i suoi slanci – l’amore e la maternità -  parla più col cuore che col cervello. Gli studiosi di patologia dicono anche che parla con l’utero; e sia pure. Anche l’utero è un organo vivo  come il cuore; e infine il cuore è un motore che fa scorrere il sangue, mentre l’utero crea, protegge, fa nascere il futuro uomo. Forse  è vero, la pietà umana femminile proviene dall’utero, perché le più pietose sono le donne-madri. “ ( Leda Rafanelli, Una  donna e Mussolini, )
Bibliografia: Primo brano in Elena Bignami, Le schiave degli schiavi. La questione femminile dal socialismomutopistico dell’anarchismo italiano (1825-1917),  Clueb 2011, pp. 213-214 e secondo brano in  Leda Rafanelli, Una  donna e Mussolini, Rizzoli, 1975 p. 160)
Una ulteriore chiave interpretativa del pensiero di Leda Rafanelli sulla donna e sul suo ruolo nella società rinvia alla sua grande  passione per il mondo arabo . (cfr. brano)
Brano da commentare: “  La femminilità passa al di sopra di ogni altra realtà. Questa la tesi della Rafanelli. E solo nel modello arabo, dove la donna è remissiva rispetto all’uomo che ama e non compete con lui, ci può essere armonia tra i due sessi. E’ il bisogno primario della donna di essere amata che ha il sopravvento. E poi c’è la maternità, l’altra componente fondamentale della diversità femminile, la quale, nota la Rafanelli, crea una condizione di privilegio-limite in cui la donna è destinata a vivere: dono sì, ma anche catena, soprattutto quando è lasciata sola ad allevare i figli, così come l’amore è gioia, ma anche schiavitù, sia pure dolce schiavitù . L’ adesione che appare acritica , soprattutto oggi, al modello di vita arabo, risulta meno sorprendente se la si inserisce nel contesto in cui si manifesta nell’anarchica Rafanelli.   [….] Leda a quei “figli del deserto, al mondo arabo in generale, si sente vicina,  è orientata verso la loro vita più semplice, più naturale, in cui l’uomo non è scisso dalla natura, vivendo con essa in armonia. Si sente attratta anche dalla loro religione che sta studiando. “ Differenza tra me, tra chi sente come me, e i  nostri fratelli arabi, nemici oggi per i sudditi italiani devoti alla monarchia? Nessuna differenza: fratellanza vera, simpatia calda, comunione istintiva e invece contrapposizione profonda al “compatriota” che tenta di soggiogare alla sua catena anche i  liberi figli dell’ Africa “ […] Alla fede anarchica negli anni della maturità, ha aggiunto un’altra fede, quella musulmana. Scelta maturata partendo dall’anticolonialismo, dall’amore per l’oriente, anzi dal concepire  l’oriente come luogo e contesto di una esistenza armoniosa, dove ci si muove prendendo la vita senza smanie di successo, vivendo giorno per giorno, a contatto con la natura, un qualcosa che lei vede vicino all’ideale di una società anarchica. Idea discutibile, scelta sconcertante per i suoi compagni, ma tutto si tiene in lei. “ ( Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli)
                                                                           
No

 AIDA LATINI ( 1882-1932) nata in una famiglia operaia, frequentò la scuola elementare. Era sorella del noto tipografo/editore  anarco-individualista, LATO LATINI (1883-19y66). Fu probabilmente tramite il fratello,  che conobbe GIOVANNI GAVILLI (1855-1918) ,  con cui ebbe una relazione, da cui nacque un figlio che chiamarono DIAVOLINDO. Nel 1908 si trasferì  con il suo nuovo compagno Ambrogio Lattughini (di cui non so nulla) a Milano, dove , frequentando gli ambienti anarco-individualisti,  si distinse per la sua irruenza  durante le manifestazioni e per le sue liti  con le forze dell’ordine. (  cfr. brano)
Brano da commentare:  “ Anche Aida Latini , nota  per il suo carattere violento iniziò la militanza in questo ambiente. Anche lei, toscana, arriva a Milano nel giugno del 1908 e subito viene segnalata per la propaganda  “spicciola [e] senza profitto” che fa nelle osterie, e, pochi giorni dopo, il 19 giugno, in occasione di una dimostrazione di sindacalisti e anarchici, viene arrestata “per rifiuto di obbedienza alle intimazioni dei Funzionari di pubblica Sicurezza di servizio. Quella della Latini , in effetti, è una militanza che si esprime per la maggior parte dei casi con atti di provocazione nei confronti delle autorità e manifestazioni di insubordinazione (come quando il w24 giugno 1910 fu arrestata per avere oltraggiato due guardie, che l’avevano esortata a moderare “la corsa su bicicletta”), un apporto diverso da quello di personalità come la Rafanelli, la Giacomelli e la Rygier, che comunque si rivela prezioso se non altro perché ingrossa le fila dell’inascoltato popolo anarchico e perché l’audacia con cui agisce raggiunge il primo obiettivo che quel popolo si prefigge, ovvero la destabilizzazione di un ordine imposto “ ( dal libro di Elena Bignami, Le schiave degli schiavi …)
Bibliografia:  Elena Bignami, Le schiave degli schiavi.. La questione femminile dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano ( 182t5-1917), Clueb, 2011 , pp. 235-236
Nel 1909, partecipò attivamente alle manifestazioni di protesta contro l’assassinio di  Francisco Ferrer . Intanto per mantenersi si prestava a tutti i lavori possibili .
Nel 1912 quando Maria Rygier, in un suo articolo elogiò AUGUSTO MASETTI per avere sparato, senza però ucciderlo,  a un colonnello, il giorno prima della  coatta partenza del suo battaglione in Libia,  fu arrestata e condannata a tre anni di prigione, Aida Latini  , sfruttando l’occasione di una grande manifestazione socialista  a favore del suffragio elettorale ,  accusò, interrompendo con grida gli  oratori di turno, il Partito Socialista di avere deliberatamente passato sotto silenzio quella condanna.  Dal 1912 al 1914 partecipò , con continuità,  anche  alle manifestazioni antimilitariste, che sfociarono poi nella “Settimana Rossa”, contro le compagnie di disciplina  e  (cfr. post sulla SETTIMANA ROSSA).  Nel 1915  Aida Latini  e il suo nuovo compagno, CARLO MOLASCHI, con cui ebbe una relazione che durò due anni, furono arrestati,  per avere, dimostrando un  notevole coraggio,  distribuito manifestini antimilitaristi e contro la guerra durante una manifestazione  di interventisti . Nel 1917 la relazione tra  Aida Latini e Carlo Molaschi  ebbe fine e le motivazioni  sono forse rintracciabili in una dura critica della Latini sull’atteggiamento di pretesa superiorità secondo lei, presente, anche tra gli anarchici , del  compagni maschi sulle compagne donne  (cfr.brano)
Brano da commentare:   “ Molaschi soffrì molto la fine del rapporto con Aida Latini, ma non tanto  pare per il legame perduto, quanto per la delusione di avere riposto tanta fiducia in una donna dalla quale era stato tradito. [...] E’ probabile che qui Molaschi si riferisca allo scritto che Latini aveva pubblicato sul periodico “ L’Avvenire Anarchico” di Pisa nel gennaio del 1917 e che rappresenta, in realtà, una interessante e vivace critica nei confronti dei compagni intellettuali – “ (filosofi senza filosofia) - , come li apostrofa – e in particolare contro “ questo grande genio così raffinato, che colle sue teorie vive sulle cime “ – evidente è il riferimento a Molaschi . “patriarcalmente faccia tutto completamente all’opposto di quello che predica ed esige dagli altri”. Un vero e proprio attacco al maschilismo dei compagni più colti e , come lei scrive,  soprattutto “ la giusta ritorsione delle squalifiche di donne, che sentono la piena coscienza di essere divenute spregiudicate per convinzione, non per sfrontatezza o piazzaiuoleria “ .  E chiosa, significativamente: “ Esse hanno saputo esser femmine, ma hanno anche saputo essere madri e lottare contro un mondo di prepotenti, di egoisti e d’ ipocriti qual è quello in cui la donna dovrebbe sapersi emancipare dallo stato d’inferiorità e dipendenza morale e materiale, intellettuale ed economica, in cui certi sedicenti anarchici si ostinerebbero a mantenerla  , umiliata ed oppressa, stato da cui essa mi sembra esuli già troppo, quando si alza davanti a codesti uomini e sa dar lezioni di coraggio, di coscienza,  e di franchezza a chi manca completamente – a parer mio – dell’uno e delle altre “ ( Aida Latini, In tesi di femminismo e anarchismo. Dal dire al fare….  In L’ Avvenire Anarchico, 26 gennaio 1917 )
 Bibliografia: Elena Bignami,  La nostra vita è la battaglia quotidiana. Una coppia anarchica al tempo della Prima Guerra Mondiale negli scritti di Maria Rossi Molaschi, p. 81 nota n. 82  in http://www.camerablu.unina.it/index.php/camerablu/article/view/3888
Tra il 1919 e il 1920. diventò la compagna del poeta anarco-futurista ,  TINTINO PERSIO RASI ( AURO D’ARCOLA) (1893-1963)  che accompagnò in diversi viaggi non cessando di fare propaganda anarchica.  Le successive notizie  su di lei    la danno come compagna  prima di un ufficiale dei servizi segreti e poi dell’anarchico GIOVANNI ROMITI (1892- ?) con  cui sarebbe passata al fascismo nel 1921. Vi è però  un problema di date: 1921 o 1923 ?  (cfr. brano)
Brano da commentare : “ Ma è vicino il voltafaccia in quanto secondo Berneri “ a Firenze, nel 1920, [è] amante di un capitano di artiglieria addetto ad un ufficio informazioni di carattere spionistico; nel 1921 pass [a] al fascismo, assieme al Romiti di Pontremoli [ ma nella scheda personale questi risulta chiedere la tessera del PNF nel 1923] col quale [vive]. A Milano   vest[e] la camicia nera, provocando, picchiando, denunciando”
Bibliografia:  F. Bucci- M. Granata, Aida Latini in Dizionario Biografico degli anarchici italiani, volume secondo , BFS , 2004 p. 21. Adesso , come è noto si trova anche su internet  .
  
Infine, fascista o non fascista che fosse,  nel 1922, Aida Latini scrisse un elogio del poeta anarchico iconoclasta,   RENZO NOVATORE (Abele Ricieri Ferrari) (1890- 1922), pochi mesi prima della sua morte, pubblicato sul giornale , Il  Proletario . Di questo elogio a Novatore cito, in questo post,   solo il brano , in cui se la prende con Leda Rafanelli,  con uno stile tipico di certa letteratura di quel tempo (cfr. brano)
Brano da commentare: “  Renzo, io non mi sono ancora occupata di lei, ma si dice che nell’ombra è nascosta una feroce mia denigratrice… Pare che nel cinquantesimo anno di sua età (dopo tanto studio lungo e profondo) abbia composto tre celebri romanzi fatti di … vari pregi. Si dice anche che nel suo ultimo uscito, la geniale artista, si sia servita di me (prendendomi a modello senza nominarmi) per compiere un suo capolavoro di psicologia femminile, ponendomi – naturalmente- tra le commedianti. Io rido!... Ma mentre rido, penso all’anima nera di questa valorosa scrittrice – che conosco personalmente bene – immagino –senza averlo letto – che cosa –sotto la sua maschera letteraria –può dire di me. Ella mi è sempre stata nemica feroce ed implacabile; e come tale una calunniatrice… Ma io rido… Rido del suo corpo secco e allampanato che ha della Carolina Invernizio e della Negromante! Ma lasciamo questa Negromante – amante dell’aria pesante e avvelenata – a profumare di mirra il suo G. Buddha, del cui si prostra sull’altare per innalzare l’inni del suo fradicio cuore e veniamo a cantare un nuovo canto alla gioia della carne bella compenetrata da un soffio animatore di vette sfolgoranti … “ ( Aida Latini, Dall’ignoto …  A Renzo Novatore, in Il Proletario , a.1 n. 2 luglio 1922, p. 3)  . 
Bibliografia:  Renzo Novatore ( Abele  Ricieri Ferrari), Un fiore selvaggio  scritti scelti e note biografiche a cura di  Alberto Ciampi, BFS 1994, pp. 98-99. Cfr. anche a pp. 99-100   il necrologio di  Renzo Novatore scritto da Giovanni Romiti e pubblicato  sull’ Avvenire Anarchico dell’ 8 dicembre del 1922 .

Malata di cuore si ritirò dalla vita politica e morì a Milano nel 1932 al Pio Albergo Trivulzio

 
 
 
 
 
Nota:  Per notizie e immagini di VIRGILIA D'ANDREA, cfr. post UNIONE SINDACALE ITALIA, ARMANDO BORGHI ....). e per MARIA RYGER, cfr. post ABBASSO LA GUERRA








                                                         

Nessun commento:

Posta un commento