Appartenenti a una generazione successiva delle " Internazionaliste", ma in qualche modo collegate con esse ( vedi sopra l'articolo di Leda Rafanelli dedicato a Maria Luisa Minguzzi apparvero anarchiche, che di fronte, ad eventi drammatici , di grandi proporzioni, come la guerra di Libia, la settimana rossa, la grande guerra, il biennio rosso, l'avvento del fascismo, esercitarono su di essi una influenza , che, solo recentemente , iniziamo a comprendere pienamente. Di alcune di esse si è già trattato in post precedenti ( cfr. post ABBASSO LA GUERRA e ANARCHICI A MILANO ). Mi riferisco in particolare a NELLA GIACOMELLI e LEDA RAFANELLI. Qui ci si soffermerà , in particolare, sulla loro posizione nei confronti della "questione femminile".
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NELLA GIACOMELLI CON CAPPELLO |
Su Il Grido della Folla , settimanale anarchico individualista e
antiorganizzatore, che aveva contribuito a fondare insieme a Ettore Montanari nel 1902,
Nella Antonelli scrisse, sotto lo pseudonimo maschile di
Ireos, numerosi articoli , tra cui La
donna nel divenire sociale, dove auspicava una sempre crescente presa di
coscienza delle donne dalla loro umiliante e subordinata condizione nella
società classista e sessista. (cfr. brano) B
rano da commentare: “ La donna è una creatura tutta da fare. Oggi la donna non esiste che come femmina dell’uomo,
o cuoca, lavapiatti, gingillo, ma non come individualità dignitosa, , distinta,
notevole. Questo è pur noto ai signori uomini, i quali pur dilettandosi di
femminismo, ci tengono a quella ragione che permette loro di ritenersi il sesso forte e di guardare con disprezzo
a quel mondo in sottana che turbina loro all’in giro. O voi cultori
dell’educazione femminile, che aspirate alla redenzione morale della donna, di
vederla individualità dignitosa, e non più mantenuta spregevole o appendice
parassita (anche se legittima) dell’uomo, imparate il linguaggio della verità;
[…]; parlate ai cervelli delle donne , alle coscienze, e non alle loro
debolezze e alle loro vanità! Quand’ esse saranno coscienti della propria
miseria, dellapropria indegnità principieranno ad educarsi . “ ( Nella Giacomelli, La donna nel divenire
sociale, Il Grido della Folla
17 dicembre 1904)
Bibliografia:
in Ercole Ongaro, Nella Giacomelli.
Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta, 2019. p. 52. La figurina in creta di Nella Giacomelli è inventata
All’inizio
del secolo si stava affermando, anche in Italia, un movimento femminista che
reclamava tramite comizi, manifestazioni
e cortei il diritto della donna a votare. Nella Giacomelli, pur scorgendo
alcuni aspetti positivi di quelle lotte contro la supremazia del’ uomo nella sfera politica , le riteneva però sostanzialmente incapaci di una autentica
trasformazione rivoluzionaria del
contesto politico e sociale e contrapponeva ad esse l’azione delle donne russe
durante la rivoluzione del 1905. (cfr.
brano)
Brano da commentare: “ Io
mi domando quale intenzione sovrintende a questa agitazione femminile per la
conquista dei diritti politici. E’ un’aspirazione astratta a base d’un innocuo
sentimento di eguaglianza con l’uomo, o è ritenuta una condizione necessaria ad
una lotta più vasta, più valida, più morale e concreta? […] Ciò che conta e deve contare è di sapere se
la donna colla sua agitazione attuale, aspira alle aride schermaglie della
politica parlamentare, o alle lotte più degne, ben più vere nel campo delle
rivendicazioni umane. Ch’ella dica insomma perché vuol conquistare il diritto
elettorale. Per potere partecipare a tutte le manifestazioni della vita
politica e sociale? In Russia,
rispondeva Nella, le donne si sono unite al popolo “nella lotta per la libertà in odio alla tirannia potente e feroce delle Stato”, divennero eroine senza che
nessun di loro fosse elettrice, ma “ con
una chiara coscienza della necessità del momento”. In Italia invece le donne mancavano di tale chiarezza e
decisione. [Pertanto era necessaria e urgente “un’opera di educazione e propaganda” “disciplinare le infinite forze sparse” perché “la causa della libertà non ha bisogno di leggi e di legislatori, ma ha
bisogno di energie e intelligenze “. (
Ireos [ Nella Giacomelli], Questione
femminista o sociale?, in La Protesta Umana, 20 ottobre 1906)
Bibliografia:
in Ercole Ongaro, Nella Giacomelli.
Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta, 2019.
pp. 55-56. Le frasi in corsivo sono di Nella Giacomelli, le altre sono di Ercole Ongaro
Prendendo
spunto dal dibattito molto intenso , nel 1903, all’interno della stampa anarchica, che era seguito, negli ambienti anarchici
italiani, alla lettura dell’ opuscolo Un
episodio d’amore della Colonia Cecilia di
GIOVANNI ROSSI ( cfr. post
) Nella Giacomelli , pur non condividendo la condanna del “plurimo amore” da parte di alcuni
compagni , nel proseguimento della polemica ammise in lei una tendenza, in
amore, prevalentemente “esclusivista”. Tornò poi sull’argomento nel
1921 senza però fare più riferimento all’ “amore plurimo”. (cfr.brano)
Brano da commentare: 1)
“ Se amassi sarei un’esclusivista: sento che non amerei che uno: quello.
Non per questo però io mi sogno di
ritenermi superiore o più morale di un’altra che amasse più d’uno […] Anch’io come te difenderei il mio amore,
il mio solo amore, ma non contesterei il diritto al mio compagno di nutrire
altre affezioni. Soffrirei, se egli amasse un’altra oltre di me, ma con ciò non
dico che avrei ragione” ( Ireos [Nella Giacomelli], Insisto nel peccato in Il Grido della Folla, 1 ottobre 1903
); 2)“ Per
Nella l’amore ha radici contemporaneamente “ nell’esaltazione dei sensi e nella soddisfazione dello spirito”
perciò, quando l’amore c’è, è “monogamico,
esclusivista, unico”, salvo variare nella durata e nell’intensità. I
teorizzatori del libero amore fanno confusione: chiamano amore il matrimonio,
che è spesso un’espressione di interessi, o l’accoppiamento, che è un
soddisfacimento momentaneo dei sensi, o l’impulso sessuale, che ha cause
superficiali e transitorie e non è mai un sentimento. Aggiunse poi: “Nella
vita l’uomo e la donna […] racchiudono nell’amore uno scopo, oltre che un
piacere, e più sono coscienti, più sono normali, sani ed equilibrati, più
sentono dell’amore anche la responsabilità. Già perché la libertà in amore sta
soprattutto nel poter sottrarsi ad una costrizione , ad un obbligo divenuto
insopportabile , ad una convivenza che ripugna, non nel mutare a tutte le ore,
conforme i ghiribizzi del momento [ … ]
Curiosi certi anarchici che sono contro le leggi, perché limitano la
libertà, e non vedono che la coscienza è pure una terribile legge! Solo che le
leggi scritte nei codici, nella loro fissità e sommarietà, sono sempre
ingiuste, brutali e antinaturali, mentre la coscienza, che sovrintende alle
azioni individuali è una garanzia assai più valida per gli interessi generali
della collettività. Ed è ciò che è necessario in una società anarchica. … “ ( Inkyo [Nella Giacomelli], Le delizie
del libero amore in Pagine Libertarie 20 luglio 1921)
Bibliografia: Primo e secondo brano in Ercole Ongaro, Nella Giacomelli.
Un’anarchica controcorrente, Zero in condotta, 2019.
p. 51 e p. 129
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LEDA RAFANELLI |
Per quanto riguarda l’atteggiamento di Leda
Rafanelli nei confronti del “ femminismo” a lei contemporaneo ho trovato molto
interessante quanto sull’argomento ha scritto
Edda Fonda, La storia di
Leda Rafanelli . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ A metà ottocento il movimento
femminista, nato in Inghilterra si sviluppa negli altri stati europei e anche in Italia. Le
protagoniste, donne delle classe agiate, prendono il nome dal primo diritto che
rivendicano, il suffragio femminile – da cui l’appellativo con cui passano alla
storia, suffragette o meglio suffragiste – cioè il diritto di voto attivo e
passivo […] La Rafanelli vede i cortei,
sente le rivendicazioni e non ci si ritrova. Lei, con la vita che conduce, è
una figura esemplare di chi ha saputo rompere i vincoli e i condizionamenti
della donna che mettono in subordine la donna e ci appare come un esempio di
femminismo raggiunto. Eppure, anche per lei, la realtà è più complicata. Nulla
da spartire con il movimento in atto, afferma subito. Intanto non crede al
potere taumaturgico di voto se la società resta quello che è. Questa è la prima
cosa, fondamentale, che la stacca dalle suffragiste. E poi: è insorta la donna
borghese, ma contro chi? “ Contro l’uomo, contro il maschio? Vuole essere come
lui, raggiungerlo nelle professioni, lavorare e guadagnare come lui per
prendersi un cappellino in più”. Diverse sono le donne a cui lei guarda, le
donne del popolo, che sono al fianco dell’uomo della loro classe non
contro di lui. Da altri nemici deve guardarsi,
la donna proletaria, dal capitalismo sfruttatore, dal clericalismo asservitore
delle coscienze, dal militarismo antiumano. …”
(Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli )
Bibliografia: Edda Fonda, La storia di Leda Rafanelli, in Le donne nel
movimento anarchico italiano (1871-1956), Mimesis editore, 2018 pp. 69-70
Alla radice di questo suo atteggiamento, concorre, in gran parte, la sua
stessa concezione di ”donna” che, grazie a un prezioso studio di Elena
Bignami, emerge dal confronto con quella
della compagna/amica Nella Giacomelli e dalla sua convinzione che le caratteristiche fondamentali della
donna fossero il “cuore” e l’ “utero” ossia se ho capito bene ne deriverebbe,
tra l’altro, che ruoli essenziali della
donna sarebbero: amante e madre. (cfr. brano)
Brani da commentare: 1) “ E’ con la Giacomelli, infatti, che Leda Rafanelli
si trova spesso a discutere polemicamente , come ad esempio, sul rapporto uomo-donna e i relativi ruoli.
Scrive la Rafanelli: “ Pur riconoscendo che molte donne valgono qualcosa, non
sono mai all’altezza dell’ Uomo. Ricordo le parole aspre, sdegnose – sebbene
dettate da una donna che mi fu tanto cara – la “nostra” Nella, “Ireos,” come firmava i suoi articoli vivaci e
violenti – mi rivolse quandoi scrissi sulla mia rivista “Sciarpa nera” che
la Donna, dell’uomo –quando sono allo
stesso livello morale sarà sempre “ombra ed eco” . Nella invece rivendicava la superiorità della
donna. Ma vinsi io nella polemica […] Tra due individui di sesso diverso,
arrivati a un grado di superiorità
intellettuale, idealista, sociale, l’Uomo è sempre più in alto….. […] Nel
continuo gioco tra fantasia e realtà, tra romanzo e vita, che caratterizza
molta parte della sua produzione letteraria, Leda esalta le “virtù femminili” (
maternità, fascino, moralità, etc.) come sublimi strumenti che permettono
alle “femmine” di farsi “donne”, e così
di opporsi e battersi contro il potere borghese, per la realizzazione di una
società regolata sull’anarchismo. 2) “ La donna – che ha due sole molle a promuovere i
suoi slanci – l’amore e la maternità -
parla più col cuore che col cervello. Gli studiosi di patologia dicono
anche che parla con l’utero; e sia pure. Anche l’utero è un organo vivo come il cuore; e infine il cuore è un motore
che fa scorrere il sangue, mentre l’utero crea, protegge, fa nascere il futuro
uomo. Forse è vero, la pietà umana
femminile proviene dall’utero, perché le più pietose sono le donne-madri. “ (
Leda Rafanelli, Una donna e Mussolini,
)
Bibliografia: Primo brano in Elena Bignami, Le schiave degli schiavi. La
questione femminile dal socialismomutopistico dell’anarchismo italiano
(1825-1917), Clueb 2011, pp. 213-214 e
secondo brano in Leda Rafanelli, Una donna e Mussolini, Rizzoli, 1975 p. 160)
Una ulteriore chiave interpretativa del pensiero di
Leda Rafanelli sulla donna e sul suo ruolo nella società rinvia alla sua
grande passione per il mondo arabo .
(cfr. brano)
Brano da commentare: “ La femminilità passa al di sopra di ogni
altra realtà. Questa la tesi della Rafanelli. E solo nel modello arabo, dove la
donna è remissiva rispetto all’uomo che ama e non compete con lui, ci può
essere armonia tra i due sessi. E’ il bisogno primario della donna di essere
amata che ha il sopravvento. E poi c’è la maternità, l’altra componente
fondamentale della diversità femminile, la quale, nota la Rafanelli, crea una
condizione di privilegio-limite in cui la donna è destinata a vivere: dono sì,
ma anche catena, soprattutto quando è lasciata sola ad allevare i figli, così
come l’amore è gioia, ma anche schiavitù, sia pure dolce schiavitù . L’
adesione che appare acritica , soprattutto oggi, al modello di vita arabo,
risulta meno sorprendente se la si inserisce nel contesto in cui si manifesta
nell’anarchica Rafanelli. [….] Leda a
quei “figli del deserto, al mondo arabo in generale, si sente vicina, è orientata verso la loro vita più semplice,
più naturale, in cui l’uomo non è scisso dalla natura, vivendo con essa in
armonia. Si sente attratta anche dalla loro religione che sta studiando. “
Differenza tra me, tra chi sente come me, e i
nostri fratelli arabi, nemici oggi per i sudditi italiani devoti alla
monarchia? Nessuna differenza: fratellanza vera, simpatia calda, comunione
istintiva e invece contrapposizione profonda al “compatriota” che tenta di
soggiogare alla sua catena anche i
liberi figli dell’ Africa “ […] Alla fede anarchica negli anni della
maturità, ha aggiunto un’altra fede, quella musulmana. Scelta maturata partendo
dall’anticolonialismo, dall’amore per l’oriente, anzi dal concepire l’oriente come luogo e contesto di una
esistenza armoniosa, dove ci si muove prendendo la vita senza smanie di
successo, vivendo giorno per giorno, a contatto con la natura, un qualcosa che
lei vede vicino all’ideale di una società anarchica. Idea discutibile, scelta
sconcertante per i suoi compagni, ma tutto si tiene in lei. “ ( Edda Fonda, La
storia di Leda Rafanelli)
No |
AIDA
LATINI ( 1882-1932) nata in una famiglia operaia, frequentò la scuola
elementare. Era sorella del noto tipografo/editore anarco-individualista, LATO LATINI
(1883-19y66). Fu probabilmente tramite il fratello, che conobbe GIOVANNI GAVILLI (1855-1918)
, con cui ebbe una relazione, da cui
nacque un figlio che chiamarono DIAVOLINDO. Nel 1908 si trasferì con il suo nuovo compagno Ambrogio Lattughini
(di cui non so nulla) a Milano, dove , frequentando gli ambienti
anarco-individualisti, si distinse per
la sua irruenza durante le
manifestazioni e per le sue liti con le
forze dell’ordine. ( cfr. brano)
Brano da commentare:
“ Anche Aida Latini , nota per il
suo carattere violento iniziò la militanza in questo ambiente. Anche lei,
toscana, arriva a Milano nel giugno del 1908 e subito viene segnalata per la
propaganda “spicciola [e] senza profitto”
che fa nelle osterie, e, pochi giorni dopo, il 19 giugno, in occasione di una
dimostrazione di sindacalisti e anarchici, viene arrestata “per rifiuto di
obbedienza alle intimazioni dei Funzionari di pubblica Sicurezza di servizio.
Quella della Latini , in effetti, è una militanza che si esprime per la maggior
parte dei casi con atti di provocazione nei confronti delle autorità e
manifestazioni di insubordinazione (come quando il w24 giugno 1910 fu arrestata
per avere oltraggiato due guardie, che l’avevano esortata a moderare “la corsa
su bicicletta”), un apporto diverso da quello di personalità come la Rafanelli,
la Giacomelli e la Rygier, che comunque si rivela prezioso se non altro perché
ingrossa le fila dell’inascoltato popolo anarchico e perché l’audacia con cui
agisce raggiunge il primo obiettivo che quel popolo si prefigge, ovvero la
destabilizzazione di un ordine imposto “ ( dal libro di Elena Bignami, Le
schiave degli schiavi …)
Bibliografia: Elena Bignami, Le
schiave degli schiavi.. La questione femminile dal socialismo utopistico
all’anarchismo italiano ( 182t5-1917), Clueb, 2011 , pp. 235-236
Nel 1909, partecipò attivamente alle manifestazioni di protesta contro
l’assassinio di Francisco Ferrer .
Intanto per mantenersi si prestava a tutti i lavori possibili .
Nel 1912 quando Maria Rygier, in un suo articolo elogiò AUGUSTO MASETTI per
avere sparato, senza però ucciderlo, a
un colonnello, il giorno prima della coatta partenza del suo battaglione in Libia, fu arrestata e condannata a tre anni di
prigione, Aida Latini , sfruttando
l’occasione di una grande manifestazione socialista a favore del suffragio elettorale , accusò, interrompendo con grida gli oratori di turno, il Partito Socialista di
avere deliberatamente passato sotto silenzio quella condanna. Dal 1912 al 1914 partecipò , con
continuità, anche alle manifestazioni antimilitariste, che
sfociarono poi nella “Settimana Rossa”, contro le compagnie di disciplina e (cfr.
post sulla SETTIMANA ROSSA). Nel 1915 Aida Latini
e il suo nuovo compagno, CARLO MOLASCHI, con cui ebbe una relazione che
durò due anni, furono arrestati, per
avere, dimostrando un notevole
coraggio, distribuito manifestini
antimilitaristi e contro la guerra durante una manifestazione di interventisti . Nel 1917 la relazione
tra Aida Latini e Carlo Molaschi ebbe fine e le motivazioni sono forse rintracciabili in una dura critica
della Latini sull’atteggiamento di pretesa superiorità secondo lei, presente,
anche tra gli anarchici , del compagni
maschi sulle compagne donne (cfr.brano)
Brano da commentare: “
Molaschi soffrì molto la fine del rapporto con Aida Latini, ma non tanto pare per il legame perduto, quanto per la
delusione di avere riposto tanta fiducia in una donna dalla quale era stato
tradito. [...] E’ probabile che qui Molaschi si riferisca allo scritto che
Latini aveva pubblicato sul periodico “ L’Avvenire Anarchico” di Pisa nel
gennaio del 1917 e che rappresenta, in realtà, una interessante e vivace
critica nei confronti dei compagni intellettuali – “ (filosofi senza filosofia)
- , come li apostrofa – e in particolare contro “ questo grande genio così
raffinato, che colle sue teorie vive sulle cime “ – evidente è il riferimento a
Molaschi . “patriarcalmente faccia tutto completamente all’opposto di quello
che predica ed esige dagli altri”. Un vero e proprio attacco al maschilismo dei
compagni più colti e , come lei scrive,
soprattutto “ la giusta ritorsione delle squalifiche di donne, che
sentono la piena coscienza di essere divenute spregiudicate per convinzione,
non per sfrontatezza o piazzaiuoleria “ . E chiosa, significativamente: “ Esse hanno
saputo esser femmine, ma hanno anche saputo essere madri e lottare contro un
mondo di prepotenti, di egoisti e d’ ipocriti qual è quello in cui la donna
dovrebbe sapersi emancipare dallo stato d’inferiorità e dipendenza morale e
materiale, intellettuale ed economica, in cui certi sedicenti anarchici si
ostinerebbero a mantenerla , umiliata ed
oppressa, stato da cui essa mi sembra esuli già troppo, quando si alza davanti
a codesti uomini e sa dar lezioni di coraggio, di coscienza, e di franchezza a chi manca completamente – a
parer mio – dell’uno e delle altre “ ( Aida Latini, In tesi di femminismo e
anarchismo. Dal dire al fare…. In L’
Avvenire Anarchico, 26 gennaio 1917 )
Tra il 1919 e il
1920. diventò la compagna del poeta anarco-futurista , TINTINO PERSIO RASI ( AURO D’ARCOLA)
(1893-1963) che accompagnò in diversi
viaggi non cessando di fare propaganda anarchica. Le successive notizie su di lei
la danno come compagna prima di un ufficiale dei servizi segreti e
poi dell’anarchico GIOVANNI ROMITI (1892- ?) con cui sarebbe passata al fascismo nel 1921. Vi
è però un problema di date: 1921 o 1923
? (cfr. brano)
Brano
da commentare : “ Ma è vicino il voltafaccia in quanto secondo Berneri “ a
Firenze, nel 1920, [è] amante di un capitano di artiglieria addetto ad un
ufficio informazioni di carattere spionistico; nel 1921 pass [a] al fascismo,
assieme al Romiti di Pontremoli [ ma nella scheda personale questi risulta
chiedere la tessera del PNF nel 1923] col quale [vive]. A Milano vest[e]
la camicia nera, provocando, picchiando, denunciando”
Bibliografia: F. Bucci- M. Granata, Aida Latini in
Dizionario Biografico degli anarchici italiani, volume secondo , BFS , 2004 p.
21. Adesso , come è noto si trova anche su internet .
Infine, fascista o non fascista che fosse, nel 1922, Aida Latini scrisse un elogio del
poeta anarchico iconoclasta, RENZO NOVATORE (Abele Ricieri Ferrari) (1890-
1922), pochi mesi prima della sua morte, pubblicato sul giornale , Il Proletario . Di questo elogio a Novatore cito,
in questo post, solo il brano , in cui se
la prende con Leda Rafanelli, con uno
stile tipico di certa letteratura di quel tempo (cfr. brano)
Brano
da commentare: “ Renzo, io non mi sono
ancora occupata di lei, ma si dice
che nell’ombra è nascosta una feroce mia denigratrice… Pare che nel
cinquantesimo anno di sua età (dopo tanto studio lungo e profondo) abbia
composto tre celebri romanzi fatti di … vari pregi. Si dice anche che nel suo
ultimo uscito, la geniale artista, si sia servita di me (prendendomi a modello
senza nominarmi) per compiere un suo capolavoro
di psicologia femminile,
ponendomi – naturalmente- tra le commedianti. Io rido!... Ma mentre rido, penso
all’anima nera di questa valorosa
scrittrice – che conosco personalmente bene – immagino –senza averlo letto –
che cosa –sotto la sua maschera letteraria –può dire di me. Ella mi è sempre
stata nemica feroce ed implacabile; e come tale una calunniatrice… Ma io rido…
Rido del suo corpo secco e allampanato che ha della Carolina Invernizio e della
Negromante! Ma lasciamo questa Negromante – amante dell’aria pesante e
avvelenata – a profumare di mirra il suo G. Buddha, del cui si prostra
sull’altare per innalzare l’inni del suo fradicio cuore e veniamo a cantare un
nuovo canto alla gioia della carne bella compenetrata da un soffio animatore di
vette sfolgoranti … “ ( Aida Latini, Dall’ignoto … A Renzo Novatore, in Il Proletario , a.1
n. 2 luglio 1922, p. 3) .
Bibliografia: Renzo Novatore ( Abele Ricieri Ferrari), Un fiore selvaggio scritti scelti e note biografiche a cura
di Alberto Ciampi, BFS 1994, pp. 98-99.
Cfr. anche a pp. 99-100 il necrologio di Renzo Novatore scritto da Giovanni Romiti e
pubblicato sull’ Avvenire Anarchico
dell’ 8 dicembre del 1922 .
Malata di cuore si ritirò dalla vita politica e morì a Milano nel 1932 al Pio Albergo Trivulzio
Nota: Per notizie e immagini di VIRGILIA D'ANDREA, cfr. post UNIONE SINDACALE ITALIA, ARMANDO BORGHI ....). e per MARIA RYGER, cfr. post ABBASSO LA GUERRA
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