mercoledì 27 aprile 2011

ANARCHICINI: "NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE". PROPAGANDA DEL FATTO COLLETTIVA: LOTTE OPERAIE E CONTADINE; FRANCESCO SILIPRANDI ( 1816-1892); GIUSEPPE BARBIANI ( 1852-1939); LUIGI MOLINARI (1866-1918)

 
   
LA BOJE

LA BOJE:   Dal 1882 al 1885,era, intanto, sorto , tra i contadini , nelle province del nord-Italia di Rovigo, Mantova, Padova, Cremona e Treviso,, un  movimento  organizzato  in società di mutuo soccorso e di associazioni di lavoratori, e che, , cosciente dei propri diritti li rivendicava, al grido de La boje e de boto la va fora" (cioè bolle e fra poco trabocca,  riferito alla pentola piena),  (cfr. canzone da commentare)

Canzone da commentare: “LA BOJE: L'Italia l'è malada –  Barbiani ( o Sartori o Ferri, o Garibaldi, ecc.) l'è el dûtûr -Per far guarir l'Italia - tajem la testa ai sciûr -La boje,la boje-e de boto la va fora- La boje,la boje - e de boto la va fora”

Bibliografia:  Cesare Bermani, Pane, Rose e Libertà,. Le canzoni che hanno fatto l’Italia:  150 anni di musica popolare, sociale e di protesta , Bur senza filtro + 3 CD, 2011 pp. 57-61

 

SCIOPERANTI ARRESTATI DAVANTI ALLE MOGLI TRATTENUTE DALLE " FORZE DELL'ORDINE"

Nel marzo 1885, il prefetto di Rovigo inviò per reprimere uno sciopero i carabinieri che,
appoggiati dai poliziotti e dai soldati spararono sulla folla. Molti i feriti e gli arresti. (cfr. brano)

Brano da commentare: La provocazione scatta quando un bracciante grida "Viva la Repubblica". I carabinieri lo arrestano. L'atto inconsulto ed ingiustificato solleva la protesta e la rabbia della massa che reagisce tentando di liberare il lavoratore fermato. Lo scontro inevitabile porta alla sparatoria dei carabinieri sui manifestanti: si calcola che siano stati sparati una ventina di colpi di rivoltella. Il bilancio sanguinoso è costituito da una decina di lavoratori colpiti da proiettili sparati dai carabinieri e dal ferimento di due di loro con arma da taglio. Segue la repressione e la caccia all'uomo condotta dai carabinieri e da un drappello di soldati armati inviato sul posto dal prefetto di Rovigo. Vengono arrestati prima tutti i feriti e poi di notte e di giorno per un'intera settimana continua la ricerca e gli arresti nelle campagne e nelle case dei braccianti.Gli arrestati superano il centinaio e vengono legati fra loro con grosse corde ed avviati a piedi alla stazione di Fratta per essere spediti nelle patrie galere. Lo sciopero è represso, i braccianti tornano a lavorare covando la rivincita" (tratto da "Memorie storiche di Castelguglielmo di Pio Mazzucchi" )

Bibliografia: La Boje in https://vivasanmarco.wixsite.com/cultura-veneta/la-boje. Non sono proprio sicuro che l'evento a cui mi volevo riferire sia questo, comunque, la strategia repressiva delle forze dell'ordine , aiutate talvolta dall'esercito, si svolgeva su direttive che non variavano moltotra di loro e , in fondo, neanche oggi..

 


FRANCESCO SILIPRANDI, GIUSEPPE BARBIANI E UN IMPUTATO NON IDENTIFICATO

Il processo che ebbe maggiore  risonanza fu quello, che si svolse nel 1886, a Venezia contro gli iscritti alla “ Società di Mutuo Soccorso”,  guidata dal repubblicano Eugenio Sartori e  alla “Associazione Generale dei lavoratori italiani” guidata dai socialisti internazionalisti,   Francesco Siliprandi e Giuseppe Barbiani e altri.  Il processo fu seguito da” Andrea Costa, ormai  “socialista parlamentare già da qualche anno,  che ne dette un’ampia relazione. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare: “ Processo infame, se mai ve ne furono, e per i miserabili pretesti che valsero per ordirlo, e per il lungo carcere preventivo, che soffrono gli accusati, e per le pessime prigioni ove giacciono, e per la scelta che si è fatta di Venezia […] sottraendoli così ai loro giudici naturali – i giurati di Mantova … questo processo non è che una forma della questione sociale – una forma della guerra di classe … […]  è strano e pittoresco l’aspetto che offrono gli  scanni degli accusati. Toltinrìe, il Sartori, il Siliprandi, il Delbon, il Melesi , il Nizzoli e l’ Avigni. Tutti gli altri sono contadini- veri lavoratori dei campi, giornalieri la maggior parte, dalle facce abbronzate e magre, dai muscoli forti, vestiti di fustagno, che sanno appena, e taluno non sa, leggere e scrivere, e che pare si domandino per qual ragione mai si trovino qui dinanzi a questo mucchio di curiosi – a questi pubblicisti- a questi avvocati in toga- - a questi giudici- mentre i figli e le mogli li aspettano, ed i campi liberi, illuminati dal sole… Singolare contrasto col banco degli accusati offre quello dei giurati: chi dottore, chi marchese, possidenti la maggior parte, ben vestiti e fiorenti.  Accusati e giurati: banco contro banco: classe contro classe: ricchi e poveri. “ ( Andrea Costa, corrispondente per conto  del Messaggero, 11 e 20  febbraio 1886) Bibliografia:  Renato Zangheri, Agricotura e contadini nella storia d’Italia. Discussioni e ricerche. Piccola Biblioteca Einaudi, 1977, p. 269 e 270

 Contro   le aspettative e le richieste di pene gravissime da parte del pubblico ministero, gli imputati furono tutti assolti. 

                                       FRANCESCO SILIPRANDI E GIUSEPPE BARBIANI

Concludo fornendo  brevi cenni biografici di FRANCESCO SILIPRANDI e di GIUSEPPE BARBIANI.

 FRANCESCO SILIPRANDI ( 1816-1892) Nato a Curtatone  (provincia di Mantova) da una famiglia di proprietari terrieri, fu arrestato nel 1847 per dimostrazioni antiaustriache. Partecipò poi ai moti parigini del 1848. Tornato in Italia partecipò alla prima guerra d’indipendenza tra i volontari di Luciano Manara.  Partecipò nel 1850 al moto mantovano d’ ispirazione  mazziniana, che fu represso dagli austriaci, che giustiziarono  9 membri del Comitato rivoluzionario, tra cui  don Enrico Tazzoli, divenuti  poi noti con il nome di “Martiri di  Belfiore”. Siliprandi riuscì a fuggire insieme ad altri congiurati. Nel 1857 poté tornare a Mantova, comprò un terreno a Casatico e vi si stabilì insieme alla su compagna Teresa Rovito da cui ebbe due figli, Giuseppe, nato nel 1849 e Cecilia  nata nel  1855. Durante la seconda guerra d’indipendenza combatté con i Cacciatori delle Alpi guidati da Giuseppe Garibaldi e poi nella spedizione dei mille guadagnandosi sul Volturno il grado di capitano. Militò nell’esercito regolare, riuscendo comunque, se ho capito bene,  a  seguire Garibaldi, durante la terza guerra d’indipendenza. Nel 1870 fu congedato dall’esercito., Influenzato dal pensiero libertario e federalista di Pierre Joseph Proudhon , fondò un giornale Il Lavoratore,  il cui  motto era  “La proprietà esclusiva è un furto . La proprietà legittima è il prodotto del lavoro- Dio è una creazione dell’uomo :  “ La proprietà esclusiva è un furto – La proprietà legittima è il prodotto del lavoro – Dio è una creazione dell’uomo”. Aderì presto alla Prima Internazionale e nel 1872 scrisse un articolo su La Favilla, che ne richiamava gli obiettivi e i metodi . (cfr. brano)

Brano da commentare: “Furono bene intesi i mezzi per liberarsi dalla schiavitù dei ricchi. L’associazione in grande, cioè di tutti i lavoratori, n’è l’essenza, quindi la somma di tutte le forze e proprietà fisiche ed intellettuali di questo corpo che esiste ed opera, la libertà politica e l’istruzione ne sono i moventi. Senza libertà, nessuna, istruzione civile può avere vita e forza, ed è un dovere di ognuno, se gli fu tolta, di riacquistarla e conservarla. L’ignoranza fu una causa dei tanti mali che afflissero l’umanità, e che l’ha soggiogata alla tirannide religiosa e politica; l’educazione dissipa l’errore, ed è la forza motrice che spinge alla civiltà. Tali sono i mezzi che l’associazione ha stabilito per conseguire il fine propostosi; e tutto fa credere che, se non d’un salto, gradatamente lo potrà raggiungere.” ( Francesco Siliprandi in La Favilla, 9 luglio 1872)

Bibliografia:  Gruppo Laico di ricerca. Associazione Culturale, Francesco Siliprandi, il patriota dei lavoratori 3 gennaio 2017 in  https://www.google.com/search?client=firefox-b- &q=francesco+siliprandi+il+patriota+dei+lavoratori

Fu infine , durante i moti de La Boje”, uno degli  “apostoli socialisti”  arrestati e  imprigionati  per un anno di carcere preventivo, prima di essere  assolti durante il processo tenuto a  Venezia. Morì nel 1892.

GIUSEPPE BARBIANI ( 1852-1939)  Nato a Spineda (Cremona)  da una  famiglia dicontadini e a 10 anni fu mandato a lavorare nei campi. Fece poi diversi mestieri, sino a che sposato si stabilì su un pezzo di terra, preso in affitto, e lo lavorò.  Conoscendo  sulla propria pelle  le miserie e lo sfruttamento padronale  cominciò a organizzare  leghe di resistenza   contadina, in  solidale sintonia con  Francesco Siliprandi. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ ..è venuto il momento opportuno in cui i lavoratori debbono stringersi in lega compatta, la fame batte alle nostre porte, la miseria e la carità pelosa ci avviliscono, l’ignoranza è l’avvenire dei nostri figli. Ogni momento perduto per noi è un immenso guadagno per i nostri avversari, la nostra discordia è l’arma più poderosa con cui sanno tenerci schiavi. Uniamoci tutti, uno per tutti e tutti per uno. Forti del nostro numero facciamo valere i nostri diritti, forti della nostra solidarietà mostriamo la nostra potenza “ (appello di Barbiani nel 1883)

Bibliografia: Giuseppe Manfrin, Barbiani e le prime lotte contadine padane,  tratto da  Avanti della domenica- 28 luglio 2002, anno 5 –nunìmero trenta in https://museo.comune.santacristinaebissone.pv.it/portale/gestione/documenti/752N_Barbiani.pdf

Divenne  un riconosciuto “apostolo rivoluzionario”, durante le lotte de La Boje per la sua dirompente propaganda di un socialismo spirato alle dottrine  del teologo e profeta  Gioacchino da Fiore ( 1130ca- 1202) ,  reinterpretato in una versione anticlericale e laica.  (cfr.brano)

Brano da commentare: “ Sicuramente  uno degli esempi più noti di tale propaganda fu quello de I comandamenti del  lavoratore di uno dei promotori  de “La Boje” quel Giuseppe Barbiani,  la cui predicazione socialista si rifaceva in gran parte al misticismo religioso di matrice protestante. Acceso anticlericale e assertore dell’ avvento delle tre epoche, quella del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo- quest’ultima identificata con l’epoca dei contadini – Barbiani pubblicò i suoi comandamenti, per la prima volta a quanto risulta su “ La Libera Parola” di Mantova nel 1884. Più volte ristampati anche in foglietti volanti i comandamenti del Barbiani furono divulgati anche dai giornali socialisti. “ ( Stefano Pivato, L’anticlericalismo religioso nel ….. )

Bibliografia: Stefano Pivato, L’anticlericalismo “religioso” nel socialismo italiano fra  Otto r Novecento, in  Italia Contemporanea  1984 p. 33 in  ttps://www.reteparri.it/wp-content/uploads/ic/RAV0053532_1984_154-157_02.pdf

Durante il processo di Venezia destò l’attenzione di gran parte della stampa e in particolare di Andrea Costa. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ L’uomo a cui l’accusa dà maggiore importanza, e che cerca di colpire in qualsiasi modo – per attentato prima; poi se l’attentato sfugge, per reato contro la pubblica tranquillità; e mancando anche questo, per ribellione alla forza pubblica, quest’ uomo è Giuseppe Barbiani. E l’accusa non ha torto. Il Siliprandi, se pur abbia e cuore e fibra e idee giovanili, è vecchio, e molto non potrà far più; il sartori, per le idee e la condizione sua sociale, non si solleva oltre l’ambiente borghese , in cui vive; ma il Barbiani… oh! Il Barbiani! In quello sguardo vivace e profondo, in quella fisionomia chiusa, seria, cupa, in quei forti muscoli, nelle idee, francamente socialistiche, che professa, e nell’affetto, che hanno per lui i contadini, l’accusa vede, e non a torto, ripeto, minaccia continua contro l’ordine costituito e contro la tranquillità preziosissima dei grossi proprietari della provincia di Mantova. “ ( Andrea Costa, corrispondente per conto  del Messaggero, 11 e 20  febbraio 1886)

Bibliografia:  Renato Zangheri, Agricotura e contadini nella storia d’Italia. Discussioni e ricerche. Piccola Biblioteca Einaudi, 1977, pp. 270-271

Gli anni successivi sono sempre caratterizzati da continui arresti e processi a cui a volte riuscì a sfuggire sconfinando illegalmente in Svizzera. Nel 1890 partecipò al Congresso di Capolago dove  fu fondato il Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario. 

 

LE FILATRICI, BARBIANI E ARRIVANO I  BERSAGLIERI

Tornato in Italia fu eletto segretario della Camera del Lavoro di Cremona e  partecipò attivamente allo sciopero delle filatrici , che richiedevano non un aumento salariale ma condizioni di vita meno disumane. Durante lo sciopero assolutamente pacifico poliziotti, carabinieri e bersaglieri intervennero pesantemente e Barbiani fu arrestato..  Per evitare la prigione  fuggì in Svizzera e vi rimase sino al 1897.(cfr. brano)

Brano da commentare : Davanti alla filanda Gnerri le lavoratrici e al loro fianco i dirigenti della Camera del lavoro, tra i quali Giuseppe Barbiani – si trovano a
fronteggiare una compagnia di bersaglieri. Nei tafferugli Barbiani viene arrestato e portato in carcere; sarà condannato a un anno di domicilio coatto, perciò si riparerà, per la seconda volta, in Svizzera e “la Camera del Lavoro aprì una sottoscrizione a favore della sua famiglia”.

Bibliografia , Mimmo Palmieri, Attorno alla nascita della Camera  del Lavoro di Cremona in Atti del convegno  “ I moti contadini di fine ’800 nel cremonese ” Camera del lavoro di Cremona, 18 settembre 2014 in https://www.ecodelpopolo.it/public/attachments/42/p1_la-boje-le-prime-lotte-contadine-130-anni-dopo-la-boje-ancora.pdf


Nel 1901, tornato a Spineda tentò ancora di organizzare una lega di resistenza contadina. Poi le notizie su di lui si diradano. Morì nel 1939.

 

LUNIGIANA 1894
I MOTI DELLA LUNIGIANA : Carrara  aveva,  una lunga tradizione rivoluzionaria, che dopo la diffusione delle idee internazionaliste, aveva assunto spiccate caratteristiche socialiste antiautoritarie. Esse si manifestarono soprattutto sotto la  forma  di due associazioni, entrambe clandestine   e che agivano sovente in solidale sintonia: la Federazione italiana delle sezioni dell’ A.I. L.  di tendenza bakuninista (cfr. post INTERNAZIONALISTI 1….)  e la  “Spartana”,  che prendeva il nome dalla “ spartizione”  egualitaria  da realizzare dopo la rivoluzione sociale.  Gli obiettivi finali di queste due associazioni, entrambe dichiarate  dalle forze dell’ordine “associazioni di malfattori per delinquere contro le persone e la proprietà” dovevano, tra l’altro, essere ben congeniali ai cavatori del marmo, soggetti a uno sfruttamento  particolarmente intenso (primo brano), e di cui molti condividevano  istintivamente le idee anarchiche e rivoluzionarie (secondo brano).

Brani da commentare: 1) “La vita del cavatore non era certo piacevole. Le condizioni del lavoro erano particolarmente dure e gli infortuni, tra morti e feriti, segnavano la categoria. Il salario percepito non riusciva a soddisfare in pieno i bisogni minimi, di conseguenza le famiglie di questi lavoratori vivevano sull’orlo dell’indigenza. Le abitazioni erano malsane e l’analfabetismo molto diffuso”;  2)  “I Capi [dell’Internazionale] scelsero la residenza di Carrara come  più adatta onde applicarle e propagarle [ le loro dottrine] profittando delle condizioni speciali degli abitanti, e segnatamente dell’indole feroce, del carattere turbolento, e più dell’ignoranza, del considerevole numero di Cavatori e Segatori di marmo, avanzo di bassi fondi sociali, e per lo più pregiudicati  […]che si sottraggono facilmente alla sorveglianza della P:S: fra gli inaccessibili monti dirupati dalle cave” ( Pref. di MS Agnetta a procuratore del  Re, 13 giugno 1884)

Bibliografia: Primo brano in  Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi del marmo. Dall’ Internazionale ai moti del 1984 in appendice saggi di Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La Tipolitografica , 2004 p. 179. Secondo brano in Massimo Michelucci, Galileo Palla (1865-1944) Anarchico notissimo, audacissimo, pericolosissimo, ISRA- Istituto Storico  Resistenza Apuana, 2014, p. 15

 

FASCI SICILIANI

Nel gennaio 1894 le drammatiche notizie che provenivano dalla Sicilia, dove era stato proclamato lo stato d’assedio e concessa da parte di Crispi carta bianca al generale Morra di Lavrano,  erano vissute con particolare angoscia dal proletariato carrarese. Nella notte  dal 6 al 7 gennaio apparvero  manifestini anarchici che incitavano all’insurrezione  (cfr. brano)

Brano da commentare :  “ Operai lavoratori! La Sicilia di agita, la Sicilia si muove ribellandosi ai tiranni del potere, ai despoti di ogni specie e noi lavoratori di ogni partito che cosa spettiamo per distruggere i Comuni, incendiare i Catasti, rompere i Telegrafi, impadronirsi delle officine e di tutto quanto appartiene a noi lavoratori? Lavoratori! I figli dell'Etna, popolo lavoratore e ribelle, non venendo meno alle tradizioni storiche, c'insegna nobilmente ancora per una volta come si possa liberarsi dagli sparvieri, dai vampiri, dai lenoni questa setta schifosa, innominabile che sotto il patrocinio di infami leggi e nel nome di un dio crudele e tiranno fucila e macella questi uomini tanto modesti, che dopo il pasto han più fame che pria, credono poter reggere, davanti all'imperioso stimolo della fame, gli urgenti e necessari rimedi contro la miseria che bussa terribilmente alle porte del proletariato, mandando un cumulo di baionette laggiù, appositamente per frenare la marea rivoluzionaria che minacciosa si avanza. Tremano i vili e cercano una difesa mandando i Fratelli ad uccidere altri Fratelli, stolti! Operai lavoratori! Se in voi non è spento l 'ultimo seme delle nostra onestà, e se vegeta nei nostri cuori il sentimento di fratellanza è nostro dovere renderci solidali coi lavoratori di Sicilia che potrebbero con giusta causa chiamarci vili e codardi se di fronte a una si grande iniziativa come quella rimanessimo inerti spettatori.

Viva la Sicilia, Viva il Socialismo! »  ( manifestino  a stampa su carta rossa scritto a mano Processo Gattini Carlo,Tribunale di guerra)

Bibliografia:  Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi del marmo. Dall’ Internazionale ai moti del 1984 in appendice saggi di Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La Tipolitografica , 2004 p. 101

 

 

 

VISIONE DESOLATA DEI RESTI DI UNA BARRICATA DOPO LA FEROCE REPRESSIONE MILITARE

La rivolta scoppiò il 13 gennaio e si concluse drammaticamente il 16 gennaio con numerosi morti tra gli insorti e pesantissime condanne per gli arrestati.

Brano da commentare : “Il 13 gennaio 1894 veniva indetto a Carrara lo sciopero di protesta contro lo stato d'assedio in Sicilia e di solidarietà con gli uomini dei Fasci siciliani arrestati. La manifestazione, che doveva esprimere anche il risentimento per la chiamata alle armi della classe del 1869, doveva essere anzitutto una adunata di scioperanti nella città di Carrara. Ma dai primi assembramenti si passò alla formazione di barricate alla Foce, fra Massa e Carrara, e alla interruzione delle linee telegrafiche. Gruppi di dimostranti attaccavano poi i posti del dazio e le armerie delle guardie, che venivano saccheggiate. Ad Avenza si verificava il primo scontro armato: uccisi un carabiniere e un dimostrante. Fra il 13 e il 14 si formarono concentramenti di ribelli a Becizzano, Codena e Miseglia e mossero verso la città al grido di "Viva la Sicilia! Viva la rivoluzione!", nella convinzione e nella speranza che in altre parti d'Italia si stesse sviluppando un movimento analogo. Il 15 si ebbe un secondo scontro fra una banda scesa da Fossola verso Carrara e la cavalleria: un altro morto fra gli insorti. Il 16, alla periferia della città, presso la caserma Dogali, una colonna di 400 dimostranti, armati di roncole, forconi e qualche fucile, si scontrò con una compagnia di soldati. Otto dimostranti restarono uccisi, molti i feriti. La colonna si disperse. Alcuni gruppi fuggirono verso i monti dove vennero rastrellati nei giorni successivi.   Il 16 gennaio Crispi sottopose al re il decreto di stato d'assedio (...). Contemporaneamente alla firma del decreto reale, viene nominato commissario straordinario per la Lunigiana il maggior generale degli alpini Nicola Huesch, livornese, di famiglia originaria dell'Austria. Cominciano le repressioni e i processi davanti ai tribunali militari, per direttissima, con pene pesanti. Circa trecento sono gli arrestati per sedizione e duecentonove gli anarchici arrestati in quanto tali. Chi non finisce in carcere, viene spedito al domicilio coatto (...). Per il solo fatto della presenza alle dimostrazioni, si ebbero condanne a venti anni”

Bibliografia:  Pier Carlo Masini, Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Rizzoli  Editore,  1961, pp.25-26

   

LUIGI MOLINARI GIOVANE

 Pur non avendo partecipato ai moti in Lunigiana, LUIGI MOLINARI (1866-1918) che , oltre a esercitare la professione di avvocato, era direttore del giornale La Favilla di Mantova , venne arrestato il 16 gennaio 1894 con l’accusa di  “ associazione a delinquere contro l’ordine delle famiglie, le persone e le proprietà, e di eccitamento a portare la devastazione , il saccheggio e la strage nelle città di Massa e Carrara, reati commessi a Carrara, in continuazione, nel dicembre   1893, gennaio 1894 ed in precedenza”. Il tutto per avere tenuto, per tre giorni, il 25, il 26 e il 27 dicembre del 1893 delle conferenze nella zona di Carrara. Negli interrogatori davanti al  Giudice Istruttore Militare,  Molinari, spiegò, senza negare la sua adesione alle idee anarchiche e senza, quando possibile,  fare i nomi di chi l’aveva ospitato, i motivi di quel viaggio e il contenuto delle conferenze.

 Brano da commentare: "...  Essendomi dato a fare delle pubbliche  conferenze scientifiche sociali, così per combinazione gli anarchici di Carrara mi chiamarono per una conferenza per il giorno di Natale nella loro città. Non potevo rifiutarmi perché altre volte invitato dagli anarchici di Carrara, avevo sempre protratto la mia venuta a  Carrara. La mia conferenza si verificò in effetti in aperta campagna a circa 5 chilometri dalla città su un monte vicino. Tale conferenza ebbe luogo nel giorno successivo al Natale, se non erro verso le ore 11 antimeridiane. In tale conferenza  espressi i principi del socialismo antiautoritario, dimostrando che fino a quando esisterà uno Stato sia esso monarchico, repubblicano, socialista, esisteranno sempre due classi di persone, quelle che  comandano e quelle che obbediscono, quelli che fanno le leggi e quelli che debbono ubbedirle. Nego assolutamente di avere invitato in detta conferenza a commettere qualsiasi reato. Il giorno dopo, invitato al paese di Torano, parlai pure pubblicamente e brevemente a circa duecento persone svolgendo presso a poco le medesime cose. Il terzo giorno andai a La Spezia, dove alla sera, pregato dai compagni, tenni una conferenza in luogo privato.” (dall' interrogatorio di Molinari davanti al giudice istruttore)

Bibliografia:  Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi del marmo. Dall’ Internazionale ai moti del 1984 in appendice saggi di Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La Tipolitografica , 2004 pp. 131-132

Volendo a tutti i costi fare di Molinari il principale responsabile della rivolta si portò persino come prova del reato  un telegramma spedito dal Molinari ad alcuni compagni di Massa che lo invitavano a recarsi a tenere una conferenza anche da loro. ( cfr. brano)

Brano da commentare: “ Ecco il testo del telegramma: “ Non posso venire a Massa- Verrò Primavera” . Nella  concisione dello stile telegrafico, il Tribunale militare intravide un linguaggio convenzionale, come se avesse significato: “ Questo non è il momento opportuno. Attendete fino a primavera a sollevarvi”. Molinari non fu creduto quando diede la parola d’onore che il telegramma non diceva altro che ciò che lui aveva inteso dire: che , cioè , sino a primavera non sarebbe potuto ritornare a Massa.”

Bibliografia:  Learco Zanardi,  Luigi Molinari. La parola- L’azione-Il Pensiero, editoriale  sometti, 2003 p. 106

Altro elemento di prova del reato fu ritenuta la canzone Inno alla rivolta, di cui Molinari aveva scritto le parole nel 1893 in solidarietà con il movimento dei  fasci siciliani. ( cfr. canzone)

Canzone  da commentare: “ Nel fosco fin del secolo morente- sull’orizzonte cupo e desolato –spunta l’alba minacciosamente- del dì fatato.- Urlan  l’odio, la fame ed il dolore da mille e mille facce ischeletrite- ed urla con il suo schianto redentore, la dinamite.- Siam pronti  sul selciato d’ogni via- spettri macabri del momento estremo, - sul labbro il nome santo d’Anarchia- insorgeremo.- Per le vittime tutte invendicate- là nel fragor dell’epico rimbombo- compenseremo sulle barricate- piombo con piombo- e noi cadremo in un fulgor di gloria- schiudendo all’avvenire novella via- dal sangue spunterà la nuova istoria- dell’anarchia “(da  “Inno della rivolta” con parole di Luigi Molinari)

Discografia: in  Antologia della canzone anarchica italiana “ Addio Lugano Bella” n. 1

La sentenza finale espressa dal Tribunale Militare di  Guerra di Massa fu durissima:  “ condanna alla pena della reclusione a 23 anni con la segregazione cellulare continuata per i primi tre anni, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla vigilanza speciale della P.S. dopo espiata la pena ed alle spese processuali”. Contro questa sentenza ( ridimensionata in sede di appello a sette anni di prigione più aggravanti) si mosse un vasto ed eterogeneo movimento d’ opinione , ( tra le  cui iniziative vi fu persino una lettera al re firmata da 35000 cittadini milanesi, ) che, probabilmente,  facilitò la scarcerazione di Molinari il 27 settembre 1895. L’ 8 ottobre scattò comunque la  vigilanza speciale della P.S.  L’attività culturale e pedagogica  di Luigi Molinari,  ispirata  alla "scuola moderna" di FRANCISCO FERRER divenne , poi, uno dei fattori di maggiore sviluppo nel campo dell' istruzione e della lotta contro l' anafalbetismo. (cfr. post ANARCHICI/E A MILANO…..,  e il post LE UNIVERSITA'POPOLARI)

 

I MOTI PER IL PANE
Appena tre anni dopo scoppiò un altro grande moto proletario, preceduto da altre agitazioni in  tutta Italia, già dalla fine del 1897, a causa  dell’aumentato prezzo del pane, che  dava l’ultimo colpo di grazia a un proletariato ridotto sempre più a condizioni di vita  subumane, scoppiarono  ovunque  manifestazioni di piazza violentemente  represse dalle autorità civili e militari.
Canzone da commentare: “ Noi siamo i poveri, siamo i pezzenti/ la sporca plebe in quest’età/ La schiera innumere dei sofferenti/ per cui la vita/ gioie non ha / Nel crudo inverno la nostra prole/ per lunga inedia languir vediam/ solo nei ricchi risplende il sole/ mentr’essi esultano /noi fame abbiam/ Pur natura a tutti eguali/ dié diritti sulla terra/ noi facciamo aspra guerra/ ai ladroni, agli oppressor/ Non sia pace tra i mortali/ finché un uomo sovra un altro imperi/ i nemici a noi più fieri/ sono i nostri sfruttator/ Triste  spettacolo le nostre donne/ per noi primizie non han d’amor/ ancora impuberi/ sciolte le gonne/ si danno in braccio a lor signor/ Son nostre figlie le prostitute/ che muoion tisiche negli ospedal/ le disgraziate si son vendute/ per una cena, per un grembial/ Pur natura a…. Di patria al nome talor sospinti/ contro altri popoli noi si pugnò/ ma vincitori fossimo o vinti/la nostra sorte mai non cangiò/ Tedesco o italo se v’ha padrone/il sangue nostro deve succhiare/ La patria libera è un’irrisione/ se ancora il basto ci fan portar!/ Pur natura a…../ Nelle officine, sui monti e piani/giù nelle mine sudiam, sudiam/ ma delle nostre fatiche immani/il frutto intero non raccogliam/ Poi, fatti vecchi/veniam rinchiusi/ dentro ai ricoveri di carità/e sul berretto di noi reclusi/bollano i ricchi la lor pietà/ Pur natura a……/ Ah! Se sperare non è follia/nella giustizia dell’avvenir/ del privilegio, di tirannia/il turpe regno dovrà finir! Le nostre lacrime, gli stenti, l’onte/ le gravi ambasce dovran finir /Noi già leviamo balda la fronte/per salutar l’astro lontan/ Pur natura ………” ( La Marsigliese del lavoro di CARLO MONTICELLI (1881)
Discografia:  in Antologia della canzone anarchica, (1)  CD citato p. 7

SPIETATA REPRESSIONE DEI MOTI DEL PANE  A MILANO NEL 1898
 
Gli avvenimenti più tragici si svolsero il 6-7-8-9 maggio 1898 a Milano dove il generale Bava de Beccaris al comando di 20000 uomini ( tra cui cavalleggeri, fanti, bersaglieri, alpini e artiglieri) attaccò la città per 4 giorni  provocando parecchie centinaia di  morti tra i civili (inclusi bambini, donne e vecchi)
Canzone da commentare: “Alle grida strazianti e dolenti/ Di una folla che pan domandava ./ Il feroce monarchico  Bava/ Gli affamati col piombo sfamò/ Furon mille i caduti innocenti/ Sotto il fuoco degli armati caini/ E al furor dei soldati assassini/ ” Morte ai vili”, la plebe gridò/ Deh, non ridere, sabauda marmaglia/ Se il “cannone” (nel testo  c'è "fucile", ma l'ho cambiato io in conformità all'immagine, d' altro canto, in quell'episodio, i cannoni hanno sparato veramente ) ha domato i ribelli/ Se i fratelli hanno ucciso i fratelli/ Sul tuo capo quel sangue cadrà/ La panciuta caterva dei ladri/ Dopo avervi ogni bene usurpato/ La lor sete ha di sangue saziato/ In quel giorno nefasto e feral/ Su, piangete mestissime madri/ Quando scura discende la sera/ Per i figli gettati in galera/ In quel giorno nefasto e feral/ Su, piangete mestissime madri/ Quando scura discende la sera/ Per i figli gettati in galera/ Per gli uccisi dal piombo fatal./ 
Bibliografia:  il testo l'ho trovato in  A rivista anarchica mensile “n. 362 p. 96

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