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CARLO CAFIERO: GIOVANE SEMINARISTA |
CARLO CAFIERO
(1846-1872) Nacque a Barletta da una famiglia di ricchi proprietari terrieri e studiò nel seminario vescovile di Molfetta sino a quando, a 18 anni, lo abbandonò in seguito a una crisi, che lo condusse gradualmente su posizioni anticlericali e rivoluzionarie. (cfr. brano)
Brano da commentare: " ... Non va taciuto a questo punto, un tragico episodio di storia locale che può avere influito sull'evoluzione del Cafiero : l'ultimo atto della persecuzione cattolica contro i valdesi, avvenuto a Barletta il 19 marzo 1866, con morti, feriti, incendi di case, da parte di una folla inferocita per presunti gesti di irriverenza contro l' Eucarestia che un predicatore cattolico aveva imputato alla piccola comunità dei protestanti locali. Fu un fatto orribile e clamoroso che ebbe risonanza anche in parlamento per lo scoppio di intolleranza religiosa in un'epoca e in una regione ritenuta immune da ritorni di fanatismo" ( in Pier Carlo Masini, Cafiero )
Bibliografia: Pier Carlo Masini, Cafiero, BFS edizioni , 2014 , p. 5 . Nota: la figurina di Cafiero con la tonaca è totalmente inventata. Non sono sicuro che chi studiava in seminario dovesse indossarla, ma la tentazione è stata forte e, sino a prova contraria, ha vinto..
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CARLO CAFIERO A PARIGI |
Dopo il diploma si iscrisse a Giurisprudenza
e laureatosi si avviò alla carriera
diplomatica. Dopo una breve e deludente esperienza come addetto all’ ambasciata belga , nel 1870, ottenne , non senza fatica , l’autorizzazione dei suoi
familiari, che mal vedevano il suo progressivo avvicinamento alle idee socialiste
, di recarsi a Parigi, dove
risiedeva il pittore Giuseppe De Nittis, suo amico
d’infanzia , che per la sua totale estraneità alla
politica , godeva una buona reputazione
dalla famiglia di Cafiero (cfr. brano)
Brano da commentare. …” E la vita del Cafiero in Francia fu quella
classica del borghese sfaccendato
. Passò le sue prime serate in compagnia dell’amico a ricordare
i giorni della loro infanzia, la scuola, i viaggi alle Saline. Durante il giornoi se ne stava ai
bagni delle Grenouillère, ove il suo fisico aitante attirava le attenzioni delle bagnanti;
ebbe pure in questo periodo una relazione sentimentale con una modista del
Boulevard Saint-Michel. Questa sua vita parigina spensierata , oltre a un suo
innegabile bisogno di svago, gli
serviva per confermare all’amico
del conformismo della sua azione., ma
l’assenza del Cafiero dalla casa del pittore per tre giorni ci fa pensare a contatti avuti dal nostro
all’insaputa dell’amico con ambienti avanzati parigini. Un giorno
all’improvviso fece le valigie e partì senza lasciare l’indirizzo “ Vi
scriverò appena saprò “; la sua nova
meta fu
l’Inghilterra “
Bibliografia: Franco Damiani, Carlo Cafiero
nella storia del primo socialismo italiano, Jaka Book, 1974, p. 23 e
note 29 e 30. Cfr. Pier Carlo Masini Cafiero, BFS edizioni , 2014 , p. 8 secondo cui la trasformazione di Cafiero in rivoluzionario avvenne solo a Londra.
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KARL MARX,FRIEDRICH ENGELS, GIUSEPPE MAZZINI, MICHAIL BAKUNIN |
Recatosi a Londra , Cafiero entrò in contatto con
l’ Associazione Internazionale dei
Lavoratori , fondata nel 1864 e conosciuti Karl Marx,
segretario di quell’associazione, e Friedrich Engels , suo inseparabile amico, fu da questi inviato per porre
un argine all’ influenza in Italia sul
movimento operaio sia di Giuseppe Mazzini che di Michail Bakunin. Dopo uno scambio epistolare con Engels in cui lo informava
dettagliatamente sulla situazione
italiana, Cafiero sentì la necessità di conoscere personalmente Bakunin,
che, soprattutto dopo la netta condanna di Mazzini della Comune di Parigi,
allargava sempre più il suo prestigio presso i rivoluzionari italiani e
particolarmente tra gli ex garibaldini e gli ex mazziniani. Tramite la mediazione di Giuseppe Fanelli ( cfr.
post GIUSEPPE FANELLI) Cafiero conobbe Bakunin e condivise pienamente le sue idee.
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CARLO CAFIERO |
E già alcuni mesi prima della Conferenza di Rimini (cfr. post LA CONFERENZA DI RIMINI, agosto 1872) e del Congresso Internazionale di Saint-Imier ( cfr. CONGRESSO INTERNAZIONALE DI SAINT-IMIER, settembre 1872) Cafiero scrisse ad Engels una lettera in cui gli comunicava i motivi della sua rottura con la tendenza autoritaria marxista dell'Internazionale. (cfr. brano )
Brano da commentare: “ … Gli autori del programma comunista tedesco
ci dicono, su questo punto, che essi perverranno alla meta mediante la
conquista del potere politico da parte del proletariato: cioè mediante la costituzione
di un nuovo Stato, che, secondo quello
che voi mi dite, dovrà essere abbastanza forte, che comincerà anzitutto dall’imparare a leggere agli analfabeti,
combattere il brigantaggio e la camorra ed educare il popolo, che otterrà poi
gradualmente attraverso gli anni l’uso di quel capitale tanto sospirato, mentre
lo Stato, compiuta così la grande opera emancipatrice, verrebbe man mano
fondendosi in un nuovo Stato sui generis: Stato economico, con tutta la sua
centralizzazione unitaria e le sue armate industriali, massime agricole […] Il
vostro programma comunista è per me, nella sua parte positiva, una
grossa assurdità reazionaria. Io ho in orrore lo Stato al pari della Chiesa…” (
Carlo Cafiero ad Engels, 12
giugno 1872 )
Bibliografia: in
Giampietro Berti, Errico Malatesta e il
movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932) , Franco Angeli Storia , 2003, p. 24 . da notare che Carlo Cafiero appare talvolta nelle mie figurine con i capelli neri e talvolta con i capelli biondi . L' alternanza è voluta perché nel mio immaginario personale, basato sulle foto, erano neri, ma, dalle testimonianze di contemporanei erano invece biondi. Così li ho fatti sia neri che biondiI.
LA BARONATA : CARLO CAFIERO, MICHAIL BAKUNIN, OLIMPIA KUTUZOVA, ANTOSJA BAKUNIN
Un anno dopo, dopo un periodo di detenzione nelle carceri italiane, Cafiero, avendo ricevuto un’eredità, comprò con essa una villa
a Minusio , presso Locarno,
chiamata “ La Baronata” , con l’intenzione di farne una residenza stabile per Bakunin e la sua famiglia,
e un luogo di passaggio e di rifugio
per gli internazionalisti antiautoritari espulsi dai loro paesi. Per il breve tempo che tale esperimento
comunitario durò esso si ispirò ad uno stile di vita per quei tempi decisamente
alternativo al conformismo dominante. Esso fu ben ben descritto dalla moglie di Cafiero, Olimpia Kutuzova (cfr. post OLIMPIA KUTUZOVA ...),
(cfr. brano)
Brano da commentare: “ Così si decise,
nell’autunno 1873, quando Cafiero e altri italiani detenuti con lui furono
rimessi in libertà, di comprare, vicino a Locarno, una piccola proprietà
chiamata “La Baronata” e dove non tardarono a installarsi Bakunin, Cafiero,
Malatesta, ancora due italiani con le loro mogli, etc., la maggior parte
usciti recentemente dalla prigione o immigrati dall’Italia.[…] La vita
alla Baronata sembrava essersi organizzata da se stessa su principi
comunisti; i compiti e i lavori indispensabili erano per quanto possibile
ripartiti in maniera eguale: gli uomini lavoravano nella foresta, segavano la
legna, falciavano, si occupavano dell’orto che ci forniva in
abbondanza verdure, ortaggi freschi, bacche, castagne e frutti. Noi
avevamo anche dei polli e delle vacche. Considerato che, secondo l’usanza
italiana, gli uomini devono occuparsi del bestiame, era Carlo Cafiero
che nutriva la nostra vacca e la mungeva. Le donne lavavano la
biancheria, facevano la cucina , lavavano i piatti e si
occupavano in generale di tutti i lavori domestici. Noi ci
nutrivamo soprattutto dei prodotti della Baronata : castagne, legumi di ogni
specie, frutti e bacche ; in quanto alla carne la si vedeva raramente
sulla tavola. Trovandosi a due ore di battello attraverso il lago
Maggiore dalla frontiera italiana, la Baronata era un luogo molto comodo
per tenere delle riunioni o accogliere i rivoluzionari braccati dalla polizia :
essi erano sicuri di trovare lì un rifugio provvisorio . ..." (
Olimpiade Kutuzova , Memorie 1907)
Bibliografia : in Arthur Lehning, Bakunin e gli altri . Ritratti contemporanei di un
rivoluzionario, Zero in condotta , 2002 p.
291. Cfr. anche Olimpiada Kutuzova Cafiero, Dal lontano passato: memorie autobiografiche a cura di Bruna Bianchi in Libertaria, il piacere dell’utopia, anno 8, numero 1 gennaio/marzo 2006 p.
87 e Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di
Olimpia Kutuzova Cafiero,
BFS, 2016, pp.100-101 . Cr. anche Gianpiero Bottinelli,
Una prima comunità o “comune”
anarchica in Svizzera: La “Baronata” di Minusio. in
Voce Libertaria. Periodico anarchico n. 48
gennaio-aprile 2020 p. 15.
E il vedere
pubblicata in questa bella rivista una mia scenetta in creta mi ha fatto
davvero molto felice.
Purtroppo i non pochi errori, attribuibili,
soprattutto, a Bakunin , condussero presto, da un punto di vista pratico/economico,
questo esperimento alla rovina . Sui motivi della fine del sodalizio tra Cafiero e Bakunin sul come gestire la Baronata una interessante interpretazione fu data, alcuni anni più tardi, dal medico libertario Fritz Brupbaker (cfr. brano)
Brano da commentare: “ … Bakunin
ricevette la notizia che sua moglie, la
quale era rimasta in Russia, lo avrebbe raggiunto alla Baronata. Bakunin amava molto la moglie, e da quel momento non
pensò più a nient’altro se non all’idea di trasformare la Baronata in un
paradiso dove accogliere la signora Antonia. Per questo scopo buttò via soldi a
palate, pensò a tutto, addirittura ad uno spettacolo pirotecnico da organizzare
in onore di Antonia. […], Bakunin nell’affare Baronata sembra il simbolo dell’eterno
comportamento umano, ossia dell’eterno conflitto tra istinti naturali e ideali
che contrastano appunto questi istinti. In ogni essere umano, per quanto grande
possa essere l’impegno sociale o la fede nei propri ideali, si nasconde sempre
un pezzo di Bakunin. La maggioranza di noi, però, non arriva a compiere un
passo falso delle dimensioni dell’errore di Bakunin, perché noi non abbiamo
quell’enorme sete di vita che egli aveva. E a me pare che gli errori
grossolani, rozzi, istintivi del tipo commesso da Bakunin siano comunque molto
più simpatici di quelli che si esprimono nell’ipocrisia e nel sadismo. ... ( Fritz Brupbaker Neuer Deutscher Verlag , Zurigo
1929 )
Bibliografia:
in Romano Broggini , Anarchia e libertarismo
nel Locarnese dal 1870 ,
in Monte
Verità Ascona, Electa editrice p. 24 nota a lato della pagina.
Inaffidabile sia da un punto di vista storico che
psicologico è invece la versione romanzesca dell’ affare Baronata contenuta
nel libro di Riccardo Bacchelli come è stato sottolineato sia da Luigi Bakunin nipote del
rivoluzionario russo (cfr. post: MICHAIL BAKUNIN (2) 1872-1876. L'INSURREZIONE DI BOLOGNA 1874) ,e sia, sulla scia di Max Nettlau da numerosi storici anarchici, tra cui Giampietro
Berti. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ E’ noto il romanzo
storico di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo, relativo alle vicende della Baronata e al
moto bolognese dell’agosto 1874. Inattendibile sul piano scientifico
(caricatura dei personaggi, mirata denigrazione di Bakunin, incredibile
travisamento dei testi e conseguente incomprensione delle dottrine anarchiche,
invenzione di episodi privi di ogni riscontro documentario ), è invece molto
significativo sul piano morale: vide la luce in Italia nel 1927, nel pieno
periodo delle “leggi fasciste”, quando gli anarchici subivano galera, confino
ed esilio”. Giampietro Berti, Errico
Malatesta e il movimento anarchico…)
Bibliografia: Giampietro Berti, Errico Malatesta e il
movimento anarchico italiano e internazionale , Franco Angeli Storia
2003, p. 43 nota n. 99
Dopo la rottura , nel
1873,con Bakunin, peraltro provvisoria, Cafiero, ormai privo di
denaro, restò per un certo periodo alla Baronata con la moglie Olimpia Kutuzova dedicandosi all’ agricoltura e al poco bestiame rimasto, poi si concentrò
nell’ programmare e organizzare moti
insurrezionali teorizzando la “propaganda del fatto” e ispirandosi alla “ guerriglia per bande “, diffusa in Italia durante le
lotte risorgimentali, di cui l’esempio
più alto fu rappresentato dalla spedizione di Sapri di Carlo Pisacane e sia al terrorismo rivoluzionario russo , le cui imprese più recenti erano ben note al Cafiero grazie ai racconti di Olimpia Kutuzova e dell’esule russo
in Italia, Sergey Kravcinskiy (Stepniak). Come
zona fu scelto il Matese che era già, dopo l’avvento della monarchia sabauda
nel meridione, stato luogo di numerose guerriglie ad opera del cosiddetto
brigantaggio , in cui, usufruendo sovente dell’appoggio della popolazione
locale, motivazioni sociali si mescolavano con quelle politiche. La
preparazione del moto internazionalista fu accurata, anche se, purtroppo
viziata dalla presenza di un delatore,
Salvatore Farina. Fu proprio l’ex
garibaldino Farina, che come conoscitore
esperto della zona avrebbe dovuto garantire l’appoggio di elementi locali, che, poi, ovviamente non ci fu, , a determinare , in gran parte, il fallimento del progettorivoluzionario (cfr. brano)
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SEGRETARIO (MALATESTA) BIONDA SIGNORINA (?) TURISTA INGLESE (CAFIERO)
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Il tre
aprile 1877 una " bionda signorina con gli occhiali verdi " e un signore biondo alto e distinto, apparentemente
dei turisti inglesi , scesi dal treno alla stazione di Solopaca giunsero in
carrozza a San Lupo , dove già dagli inizi di marzo avevano affittato una
casetta . Ad aspettarli vi erano un segretario interprete, un cuoco e un
cameriere. Il giorno dopo arrivarono altri servitori. Dal comando
dei carabinieri di Pontelandolfo su
ordine del brigadiere fu inviata una pattuglia di 4 carabinieri per spiare i
movimenti di quei sedicenti forestieri e
dei loro servitori . (cfr. brano)
Brano da commentare: " Il brigadiere aveva buone ragioni per inviare una
pattuglia di carabinieri a vigilare quei pacifici villeggianti inglesi, perché
né di inglesi, né di villeggianti, tantomeno pacifici, si trattava. Infatti il
gentiluomo inglese altri non era che Carlo Cafiero, il suo segretario
interprete era Errico Malatesta, la cognata che il teste Di Giorgio al processo
definirà” dama coi fiocchi”- una russa, amica della compagna di Sergei
Kravcinskij, che effettivamente si trovava a Napoli per cercare in quel clima
un rimedio alla tisi da cui era affetta: la servitù era costituita da altri
internazionalisti”
Bibliografia: Pier Carlo
Masini, Cafiero, BFS 2014 pp. 111-112 Cfr. anche Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti. La
banda del Matese (1876-1878) Milano-Roma, Edizioni Avanti 1958 p. 82 infra n. 4 dove si dice che " il Guillaume ravvisa in lei Luisa Minguzzi, compagna del Pezzi, la polizia la sorella di tale Nicola Schow. E' comunque certo che il Kravcinskij giunse a Napoli con due donne russe, cui il mite clima della città era stato taccomandato per ragioni di salute.
La notte tra il 4 e il 5 aprile la pattuglia dei carabinieri , inviata solo a spiare i sedicenti turisti , tenendosi da loro a debita distanza, si imbatté incidentalmente con degli internazionalisti accampati nei pressi di San Lupo . Iniziò una sparatoria e due carabinieri, Pasquale Asciano e Antonio Santamaria furono feriti. Antonio Santamaria morì in seguito a complicazioni alcuni giorni dopo. Gli Internazionalisti , scoperti, si sparsero sulle montagne non essendo però pronti , in numero di uomini e di equipaggiamento rispetto al programma prestabilito.
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PRIMA FILA: ANTONIO CORNACCHIA, ERRICO MALATESTA, CARLO CAFIERO, PIETRO CECCARELLI, NAPOLEONE PAPINI. SECONDA FILA: PAESANA, DUE PAESANI E PARROCO RAFFAELE FORTINI
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Carlo Cafiero fu certamente, soprattutto sotto il profilo teorico, il principale
protagonista dei moti insurrezionali del Matese, ma né lui né Errico Malatesta , né il valoroso ex garibaldino Pietro Cesare Ceccarelli , il più esperto militarmente dopo l'arresto alla stazione di Solopaca di Kravcinskij, svolsero il tradizionale ruolo del capo dell'impresa. Ad esso fu , infatti, sostituito una rotazione giornaliera del comando tra tutti membri del gruppo . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ “ Oh quanto a questo poi è bene che sappiate
che noi non abbiamo capi. L’ Anarchia nol consente! Tutti uguali. E perché non
manchi la direzione abbiamo un comandio che dura venti quattr’ore. L’esercitiamo
a turno senza eccezione. Il capo si cinge i fianchi con cotesta fascia rossa
che ci hanno sequestrato i soldati. Non vi è altro distintivo, e questo passa
da persona a persona nella successione dei giorni” ( Risposta di un internazionalista alla domanda “chi di essi fosse il capo” del Pubblico Ministero Eugenio Forni)
Bibliografia: Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti. La
banda del Matese (1876-1878) Milano-Roma, Edizioni Avanti 1958 p. 89 n. 1
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BANDA DEL MATESE + PRETE E PAESANI
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Il tentativo insurrezionale nel Matese fu una spedizione, composta da una trentina d'uomini, di cui alcuni erano veterani garibaldini, simile a quella di Carlo Pisacane e parimenti decisa a dar vita ad una "rivoluzione sociale" . (cfr. brano da commentare)
Brano da
commentare: “ “ Al mattino del giorno 8
aprile, domenica, alle ore 9 la banda è ai piedi del colle su cui giace
Letino. Alle 10 è alle porte del paese. Vi entra dietro una grande bandiera
rosso-nera dispiegata al vento. Rosse-nere sono anche le coccarde che adornano
i cappelli degli internazionalisti. La banda, passando tra una folla stupita e
festosa, si dirige verso il Municipio. Vi trova riunito il Consiglio Comunale
[…] Il Consiglio deve decidere la destinazione di certe vecchie armi
arrugginite, da fuoco e da taglio, già sequestrate a bracconieri e ladri di
legna. E la banda giunge a tempo per sollevare il Consiglio da questo problema,
requisendo per suo uso alcuni pezzi e distribuendo gli altri al popolo. Anche i
fucili della Guardia Nazionale hanno identica sorte. Ma di ben altro doveva prendere atto quel
Consiglio Comunale, cioè della decadenza di re Vittorio Emanuele II, il cui
ritratto viene staccato dalla parete dell’aula e fatto a brandelli, a convalida
della fine della monarchia e della dinastia sabauda. Altro atto simbolico
dell’avvento della rivoluzione sociale a Letino è l’incendio di tutte le carte
dell’archivio comunale, in particolare quelle che attestano titoli di proprietà
come il catasto, o diritti dello stato come i registri delle tasse, o il dare e
l’avere fra i cittadini come gli atti relativi ad ipoteche e enfiteusi ed ogni
altro foglio contrassegnato dai simboli dello Stato ( carta bollata). Il popolo plaudente saluta il lancio dalle
finestre del Municipio di grossi fasci di
questa “cartaccia” che vanno ad alimentare il grande falò acceso sulla
pubblica piazza. Infine per non dimenticare nulla, vengono accuratamente
guastati i contatori apposti ai mulini, per contare i giri delle macine:
meccanici esattori dell’impopolare tassa sul macinato. Così la rivoluzione si è
spiegata con pochi esempi pratici. Ma occorre anche fare un po’ di propaganda
socialista, volgarizzare i principi della rivoluzione. Cafiero salito sul
basamento di una grossa croce che sovrasta la piazza e alla cui asta sventola
ora la grande bandiera rossa e nera, arringa la folla fattasi più numerosa e
più agitata. Spiega “che cosa è la
rivoluzione sociale” quali sono i suoi fini e i suoi metodi. Illustra efficacemente
in dialetto il programma dell’Internazionale: non più soldati, non più
prefetti, non più proprietari. Né servi né padroni. Le terre in comune, il
potere a tutti. I contadini accolgono
con grande entusiasmo le sue parole. […] Al Cafiero tien dietro il parroco del
paese, don Raffaele Fortini, il quale spiega come Vangelo e socialismo siano la
stessa cosa e che gli internazionalisti sono i “veri apostoli mandati dal
Signore per predicare le sue leggi divine “. Il popolo applaude questo nuovo
“regno di Dio” e si stringe attorno alla croce e alla bandiera , tripudiante di
entusiasmo. …..” ( da Pier Marlo Masini,
Gli Internazionalisti. La banda del Matese….)
Bibliografia: in Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti . La banda del Matese (1876-1878) Edizioni Avanti, 1958 pp. 92-93
Il La rivolta durò sei
giorni. Circondati da bersaglieri e artiglieri gli
“internazionalisti” furono catturati. Nel 1878 il processo contro i rivoltosi
si concluse con la loro assoluzione e, grazie al contegno e alla fierezza degli imputati , e agli argomenti dei loro difensori, tra cui il giovane avvocato anarchico, Francesco Saverio Merlino, con una maggiore diffusione delle idee
”internazionaliste” e libertarie. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il verdetto è
negativo. Gli imputati sono dichiarati non colpevoli di complicità e ferimento
dei carabinieri Asciano e Santamaria. Si ode nella sala qualche battimano. Gli
accusati rientrano nella sala di udienza ed ascoltano impassibili la loro
assoluzione. Il Presidente li dichiara messi in libertà […] Scendono e vanno al
carcere accompagnati da una calca immensa di popolo, circa 2000 persone, le
quali non nascondono la loro simpatia per gli assolti. Alle cinque sempre
in mezzo alla stessa calcasi conducono alla trattoria del Sannio. La
folla li aspetta, come li aveva aspettati al carcere. Dopo il pranzo scendono e
vengono acclamati nuovamente. Quest’oggi Benevento è in festa. Essa ha smentito
la sua fama di città retriva e clericale […] Un processo di questi per
provincia e il governo si sarebbe ucciso con le proprie mani.” ( Il Corriere del Mattino, 26 agosto 1878 )
Bibliografia: in Pier Carlo Masini, Gli
Internazionalisti . La banda del Matese
(1876-1878)
Edizioni Avanti, 1958 p. 127. Cfr. anche su questo episodio
rivoluzionario, Vincenzo Argenio Sulle tracce degli
internazionalisti in A-rivista
anarchica,
anno 32 n. 282, giugno 2002 e La rivoluzione
volontaria. Biografia per immagini di Errico Malatesta , disegni di Fabio Santin , testi a cura di Elis Fraccaro , Edizioni Antistato,
1980
Ancora negli anni '80 , nel pieno della polemica con la scelta parlamentare di Andrea Costa, la fiducia di Cafiero
nella “propaganda del fatto” mi sembra ben espressa in un articolo da “ Le révolté del 1880.
(cfr . brano)
Brano da commentare: “ Non è il caso che i
signori sapienti assumano quell’aria, come se dovessero reggere il mondo
intero: non sono stati loro ad inventare l’idea rivoluzionaria. Sono stati gli
oppressi, che , attraverso i loro tentativi spesso inconsapevoli, di scuotere
il gioco degli oppressori, hanno richiamato l’attenzione dei sapienti sulla
morale sociale; e solo più tardi qualche raro pensatore si è degnato di
trovarla insufficiente, e più tardi ancora, altri hanno acconsentito a
riconoscerla del tutto falsa. Sì, è stato il sangue versato dal popolo che ha
finito per cacciare delle idee nella loro testa. Le idee scaturiscono dai fatti
e non viceversa, diceva Carlo Pisacane nel suo testamento politico, ed è vero.
E’ il popolo che fa il progresso, allo stesso modo che la rivoluzione: la parte
ricostruttiva e la parte distruttiva. E’ lui ad essere sacrificato ogni giorno
per mantenere la produzione universale,
ed è ancora lui che alimenta con il suo sangue la fiaccola illuminante dei
destini umani. […] E’ dunque dell’azione che abbiamo bisogno, dell’azione e
sempre dell’azione. Con l’azione si lavora al tempo stesso per la teoria e per
la pratica, perché è l’azione che genera le idee, ed è l’azione, ancora, che si incarica di
diffonderle per il mondo. Ma che tipo di azione faremo? Dobbiamo giungere, o
mandare i nostri , in Parlamento? O al Consiglio municipale ? No, mille volte no. Noi non
abbiamo niente a che fare con le manovre dei borghesi. Non dobbiamo mischiarci
al gioco dei nostri oppressori, se non vogliamo partecipare alla loro oppressione. “ Andare in parlamento
significa parlamentare, parlamentare significa scendere a patti” diceva una
volta un ex-rivoluzionario tedesco che, da allora, ha parlamentato molto lui
stesso. La nostra azione deve essere la rivolta permanente, attraverso la
parola, attraverso gli scritti, col pugnale, col fucile, con la dinamite, e, persino , a volte, con la scheda elettorale, quando si tratta
di votare per Blanqui o Trinquet che sono ineleggibili. […] E quando i fautori
dell’azione legale o parlamentare verranno a rimproverarci di non unirci al
popolo, quando va a votare , risponderemo: “ Certo che ci rifiutiamo di unirci
al popolo quando sta in ginocchio davanti al suo dio, davanti al suo re, o
davanti al suo padrone; ma saremo sempre con lui quando sarà in piedi davanti
ai suoi potenti nemici. Per noi, l’astenerci dalla politica, non significa
astenerci dalla rivoluzione; rifiutarci di partecipare a qualunque azione
parlamentare, legale e reazionaria, significa votarci alla rivoluzione violenta
e anarchica, alla rivoluzione della canaglia e dei pezzenti “. ( Carlo Cafiero da
Le Révolté ,
Ginevra 1880)
Bibliografia: Carlo Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione, Samonà e Savelli, 1970, p. 61
In prigione Cafiero compose il Compendio del Capitale di Marx , pubblicato, poi, nel
1879 e che negli anni successivi, e per lungo tempo, costituì il più importante tramite di diffusione, nella classe
operaia, della dottrina economica
marxista. Compiuta quest’ opera Cafiero, a cui non era venuta
meno, nonostante le divergenze politiche, l’ammirazione per Marx, gli inviò due copie per quel lavoro richiedendone un
parere e ottenendo dal rivoluzionario tedesco un giudizio assai lusinghiero:.
(cfr. brano )
Brano da commentare: “ Caro Cittadino, Ringraziamenti sincerissimi
per i due esemplari del vostro lavoro! Tempo fa ricevetti due lavori simili,
l’uno scritto in serbo, l’altro in inglese (pubblicato negli Stati Uniti), ma peccano l’uno e l’altro,
volendo dare un riassunto succinto e popolare del Capitale e attaccandosi nel
contempo, troppo pedantemente alla forma scientifica della trattazione. In tal
modo essi mi sembrano mancare più o meno al loro scopo principale: quello
di impressionare il pubblico al quale i
riassunti sono destinati. Ed è qui la grande superiorità del vostro lavoro
…. (
Marx a Cafiero)
Bibliografia: Carlo Cafiero, Compendio del Capitale Acquarelli Anarchici,
1996, p. 124
Dal Compendio del Capitale di Cafiero cito un breve brano tratto dalla prefazione :
“ Un profondo sentimento
di tristezza mi ha colto, studiando Il Capitale , quando ho pensato che questo libro era,
e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia. Ma se ciò è,
ho poi detto tra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di
adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione?
Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. […] Il mio lavoro deve essere dunque un
facile e breve compendio del libro di Marx. Questo libro rappresenta il nuovo vero,
che demolisce, stritola e disperde ai venti tutto un secolare edificio di
errori e menzogne. […] Di gran lunga più
ristretto e modesto è il compito mio. Io devo solamente guidare una turba di
volenterosi seguaci per la strada più facile e breve al tempio del capitale, e là demolire quel dio, onde tutti
possano vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani gli elementi
dei quali esso si compone; e strappare le vesti ai sacerdoti, affinché tutti
possano vedere le nascoste macchie di sangue umano, e le crudelissime armi, con
le quali essi vanno, ogni giorno, immolando un sempre crescente numero di
vittime. E’ in questi propositi che mi accingo all’opera … ( Prefazione di
Carlo Cafiero al
suo Compendio del Capitale )
Bibliografia:Carlo Cafiero, Compendio del Capitale Acquarelli Anarchici,
1996, ( primo brano) a pp. 13-14 e (secondo brano) a pp. 117-8 e 119-120
L’8 febbraio del 1883 Carlo Cafiero fu trovato nudo da
alcuni contadini nella campagna presso Fiesole e internato nel manicomio
fiorentino di San Bonifacio. Un resoconto di questo episodio si trova nel Mémoir scritto dalla compagna/moglie di Cafiero, Olimpia Kutuzova che, quando accadde , si trovava in Siberia, dove era stata deportata per attività sovversive. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Da lì ( nota mia: in Siberia) potetti entrare in
corrispondenza con gli amici di Cafiero, dai quali ricevetti tristi notizie: mio
marito, imprigionato a Milano , aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene
di un polso con il coltello. Il fatto aveva naturalmente impaurito il
comandante della prigione
che lo aveva fatto liberare e accompagnare dai gendarmi fino alla frontiera italo-svizzera di
Locarno. Là si era ritrovato libero ma senza risorse,né rifugio. Per fortuna a Locarno viveva il suo amico Emilio Bellerio, che lo ospitò. A
quell’epoca si potevano già notare in mio marito i seri sintomi di una malattia
psichica. Una notte fuggì, abbandonò la casa di Bellerio e prese un treno per
Firenze. I passeggeri del vagone, notandolo
avvilito e malato avvertirono la polizia, che iniziò a seguirlo. A Firenze, Cafiero
prese alloggio in un hotel, ma durante la notte uscì dalla finestra della
camera. Fu ritrovato in una casa di Fiesole, in uno stato di grande agitazione,
fuggì attraverso i campi parlando da solo, gesticolando e spogliandosi. Arestato dalla polizia, fu rinchiuso nel manicomio di Firenze. Gli amici
di Cafiero,
informandomi dei fatti, aggiunsero che quello, per le condizioni di vita degli
internati, era considerato il peggiore manicomio d’Italia. Solo la legittima
sposa del malato poteva farlo uscire e trasferirlo in una casa di cura
più confortevole.. ” ( Olimpia Kutuzova Cafiero, Mèmoir)
Bibliografia: in Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di
Olimpia Kutuzova Cafiero,
BFS, 2016, pp. 114 e dove, tra l'altro, vi è a pp .97-98 una interessante distinzione tra il " mémoir" e l'autobiografia.
Iniziò così un lungo periodo di
soggiorni nei manicomi e
sempre nei suoi deliri si riscontravano elementi di forte accento sociale e
libertario (es. la sua ossessiva preoccupazione che la sua stanza
dell’ospedale ricevesse più raggi di sole delle altre). Bollato ufficialmente come pazzo, Gianni
Bosio puntualizzò: “ Se pazzia ci
fu- alcuni la negano – essa fu una pazzia generata da una società ingiusta ed
ingrata.”
Della sua grande umanità e della profonda empatia che lo legò alla classe lavoratrice esiste, tra l'altro, la commossa testimonianza della moglie/compagna Olimpia Kutuzova Cafiero (cfr. post: OLIMPIA KUTUZOVA ) . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ ... Così come quando era in salute i tratti caratteristici e dominanti della personalità di Cafiero erano la bontà, la dolcezza, la tenerezza e la premura, anche durante la malattia essi rimasero in primo piano. [...] Carlo Cafiero era
ricco e istruito, ma non si approfittò né di una cosa né dell’altra. La sua
vita fu piena di sofferenze, verso le quali andò egli stesso, desiderando
provare tutte le pene della vita della classe operaia, vivendone le difficoltà
fisiche. Nella sua proprietà La Baronata, Cafiero visse come un contadino-agricoltore, a
Milano fu operaio fotografo, a Berna gessista, a Mentone cuoco, a Marsiglia scaricò sacchi di
carbone al porto” ( estratto dai ricordi di Olimpia Kutuzova Cafiero)
Bibliografia : in Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine
ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova Cafiero,
BFS, 2016, pp. 116- 117
Infine, a mio parere, vi è un brano che mi sembra bene sintetizzare il suo
pensiero (cfr. brano)
Brano da commentare: "Ordine, religione,
famiglia, proprietà! Questo è il grido reazionario della borghesia trionfante,
questo è il programma della sua vita, e lo scrive sulla tomba sulla quale
immagina di avere sepolto per sempre la rivoluzione.[...] Niente ordine, perciò,
abbasso l’autorità, da quella di Dio a quella dell’ultimo sbirro, abbasso
l’autorità familiare, abbasso lo Stato, abbasso il proprietario! Col ferro
delle loro catene, i gladiatori in rivolta fabbricarono la spada della libertà:
dai vincoli secolari della nostra servitù, faremo scaturire le armi della
emancipazione umana.” (da Cafiero, “La revolution
sociale”
Parigi 20, 27 febbraio; 6,13, 27 marzo; 3,10, 17,24 aprile; 6, 12,
19 giugno 1881)
Bibliografia: Carlo Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione , Samonà
e Savelli p. 90
NOTA: PER CONSULTARE IL POST : "OLIMPIA KUTUZOVA CAFIERO" CLICCARE IN FONDO A DESTRA: POST PIU' VECCHIO
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NAPOLEONE PAPINI E PIETRO CESARE CECCARELLI
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Un ruolo
importante fu svolto all’interno della spedizione da Napoleone Papini e Pietro Cesare Ceccarelli , di cui fornisco alcuni
brevi cenni biografici :
NAPOLEONE
PAPINI (
1856-1925) Nato a Fano, ma trasferito, ancora bambino, con la famiglia a
Fabriano., dove studiò e ,adolescente, iniziò a frequentare gli ambienti
repubblicani e internazionalisti . Arrestato con l’accusa di
“associazione a delinquere”, dopo il fallimento dell' insurrezione
di Bologna nel 1874 non
fu condannato per la sua giovane età. Tra il 1876 e il 1877 diresse il giornale
Il Martello, che aveva come sottotitolo
“giornale socialista “ e come motto “nessun diritto senza doveri, nessun
dovere senza diritti”. Uscirono 13 numeri e poi, trasferita la sede a Bologna,
la direzione passò ad Andrea Costa.” Partecipò alla spedizione nel
Matese, svolgendo il ruolo di "vessillifero della rivoluzione" o
"dell'Internazionale"). (cfr. brano)
Brano da commentare: “...sul finire del 1876,
chiamato da Malatesta, Cafiero, e Costa volò a Napoli per l'organizzazione delle
bande del Beneventano. Ritornò qui (a Fabriano) il primo aprile
del 1877 per condurre colà una falange dei suoi compagni, ma ciò gli venne
impedito da un contrordine tanto che egli ripartì il 2 aprile col solo Sisto
Boscarini. Il 5 aprile giunse a Benevento, atteso dal Malatesta; seguì per San
Lupo dove fu iniziato il primo movimento rivoluzionario... Da S.Lupo
giunsero a Letino di S.Maria Capua Vetere e quivi egli stesso nella piazza
sventolò il vessillo rivoluzionario “
(da Il Popolare, giornale di Fabriano del 17/8/1913)
Bibliografia:
Relazione presentata dal Circolo Culturale Napoleone Papini di Fano, ,Napoleone
Papini un marchigiano nel Matese in Convegno di studi Il moto anarchico
del Matese (1877) , San Lupo (BN) 24/25 aprile 1998 in http://www.abanet.it/papini/index.htm o anche
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Papini.htm
Nel settembre del
1878 Papini organizzò , con altri compagni l’ affissione
clandestina notturna di manifestini antigovernativi. (cfr. brano)
Brano da commentare: “...tali manifesti oltre a
contenere idee socialiste, incitavano gli abitanti dello stato alla
"guerra" cioè ad insorgere contro le attuali istituzioni dello stato
e della società... che l'anarchia è sistema unico per rendere felici i popoli.
Non solo è dal contesto degli stampati che si ricava la esistenza di una
cospirazione organizzata, ma anche da scritti apparsi nel periodico Il
Fabrianese allorchè nell'agosto del 1878 si rese pubblico il contrasto tra la
sezione mazziniana e quella dei socialisti anarchici, esistenti in detta città
di Fabriano. Che questa associazione fosse capitanata da Napoleone Papini è
fuor di dubbio poichè minutò il manifesto, che poi venne affisso nei primi del
novembre ultimo... (rapporto di polizia in A.S. Ancona, 1501, busta 120)
Bibliografia:
Relazione presentata dal Circolo Culturale Napoleone Papini di Fano, ,Napoleone
Papini un marchigiano nel Matese in Convegno di studi Il moto anarchico
del Matese (1877) , San Lupo (BN) 24/25 aprile 1998 in http://www.abanet.it/papini/index.htm o anche
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Papini.htm
Per sfuggire all’arresto intraprese un lungo viaggio
con Pietro Cesare Ceccarelli in
Svizzera, Romania, Bulgaria e
probabilmente anche in Russia. Si premurò sempre nei paesi , dove si recava, di
prendere contatto con i gruppi anarchici locali e di informare , tramite
lettera, Errico Malatesta , delle rispettive situazioni politiche. Nel 1882 si
trasferì definitivamente in Argentina, dove ospitò, per un certo periodo di
tempo, Malatesta. I due rivoluzionari si rividero poi , 28 anni dopo, nel 1913, durante un suo soggiorno in Italia,
ad un convegno di ex internazionalisti a Imola. Papini ripartì poi per l’ Argentina,
dove morì nel 1925, sempre vigilato, in lontananza, dalle autorità italiane.
PIETRO CESARE CECCARELLI (1842) Nato a Savignano di
Romagna partecipò a numerose campagne
garibaldine. Durante i moti del Matese svolse il ruolo di consulente militare. Arrestato
fu processato e poi assolto insieme agli altri. Nel 1878 si avventurò con il più
giovane Napoleone Papini , anche lui reduce dai moti del Matese, in tutta una
serie di viaggi, nell’ Europa orientale, fatti in stretto contatto epistolare
con Errico Malatesta al fine di procurare fondi per la causa. Nel 1881 si recò,
insieme a Errico Malatesta ed altri compagni
in Egitto, durante la rivolta di Arabi Pacha contro gli inglesi.
Morì a Il Cairo nel 1886.
Nel rispondere alla critica della spedizione del Matese, fatta da Amilcare Cipriani, Ceccarelli la contestò
dopo una profonda riflessione su quella tumultuosa
esperienza. (cfr. brano)
Brano
da commentare: “Nella tua critica
distinguo due cose. Una, la quistion di massima: bisogna o no fare delle bande?
E tu rispondi no. Un’altra riguarda la ragion di essere della banda di
Benevento ed il modo come essa fu organizzata e condotta. […] Credo però che tu
ti sbagli quando dici che il tempo delle bande è finito. Certamente il
telegrafo, le ferrovie, il disboscamento, ecc. hanno reso molto più difficile
per la banda il sostenersi in campagna ed i Passatore vanno divenendo sempre
più impossibili, quantunque si è lungi ancora dall’essere a questo punto nella
Italia meridionale. […] Ma qui sta il punto principale che ci separa e
che spiega in gran parte le altre differenze. Tu ( Amilcare Cipriani) non hai
fede nei contadini e dici che il tempo delle Jaqueries è finito. Se fosse così
bisognerebbe disperare della rivoluzione,
[…] Contro i contadini, o anche solamente senza i contadini è possibile
un cambiamento politico, ma non la rivoluzione sociale, massima in un paese come lItalia, in cui l’elemento
rurale è in grande maggioranza, ed in cui non esistono ancora che allo stato
d’eccezione, la grande industria e le grandi agglomerazioni operaie […]
Fortunatamente le cose sono diverse da quelle che tu pensi. Il tempo delle
Jacqueries non è finito; invece è ora che comincia il tempo della grande
Jacquerie dell’epoca moderna. Jacquerie che questa volta sarà feconda di
risultati perché il socialismo è venuto a dare coscienza e lumi a questi grandi
scoppi dell’ira popolare […]…” ( Lettera di Pietro Cesare Ceccarelli ad
Amilcare Cipriani, marzo o aprile 1881)
Bibliografia: in Aldo De Jaco, Gli anarchici. Cronaca
inedita dell’Unità d’Italia, Editori
Riuniti, 2006 p. 304 e 305
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CARLO CAFIERO E ERRICO MALATESTA
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Come è noto i moti del
Matese non dettero vita a nessuna insurrezione popolare, tuttavia contribuirono, grazie alla risonanza che
suscitò il processo contro di loro a Benevento nel 1878 alla diffusione , delle idee anarchiche e socialiste tra le
masse contadine ed operaie. Medesimo risultato, fu , per lo più conseguito anche dai successivi processi, che si svolsero per circa un decennio, contro i cosiddetti "malfattori" ( nome con cui i pubblici ministeri designavano solitamente gli internazionalisti) cfr. post INTERNAZIONALISTI (2) ANDREA COSTA.... )
Bisogna comunque ricordare che se questi
processi, soprattutto quando si
risolvevano con l’assoluzione degli imputati, avevano il merito di far convergere le simpatie
popolari verso questi “apostoli” delle rivendicazioni proletarie, tuttavia erano sempre preceduti per gli imputati
da mesi o più di duro carcere preventivo. (cfr. brano)
Brano da commentare: “…. Sopportare censure e
carcere per difendere i lavoratori diventa un merito anziché un onta.:
l’accanirsi della classe dirigente e della polizia nei confronti di queste
persone stimate per altruismo ascetico, conferisce loro una patina di eroismo e
nobiltà, ed è considerata una prova che la società è corrotta e cadente. […]
Nell’ esporsi al rischio di subire persecuzioni e boicottaggi, i carismatici
propagandisti rivoluzionari esibiscono
quanto la loro azione sia disinteressata e umanitaria, finalizzata solo all’emancipazione dei proletari e non all’acquisire remunerative posizioni di
potere. Carlo Cafiero – di ricca famiglia nobile- e Errico Malatesta cedono le
proprietà di famiglia a povera gente, o
lo devolvono alla causa anarchica. ….” ( Marco Fincardi, “Apostoli della
rivoluzione sociale e anarchica”)
Bibliografia: Marco Fincardi, “Apostoli della rivoluzione
sociale e anarchica” in https://core.ac.uk/download/pdf/41119801.pdf
Con il consolidarsi , negli anni ottanta e novanta, del movimento contadino e delle sue organizzazioni ( fenomeno già
previsto da Pietro Cesare Ceccarelli nel 1877)
molti anarchici furono spinti a
mescolarsi con il popolo , con sempre minore spirito settario. Esemplare , da questo punto di vista, fu ,
secondo Giampietro Berti, il ruolo svolto dall’ l’opuscolo Fra contadini di
Errico Malatesta, scritto nel 1881 ( primo brano). Del trainante opuscolo di Malatesta mi
limito a citare, qui, per ragioni di spazio, solo la fiera risposta del giovane
rivoluzionario Giorgio al vecchio compaesano
Beppe che gli rimproverava di
essere stato, deviato da cattive compagnie, più volte in carcere (secondo brano)
Brano da commentare : 1) Fra contadini è senza
dubbio l’opuscolo di propaganda più noto e più fortunato di tutta la produzione
malatestiana. Insieme con L’anarchia e Il caffè costituisce il trittico più celebre della letteratura
anarchica mondiale. Dei tre, comunque,
Fra contadini è di gran lunga quello
che ha avuto più diffusione … I motivi di questa immensa fortuna vanno
individuati nella capacità malatestiana di penetrare nell’universo mentale del
contadino (ma più in generale dell’universo mentale popolare) e di far
proprie, per rovesciarle in senso
positivo, tutte le obiezioni più
classiche e scontate all’utopia socialista e anarchica. In senso stretto non si
tratta di uno scritto concepito all’uso delle classi subalterne in primis le
masse agricole, ma di uno scritto redatto per i militanti anarchici e
socialisti dediti al proselitismo nelle campagne. Si tratta, in altri termini
di una sorta di manuale dove è possibile trovare dei concetti teorici
dell’ideologia nel linguaggio accessibile e universale del buon senso, insomma,
un vademecum per i propagandisti. Il suo primo uso si può già individuare nella
preparazione del moto de La Boje che scoppierà giusto un anno dopo la
pubblicazione dell’opuscolo.” ( Giampietro Berti, Errico Malatesta e………)”;
2) “Beppe,
credete a me, i miei compagni sono tutti
giovani dabbene; il pane che mettono in bocca costa loro lacrime e sudore. Lasciatene dir male ai padroni, che vorrebbero
succhiarci fin l'ultima goccia di sangue, e poi dicono che siamo canaglia se
solamente brontoliamo, e gente da galera se cerchiamo di migliorare la nostra posizione
e di sottrarci alla loro tirannia. Io ed i miei compagni siamo stati in carcere,
è vero, ma vi siamo stati per la causa giusta: ci andremo ancora e forse ci accadrà anche di
peggio, ma sarà per il bene di tutti, sarà per distruggere tante ingiustizie,
e tanta miseria. … ” ( Errico Malatesta, Fra contadini…… 1881)
Bibliografia: Primo brano in Giampietro , Errico
Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale 1872-1932,
Franco Angeli Storia, 2003 pp. 126-127,
secondo brano in Errico Malatesta, Fra contadini. Dialogo d’anarchia, in
(cfr. il post : NEL
FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE: RIVOLTE CONTADINE ED OPERAIE) .
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