mercoledì 27 aprile 2011

ANARCHICINI: CARLO CAFIERO (1846-1892). PIETRO CESARE CECCARELLI (1842-1886). NAPOLEONE PAPINI (1856- 1925)

CARLO CAFIERO: GIOVANE SEMINARISTA
                                                                       

CARLO CAFIERO (1846-1872)  Nacque a Barletta da una famiglia    di  ricchi proprietari terrieri e studiò  nel seminario vescovile di Molfetta sino a quando, a 18 anni, lo abbandonò in seguito a una crisi, che lo condusse gradualmente su posizioni anticlericali e rivoluzionarie. (cfr. brano)  
Brano da commentare:  " ... Non va taciuto a questo punto, un tragico episodio di storia locale che può avere influito sull'evoluzione del Cafiero : l'ultimo atto della persecuzione cattolica contro i valdesi, avvenuto a Barletta il 19 marzo 1866, con morti, feriti, incendi di case, da parte di una folla inferocita per presunti gesti di irriverenza contro l' Eucarestia che un predicatore cattolico aveva imputato alla piccola comunità dei protestanti locali. Fu un fatto orribile e clamoroso che ebbe risonanza anche in parlamento per lo scoppio di intolleranza religiosa in un'epoca e in una regione ritenuta immune da ritorni di fanatismo" ( in Pier Carlo Masini, Cafiero )
Bibliografia: Pier Carlo Masini, Cafiero,  BFS edizioni , 2014 , p. 5 . Nota: la figurina di Cafiero con la tonaca è totalmente inventata. Non sono sicuro  che chi studiava in seminario dovesse indossarla, ma la tentazione è stata forte e, sino a prova contraria, ha vinto..

CARLO CAFIERO A PARIGI
 
 Dopo il diploma si iscrisse a Giurisprudenza e  laureatosi si avviò alla carriera diplomatica. Dopo una breve e deludente esperienza  come addetto all’ ambasciata  belga , nel 1870,  ottenne , non senza fatica , l’autorizzazione  dei suoi familiari, che mal vedevano  il suo progressivo avvicinamento alle idee  socialiste  ,  di recarsi a Parigi, dove risiedeva il  pittore Giuseppe De Nittis, suo amico d’infanzia  ,  che per la sua totale estraneità alla politica , godeva una buona reputazione  dalla famiglia di Cafiero (cfr.  brano)
Brano da commentare. …”  E la vita del Cafiero in Francia fu quella classica   del borghese sfaccendato .  Passò le sue prime serate in compagnia dell’amico a ricordare i giorni della loro infanzia, la scuola, i viaggi alle Saline.  Durante il giornoi se ne stava ai bagni  delle Grenouillère, ove il suo fisico aitante attirava le attenzioni delle bagnanti; ebbe pure in questo periodo una relazione sentimentale con una modista del Boulevard Saint-Michel. Questa sua vita parigina spensierata , oltre a un suo innegabile bisogno di svago, gli  serviva   per confermare all’amico del  conformismo della sua azione., ma l’assenza  del Cafiero  dalla casa del pittore per tre giorni  ci fa pensare a contatti avuti dal nostro all’insaputa dell’amico con ambienti avanzati parigini. Un giorno all’improvviso fece  le valigie e  partì senza lasciare l’indirizzo “ Vi scriverò appena   saprò “; la sua nova meta fu l’Inghilterra “
Bibliografia: Franco Damiani, Carlo Cafiero nella storia del primo socialismo italiano, Jaka Book, 1974, p. 23 e note 29 e 30. Cfr. Pier Carlo Masini  Cafiero,  BFS edizioni , 2014 , p. 8 secondo cui la trasformazione di Cafiero in rivoluzionario avvenne solo a Londra.
                                                                                 
KARL MARX,FRIEDRICH ENGELS, GIUSEPPE MAZZINI, MICHAIL BAKUNIN
 
Recatosi a Londra , Cafiero entrò in contatto con l’ Associazione  Internazionale dei Lavoratori , fondata nel 1864 e conosciuti Karl Marx, segretario di quell’associazione, e Friedrich Engels , suo inseparabile amico, fu da questi inviato per porre un argine all’ influenza in  Italia sul movimento operaio sia di Giuseppe Mazzini che di Michail Bakunin.   Dopo uno scambio  epistolare con Engels in cui  lo informava dettagliatamente sulla  situazione italiana,  Cafiero sentì la necessità di conoscere personalmente Bakunin, che, soprattutto dopo la netta condanna di Mazzini della Comune di Parigi, allargava sempre più il suo prestigio presso i rivoluzionari italiani e particolarmente tra gli ex garibaldini e gli ex mazziniani. Tramite  la mediazione  di Giuseppe Fanelli ( cfr. post GIUSEPPE FANELLI) Cafiero conobbe  Bakunin e  condivise  pienamente le sue idee.


CARLO CAFIERO
 
E già alcuni mesi prima  della Conferenza di Rimini (cfr. post  LA CONFERENZA DI RIMINI, agosto 1872) e del Congresso Internazionale di Saint-Imier ( cfr. CONGRESSO INTERNAZIONALE DI SAINT-IMIER, settembre  1872) Cafiero scrisse ad Engels una lettera in cui gli comunicava i motivi della sua rottura con la tendenza autoritaria marxista dell'Internazionale. (cfr. brano ) 
Brano da commentare: “  … Gli autori del programma comunista tedesco ci dicono, su questo punto, che essi perverranno alla meta mediante la conquista del potere politico da parte del proletariato: cioè mediante la costituzione di un nuovo  Stato, che, secondo quello che voi mi dite, dovrà essere abbastanza forte, che comincerà anzitutto dall’imparare a leggere agli analfabeti, combattere il brigantaggio e la camorra ed educare il popolo, che otterrà poi gradualmente attraverso gli anni l’uso di quel capitale tanto sospirato, mentre lo Stato, compiuta così la grande opera emancipatrice, verrebbe man mano fondendosi in un nuovo Stato sui generis: Stato economico, con tutta la sua centralizzazione unitaria e le sue armate industriali, massime agricole […] Il vostro programma comunista è per me, nella sua parte positiva, una grossa assurdità reazionaria. Io ho in orrore lo Stato al pari della Chiesa…” ( Carlo Cafiero ad Engels, 12 giugno 1872 )
Bibliografia: in  Giampietro Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932) , Franco Angeli  Storia , 2003, p. 24 . da notare che Carlo Cafiero appare talvolta nelle mie figurine con i capelli neri  e talvolta con i capelli biondi .  L' alternanza  è voluta perché nel mio immaginario personale, basato sulle foto,  erano neri,  ma, dalle testimonianze di contemporanei erano invece biondi.  Così li ho fatti sia neri che biondiI.             
 LA  BARONATA : CARLO CAFIERO,  MICHAIL BAKUNIN, OLIMPIA KUTUZOVA, ANTOSJA BAKUNIN          


 Un anno dopo, dopo un periodo di detenzione nelle carceri italiane,  Cafiero, avendo ricevuto un’eredità, comprò con essa  una villa  a  Minusio , presso Locarno,  chiamata “ La Baronata” , con l’intenzione di  farne una residenza stabile  per Bakunin e la sua famiglia,  e un luogo di passaggio e di rifugio  per gli internazionalisti antiautoritari espulsi dai loro paesi.  Per il breve tempo che tale esperimento comunitario durò  esso si ispirò   ad uno stile di vita per quei tempi  decisamente  alternativo al conformismo dominante. Esso fu ben ben descritto dalla moglie di Cafiero,  Olimpia Kutuzova  (cfr. post OLIMPIA KUTUZOVA ...),  (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Così si decise, nell’autunno 1873, quando Cafiero e altri italiani detenuti con lui furono rimessi in libertà, di comprare, vicino a Locarno, una piccola proprietà chiamata “La Baronata” e dove non tardarono a installarsi Bakunin, Cafiero, Malatesta, ancora due italiani con le loro mogli, etc., la maggior parte  usciti recentemente dalla prigione o immigrati dall’Italia.[…] La vita  alla Baronata sembrava essersi organizzata  da se stessa su principi comunisti; i compiti e i lavori indispensabili erano  per quanto possibile ripartiti in maniera eguale: gli uomini lavoravano nella foresta, segavano la legna,  falciavano,  si occupavano dell’orto che ci forniva in abbondanza  verdure, ortaggi freschi, bacche, castagne e frutti. Noi avevamo anche dei polli e delle vacche. Considerato che, secondo l’usanza italiana, gli uomini devono occuparsi  del  bestiame, era Carlo Cafiero che  nutriva la nostra vacca e la mungeva. Le donne lavavano la biancheria, facevano la  cucina , lavavano  i piatti e si occupavano  in generale di tutti i lavori domestici.  Noi ci nutrivamo soprattutto dei prodotti della Baronata : castagne, legumi di ogni specie, frutti e bacche ;  in quanto alla carne la si vedeva raramente sulla tavola. Trovandosi a due ore di battello  attraverso il lago Maggiore dalla frontiera italiana, la Baronata era un luogo  molto comodo per tenere delle riunioni o accogliere i rivoluzionari braccati dalla polizia : essi erano sicuri di trovare lì un rifugio provvisorio . ..." ( Olimpiade Kutuzova , Memorie 1907) 
  Bibliografia : in Arthur Lehning, Bakunin e gli altri . Ritratti contemporanei di un rivoluzionario, Zero in condotta , 2002 p.  291.  Cfr. anche Olimpiada Kutuzova Cafiero, Dal lontano passato: memorie autobiografiche   a cura di Bruna Bianchi in  Libertaria, il piacere dell’utopia, anno 8, numero 1 gennaio/marzo 2006 p. 87 e Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova Cafiero,  BFS, 2016, pp.100-101 . Cr. anche  Gianpiero Bottinelli, Una prima comunità o “comune” anarchica in Svizzera: La “Baronata” di Minusio. in Voce  Libertaria. Periodico anarchico n. 48 gennaio-aprile 2020 p. 15.  E il vedere pubblicata in questa bella rivista una mia scenetta in creta mi ha fatto davvero molto felice.

Purtroppo i non pochi errori,  attribuibili, soprattutto,  a Bakunin  , condussero presto, da un punto di vista pratico/economico,  questo esperimento alla rovina .  Sui motivi  della fine del sodalizio tra Cafiero e Bakunin sul come gestire la Baronata una interessante interpretazione fu data, alcuni anni più tardi, dal medico libertario Fritz Brupbaker (cfr.  brano)
Brano da commentare: “ … Bakunin ricevette  la notizia che sua moglie, la quale era rimasta in Russia, lo avrebbe raggiunto alla Baronata. Bakunin  amava molto la moglie, e da quel momento non pensò più a nient’altro se non all’idea di trasformare la Baronata in un paradiso dove accogliere la signora Antonia. Per questo scopo buttò via soldi a palate, pensò a tutto, addirittura ad uno spettacolo pirotecnico da organizzare in onore di Antonia.  […],  Bakunin nell’affare  Baronata sembra il simbolo dell’eterno comportamento umano, ossia dell’eterno conflitto tra istinti naturali e ideali che contrastano appunto questi istinti. In ogni essere umano, per quanto grande possa essere l’impegno sociale o la fede nei propri ideali, si nasconde sempre un pezzo di Bakunin. La maggioranza di noi, però, non arriva a compiere un passo falso delle dimensioni dell’errore di Bakunin, perché noi non abbiamo quell’enorme sete di vita che egli aveva. E a me pare che gli errori grossolani, rozzi, istintivi del tipo commesso da Bakunin siano comunque molto più simpatici di quelli che si esprimono nell’ipocrisia e nel sadismo. ... ( Fritz Brupbaker  Neuer Deutscher Verlag , Zurigo  1929 )
Bibliografia: in  Romano Broggini , Anarchia e libertarismo nel Locarnese dal 1870  , in Monte Verità Ascona, Electa editrice p. 24 nota a lato della pagina.  
 
Inaffidabile sia da un punto di vista storico che psicologico è invece la versione romanzesca dell’ affare Baronata  contenuta  nel libro di Riccardo Bacchelli come è stato sottolineato sia da Luigi Bakunin nipote del rivoluzionario russo (cfr. post: MICHAIL BAKUNIN (2) 1872-1876. L'INSURREZIONE DI BOLOGNA  1874) ,e sia, sulla scia di Max Nettlau  da numerosi storici  anarchici, tra cui Giampietro  Berti. (cfr. brano)                                  

Brano da commentare: “ E’ noto il romanzo storico di Riccardo Bacchelli, Il diavolo al  Pontelungo, relativo alle vicende della Baronata e al moto bolognese dell’agosto 1874. Inattendibile sul piano scientifico (caricatura dei personaggi, mirata denigrazione di Bakunin, incredibile travisamento dei testi e conseguente incomprensione delle dottrine anarchiche, invenzione di episodi privi di ogni riscontro documentario ), è invece molto significativo sul piano morale: vide la luce in Italia nel 1927, nel pieno periodo delle “leggi fasciste”, quando gli anarchici subivano galera, confino ed esilio”.  Giampietro Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico…) 
Bibliografia:  Giampietro Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale , Franco Angeli Storia  2003, p. 43  nota n. 99
                                                                 
Dopo la rottura , nel 1873,con Bakunin, peraltro provvisoria, Cafiero, ormai privo di  denaro, restò per  un certo  periodo alla Baronata con la moglie Olimpia Kutuzova dedicandosi  all’ agricoltura e  al poco bestiame rimasto, poi si concentrò nell’ programmare e organizzare  moti insurrezionali  teorizzando  la “propaganda del fatto” e  ispirandosi alla “ guerriglia  per bande “, diffusa in Italia durante le lotte risorgimentali,  di cui l’esempio più alto fu rappresentato dalla spedizione di Sapri  di Carlo Pisacane  e sia al terrorismo rivoluzionario russo , le cui imprese più recenti erano ben note al Cafiero grazie  ai racconti di Olimpia Kutuzova e dell’esule russo in Italia, Sergey Kravcinskiy  (Stepniak).   Come zona fu scelto il Matese che era già, dopo l’avvento della monarchia sabauda nel meridione, stato luogo di numerose guerriglie ad opera del cosiddetto brigantaggio , in cui, usufruendo sovente dell’appoggio della popolazione locale, motivazioni sociali si mescolavano con quelle politiche. La preparazione del moto internazionalista fu accurata, anche se, purtroppo viziata dalla presenza di un delatore,  Salvatore Farina.  Fu proprio l’ex garibaldino Farina, che  come conoscitore esperto della zona avrebbe dovuto garantire l’appoggio di elementi locali, che, poi, ovviamente non ci fu, ,  a determinare , in gran parte, il fallimento del progettorivoluzionario (cfr. brano)

 SEGRETARIO (MALATESTA) BIONDA SIGNORINA (?)  TURISTA INGLESE (CAFIERO)

  Il tre aprile 1877 una " bionda signorina con gli occhiali verdi " e un signore biondo alto e distinto, apparentemente dei turisti inglesi , scesi dal treno alla stazione di Solopaca giunsero in carrozza a San Lupo , dove già dagli inizi di marzo avevano affittato una casetta . Ad aspettarli vi erano un segretario interprete, un cuoco e un cameriere. Il giorno dopo arrivarono altri servitori.   Dal comando dei carabinieri  di Pontelandolfo su ordine del brigadiere fu inviata una pattuglia di 4 carabinieri per spiare i movimenti di quei  sedicenti forestieri e dei loro servitori . (cfr. brano)
Brano da commentare: " Il brigadiere aveva buone ragioni per inviare una pattuglia di carabinieri a vigilare quei pacifici villeggianti inglesi, perché né di inglesi, né di villeggianti, tantomeno pacifici, si trattava. Infatti il gentiluomo inglese altri non era che Carlo Cafiero, il suo segretario interprete era Errico Malatesta, la cognata che il teste Di Giorgio al processo definirà” dama coi fiocchi”- una russa, amica della compagna di Sergei Kravcinskij, che effettivamente si trovava a Napoli per cercare in quel clima un rimedio alla tisi da cui era affetta: la servitù era costituita da altri internazionalisti”  
Bibliografia: Pier Carlo Masini, Cafiero, BFS 2014 pp. 111-112 Cfr. anche   Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti. La banda del Matese (1876-1878) Milano-Roma, Edizioni Avanti 1958 p. 82 infra n. 4 dove si dice che " il Guillaume ravvisa in lei Luisa Minguzzi, compagna del Pezzi, la polizia la sorella di tale Nicola Schow. E' comunque certo che il Kravcinskij giunse a Napoli con due donne russe, cui il mite clima della città era stato taccomandato per ragioni di salute.

  La notte tra il 4 e il 5 aprile la pattuglia dei carabinieri , inviata solo a spiare i sedicenti turisti , tenendosi da loro a debita distanza, si imbatté incidentalmente con degli internazionalisti accampati nei pressi di San Lupo . Iniziò una sparatoria  e due carabinieri, Pasquale Asciano e Antonio Santamaria  furono feriti. Antonio Santamaria morì in seguito a complicazioni alcuni giorni dopo. Gli Internazionalisti , scoperti, si sparsero sulle montagne non essendo però pronti , in numero di uomini e di equipaggiamento rispetto al programma prestabilito.
                

PRIMA  FILA: ANTONIO CORNACCHIA, ERRICO MALATESTA, CARLO CAFIERO, PIETRO CECCARELLI, NAPOLEONE PAPINI. SECONDA FILA: PAESANA, DUE PAESANI E PARROCO RAFFAELE FORTINI
 
Carlo Cafiero fu certamente, soprattutto sotto il profilo teorico, il principale protagonista dei moti insurrezionali del Matese, ma né lui né Errico Malatesta , né  il valoroso ex garibaldino Pietro Cesare Ceccarelli , il più esperto militarmente dopo l'arresto alla stazione di Solopaca di  Kravcinskij, svolsero il tradizionale ruolo del capo dell'impresa. Ad esso fu , infatti, sostituito una rotazione giornaliera del comando tra tutti membri del gruppo .  (cfr. brano)
Brano da commentare:  “ “ Oh quanto a questo poi è bene che sappiate che noi non abbiamo capi. L’ Anarchia nol consente! Tutti uguali. E perché non manchi la direzione abbiamo un comandio che dura venti quattr’ore. L’esercitiamo a turno senza eccezione. Il capo si cinge i fianchi con cotesta fascia rossa che ci hanno sequestrato i soldati. Non vi è altro distintivo, e questo passa da persona a persona nella successione dei giorni” (  Risposta di un internazionalista  alla domanda “chi di essi fosse il capo”  del Pubblico Ministero Eugenio Forni)
Bibliografia: Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti. La banda del Matese (1876-1878) Milano-Roma, Edizioni Avanti 1958 p. 89 n. 1

BANDA DEL MATESE + PRETE E PAESANI

 Il tentativo insurrezionale nel Matese fu  una spedizione, composta da una trentina d'uomini, di cui alcuni erano veterani garibaldini,   simile a quella di Carlo Pisacane e parimenti decisa a dar vita ad una "rivoluzione sociale" .  (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:   “ “ Al mattino del giorno 8 aprile, domenica, alle ore  9  la banda è ai piedi del colle su cui giace Letino. Alle 10 è alle porte del paese. Vi entra dietro una grande bandiera rosso-nera dispiegata al vento. Rosse-nere sono anche le coccarde che adornano i cappelli degli internazionalisti. La banda, passando tra una folla stupita e festosa, si dirige verso il Municipio. Vi trova riunito il Consiglio Comunale […] Il Consiglio deve decidere la destinazione di certe vecchie armi arrugginite, da fuoco e da taglio, già sequestrate a bracconieri e ladri di legna. E la banda giunge a tempo per sollevare il Consiglio da questo problema, requisendo per suo uso alcuni pezzi e distribuendo gli altri al popolo. Anche i fucili della Guardia Nazionale hanno identica sorte.  Ma di ben altro doveva prendere atto quel Consiglio Comunale, cioè della decadenza di re Vittorio Emanuele II, il cui ritratto viene staccato dalla parete dell’aula e fatto a brandelli, a convalida della fine della monarchia e della dinastia sabauda. Altro atto simbolico dell’avvento della rivoluzione sociale a Letino è l’incendio di tutte le carte dell’archivio comunale, in particolare quelle che attestano titoli di proprietà come il catasto, o diritti dello stato come i registri delle tasse, o il dare e l’avere fra i cittadini come gli atti relativi ad ipoteche e enfiteusi ed ogni altro foglio contrassegnato dai simboli dello Stato ( carta bollata).  Il popolo plaudente saluta il lancio dalle finestre del Municipio di grossi fasci di  questa “cartaccia” che vanno ad alimentare il grande falò acceso sulla pubblica piazza. Infine per non dimenticare nulla, vengono accuratamente guastati i contatori apposti ai mulini, per contare i giri delle macine: meccanici esattori dell’impopolare tassa sul macinato. Così la rivoluzione si è spiegata con pochi esempi pratici. Ma occorre anche fare un po’ di propaganda socialista, volgarizzare i principi della rivoluzione. Cafiero salito sul basamento di una grossa croce che sovrasta la piazza e alla cui asta sventola ora la grande bandiera rossa e nera, arringa la folla fattasi più numerosa e più agitata. Spiega  “che cosa è la rivoluzione sociale” quali sono i suoi fini e i suoi metodi. Illustra efficacemente in dialetto il programma dell’Internazionale: non più soldati, non più prefetti, non più proprietari. Né servi né padroni. Le terre in comune, il potere a tutti.  I contadini accolgono con grande entusiasmo le sue parole. […] Al Cafiero tien dietro il parroco del paese, don Raffaele Fortini, il quale spiega come Vangelo e socialismo siano la stessa cosa e che gli internazionalisti sono i “veri apostoli mandati dal Signore per predicare le sue leggi divine “. Il popolo applaude questo nuovo “regno di Dio” e si stringe attorno alla croce e alla bandiera , tripudiante di entusiasmo. …..” (  da Pier Marlo Masini, Gli Internazionalisti. La banda del Matese….)

Bibliografia:  in Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti . La banda del Matese (1876-1878) Edizioni Avanti, 1958 pp. 92-93

Il
 La rivolta durò sei giorni. Circondati da  bersaglieri e  artiglieri   gli “internazionalisti” furono catturati. Nel 1878 il processo contro i rivoltosi si concluse con la loro assoluzione e,  grazie al contegno e alla fierezza degli imputati , e agli argomenti dei loro difensori, tra cui il giovane avvocato anarchico, Francesco Saverio Merlino, con una maggiore diffusione delle idee ”internazionaliste” e libertarie. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Il verdetto è negativo. Gli imputati sono dichiarati non colpevoli di complicità e ferimento dei carabinieri Asciano e Santamaria. Si ode nella sala qualche battimano. Gli accusati rientrano nella sala di udienza ed ascoltano impassibili la loro assoluzione. Il Presidente li dichiara messi in libertà […] Scendono e vanno al carcere accompagnati da una calca immensa di popolo, circa 2000 persone, le quali non nascondono la loro simpatia per gli assolti.  Alle cinque sempre in mezzo alla stessa  calcasi conducono alla trattoria del Sannio. La folla li aspetta, come li aveva aspettati al carcere. Dopo il pranzo scendono e vengono acclamati nuovamente. Quest’oggi Benevento è in festa. Essa ha smentito la sua fama di città retriva e clericale […] Un processo di questi  per provincia e il governo si sarebbe ucciso con le proprie mani.” ( Il Corriere del Mattino, 26 agosto 1878 )
Bibliografia:  in Pier Carlo Masini, Gli Internazionalisti . La banda del Matese (1876-1878) Edizioni Avanti, 1958 p. 127. Cfr. anche  su questo episodio rivoluzionario,  Vincenzo Argenio  Sulle tracce degli internazionalisti  in A-rivista anarchica, anno 32 n. 282, giugno 2002 e La rivoluzione volontaria. Biografia per immagini di Errico Malatesta , disegni di Fabio Santin , testi a cura di Elis Fraccaro , Edizioni Antistato, 1980

Ancora  negli anni '80 , nel pieno della polemica con la scelta parlamentare di Andrea Costa, la fiducia di Cafiero  nella “propaganda del fatto”  mi sembra ben espressa in un articolo da “ Le révolté  del 1880.  (cfr . brano)
Brano da commentare: “ Non è il caso che i signori sapienti assumano quell’aria, come se dovessero reggere il mondo intero: non sono stati loro ad inventare l’idea rivoluzionaria. Sono stati gli oppressi, che , attraverso i loro tentativi spesso inconsapevoli, di scuotere il gioco degli oppressori, hanno richiamato l’attenzione dei sapienti sulla morale sociale; e solo più tardi qualche raro pensatore si è degnato di trovarla insufficiente, e più tardi ancora, altri hanno acconsentito a riconoscerla del tutto falsa. Sì, è stato il sangue versato dal popolo che ha finito per cacciare delle idee nella loro testa. Le idee scaturiscono dai fatti e non viceversa, diceva Carlo Pisacane nel suo testamento politico, ed è vero. E’ il popolo che fa il progresso, allo stesso modo che la rivoluzione: la parte ricostruttiva e la parte distruttiva. E’ lui ad essere sacrificato ogni giorno per  mantenere la produzione universale, ed è ancora lui che alimenta con il suo sangue la fiaccola illuminante dei destini umani. […] E’ dunque dell’azione che abbiamo bisogno, dell’azione e sempre dell’azione. Con l’azione si lavora al tempo stesso per la teoria e per la pratica, perché è l’azione che genera le idee, ed è  l’azione, ancora, che si incarica di diffonderle per il mondo. Ma che tipo di azione faremo? Dobbiamo giungere, o mandare i nostri , in Parlamento? O al Consiglio  municipale ? No, mille volte no. Noi non abbiamo niente a che fare con le manovre dei borghesi. Non dobbiamo mischiarci al gioco dei nostri oppressori, se non vogliamo partecipare alla  loro oppressione. “ Andare in parlamento significa parlamentare, parlamentare significa scendere a patti” diceva una volta un ex-rivoluzionario tedesco che, da allora, ha parlamentato molto lui stesso. La nostra azione deve essere la rivolta permanente, attraverso la parola, attraverso gli scritti, col pugnale, col fucile, con la dinamite, e, persino , a volte, con la scheda elettorale, quando si tratta di votare per Blanqui o Trinquet che sono ineleggibili. […] E quando i fautori dell’azione legale o parlamentare verranno a rimproverarci di non unirci al popolo, quando va a votare , risponderemo: “ Certo che ci rifiutiamo di unirci al popolo quando sta in ginocchio davanti al suo dio, davanti al suo re, o davanti al suo padrone; ma saremo sempre con lui quando sarà in piedi davanti ai suoi potenti nemici. Per noi, l’astenerci dalla politica, non significa astenerci dalla rivoluzione; rifiutarci di partecipare a qualunque azione parlamentare, legale e reazionaria, significa votarci alla rivoluzione violenta e anarchica, alla rivoluzione della canaglia e dei pezzenti “. ( Carlo Cafiero da Le Révolté , Ginevra 1880)
Bibliografia: Carlo Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione, Samonà e Savelli, 1970, p. 61
 
In prigione Cafiero compose  il Compendio del Capitale di Marx , pubblicato, poi, nel 1879 e che negli anni successivi, e per lungo tempo, costituì  il più importante tramite di diffusione, nella classe operaiadella dottrina economica marxista.  Compiuta quest’ opera Cafiero, a cui non era venuta meno, nonostante le divergenze politiche, l’ammirazione per Marx, gli inviò  due copie per quel lavoro richiedendone un parere e ottenendo dal rivoluzionario tedesco un giudizio assai lusinghiero:. (cfr. brano )
Brano da commentare: “  Caro Cittadino, Ringraziamenti sincerissimi per i due esemplari del vostro lavoro! Tempo fa ricevetti due lavori simili, l’uno scritto in serbo, l’altro in inglese (pubblicato negli  Stati Uniti), ma peccano l’uno e l’altro, volendo dare un riassunto succinto e popolare del Capitale e attaccandosi nel contempo, troppo pedantemente alla forma scientifica della trattazione. In tal modo essi mi sembrano mancare più o meno al loro scopo principale: quello di  impressionare il pubblico al quale i riassunti sono destinati. Ed è qui la grande superiorità del vostro lavoro ….  (  Marx a Cafiero)
Bibliografia: Carlo Cafiero, Compendio del Capitale Acquarelli Anarchici, 1996, p. 124

Dal Compendio del Capitale di Cafiero cito  un  breve brano tratto dalla prefazione : 
  “ Un profondo sentimento di tristezza mi ha colto, studiando  Il Capitale , quando ho pensato che questo libro era, e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia. Ma se ciò è, ho poi detto tra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione? Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. […] Il mio lavoro deve essere dunque un facile e breve compendio del libro di Marx. Questo libro rappresenta il nuovo vero, che demolisce, stritola e disperde ai venti tutto un secolare edificio di errori e menzogne. […]  Di gran lunga più ristretto e modesto è il compito mio. Io devo solamente guidare una turba di volenterosi seguaci per la strada più facile e breve al tempio del  capitale, e là demolire quel dio, onde tutti possano vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani gli elementi dei quali esso si compone; e strappare le vesti ai sacerdoti, affinché tutti possano vedere le nascoste macchie di sangue umano, e le crudelissime armi, con le quali essi vanno, ogni giorno, immolando un sempre crescente numero di vittime. E’ in questi propositi che mi accingo all’opera … ( Prefazione di Carlo Cafiero al suo  Compendio del Capitale )
Bibliografia:Carlo Cafiero, Compendio del Capitale Acquarelli Anarchici, 1996, ( primo brano) a pp. 13-14  e (secondo brano) a pp. 117-8 e 119-120 
 
                                                                                                                                    
 L’8 febbraio del 1883  Carlo Cafiero fu trovato nudo da alcuni contadini nella campagna presso Fiesole e internato nel manicomio fiorentino di San Bonifacio. Un resoconto di questo episodio si trova nel Mémoir scritto dalla compagna/moglie di Cafiero,  Olimpia Kutuzova che, quando accadde , si trovava  in Siberia, dove era stata deportata per attività sovversive. (cfr. brano)   
Brano da commentare: “ Da  lì ( nota mia: in Siberia) potetti entrare in corrispondenza con gli amici di Cafiero, dai quali ricevetti tristi notizie: mio marito, imprigionato a Milano , aveva tentato il suicidio tagliandosi le vene di un polso con il coltello. Il fatto aveva naturalmente impaurito il comandante della prigione che lo aveva fatto liberare e accompagnare dai gendarmi fino alla frontiera italo-svizzera  di Locarno. Là si era ritrovato libero ma senza risorse,né rifugio. Per fortuna a Locarno viveva il suo amico Emilio Bellerio, che lo ospitò. A quell’epoca si potevano già notare in mio marito i seri sintomi di una malattia psichica. Una notte fuggì, abbandonò la casa di Bellerio e prese un treno per Firenze. I passeggeri del vagone, notandolo avvilito e malato avvertirono la polizia, che iniziò a seguirlo. A Firenze, Cafiero prese alloggio in un hotel, ma durante la notte uscì dalla finestra della camera. Fu ritrovato in una casa di Fiesole, in uno stato di grande agitazione, fuggì attraverso i campi parlando da solo, gesticolando e spogliandosi. Arestato dalla polizia, fu rinchiuso nel manicomio di Firenze. Gli amici di Cafiero, informandomi dei fatti, aggiunsero che quello, per le condizioni di vita degli internati, era considerato  il  peggiore manicomio d’Italia. Solo la  legittima  sposa del malato poteva farlo uscire e trasferirlo in una casa di cura più confortevole..    ( Olimpia Kutuzova Cafiero, Mèmoir)
Bibliografia: in Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova Cafiero,  BFS, 2016, pp. 114 e dove, tra l'altro, vi è a pp .97-98 una interessante distinzione tra il " mémoir" e l'autobiografia.
 
 Iniziò così un lungo periodo di soggiorni  nei manicomi e sempre nei suoi deliri si riscontravano elementi di forte accento sociale e libertario (es. la sua ossessiva preoccupazione che la sua stanza dell’ospedale  ricevesse più raggi di sole delle altre). Bollato ufficialmente come pazzo,   Gianni  Bosio puntualizzò: “ Se pazzia ci fu- alcuni la negano – essa fu una pazzia generata da una società ingiusta ed ingrata.”                    

   Della sua grande umanità e della profonda empatia che lo legò alla classe lavoratrice esiste, tra l'altro, la commossa testimonianza della moglie/compagna  Olimpia Kutuzova  Cafiero (cfr. post:  OLIMPIA KUTUZOVA ) . (cfr. brano)
Brano da commentare: “ ... Così come quando era in salute i tratti caratteristici e dominanti della personalità di Cafiero erano la bontà, la dolcezza, la tenerezza e la premura, anche durante la malattia essi rimasero in primo piano.  [...] Carlo Cafiero era ricco e istruito, ma non si approfittò né di una cosa né dell’altra. La sua vita fu piena di sofferenze, verso le quali andò egli stesso, desiderando provare tutte le pene della vita della classe operaia, vivendone le difficoltà fisiche. Nella sua proprietà La Baronata, Cafiero visse come un contadino-agricoltore, a Milano fu operaio fotografo, a Berna gessista, a Mentone cuoco, a Marsiglia scaricò sacchi di carbone al porto” ( estratto dai ricordi di Olimpia Kutuzova Cafiero
Bibliografia  : in  Martina Guerrini, Le cospiratrici. Rivoluzionarie russe di fine ottocento. Lettere e memorie di Olimpia Kutuzova Cafiero,  BFS, 2016, pp. 116- 117
 
Infine, a mio parere, vi è  un brano che mi sembra bene sintetizzare il suo pensiero (cfr. brano)
 Brano da commentare: "Ordine,  religione, famiglia, proprietà! Questo è il grido reazionario della borghesia trionfante, questo è il programma della sua vita, e lo scrive sulla tomba sulla quale immagina di avere sepolto per sempre la rivoluzione.[...] Niente ordine, perciò, abbasso l’autorità, da quella di Dio a quella dell’ultimo sbirro, abbasso l’autorità familiare, abbasso lo Stato, abbasso il proprietario! Col ferro delle loro catene, i gladiatori in rivolta fabbricarono la spada della libertà: dai vincoli secolari della nostra servitù, faremo scaturire le armi della emancipazione umana.” (da  Cafiero, “La revolution sociale” Parigi  20, 27 febbraio;  6,13, 27 marzo; 3,10, 17,24 aprile; 6, 12, 19 giugno 1881)  

 Bibliografia: Carlo Cafiero, Rivoluzione per la rivoluzione , Samonà e Savelli p. 90

NOTA: PER CONSULTARE IL POST : "OLIMPIA KUTUZOVA CAFIERO" CLICCARE IN FONDO A DESTRA: POST PIU' VECCHIO

                    


 NAPOLEONE PAPINI E PIETRO CESARE CECCARELLI

Un ruolo importante fu svolto all’interno della spedizione da Napoleone Papini  e Pietro Cesare Ceccarelli , di cui fornisco alcuni brevi cenni biografici :

NAPOLEONE PAPINI ( 1856-1925) Nato a Fano, ma trasferito, ancora bambino, con la famiglia a Fabriano., dove studiò e ,adolescente, iniziò a frequentare gli ambienti repubblicani e internazionalisti .  Arrestato con l’accusa di “associazione a delinquere”, dopo il fallimento dell' insurrezione di Bologna nel 1874 non fu condannato per la sua giovane età. Tra il 1876 e il 1877 diresse il giornale Il Martello, che aveva come sottotitolo  “giornale socialista “ e come motto “nessun diritto senza doveri, nessun dovere senza diritti”. Uscirono 13 numeri e poi, trasferita la sede a Bologna, la direzione passò ad Andrea Costa.” Partecipò alla spedizione nel Matese, svolgendo il ruolo di "vessillifero della rivoluzione" o "dell'Internazionale"). (cfr. brano)

Brano da commentare: “...sul finire del 1876, chiamato da Malatesta, Cafiero, e Costa volò a Napoli per l'organizzazione delle bande del Beneventano. Ritornò qui (a Fabriano) il primo aprile del 1877 per condurre colà una falange dei suoi compagni, ma ciò gli venne impedito da un contrordine tanto che egli ripartì il 2 aprile col solo Sisto Boscarini. Il 5 aprile giunse a Benevento, atteso dal Malatesta; seguì per San Lupo dove fu iniziato il primo movimento rivoluzionario... Da S.Lupo giunsero a Letino di S.Maria Capua Vetere e quivi egli stesso nella piazza sventolò il vessillo rivoluzionario “ (da Il Popolare, giornale di Fabriano del 17/8/1913)

Bibliografia: Relazione presentata dal Circolo Culturale Napoleone Papini di Fano, ,Napoleone Papini un marchigiano nel Matese in Convegno di studi Il moto anarchico del Matese (1877) , San Lupo (BN) 24/25 aprile 1998 in http://www.abanet.it/papini/index.htm o anche http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Papini.htm

 Nel settembre  del 1878 Papini organizzò , con altri compagni l’ affissione clandestina notturna di manifestini antigovernativi. (cfr. brano)

Brano da commentare: “...tali manifesti oltre a contenere idee socialiste, incitavano gli abitanti dello stato alla "guerra" cioè ad insorgere contro le attuali istituzioni dello stato e della società... che l'anarchia è sistema unico per rendere felici i popoli. Non solo è dal contesto degli stampati che si ricava la esistenza di una cospirazione organizzata, ma anche da scritti apparsi nel periodico Il Fabrianese allorchè nell'agosto del 1878 si rese pubblico il contrasto tra la sezione mazziniana e quella dei socialisti anarchici, esistenti in detta città di Fabriano. Che questa associazione fosse capitanata da Napoleone Papini è fuor di dubbio poichè minutò il manifesto, che poi venne affisso nei primi del novembre ultimo... (rapporto di polizia in A.S. Ancona, 1501, busta 120)

Bibliografia: Relazione presentata dal Circolo Culturale Napoleone Papini di Fano, ,Napoleone Papini un marchigiano nel Matese in Convegno di studi Il moto anarchico del Matese (1877) , San Lupo (BN) 24/25 aprile 1998 in http://www.abanet.it/papini/index.htm o anche http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Papini.htm

Per sfuggire all’arresto intraprese un lungo viaggio con Pietro Cesare Ceccarelli in  Svizzera, Romania, Bulgaria  e probabilmente anche in Russia. Si premurò sempre nei paesi , dove si recava, di prendere contatto con i gruppi anarchici locali e di informare , tramite lettera, Errico Malatesta , delle rispettive situazioni politiche. Nel 1882 si trasferì definitivamente in Argentina, dove ospitò, per un certo periodo di tempo, Malatesta. I due rivoluzionari si rividero poi , 28 anni dopo,  nel 1913, durante un suo soggiorno in Italia, ad un convegno di ex internazionalisti a Imola. Papini ripartì poi per l’ Argentina, dove morì nel 1925, sempre vigilato, in lontananza, dalle autorità italiane.

PIETRO CESARE CECCARELLI (1842) Nato a Savignano di Romagna partecipò a numerose  campagne garibaldine.  Durante  i moti del Matese svolse il ruolo di consulente militare. Arrestato fu processato e poi assolto insieme agli altri. Nel 1878 si avventurò con il più giovane Napoleone Papini , anche lui reduce dai moti del Matese, in tutta una serie di viaggi, nell’ Europa orientale, fatti in stretto contatto epistolare con Errico Malatesta al fine di procurare fondi per la causa. Nel 1881 si recò, insieme a Errico Malatesta ed altri compagni  in Egitto, durante la rivolta di Arabi Pacha contro gli inglesi. Morì  a Il Cairo nel 1886.

Nel rispondere alla  critica della spedizione del Matese,  fatta da Amilcare Cipriani, Ceccarelli la contestò dopo una profonda riflessione su quella tumultuosa esperienza. (cfr. brano)

Brano da commentare:  “Nella tua critica distinguo due cose. Una, la quistion di massima: bisogna o no fare delle bande? E tu rispondi no. Un’altra riguarda la ragion di essere della banda di Benevento ed il modo come essa fu organizzata e condotta. […] Credo però che tu ti sbagli quando dici che il tempo delle bande è finito. Certamente il telegrafo, le ferrovie, il disboscamento, ecc. hanno reso molto più difficile per la banda il sostenersi in campagna ed i Passatore vanno divenendo sempre più impossibili, quantunque si è lungi ancora dall’essere a questo punto nella Italia meridionale.  […] Ma  qui sta il punto principale che ci separa e che spiega in gran parte le altre differenze. Tu ( Amilcare Cipriani) non hai fede nei contadini e dici che il tempo delle Jaqueries è finito. Se fosse così bisognerebbe disperare della rivoluzione,  […] Contro i contadini, o anche solamente senza i contadini è possibile un cambiamento politico, ma non la rivoluzione sociale, massima in  un paese come lItalia, in cui l’elemento rurale è in grande maggioranza, ed in cui non esistono ancora che allo stato d’eccezione, la grande industria e le grandi agglomerazioni operaie […] Fortunatamente le cose sono diverse da quelle che tu pensi. Il tempo delle Jacqueries non è finito; invece è ora che comincia il tempo della grande Jacquerie dell’epoca moderna. Jacquerie che questa volta sarà feconda di risultati perché il socialismo è venuto a dare coscienza e lumi a questi grandi scoppi dell’ira popolare […]…” ( Lettera di Pietro Cesare Ceccarelli ad Amilcare Cipriani, marzo o aprile 1881)

Bibliografia:  in Aldo De Jaco, Gli anarchici. Cronaca inedita dell’Unità d’Italia, Editori  Riuniti, 2006 p. 304 e 305

CARLO CAFIERO E ERRICO MALATESTA

 

 Come è noto  i moti del Matese non dettero vita a nessuna insurrezione popolare, tuttavia  contribuirono, grazie alla risonanza che suscitò il processo contro di loro a Benevento nel 1878 alla  diffusione  , delle idee anarchiche e socialiste tra le masse contadine ed operaie. Medesimo risultato, fu , per lo più  conseguito anche dai successivi processi, che si svolsero per circa un decennio, contro i cosiddetti "malfattori" ( nome con cui i pubblici ministeri designavano solitamente gli internazionalisti)  cfr. post INTERNAZIONALISTI (2) ANDREA COSTA.... ) 

Bisogna comunque ricordare che  se questi  processi, soprattutto quando si  risolvevano con l’assoluzione degli imputati, avevano  il merito di far convergere le simpatie popolari verso  questi  “apostoli” delle rivendicazioni proletarie,  tuttavia erano sempre  preceduti  per gli imputati da mesi o più di duro carcere preventivo. (cfr. brano)

Brano da commentare: “…. Sopportare censure e carcere per difendere i lavoratori diventa un merito anziché un onta.: l’accanirsi della classe dirigente e della polizia nei confronti di queste persone stimate per altruismo ascetico, conferisce loro una patina di eroismo e nobiltà, ed è considerata una prova che la società è corrotta e cadente. […] Nell’ esporsi al rischio di subire persecuzioni e boicottaggi, i carismatici propagandisti rivoluzionari  esibiscono quanto la loro azione sia disinteressata e umanitaria, finalizzata solo  all’emancipazione dei proletari e non  all’acquisire remunerative posizioni di potere. Carlo Cafiero – di ricca famiglia nobile- e Errico Malatesta cedono le proprietà di famiglia  a povera gente, o lo devolvono alla causa anarchica. ….” ( Marco Fincardi, “Apostoli della rivoluzione sociale e anarchica”)

Bibliografia: Marco Fincardi, “Apostoli della rivoluzione sociale e anarchica” in https://core.ac.uk/download/pdf/41119801.pdf

Con il consolidarsi , negli anni ottanta e novanta,  del movimento contadino  e delle sue organizzazioni ( fenomeno già  previsto da Pietro Cesare Ceccarelli nel 1877)  molti anarchici  furono spinti a mescolarsi con il popolo , con sempre minore spirito settario.  Esemplare , da questo punto di vista, fu , secondo Giampietro Berti, il ruolo svolto dall’ l’opuscolo Fra contadini di Errico Malatesta, scritto nel 1881 ( primo brano).  Del trainante opuscolo di Malatesta mi limito a citare, qui, per ragioni di spazio, solo la fiera risposta del giovane rivoluzionario Giorgio al vecchio compaesano  Beppe  che gli rimproverava di essere stato, deviato da cattive compagnie,  più volte in carcere (secondo brano)

Brano da commentare : 1) Fra contadini è senza dubbio l’opuscolo di propaganda più noto e più fortunato di tutta la produzione malatestiana. Insieme  con L’anarchia e Il caffè costituisce il trittico più celebre della letteratura anarchica mondiale. Dei tre, comunque, Fra contadini  è di gran lunga quello che ha avuto più diffusione … I motivi di questa immensa fortuna vanno individuati nella capacità malatestiana di penetrare nell’universo mentale del contadino (ma più in generale dell’universo mentale popolare) e di far proprie,  per rovesciarle in senso positivo,  tutte le obiezioni più classiche e scontate all’utopia socialista e anarchica. In senso stretto non si tratta di uno scritto concepito all’uso delle classi subalterne in primis le masse agricole, ma di uno scritto redatto per i militanti anarchici e socialisti dediti al proselitismo nelle campagne. Si tratta, in altri termini di una sorta di manuale dove è possibile trovare dei concetti teorici dell’ideologia nel linguaggio accessibile e universale del buon senso, insomma, un vademecum per i propagandisti. Il suo primo uso si può già individuare nella preparazione del moto de La Boje che scoppierà giusto un anno dopo la pubblicazione dell’opuscolo.” ( Giampietro Berti, Errico Malatesta e………)”;  2) “Beppe, credete a me, i miei compagni  sono tutti giovani dabbene; il pane che mettono in bocca costa loro lacrime e sudore. Lasciatene dir male ai padroni, che vorrebbero succhiarci fin l'ultima goccia di sangue, e poi dicono che siamo canaglia se solamente brontoliamo, e gente da galera se cerchiamo di migliora­re la nostra posizione e di sottrarci alla loro tirannia. Io ed i miei compagni siamo stati in carcere, è vero, ma vi siamo stati per la causa giusta: ci andremo ancora e for­se ci accadrà anche di peggio, ma sarà per il bene di tut­ti, sarà per distruggere tante ingiustizie, e tanta miseria. … ” ( Errico Malatesta, Fra contadini…… 1881)

Bibliografia:  Primo brano in Giampietro , Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale 1872-1932, Franco Angeli  Storia, 2003 pp. 126-127, secondo brano in Errico Malatesta, Fra contadini. Dialogo d’anarchia, in

 

  (cfr. il post : NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE: RIVOLTE CONTADINE ED OPERAIE) .  

 


 


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