mercoledì 27 aprile 2011

ANARCHICINI: 2. MICHAIL BAKUNIN : GLI ULTIMI ANNI. L' INSURREZIONE DI BOLOGNA (1874) , SERAFINO MAZZOTTI (1843- 1925),

CFR. IL POST CHE LO PRECEDE: 1-MICHAIL BAKUNIN. DALLA GIOVINEZZA ALL'ETA' MATURA
 
     

            


MARX-BAKUNIN

Già  nel 1871 alla Conferenza di Londra ( 16-23 settembre 1871) il conflitto all’interno dell’ Associazione Internazionale dei lavoratori tra autoritari guidati da Marx e antiautoritari guidati da Bakunin si manifestò e progredì sempre più sino all’espulsione  di  Michail Bakunin e di James Guillaume nel  Congresso dell’ Aja (2-7 settembre 1872).  Alla Conferenza di Londra  assistette, unico operaio presente, anche ANSELMO LORENZO ( cfr. post: ANARCHICI SPAGNOLI) che fornì, al suo ritorno in Spagna, una testimonianza dell’ostilità , in quella sede, nei confronti di Bakunin e di come restò profondamente turbato e deluso da quell’evento. (cfr. brano)

Brano da commentare:  “ Provo tristezza nel ricordare la settimana spesa in quella conferenza. L’effetto causato sul mio animo fu disastroso: io speravo di vedere grandi pensatori, eroici difensori del lavoratore, entusiasti propagandisti delle nostre idee, precursori di quella società trasformata dalla rivoluzione, in cui sarà praticata la giustizia ed in cui regnerà la felicità; al loro posto trovai pesanti livori e tremende inimicizie tra coloro che dovevano essere uniti nella volontà di raggiungere uno stesso scopo. […] Posso assicurare che tutta l’essenza di quella Conferenza si ridusse ad affermare il predominio di un uomo lì presente, Karl Marx, contro quello che si ritenne pretendesse esercitare un altro uomo, Michail Bakunin, assente.[…]  Assistetti una notte in casa di Marx ad una riunione che aveva lo scopo di pronunciarsi sul lavoro dell’ Alleanza e là vidi quell’uomo scendere dal piedistallo su cui la mia ammirazione ed il mio rispetto l’avevano collocato, fino al livello più volgare, e dopo,  molti dei suoi fedeli si abbassarono ancor di più, utilizzando l’adulazione come se fossero vili cortigiani di fronte al loro signore.[…]  Ritornai in Spagna convinto che l’ideale era più lontano di quanto non avessi creduto, e che erano suoi avversari molti dei suoi propagandisti. […] Su una lettera personale diretta agli amici di Barcellona, parlando della Conferenza, scrissi questa frase: “ Se ciò che Marx ha detto di Bakunin è vero, questi è un infame, se no, lo è il primo; non vi sono altre possibilità tanto gravi sono le critiche e le accuse che ho sentito”… ( Anselmo Lorenzo, Il proletariato militante)

Bibliografia: Anselmo Lorenzo, Il proletariato militante,  Edizioni della  rivista “Anarchismo”, 1978 pp. 134, 135, 136. Cfr. anche Victor Garcia, L’Internazionale operaia, Edizioni RL- Genova, 1965 pp. 82 -83 e Mathieu Leonard, La Prima Internazionale. L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi, Alegre, 2011 p. 258

Vorrei in conclusione ricordare come il termine “anarchia”, solitamente assunto,  sul piano politico, nel suo aspetto negativo assumeva invece sia in Marx che in Bakunin un significato positivo e che la distinzione verteva essenzialmente sul piano tattico e strategico. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ L’anarchia, ecco il grande cavallo di battaglia del loro signore Bakunin, che dei sistemi socialisti ha assunto soltanto le etichette. Tutti i socialisti, per anarchia intendono questo: una volta raggiunto il fine del movimento proletario, l’abolizione delle classi, scompare il potere dello  Stato, che serve a mantenere la grande maggioranza produttrice sotto il gioco di una minoranza sfruttatrice poco numerosa, e le funzioni governative i trasformano in semplici funzioni amministrative. L’ alleanza affronta la faccenda all’indietro. Proclama l’anarchia nelle file del proletariato come il mezzo più infallibile per spezzare la potente concentrazione delle forze sociali e politiche nelle mani degli sfruttatori.  Con questo pretesto richiede all’Internazionale, nel momento in cui il vecchio mondo cerca di schiacciarla, di sostituire la sua organizzazione con l’anarchia. La polizia internazionale non chiede di meglio ….” ( in  Mathieu Leonard, La Prima Internazionale)

Bibliografia: Mathieu Leonard, La Prima Internazionale. L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi, Alegre, 2011 p. 262

Ed è proprio, invocando il  problema della sicurezza che Marx e poi Engels daranno vita al concetto di dittatura del proletariato destinato poi inevitabilmente, non curandosi affatto del corretto rapporto , formulato dall’anarchismo, tra  mezzi e fine, a degenerare dapprima in una “dittatura di un partito” ( Lenin) e poi nella dittatura di un uomo (Stalin).

In risposta al  Congresso marxista dell’ Aja  (2-7 settembre  1872) gli antiautoritari dettero vita al Congresso Internazionale di Saint-Ymier ( 15 settembre 1872) preceduto in Italia dalla Conferenza di Rimini (4-6 agosto 1872) .  Mentre  Il Congresso dell’ Aja  stabilì il trasferimento del Consiglio Generale a New York decretandone così il progressivo declino , l’ Internazionale antiautoritaria diffuse in Italia, in Spagna e in  Svizzera gli ideali originari del socialismo . Per quanto riguarda l’ Italia una suggestiva  descrizione di quel periodo  è fornita da Errico Malatesta (cfr. brano)

Brano da commentare: “ Dopo il 1872 e precisamente dopo la Conferenza di Rimini (agosto 1872) ed il Congresso Internazionale di Saint Ymier, Svizzera ( settembre 1872) che furono come la conclusione di tutto il lavoro preparatorio, l’Internazionale, che si sviluppò in Italia quando altrove era già moribonda, vi visse per diversi anni una vita intensa e tormentata. Si fece larga propaganda d’idee, si costituirono numerosi gruppi, “sezioni” , come si diceva allora, e federazioni; vi si tennero congressi nazionali e provinciali; si fecero tentativi insurrezionali seguiti da processi celebri, che conquistarono agli internazionalisti le simpatie del pubblico. Numerosissimi periodici nacquero e morirono , con rapida vicenda, un po’ dappertutto. Periodi di febbrile attività si alternarono più volte  con periodi di calma e d’inerzia. Si passò replicatamente da una relativa libertà ad una persecuzione sistematica da parte del governo, ed a volta a volta  la propaganda e l’agitazione da pubbliche e chiassose divennero riservate e segrete e viceversa. […] Ma in tutto questo movimento, e per molti anni di seguito, si ritrovano sempre le stesse idee ed in gran parte gli stessi uomini del 1871-72, come si ritrova sempre l’influenza diretta o indiretta di quel grande animatore che fu Michele Bakunin….”  ( Errico Malatesta prefazione a M. Nettlau, Bakunin e l’Internazionale in Italia…, in  Il  risveglio , 1928)

Bibliografia:  Prefazione di Errico Malatesta a Max Nettlau, Bakunin e l’Internazionale in Italia  dal 1864-1872, Edizioniimmanenza, 2014 p. 19

BAKUNIN E CAFIERO
Nell’estate del 1873 ebbe inizio, con l’aiuto finanziario di Carlo Cafiero l’esperimento della “ Baronata”  (agosto 1873- luglio 1874) presso Locarno (cfr. post su CARLO CAFIERO). Come è noto, esso  finì malamente   lasciando Bakunin in uno stato d’ animo  estremamente   affranto ed esausto.  . (cfr. brano)

Brano da commentare:  “…  Il mio  sbaglio è stato  quello di avere accettato subito la fraterna proposta di Cafiero. Respingendola, io avrei mantenuto integra la mia vita sino  alla fine , io  sarei stato ora libero di disporne secondo le mie convinzioni  e inclinazioni  personali  In fondo   , devo confessare che accettandola, io ho commesso un tradimento verso me stesso, verso il mio passato e,  per dirla tutta, una viltà  che sto espiando oggi . …”(   Michail Bakunin) , Memoria giustificativa )

Bibliografia: Alessio Lega, bakunin il demone della rivolta tra insurrezioni, complotti e galere i tumulti le contraddizioni e l’incontenibile passione rivoluzionaria dell’anarchico russo, Eleuthera 2015, p. 176. Cfr. anche James Guillaume , L’ Internazionale documenti e ricordi (1864-1878) terzo tomo. Centro studi Libertari. Camillo Di Sciullo in  bibliotecaborghi.org/wp/wp-content/uploads/2016/02/Guillaume-III.pdf pp. 320 ss.

L’ amara sofferenza dettatagli da quella  spiacevole situazione fu tale da fargli desiderare la morte e più precisamente la morte combattendo per la rivoluzione. Da qui la sua decisione di partecipare a un progetto rivoluzionario che si stava preparando, soprattutto su iniziativa di Andrea Costa e del Comitato Italiano  per la rivoluzione sociale , in Italia.Il suo stato d’ animo si deduce, tra l’altro, dalla chiusa di alcune lettere da lui indirizzate a James Guillaume (primo brano)  e alla moglie Antonia ( secondo brano)) un forte desiderio di morire ,  determinato, in parte proprio da quello stato d’animo.

Brani da commentare:  1) “ Addio, Addio,  mi reco in Italia per prendere parte ad una lotta dalla quale non uscirò vivo “” .2)   Antonia, non mi maledire,, perdonami! Io morrò benedicendoti, te e i miei cari bambini.”  

Bibliografia: Primo brano in Alessio Lega, bakunin il demone della rivolta tra insurrezioni, complotti e galere i tumulti le contraddizioni e l’incontenibile passione rivoluzionaria dell’anarchico russo, Eleuthera 2015, p.176  e secondo brano in Marinella Gargiulo, il diario di Antossia, presentazione di Pasquale Sabbatino, Guida  editori, 2018  p. 88

 



 Giunto clandestinamente a Bologna passò parecchi giorni (dal 30 luglio al 12 agosto, cambiando di volta in volta casa per non destare sospetti e assumendo diverse identità. 9 Vi sono versioni che riferiscono che si facesse passare come nobiluomo inglese, il  “conte di Armfeld, e altre come un certo  “ Tamburini ,  possidente benestante sordo-muto. Grazie al suo diario di viaggio e nonostante l’estrema  concisione siamo in grado di ricostruire, dal su punto di vista, gli   eventi anche drammatici di quei giorni. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ il 30 giovedì, sera alle dieci, a Bologna dai Berardi , dove arriva anche Andrea [Costa ]. – 31 venerdì, trasferito la sera, dopo avere spedito Pio Berardi a Locarno con lettera di Andrea in un nuovo appartamento sotto il nome del possidente ricco, malato e sordo Tamburini. Con me Francesco Pezzi. – agosto 1°. Prima solo con Pezzi; il 2° Viene paolo Berardi e alloggia con noi; Il 3  viene Andrea mi porta Mazzotti, Fagioli, Natta; parte il 4 con Faggioli per Rovigo. Il 5 sera, dapprima notizia della irruzione della polizia dalla signora Angiolina Vitali, in seguito a cui inviato immediatamente lettera per Lipa, un’ora dopo, notizia dell’arresto di Andrea portata da Faggioli, che mi trasferisce alle due di notte da Silvio Fr.. L’arresto di Costa privava la cospirazione del suo principale organizzatore. Si tenne consiglio, il 5 e il 6, in casa di Silvio Fr. e si decise di agire lo stesso: la notte tra il 6 e l’8 venne designata per l’esecuzione del complotto. …” ( James Guillaumme  , L’ Internazionale documenti e ricordi

James Guillaume , L’ Internazionale documenti e ricordi (1864-1878) terzo tomo. Centro studi Libertari. Camillo Di Sciullo in  bibliotecaborghi.org/wp/wp-content/uploads/2016/02/Guillaume-III.pdf pp. 320 ss.

ANTONIO CORNACCHIA, ALFONSO LEONESI, ABDON NEGRI, ALCESTE FAGGIOLI, ,  ANGELO MASTRANGELO,  PIO TEBALDO BUGGINI

Come è noto l’insurrezione fallì.  Sul  come si svolsero i fatti sussistono varie versioni, io mi atterrò a quanto  scrisse James Guillaume  nel suo libro sull' Internazionale. (cfr. brano)

Brano da commentare:  Nella notte tra il 7 e l’ 8, dei gruppi di internazionalisti bolognesi si riunirono nei posti stabiliti, fuori delle mura, ma i compagni romagnoli che erano attesi da San Giovanni in Persiceto, da Budrio, ecc. non arrivarono oppure  vennero in numero troppo esiguo. Quelli di Imola furono intercettati lungo il cammino, vicino alla stazione di Castel San Pietro, una parte di loro venne arrestata, gli altri batterono in ritirata. All’alba gli insorti riuniti sotto le mura di Bologna si dispersero, salvo alcuni che si rifugiarono in montagna. Bakunin, rimasto da solo, per una parte della notte nell’alloggio in cui era nascosto, aspettava che venissero a cercarlo per unirsi agli insorti che, secondo il piano convenuto, dovevano verso le due del mattino invadere le strade di Bologna: dopo un’attesa vana, egli capì che il moto era abortito e pensò al suicidio. Silvio Fr., sopraggiunto in quel momento ( ore 3 e 40 del mattino) gli impedì di bruciarsi le cervella, dicendogli che non tutto era perduto e che altri tentativi potevano ancora essere compiuti. Nella giornata dell’ 8, numerosi arresti furono compiuti a Bologna, a Imola e in tutta la Romagna e le Marche. Stessa cosa a Firenze, a Roma e in diverse altre parti d’Italia. “ ( James Guillaume. L’Internazionale ricordi e……)

James Guillaume , L’ Internazionale documenti e ricordi (1864-1878) terzo tomo. Centro studi Libertari. Camillo Di Sciullo in  bibliotecaborghi.org/wp/wp-content/uploads/2016/02/Guillaume-III.pdf pp. 320 ss.

Brevi cenni biografici su alcuni protagonisti  dell’insurrezione:

  ANTONIO CORNACCHIA (1836), ALFONSO LEONESI (1848-1908) , ABDON NEGRI (1846-?), ALCESTE FAGGIOLI (1851-1881) , ANGELO MASTRANGELO ( 1845-1929) , PIO TEBALDO BUGGINI ) (1846-1921) svolsero un ruolo importante prima ( preparazione del piano insurrezionale) durante ( sua messa in atto ed esito finale) dopo (processo pubblico nel 1876, dove furono tutti assolti, non senza però avere subito un lungo carcere preventivo), nel moto insurrezionale a Bologna nel 1874, ). Erano tutti  dei reduci garibaldini , di formazione mazziniana e democratica, che avevano accumulato una vasta esperienza di volontariato armato durante le battaglie risorgimentali.. Il più vecchio di loro, Antonio Cornacchia di Imola,  aveva , a 13 anni partecipato ai  moti  del 1849 in Romagna come tamburino  e successivamente combatté, sotto il comando del generale garibaldino Medici, nella battaglia del Volturno.  Seguì Garibaldi, durante la terza guerra d’indipendenza,  in Trentino. A   Candia conaltrigaribaldini combatté a fianco degli insorti contro l’ Impero Ottomano. Infine nel 1867 , sempre sotto la guida di Garibaldi ,  a  Mentana, con il grado di capo dello stato maggiore, si batté contro le truppe pontificie e i loro alleati francesi, inviati in aiuto del Papa da Napoleone III. Partecipò poi, con Cafiero, Malatesta ed altri,  ai moti del Matese nel 1876.  A Mentana combatté pure il più giovane  Angelo Mastrangelo anch’egli di Imola.  Tra gli insorti bolognesi che ho nominato fu, per alcuni, determinante per il loro passaggio dal repubblicanesimo all’ internazionalismo  la  partecipazione alla   campagna  garibaldina dei Vosgi.    Questa impresa  permise , infatti,  a   coloro che vi parteciparono di venire a contatto con le idee comunarde e  internazionaliste, che si stavano sempre più diffondendo in Francia dopo il catastrofico esito della guerra franco-prussiana. Durante questa spedizione  si distinsero particolarmente  il giovanissimo Alceste Faggioli,  Alfonso Leonesi, che fu ferito nella battaglia di Digione e   Abdon Negri che ottenne per il suo valore sul campo di battaglia  il grado di tenente. Quando l’armata dei Vosgi si sciolse, molti, tra cui Anselmo Buggini , accorsero in difesa della Comune di Parigi.  A proposito dell’ importanza del garibaldinismo  come elemento comune a tanti dei primi internazionalisti italiani  mi sembra, infine,  opportuno riportare  la lucida analisi di Bakunin in cui pur giudicando negativamente il garibaldinismo post-unitario, elogiava però quei giovani di formazione mazziniana e garibaldina, che  dopo l’ esperienza internazionalista libertaria della Comune di Parigi, si riconoscevano nella causa  dell’emancipazione del proletariato  (cfr. brani)

Brani da commentare:   1)“ Il garibaldinismo è caduto, e dovea cadere, perché essendo la spada del mazzinianesimo si separò da lui; allora senza concetto proprio passò da uno ad altri, sempre di peggio in peggio dopo Mazzini fu raccolto da Manin e Trivulzio; da questi cadde nelle mani di Lafarina e Cavour; i quali lo gettarono nelle braccia della Monarchia che lo sollecitò e accolse come madre e lo strinse e trattò come matrigna, fino ad ucciderlo, a disonorarlo. Esso è caduto perché ha voluto rimanere nella cerchia aristocratica delle sedicenti intelligenze mentrechè  diceasi figlio del popolo […] perché ha descritto inconscio e debole una parabola ruinosa: da rivoluzione diventò militarismo rivoluzionario, poi tutto affatto militarismo …"  ( Michail Bakunin,  Sulla situazione italiana  ottobre1866) ; 2)  " ...Ma in Italia esiste ancora una gioventù eroica, che riconosce non come dittatore, né come padrone, ma come capo militare il generale Garibaldi, nata dalla borghesia, essa si trova spostata , diseredata nella società italiana, e, quindi capace di abbracciare, con un sincero entusiasmo e senza secondi fini borghesi la causa del proletariato.  Ed effettivamente , dopo aver scosso il giogo teologico e politico di Mazzini, e non lasciatosi guidare che dal suo libero pensiero, da una parte, e da un profondo sentimento di giustizia sociale, dall’altra, essa oggidì si consacra appassionatamente a quella grande causa e si crea con ciò un nuovo avvenire “ . ( Michail Bakunin,  manoscritto per i giurassiani febbraio 1872)

Bibliografia: in Max Nettlau, Bakunin e l’ Internazionale in Italia dal 1864 al 1872, Edizioni  Immanenza, 2014 p.111 (primo brano) e p. 227 ( secondo brano). Sul garibaldinismo e i suoi rapporti con la Prima Internazionale in Italia , cfr.  Eva Cecchinato, Camicie rosse. I garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra, Edizioni Laterza, 2007, pp. 151 ss. e Errico Acciai, Volontariato in armi, sovversivismo e radicalismo politico nella storia d’Italia: un approccio storiografico,  pp. 23-30 in Biografie, percorsi e networks nell’ Età contemporanea, Un approccio transnazionale tra ricerca, didattica e Public History a cura di Eloisa Betti, Carlo De Maria         in https://www.academia.edu/38404007/Volontariato_in_armi_sovversivismo_e_radicalismo_politico_nella_storia_d_Italia_un_approccio_biografico




Il 12 agosto , quando la situazione si era fatta un po’ più calma, Bakunin , travestito da prete, rasatasi la barba e , come racconta Guillaume,” tenendo in mano un piccolo paniere con delle uova.” partì da Bologna per tornare in Svizzera. L’ omertà , anche da parte dei compagni arrestati e sottoposti a  pressanti interrogatori, si attivò e la polizia non seppe mai della presenza di Bakunin a Bologna e della sua partecipazione a quel tentativo insurrezionale. 

 

SERAFINO E MARIETTA MAZZOTTI,  BAKUNIN, ALEKSANDRINE BAULER

Tornato in Svizzera, nei suoi due ultimi anni di vita le condizioni di salute di Bakunin nonostante l'assidua assistenza quotidiana di SERAFINO E   MARIETTA MAZZOTTI peggiorarono sempre più  sino alla sua morte avvenuta  il 1 luglio 1876.  Fornisco alcuni cenni biografici di questi fedelissimi seguaci di Bakunin (brano da commentare) 
SERAFINO MAZZOTTI ( 1843- 1925) E LA SUA COMPAGNA DI VITA E DI LOTTA, MARIETTA FOCACCIA . Ex combattente repubblicano delle ultime  lotte risorgimentali Serafino Mazzotti fu  uno dei primi, dopo l’ esperienza rivoluzionaria, della Comune di Parigi,  ad aderire , in Italia,  alla tendenza  antiautoritaria della I Internazionale. Partecipò , tra l’altro, insieme a Bakunin, al fallito tentativo insurrezionale del 1874 a Bologna. Nel 1883 lasciarono  la Svizzera e si trasferirono a Faenza, città dove era nato,,  dove apri una bottega di barbiere. La sua casa fu per lungo tempo un sicuro  punto di riferimento per i compagni di passaggio, tra cui Andrea Costa, Anna Kuliscioff e Olimpia Kutuzova Cafiero.   Tra il 1894 e il 1899 fu più volte condannato al confino  nelle isole di Ponza e Pantelleria.  Accolse con entusiasmo la nascita in Italia delle Camere del Lavoro e svolse per vari anni il ruolo di segretario della  “Lega dei barbieri” a Faenza sino al violento scioglimento di tutte le organizzazioni proletarie ad opera del fascismo. Alla sua morte  Errico Malatesta gli dedicò un affettuoso e commosso  scritto elogiativo su “Pensiero e Volontà”. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ Mi è morto un fratello. All’età di 82 anni tranquillamente si è spento a Faenza, suo paese nativo, il vecchio internazionalista Serafino Mazzotti. Egli fu uno degli elementi più attivi e più fattivi nella prima propagazione degli ideali socialisti ed anarchici in Italia e specialmente in Romagna. Fu intimo amico di Bakunin, di Cafiero e del Costa della prima maniera, ch’egli aveva amato ribelle e perseguitato, e poi bersagliò colla sua caustica ironia quando lo vide diventare legalitario, deputato e vicepresidente della Camera. Prese parte al tentativo insurrezionale degli  Internazionalisti nel 1874. Soffrì carceri, esilio, miseria: ma restò sempre fedele alla causa, fino all’ultimo. I giovani possono avere dimenticato questo pioniero, che agì solo colla parola; ma i più vecchi del movimento hanno sempre presente la bella figura del nostro “Bombicci” come usavano chiamarlo in Romagna e come lo chiamavamo tra gli intimi dell’Alleanza  di Bakunin. Egli soleva scrivere delle lettere, magari sgrammaticate, che erano però un capolavoro di buon senso, di spirito , di ironia. Se fossero state conservate e si potessero ritrovare, la loro pubblicazione sarebbe davvero interessante. Io che fui amico suo e dei suoi, mi unisco  nel pianto alle sue figliole Wiera ed Esmeralda ed alla sua compagna Marietta, che gli fu di conforto e di sprone nelle ore affannose della sua vita. “ ( Errico Malatesta , Serafino Mazzotti, n. 6, 16 aprile-16 maggio 1925)
Bibliografia: Errico Malatesta, Pensiero e Volontà  e ultimi scritti 1924-1932, 3° volume edito a cura del Movimento Anarchico Italiano, prefazione di Luigi Fabbri, 1975 pp. 165-166

ALEXANDRINA WEBER BAULER  che aveva frequentemente visitato    Bakunin  nella sua ultima dimora a Villa Besio a Lugano,  prima del suo finale ricovero nell’ospedale di Berna,  appena apprese la notizia della sua morte,  si recò nei quartieri operai di Lugano ad annunciarne la morte (brano da commentare) 
 
Brano da commentare: “ Il 2 luglio , di buon’ora di mattino , mi recai dai Bakunin. Indovinai subito che qualcosa d’insolito era accaduto. Il giardino era deserto e in casa non c’era nessuno di sotto. Trovai  Sophia Ksaver’evna in lacrime nella camera dei bambini. Questi ultimi erano pressi di lei e piangevano anch’essi, soprattutto Bomba. Capii immediatamente… Mandarono i bambini in giardino. Sophia Ksaver’evna mi mostrò il telegramma da Berna […] Chiesi a Sophia Ksaver’evna se a Lugano gli amici di Bakunin fossero stati avvertiti. Rispose di no. Mi recai dunque alla calzoleria.  Malgrado i grandi discorsi pronunciati alle esequie  di Bakunin , le persone che vi assistettero avrebbero potuto difficilmente immaginare il dolore che prostrò il piccolo circolo di operai che a Lugano attorniava Bakunin. Quando sulla soglia della porta, pronunciai queste semplici parole: “Michele è morto”, spaventata io stessa da quanto avevo appena detto, lo stupore fu generale. Gli adepti di Bakunin non furono i soli a scoppiare in lacrime, gli operai svizzeri che avevano sentito parlare di Bakunin solo dai loro compagni di officina, piangevano anch’essi. […] Ho serbato di quella giornata una impressione di spavento.  Svanivano grandi speranze, il terreno sembrava mancarci sotto i piedi, ma allo stesso tempo il dolore ravvivava la speranza e fortificava la fede.  La massima degli antichi che vuole che dei morti non si dica che bene non è un semplice consiglio, ma una cosa fondata sull’osservazione. La morte fa dimenticare i difetti del defunto ancora presenti nella memoria e ingigantisce l’uomo. Il giorno stesso in cui abbiamo appreso la morte di Bakunin, la sua personalità ha assunto delle proporzioni straordinarie e ci ha, per quanto ci riguarda, elevati al di sopra di noi stessi. In qualunque luogo in cui il flusso della vita ci ha poi portati,  ognuno di noi, presente quel giorno in quel povero alloggio operaio,  non cessò mai di sentir battere in lui il cuore di quell’uomo fiero, avido di libertà, indipendente e nemico di tutte le servitù gregarie. ….” ( Ricordo  di Aleksandrina Bauler )

Bibliografia: Arthutr Lehning, Bakunin e gli altri. Ritratti contemporanei di un rivoluzionario, Zero in condotta, 2002,pp. 333-334




 La denigrazione compiaciuta di Riccardo Bacchelli  di Michail Bakunin nel romanzo “ Il diavolo al Pontelungo scritto nel 1927, indignò giustamente suo nipote, Luis Bakunin che sulla rivista bonearense  Nosotros del dicembre 1928 scrisse una lettera in difesa di suo nonno. Ne cito, per ragioni di spazio solo alcuni  alcuni frammenti. (cfr. brano)

Brano da commentare: “ ….Di ritorno da un lungo soggiorno ai tropici, ho letto da poco un libro del Sig. Ricardo Bacchelli dal titolo Il Diavolo a Pontelungo, il cui contenuto ruota attorno a un personaggio principale: Michele  Bakunin. […]Miguel Bakunin, di cui tanti hanno scritto, non ha bisogno di difensori, ma a volte è bene ricordare. Non so se Bacchelli abbia letto tutte le opere di Bakunin e quelle che si riferiscono a lui. Temo di no. […] Il protagonista del romanzo che l'autore in questione ci propone è un burattino, il cui volto è irriconoscibile  per ogni persona  che  sia dotata di una certa cultura storica e sociale. Nel libro di Bacchelli si intravede un Bakunin imbroglione, scroccone, che si approfitta della buona fede del giovane Cafiero e di altri poveri illusi, che è il primo a tradire i propri ideali con i fatti, e in esso si leggono molti altri insulti e inesattezze, scritte , quantomeno, con una buona dose di  semplicismo (ingenuidad) .  […]. Nel caso presente avrebbe fatto bene a leggere la Storia dell Internazionale di James Guillaume  e la biografia di Miguel Bakunin  di Max Nettlau e perché no gli stessi scritti di Bakunin. Li legga, e sempre che ne abbia tempo, li mediti e vedrà quali offese ha inferto alla verità, e sicuramente sarà il primo a dolersi di esse. …” (Lettera di Luis Bakunin a Riccardo Bacchelli) 

Bibliografia: El nieto de Miguel Bakunin nos habla de su abuelo in  http://badigit.comune.bologna.it/mostre/pontelungo/8a Il diavolo al Pontelungo - Bacchelli/NOSOTROS.pdf . La traduzione dallo spagnolo  è mia ed è bene verificarla per chi sa lo spagnolo con l’originale, esposto nel 2016 durante la mostra I diavoli neri al Pontelungo. La fallita insurrezione anarchica di Bologna nei documenti dell’ Archiginnasio a cura di Claudio Arba e  Giacomo Nerozzi nella Biblioteca dell’ Archiginnasio. Lo si può consultare on line in http://badigit.comune.bologna.it/mostre/pontelungo/index.html So che esiste una traduzione italiana apparsa su  Volontà. rivista anarchica XX (12) 1965 pp. 724-726 , ma non sono ancora riuscito a consultarla.

 Inserisco anche, alcuni frammenti della risposta di Riccardo Bacchelli a Luigi Bakunin e penso che gli accenni dello scrittore alla noia dei testi teorici degli anarchici e la definizione di "pallone di carta" della "letteratura democratica umanitaria utopistica sentimentale " non abbiano bisogno di commenti. 

Brano da commentare: “  Nel numero di dicembre 1928 della rivista bonearense “ Nosotros” apparve una protesta del dottor  Luigi Bakunin contro il mio modo di raffigurare suo nonno Michele.  […] Ma se il dottor Luigi Bakunin fosse soltanto come “Nosotros” lo presenta, uno studioso di questioni sociali e letterarie, lo stimolo sarebbe stato troppo lieve. Non sarei nemmeno arrivato in fondo alla sua protesta. Non è lunga, ma troppo debole di argomenti. Essa mi ha ricordata la noia che, alla lettura dei testi teorici degli anarchici, mi fece giurare, finita la preparazione del Diavolo, che di anarchici non avrei mai più letta una riga. Il dottor  Bakunin crede di dir qualcosa quando parla di “redimir  a la humanitad” e par che non sospetti qual razza di pallone di carta – la letteratura democratica-umanitaria utopistica e sentimentale – anch’egli dia fiato a gonfiare .[…].  Ma “ Nosotros” presenta il dottor Bakunin anche in qualità di ufficiale italiano e di combattente, oggi benemerito medico tropicale. E questi sono titoli di rispetto. […] Probabilmente io conosco suo nonno (altro che invitarmi a leggere il Guillaume e il Nettlau) assai meglio di lui.[…] Ed egli mi invita anche a leggere tutte le opere di Michele Bakunin. E questo poi, no! ….  ( Riccardo Bacchelli   Transatlantica 1 marzo 1929)

Bibliografia:  in Riccardo Bacchell Il diavolo a Pontelungo, Oscar Mondadori,1965 

Anche Nettlau, dopo avere letto il romanzo di Riccardo Bacchelli, Il diavolo a  Pontelungo, scrisse, nel 1929, una lettera al direttore del The Times Literary Supplement l’editore inglese, contestandone la veridicità storica  (primo brano). Bacchelli rispose rivendicando la sua libertà inventiva nell’interpretazione dei fatti e personaggi evocati (secondo brano) . Nettlau concluse la polemica prendendo atto dell'ammissione di Bacchelli della infondatezza storica del romanzo e che i personaggi ivi rappresentati non corrispondono alla realtà. ( terza risposta)

Brano da commentare:  1) “Signor Direttore, — «Il Diavolo al Pontelungo » un romanzo storico di Riccardo Bacchelli, recensito nel Vostro numero del 4 aprile — e nell’edizione italiana sul vostro numero del 31 marzo 1927 — è stato descritto dal recensore come «solidamente basato su fatti storici », […] Tutto ciò lascia interdetto lo storico e perplessi i lettori che, come avviene, non possono consultare studi su Bakunin, dal mo­mento che non ne sono stati pubblicati in inglese. La vita di quest’uomo, tuttavia, è stata seriamente studiata, sin dal 1895, in molti paesi europei, ed io penso che sia dovere di correttezza nei confronti del lettore dirgli che il libro del signor Bacchelli presenta i fatti nella Baronata e dell'insurrezione di Bologna in modo completamente antistorico. Egli è naturalmente liberissimo di giocare d’immaginazione, umorismo, satira, ecc., ma parole come « strettamente storico » implicano l'affermazione che almeno i fatti principali ed i perso­naggi principali non siano presentati in modo distorto rispetto alla realtà. Ora, la follia della Baronata fu possibile solo perché Bakunin vi fu assente in un importante periodo iniziale, come fu assente la moglie sino al 13 luglio del 1874, come fu pure assen­te Ross, una delle persone più concrete tra gli amici di Bakunin, fino al giugno 1874. Il libro invece dà per presenti la moglie di Bakunin e Ross per tutto il tempo […] La signora Olimpia Cafiero è similmente bistrattata. […] Basti questo per dimostrare come le azioni e la mentalità di Bakunin e degli altri personaggi storici di questo libro non possono essere certo giudicati sulla base di una descrizione che non rispetta neppure un minimo di precisione. […] Se era necessario, se lo richiedevano ragioni letterarie, allora l’autore lo dica chia­ramente, altrimenti il suo riferimento alle fonti storiche mi pare piuttosto fuorviante….” ( Lettera di Max Nettlau in The Times Literary Supplement, del 4 luglio 1929); 2) “….Debbo considerare molto fortunato il mio romanzo storico « Il Diavolo al Pontelungo ». Esso infatti mi ha procurato in Inghil­terra un traduttore — e un amico — come il Signor Orlo Williams, e i lusinghieri giudizi della critica, fra i quali graditissimi e benevoli quelli del suo giornale. E adesso mi procura anche, per merito della lettera di Max Nettlau publicata nel Thè Times Literary Supplement del 4 luglio, 1929, la gradevole idea d’essere storico senza volerlo! […] E' certo ch’io non ho letto, come ho riconosciuto, il terzo vo­lume di « L’Internazionale » di James Guillaume; e ora aggiun­go e spiego che non l'ho letto perché ero arrivato al momento nel quale un romanzo si mette a vivere e a muoversi nella testa del romanziere e sulla punta della sua penna. Così che non ebbi piu pazienza dì indagare se « thè jolly of thè Baronata » fosse dovuta a Cafiero più che a Bakunin; quanto e per colpa e su chi vi gravassero le spese; se fiorissero più pettegolezzi sulla bocca delle donne o su quella degli uomini nel burlesco falansterio . “il Diavolo al Pontelungo » si presenta come un romanzo, e dunque vuol essere invenzione e come invenzione giudicato. Il Signor Nettlau dice che la moglie di Michele Bakunin non fu alla Baronata prima del 13 giugno 1874. Io dirò di più: Antonia Bakunin, come è nel romanzo, alla Baronata non ci fu nemmeno dopo il 13 giugno, perché l’ho inventata io, contento, del resto, che critici e pubblico la trovino la persona più umana e simpati­ca del libro. […]E’  probabile, anzi certo, che tanto la Baronata quanto l’insur­rezione bolognese siano state nella realtà letterale cose assai più squallide e meno rappresentative di quel che siano nel romanzo. …” ( Lettera di  Riccardo Bacchelli in The Times Literary Supplement, del  17 ottobre 1929); 3) Signor direttore, — il signor Bacchelli, nella sua risposta alla r.i.i lettera ('Litcrary Supplementi 4 luglio e 17 ottobre), afferma : che il suo « romanzo storico » — traduco dal suo italiano — Il Diavolo al Pontelungo» si presenta come romanzo e vuole essere perciò opera di fantasia e come tale giudicato »: parole d'o­ro che sono però in stridente contraddizione con la pretesa che il suo romanzo si basi sullo studio di fonti storiche, alcune delle quali egli ha citato nella lettera al suo traduttore, pubblicata nell’ edizione inglese. Poiché soggetto del romanzo sono alcune pa­gine poco conosciute della storia rivoluzionaria e le vicende di un personaggio non familiare al lettore inglese, ma non privo di interesse per gli studiosi di storia, volli sottolineare lo scarsissi­mo uso che l’autore aveva fatto delle fonti citate. Questo è stato, ora, confermato puntualmente dalla sua ultima lettera […]  Mi sia concesso di aggiungere che "La memoria giustificativa sulla Baronata" un documento privato scritto [da Bakunin: nota mia] il 28 er il luglio 1874 [...] è ora disponibile in traduzione spagnola integrale, con mie note, nel Supplemento de La  Protesta (Buenos Aires) dal 31 ottobre al 16 novembre. I lettori di questo e di altri documenti contemporanei, di lettere, ecc. potranno pienamente apprezzare la fantasia del signor Bacchelli e rendersi conto di quanto questa fantasia sia assolutamente predominante nel suo "romanzo storico"..." (Lettera di Max Nettlau in The Times Literary Supplement del 19 dicembre 1929)

 Bibliografia in Pier Carlo Masini, Appendice sesta: Una polemica Nettlau-Bacchelli in Bakunin in Italia. Mezzo secolo di ricerche e dibattiti (1876-1926) in Atti del Convegno Internazionale di studi bakuniani, Bakunin cento anni dopo, Milano edizioni Antistato pp. 58-63. Cfr. anche Nota del Socio  ord. res. Carmine Colella e di Maria Glycheria Dritsakou, Ritratto inedito di Maria Bakunin quale si disvela dall'esame della lunga corrispondenza con Marx Nettlau, in Atti della Accademia Pontiniana, nuova serie volume LXIX, Anno Accademico 2020, Giannini editore, Napoli 1921, pp. 82-83

 

 

 



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