mercoledì 27 aprile 2011

ANARCHICINI: INTERNAZIONALISTI 2: - AMILCARE CIPRIANI (1844- 1918) - EMILIO COVELLI ( 1846- 1915) - SAVERIO MERLINO (1856-1931) -FRANCESCO PEZZI (1849-1917) - FRANCESCO NATTA ( 1844-1914) - GALILEO PALLA (1865-1944)


AMILCARE CIPRIANI  
 
AMILCARE CIPRIANI (1844-1918) :  Giovanissimo volontario nell’esercito piemontese durante la II guerra d’indipendenza, disertò per partecipare all’impresa dei Mille.  Reintegrato nell’esercito regolare disertò  ancora una volta nel 1862  per raggiungere Garibaldi all’ Aspromonte . Negli anni seguenti partecipò  a un tentativo insurrezionale in Grecia e a una spedizione geografica in Africa. Tornò in Italia nel 1866 per combattere assieme a Garibaldi nella III guerra d’indipendenza. Dopo  l’esperienza della Comune di Parigi , a cui partecipò col grado di colonnello e della sua deportazione nelle Nuova Caledonia Cipriani (cfr. post: LA COMUNE DI PARIGI) tornò   nel 1881, in Italia , ed immediatamente arrestato,  fu condannato a 25 anni di prigione nel  duro carcere di   Portolongone, per  un omicidio,  compiuto 15 anni prima in Egitto per legittima difesa.


                                                         
                                                         AMILCARE CIPRIANI A PORTOLONGONE
 Le sue inaudite sofferenze dall'arresto a Rimini sino alla liberazione dal carcere di Portolongone furono da lui memorizzate in un diario , che poi, a puntate , fu nel 1888 pubblicato a puntate sul " Messaggero " di Roma.  Da questo diario cito alcuni brani:
Brano da commentare:  “ … “ E infatti il 19 settembre 1882 cadde in questo povero bagno un  ”capoguardia modello” , il ferocissimo e perfido Karl Simon, uomo fatto per spingere i poveri condannati al delitto . […] Intanto per dare un saggio del suo saper fare, il capo sgherro Simon cominciò da me , ed è per me ch’era stato tolto dal fianco del povero Passanante che aveva tormentato per quattro lunghi anni. Penetrato nella mia cella coll’insolenza propria di un capo di simile gente, bruscamente e senza nessun motivo mi minacciò di mettermi al puntale. Avendogli fatto osservare che ci volevano pure dei motivi per incatenare al muro un uomo “ i motivi sono io- mi replicò grossolanamente – ci ho messo Passanante, ci metterò anche "Cipriani”. […] Tutto era colpa, uno sguardo, una parola, un sorriso, un cenno; il possesso di uno straccio, d’un po’ di filo, d’uno spilli e di qualunque  altra cosa. […]La sua più grande ira era che nella cella n. 13 vi fosse un uomo che, deridendosi delle sue smargiassate, alzasse sdegnosamente le spalle disprezzandolo. Ed esso a vendicarsene col vitto, col riposo, coll’ aria, col moto; col farmi dei falsi rapporti, vessazioni, prepotenze, angherie e farmi infliggere delle punizioni ingiuste. …” 
 Bibliografia: Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il Rivoluzionario,   Bookstones, 2019 p.  265, 268, 270 . Queste breve frasi estrapolate dal teso, per ragioni di spazio, danno un' idea solo superficiale delle angherie disumane perpetrate in carcere dal Simon e dai direttori che si succedettero alla direzione del carcere in quegli otto anni. Rinvio quindi al diario finalmente  pubblicato nella sua integrità.

I quotidiani soprusi e le disumane sofferenze subite da Amilcare Cipriani nel carcere di Portolongone  comunque non passarono sotto silenzio fuori dal carcere. Sempre più spesso durante le manifestazioni operaie apparvero, senza commento,  targhette con il numero 2403, quello cioè che contraddistingueva Cipriani dagli altri detenuti di Portolongone, per ricordare a tutti l’ingiusta condanna per  omicidio, laddove al contrario si era trattato di un istintivo atto di legittima difesa, inflitta all’ “uomo più rosso d’ Italia”. Amnistiato, dopo 8 anni,  Cipriani riprese immediatamente l'attività politica. Nel 1891 partecipò al Congresso Anarchico di Capolago dove,  fu fondato il Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario e sempre in quell'anno, dopo un giro di conferenze in Sicilia  ,   partecipò alla grande manifestazione del I maggio a Roma in Piazza Santa Croce di Gerusalemme, in seguito alla quale venne condannato a tre anni. La sua presenza in piazza fu accolta fu accolta dalla moltitudine di persone , ivi radunate, con enorme entusiasmo e grida inneggianti , tra cui le più ricorrenti  furono " Viva il nostro Dio ! ", " Viva il colonnello della Comune !", "Viva il martire della Caledonia!", Viva il nobile galeotto di Portolongone! ". (cfr. brano da commentare )
 Brano da commentare : « Giunto a Roma la vigilia del 1 maggio , i suoi amici lo invitarono ad assistere a un  comizio indetto per il dì seguente in Piazza Santa Croce in Gerusalemme. Da principio egli riluttò, ma poi si arrese alle insistenti preghiere degli amici. La folla innumerevole raccolta in Santa Croce in Gerusalemme fece un’ovazione trionfale al Cipriani, che, vedendo la vastissima piazza cinta da una quadruplice fila di baionette, sconsigliò ogni violenza, esortando il popolo a prepararsi con calma risoluta e senza cedere alle impazienze pericolose. Se non che l’anarchico Galileo Palla accese gli animi e gli agenti provocatori - numerosissimi fra gli astanti – ne approfittarono per dar fuoco alle polveri. Scoppiò un tumulto nel quale cinque carabinieri, dei sei che circondavano la tribuna degli oratori, furono accoltellati e la truppa ebbe l’ordine di caricare. Mentre da tutte le parti della piazza la moltitudine cercava di fuggire ( e non poteva perché ogni via d’uscita era preclusa) e mentre i più audaci si battevano coi carabinieri, il Cipriani sceso dalla tribuna, si sforzava di ricondurre la calma negli animi, quando una guardia di questura , di nome Raco, gli si avventò improvvisamente contro prendendolo di mira con la rivoltella. Ma a un tratto la guardia, come se qualcuno le avesse reciso i piedi, si fermò, crollò, ruzzolò al suolo. Allora, per un attimo, apparve agli occhi del Cipriani l’immagine ignota di un giovane, alto, bruno, vigoroso, il quale  gettando il pugnale con cui aveva atterrata la guardia e facendogli senza riuscire della mano un cenno, gli disse con voce ferma e calma: - At  salot (ti saluto) … E sparve.  Travolto da un’ondata di cavalli, trasportato più morto che vivo in una casa di via Ugo Foscolo, il Cipriani rivedeva di lì a poco le mura poco ospitali del carcere. Il processo ebbe luogo dopo 15 mesi, e il Cipriani  fu condannato a 3 anni di reclusione, che finì di scontare a Perugia nel 1984. …« " Durante tutto il processo - mi ha narrato il Cipriani una persona fra tutte quelle che seguivano lo svolgersi delle discussioni, mi colpì: un giovanotto, alto, bruno, vigoroso, dal cappello alla romagnolhe, raccolto nel vano d'una finestra,  teneva gli occhi fissi su di me, come in un pensiero di adorazione. Più di una volta mi chiesi chi fosse quel giovane  senza riuscire a ricordare dove l'avessi veduto; ma, quando si discusse dell'assassinio della guardia Raco, un lampo mi rischiarò la memoria. Il giovane alto, bruno, vigoroso, era quello che mi aveva salvato la vita. " (Luigi Campolonghi , Amilcare Cipriani. Memorie )
 Bibliografia:  Luigi Campolonghi, Amilcare Cipriani. Memorie, Centro studi libertari Camillo  Di Sciullo edito dalla Società Editoriale Italiana nel 1912 e ristampato dalle edizioni Samizdat di pescara nel 1996. Cfr. anche  Bibliografia: Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il Rivoluzionario,   Bookstones, 2019 p. 56, dove è citato , in una versione meno sintetica, l'arringa tenuta da Cipriani, durante il comizio
AMILCARE CIPRIANI FERITO A MODOKOS
 Nel 1897 Cipriani partecipò a una spedizione garibaldina,  contro i Turchi. Nominato capo di una legione  poi, nota con il nome di "Compagnia della morte", di  circa ottanta volontari,  tra cui  GIUSEPPE CIANCABILLA , mostrò nella battaglia di Domokos, la più cruenta di quella guerra,  un grande coraggio, ricavandone, tra l'altro, una grave ferita alla gamba, che lo rese zoppicante per tutto il resto della sua vita. (cfr. brano)
Brano da commentare: [ Amilcare Cipriani]  “Un comandante d’altri tempi , abituato a fare di tutto, avvezzo alle privazioni, alle lunghe marce, a far meno della colazione e della cena. Un capo che crede che anche gli uomini che guida siano di quella tempra, e che lo possano seguire, e si meraviglia quando vede che la razza degli spartani antichi è spenta e che la sua minuscola colonna si va sciogliendo. Si espone al fuoco nemico senza rifugiarsi nelle trincee scavate alla bisogna; fa avanti e indietro incurante del pericolo. C’è chi pensa che non sia lì per la guerra ma per cercare il suicidio, chi invece ritiene che possegga un amuleto preservatore. Senza fucile, revolver e sciabola cammina come un folle sopra le trincee come fosse stato sui  grandi  Boulevards , dispensa ordini e consigli, incoraggia, prende pacchi di cartucce dai greci e li passa ai suoi. Ha in mano un bastoncello e a tracolla un binocolo. Le palle turche piovono. Una di queste gli colpisce il bastone. Sorride e dice: - Come tirano questi dannati turchi! Un altro proiettile gli spezza il binocolo ed egli torna a sorridere ed esclama: - Sono proprio invulnerabile! I combattimenti continuano e di sera, dal comando supremo greco, arriva l’ordine di ritirata generale. Si ubbidisce, l’ordine è saggio e gli uomini abbandonano la postazione; […] egli li segue per ultimo , una palla gli trapassa un ginocchio e stramazzando ma pur sorridendo ancora: - Sta a vedere –mormora – che questa canaglie di turchi mi hanno colpito! “ … ( in Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il rivoluzionario…, )

Bibliografia:  in Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il rivoluzionario,  Bookstones 2019 p. 78. Cfr. anche il giudizio quanto mai positivo di Giuseppe Ciancabilla su Amilcare Cipriani in Maurizio Antonioli, La compagnia della morte. Gli anarchici garibaldini nella guerra greco-turca del 1897. Ritratto di gruppo in  Maurizio Antonioli, Sentinelle perdute. Gli anarchici , la morte , la guerra, BFS, 2009 p. 28 n. 29. Per la defezione di alcuni componenti della "Compagnia della morte" prima dello suo scioglimento ufficiale in dissidio con Cipriani, cfr. oltre ai due testi citati anche Bibliografia: Eva Cecchinato  Camicie rosse: i Garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra , Laterza Editori Laterza 2011,  pp. 253ss.

Quella spedizione ritenuta come non rivoluzionaria fu duramente criticata con parole assai dure da Errico Malatesta. (cfr. brano) 
Brano da commentare: " Cipriani è restato sempre un garibaldino-garibaldino nel senso meno intelligente della parola, cioé uomo senza idee chiare, pronto sempre alla battaglia, comechessia, purché sulla bandiera appaia scritta qualche parola come quelle che altre volte rappresentavano il progresso, per esempio, repubblica, patria, indipendenza nazionale. " (Errico Malatesta in L' Agitazione, 7 novembre  1897)
Bibliografia:  in  Vittorio Emiiani, Gli anarchici: vite di Cafiero, Costa, Malatesta, Cipriani, Berneri, Borghi, Informazione storica , Bompiani, 1973 p. 139.  Cfr. anche Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il Rivoluzionario.  Book Stones 2019, p.  87

Un giudizio più positivo dal punto di vista rivoluzionario di quella spedizione fu invece dato dal giovane Ciancabilla,  allora ancora socialista. (cfr. brano)

Brano da commentare: Per ogni dove è passata la nostra legione, attraverso questo  popolo rozzo,  brutale, quasi feroce, , ha lasciato dappertutto una traccia indelebile , un’ impressione quasi di leggenda, un’idea di generosità e di sentimenti , buoni, miti, che non si distruggerà più. A questa gente abbiamo lasciato nell’anima il dubbio, il presentimento di una cosa nuova, di una cosa grande da conquistarsi nell’avvenire, oltre alla patria che sii vogliono riconquistare adesso. A questa gente noi abbiamo voluto, per quanto è stato possibile, far comprendere la nostra essenza di socialisti  […] io sono sempre convinto che noi socialisti abbiamo fatto bene a venire qui ..”

 Bibliografia: Eva Cecchinato  Camicie rosse: i Garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra , Laterza Editori Laterza 2011,  p. 253

Più  volte eletto  tra le file della sinistra,  Cipriani  non entrò mai a Montecitorio per il rifiuto di prestare giuramento alla monarchia. Nel 1914 firmò, con  Kropotkin, Grave e altri 13 anarchici, un  manifesto  interventista ,  contro  l’Austria e la Germania.  Gli ultimi anni li visse , d'altronde così come quelli precedenti, in dignitosa e volontaria  miseria . (cfr brani da commentare)
Brani da commentare:  1) « La sua esistenza segna ormai un corso tranquillo. E’ povero, poverissimo. Guadagna quanto basta per un pasto al giorno  che consuma al solito bistrò di Montmartre. Alla sera qualche foglia di insalata, un pezzo di formaggio, un morso di pane, come fanno alla stessa ora i vecchi nella lontana Romagna contadina. Potrebbe essere ricco, agiato, ma rifiuta ostinatamente questa condizione. Una signora amica gli lascia in eredità 50000 franchi, ma al notaio sbalordito Cipriani spiega senza scomporsi : « Io sono socialista e il socialista che combatte la proprietà non deve diventare proprietario.» . Un editore inglese gli offre  150000 franchi per le sue memorie: ricusa. L’amico Rochefort, deportato con lui in Nuova Caledonia e ora fortunato editore, gli propone  200 franchi al giorno perché scriva di sé, del suo straordinario passato: rifiuta e preferisce l’indigenza, il modestissimo alloggio di Passage Clichy,  10 bis dove ogni sera qualche compagno fedele bussa col segnale convenuto per incontrarlo. [….] Di lui a Rimini  mi hanno raccontato che, quando aveva un qualche centesimo in tasca, si recava   al mercato parigino degli uccelli sul Qai de la Cité, e comprava una gabbietta: solo per aprirla e ridare così la libertà all' uccello prigioniero. Quella libertà che a lui era stata negata per 20 anni nei bagni penali più disumani.  Non so se sia verità o affettuosa leggenda. Cipriani era senz'altro capace di questi gesti simbolici , ricchi di grazia". « ( Vittorio Emiliani, Gli anarchici …..) 
Bibliografia:  in Vittorio Emiliani , Gli anarchici. Vite di Cafiero, Costa, Malatesta, Cipriani,  Gori, Berneri, Borghi, Informazione Storica Bompiani, 1973, pp. 141-142 e pp. 143-14.    Cfr. anche l'intervento di Vittorio Emiliani ed altri alla commemorazione di Amilcare Cipriani nel centenario della sua morte ( 1918-2018) su You Tube.
                                           
EMILIO COVELLI

EMILIO COVELLI ( 1846- 1915) Fu amico d’infanzia e  compagno di  collegio di Carlo Cafiero al  seminario di Molfetta  condivindone le critiche ai metodi d’insegnamento .  Cafiero, anni più tardi lo  ricorderà così:

Brano da commentare: « al seminario, ove fummo educati insieme, egli riportò sempre il primo premio… Non solo non lo ricordo mai punito, ma mi sembra che egli imponesse una specie di rispetto e di riverenza ai superiori stessi. Parco nel parlare e nel gestire, egli possedeva la bella moderazione di un carattere mite, dolce, uguale, costante …. La sua nera figura, angolosa e rannuvolata, il suo sguardo sospettose e scrutatore, e , persino il mutismo delle sue labbra, sono tutte cose che incutono soggezione» ( da un ricordo di Carlo Cafierodel giovane Covelli  (1882)
Bibliografia: Pier Carlo Masini, , Dizionario biografico degli  anarchici italiani, volume primo  A-G,  BFS , 2003 p. 462 

 Nei primi anni settanta, dopo essersi laureato in giurisprudenza all' Università di Napoli. pubblicò alcuni scritti di storia economica  ponendo l’accento  sullo sviluppo del movimemto operaio e delle dottrine socialiste.(cfr. brano da commentare )

Brano da commentare:  « Da prima il programma del proletariato era naturalmente utopistico; il presente è male, dunque tabula rasa, vogliamo invece il bene; facciamo quindi l’avvenire come noi stessi vogliamo. La realtà attuale si offriva come qualcosa di assolutamente intollerabile; non s’indagava quello che poteva naturalmente uscirne.  Non si avevano idee di leggi sociali; e le istituzioni sociali sembravano puro risultato dell’arbitrio. Vennero le utopie di Saint- Simon, Fourier, Owen ecc. Ma esse non si attuarono; onde l’operaio seguì naturalmente la via di lottare come poteva col presente  per ricavarne il meno male possibile. Questa lotta nella vita pratica dette con l’andare del tempo dei risultati che influirono nelle concezioni de’pensatori e sull’indirizzo generale del socialismo, che venne quindi mutando d’aspetto.»
Bibliografia: Pier Carlo Masini, , Dizionario biografico degli  anarchici italiani, volume primo  A-G,  BFS , 2003 p. 462  

Sempre nell’ambito di questi studi, in gran parte ispirati al pensiero di Dühring, che era stato suo maestro a Berlino,  Covelli introdusse , tra i primi in Italia,  anche una riflessione sul pensiero  politico-economico di Karl Marx . ( cfr. brano da commentare)
Brano da commentare:  « Ciò che il Dühring trova più da biasimare nel Marx è l’oscurità intorno all’avvenire sociale […] Questo che pare un difetto è per me un pregio. Marx  è vero, nel suo grosso volume sul Kapital non ha presentato ancora una di quelle costruzioni sociali a priori, che ogni socialista è in debito di offrirci […] Partendo dall’osservazione della società borghese, ch’è la più progredita industrialmente, si propone di scoprire la legge di movimento della società economica moderna […] Del resto? A che delle costruzioni ideali? Ufficio della scienza è la critica delle false teoriche e la ricerca delle leggi naturali della società. « ( Emilio Covelli, recensione  a Storia critica dell’economia politica e del socialismo di Eugen   Dühring  sulla Rivista Partenopea (1871-1872)
Bibliografia:   Pier Carlo Masini, Cafiero   Biblioteca Franco Serrantini  (BFS), 2014,  p. 134

Avendo partecipato ai tentativi rivoluzionari del 1874, al fallimento di questi, si rifugiò a Locarno dove entrò in contatto con l’amico Cafiero ed altri internazionalisti. Tornato in Italia si iscrisse nel 1875 alla sezione internazionalista napoletana.  Pur non partecipandovi direttamente, contribuì alla preparazione del moto insurrezionale nel Matese.  Fondò e diresse il giornale L’ Anarchia   e partecipò a vari convegni clandestini, subendo   numerosi arresti.. Per evitare una condanna a 10 mesi di prigione nel 1880 si rifugiò in  Francia e Inghilterra. Dissentì con forza  nel  suo nuovo giornale , I malfattori  dalla svolta legalitaria di Andrea Costa opponendo ad essa una  azione tendenzialmente individualista ed antiorganizzatrice, motivata, tra l'altro, da una sua originale concezione della rivoluzione e delle  classi che la potrebbero attuare . ( cfr. brani da commentare) 

Brani da commentare : 1)  « Io credo che la rivoluzione non è l’organizzazione, in modo più o meno pacifico e legale, di un esercito che, all’ordine di uno o più capi deve poi marciare all’assalto.  In nessun paese la classe operaia è organizzata come in Inghilterra e non è meno preparata alla rivoluzione. La rivoluzione , parmi, è l’azione continua di eccitamento e di pepretrazione di ogni specie di reati contro l’ordine pubblico « ( Emilio Covelli Ai redattori della Lotta, Londra  novembre 1880) ;  2) «  La questione sociale è questione economica, politica e morale. E a questo triplice aspetto corrispondono i tre elementi della massa, che nella lotta sociale presente, è per l’ avvenire contro il passato. , gli spostati. La classe operaia lavora per  la rivoluzione economica, la piccola borghesia  per la rivoluzione politica, gli spostati lavorano, con o senza coscienza, per la rivoluzione  morale […] . Gli spostati non sono operai né borghesi. Sono individui che, non potendo adattarsi all’ordine stabilito, s’ infrangono per ragioni individuali, contro i suoi limiti o, se hanno coscienza della loro ragione di essere, sono riformatori sociali, rivoluzionari , anarchici .» ( Emilio Covelli, primo numero della rivista anarchica « I malfattori» 21 maggio 1881) ; 3) « Gli spostati […] il precipitato putrido delle altre classi sociali., i malfattori per ragioni individuali o sociali combattono e non possono non combattere per la rivoluzione morale, ch’è la parola ultima della rivoluzione sociale, è la libertà umana di svolgersi secondo la necessità della  propria natura, nonostante tutti i limiti, tutti i vincoli, tutti i pregiudizi che ci fanno infelici». ( Emilio Covelli, I malfattori 28 maggio 1881) 
Bibliografia:   Pier Carlo Masini, Cafiero   Biblioteca Franco Serrantini  (BFS), 2014,   p.170 e  p. 171

 Dalla metà degli anni ottanta iniziò a  manifestarsi  in lui una malattia  mentale, ( diagnosticata secondo la medicina del tempo  come «monomania acuta 2) che lo condusse alla reclusione, per periodi sempre più lunghi e frequenti  in manicomi:  Como (1885),  Anversa ( 1892-1894),  Nocera Inferiore  ( 1904-1908) , Como ( 1909-1913)  e infine  Nocera Inferiore ( 1915 ), dove morì .

 

FRANCESCO SAVERIO MERLINO (1856-1931). Nacque a Napoli da una famiglia di giuristi, fu compagno di scuola di Errico Malatesta nel liceo napoletano degli Scolopi. Divenuto avvocato aderì alle idee socialiste e anarchiche professate dalla I Internazionale. Difese Malatesta ed altri compagni nel processo alla  cosiddetta Banda del Matese (cfr. post “Internazionalisti nel Matese). Si impegnò profondamente , per molti anni,  nel movimento e fu più volte arrestato e imprigionato. Notevoli in questo periodo furono anche i suoi scritti teorici, tra cui i principali furono quelli  contro alcuni aspetti del marxismo ( in particolare la dittatura del proletariato e l’economicismo deterministico) e contro la teoria del “delinquente nato” di Cesare Lombroso. Nel 1899, dopo una  sofferta polemica con Malatesta sull’anarchismo lasciò il movimento anarchico e aderì al Partito Socialista. Continuò, comunque, a difendere   calorosamente gli  anarchici come avvocato (per es. nel processo contro Gaetano Bresci e in tutti i processi  di Errico Malatesta. Quando il fascismo iniziò la sua scalata verso il potere, Merlino si riavvicinò all’anarchismo. Morì nel 1931.
Brano da commentare: “…  L’anarchia ci offre un tipo d’uomo ben diverso dall’attuale. L’anarchico è un individuo che rifugge dal comandare ad altri, vuoi col potere del braccio, vuoi con quello della mente; che stima l’indipendenza parte integrante della sua esistenza e l’indipendenza di tutti i suoi simili parte integrante dell’indipendenza sua propria; che non ripone la sua felicità e la  sua Gloria nel possedere o parere più del suo vicino, sibbene nell’unirsi a lui per lottare insieme contro la natura e contro gli uomini oppressori. Egli è perciò scevro di  puntigli e di pregiudizi e delle velleità di un falso amore proprio personale, e incapace egualmente di abdicare all’indipendenza propria e di attentare all’altrui. Tale è il nuovo tipo d’uomo, che ci dà l’anarchia; un lavoratore libero ed indipendente, socio attivo d’una società d’eguali, compartecipante co’ suoi compagni all’uso dei beni della natura, uomo intero, per così dire, non uno strumento vocale, non una frazione umana , padrone di sé, non possessore di schiavi, non capo di armento, lavoratore per sé e per altrui, ma non sfruttato, non dispreggiato mercenario: L’ anarchia perciò segna un grande progresso sulla “Dichiarazione de? Diritti dell’uomo” e sulla morale cristiana. Il principio suo fondamentale è il completamento dell’uomo mediante l’elevamento dell’operaio..”  ( Francesco Merlino,  Dell’anarchia o donde veniamo e dove andiamo!  Nel supplemento alla Fiaccola rossa n. 12  (1887)
Bibliografia : in  I Leaders del movimento anarchico a cura di Pier Carlo Masini, Minerva Italica 1980 pp. 101-102
                                                          


FRANCESCO PEZZI (1849-1917)   Nato a Ravenna fu uno dei primi aderenti alla sezione italiana  romagnola dell’AIL. Partecipò, con Bakunin, Costa ed altri, alla preparazione dei moti del 1874 in Emilia. Dopo il fallimento del moto  fuggì assieme alla compagna Maria Luisa Minguzzi  a Lugano.  Tornato in Italia,  stabilitosi a Napoli insieme allaMinguzzi, partecipò alla preparazione della spedizione nel matese con altri compagni, tra cui, CARLO CAFIERO, ERRICO MALATESTA e PIETRO CESARE CECCARELLI.  Ma non poté fare parte della  banda del Matese perché rimasto ferito prima della partenza, in una rissa le cui motivazioni sono ancora poco chiare. Nell’ottobre del 1878 , durante una riunione clandestina, fu arrestato insieme alla moglie e ad altri compagni, tra cui FRANCESCO NATTA (1844-1929) e ANNA KULISCIOFF per il reato di cospirazione. Dopo un anno di detenzione preventiva  si fece contro di loro, accusati di  avere   costituito un’“associazione di malfattori”, un grande processo, ( noto come il “processone”, concluso con la loro piena assoluzione, contribuì notevolmente alla diffusione delle idee “internazionaliste” .Nel 1882 con un altro compagno tentò di riaprire il caso dei compagni CESARE BATACCHI, AGESILAO NATTA, AURELIO VANNINI condannati per le bombe di via Nazionale, pubblicando le ritrattazioni dei falsi testi al processo nel volumetto Un errore giudiziario, ovvero un po’ di luce nel processo della bomba di via Nazionale. (cfr. brano da commentare)

Brano da commentare:  “…Ponendoci oggi a scrivere queste pagine che richiamano alla nostra memoria il triste ricordo di codarde macchinazioni poliziesche, sentiamo che a stento possiamo frenare lo sdegno che ci muovono iniquità commesse dalla polizia, ma il pensiero doloroso che sette infelici gemono ingiustamente nelle case di forza; la speranza che la giustizia non tarderà a ridonarli all’affetto delle loro famiglie, ci consiglia ad esporre i fatti con calma ed imparzialità, ed attendere, sereni e tranquilli, i responsi della magistratura e il verdetto inesorabile della pubblica opinione. Il primo atto di selvaggia iniquità compiuto dalla polizia fu quello di  denunziare per l’ammonizione la maggioranza dei socialisti  fiorentini, e principalmente quelli che dovevano comparire alle assise come testimoni della difesa. Il marchio infame dell’ammonizione ingiustamente impresso sulla fronte onorata di quei socialisti citati dalla difesa, diede occasione al pubblico ministero per ritenere inattendibili le loro deposizioni, mentre egli non fece altrettanto per le mendaci deposizioni di quei testimoni d’accusa condannati moltissime volte per furto e per frode! ...” ( Francesco Pezzi ,  Un errore giudiziario, ovvero un po’ di luce sul processo della bomba di Via Nazionale, Firenze giugno 1882)

Bibliografia : in  Eugenio Ciacchi – Giuseppe Galzerano, Il processo Batacchi. Un innocente condannato all’ergastolo. ,  Galzerano editore, Atti e Memorie del popolo, 2021,  p. 116. Per ulteriori  notizie  sulla controinchiesta di Pezzi, cfr. anche  pp. 274-280-284-288- 290.

  La svolta di Andrea Costa e la nascita del Partito Socialista rivoluzionario addolorò  Pezzi che cercò in tutti i modi di impedire la scissione ( cfr. brano)  

Brano da commentare: “ A parere nostro, voi romagnoli, faceste male ad abbandonare il nome di Internazionale dato alla nostra associazione per sostituirvi quello di Partito socialista rivoluzionario italiano… Per la natura stessa dei principi del socialismo rivoluzionario, per la stessa organizzazione, per il patto di solidarietà che ci lega a tutti i lavoratori del mondo: la nostra associazione è e non può non essere che l’Internazionale. L’Internazionale è proibita oggi in Italia. L’Internazionale è calunniata, maledetta, perseguitata. Essa è considerata quale associazione di malfattoti, i suoi membri condannati come tali, imprigionati, ammoniti, mandati a domicilio coatto. L’Internazionale è dipinta con i più neri colori e l’ internazionalista è considerato come una canaglia qualunque: e appunto per questi motivi, oggi, più che mai, noi non possiamo e non dobbiamo essere che internazionalisti.” ( Francesco. Pezzi , lettera a Andrea Costa e ad Anna Kuliscioff)

Bibliografia: Pier Carlo Masini,  Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Biblioteca Universale Rizzoli ,1974, pp. 206-207

Nel 1985 per sfuggire alle continue persecuzioni da parte della polizia , approfittando di un momento di libertà  provvisoria, fuggì insieme a Luisa Minguzzi, Enrico Malatesta, Galileo Palla  e Francesco Natta in Argentina ( cfr. i post ERRICO MALATESTA 1 e 3). Tornato in Italia, grazie ad un’ amnistia, nel 1894 lui e Luisa  furono coinvolti nella repressione seguita all’attentato di PAOLO LEGA contro Francesco Crispi ( cfr. NEL FOSCO FIN DEL SECOLO MORENTE 2) e accusati di complicità nell’attentato. Processati furono assolti dal reato a loro contestato  ma  condannati  ad un confino separato: Pezzi nell’isola di Favignana e la Minguzzi a Orbetello. Pezzi  riuscì a fuggire con una barca insieme ad altri confinati , tra cui  l’amico Galileo Palla e a sbarcare a Tunisi. Le autorità locali francesi  li riconsegnarono alla polizia italiana. Dopo avere scontato finalmente la pena, aggravata dopo l’evasione, tornò a Firenze e si riunì a Luisa Minguzzi,la cui salute si era molto deteriorata, specie per quanto riguardava la vista. Nell’aprile del 1900 Francesco Pezzi per legittima difesa uccise,  con un colpo di pistola Lisandro Marchini che  ormai reso quasi completamente pazzo per la quotidiana persecuzione poliziesca subita da lui e dalla sua famiglia., l’aveva aggredito con un trinchetto di calzolaio.  Alcuni anni dopo la morte , nel  1911, di Luisa Minguzzi, Francesco Pezzi, dopo un nuovo matrimonio con la giovane Annunziatina Trambi, si uccise con un colpo di pistola nel 1917.

                                                            
            
FRANCESCO NATTA ( 1844-1914) Operaio meccanico, dapprima mazziniano, aderì alla Prima Internazionale, dopo la Comune di Parigi. Nel 1872 partecipa alla fondazione del Fascio Operaio e  della sezione fiorentina dell’Associazione Internazionale dei  Lavoratori (AIL) In diretto contatto con Bakunin. Nel 1875, dopo il tentatitivo insurrezionale di Bologna  del !874 fu, con altri numerosi compagni, accusato di cospirazione e durante il processo,  pronunciò una celebre autodifesa. (cfr. brano)
Brano da commentare: “  La Internazionale come Associazione dei lavoratori in Italia rappresenta la voce straziante di migliaia di operai onesti, che mancanti di lavoro, o mal retribuiti, sorgono a protestare contro chi ne è la causa [….] Voi vi rammentate, o Signori  Giurati, la situazione d’Italia nel luglio e agosto 1874, vi ricorderete le sommosse di piazza per il caro dei viveri e per la mancanza generale dei lavori …. Ebbene, o signori, dietro questi strazianti fatti furono fatti degli arresti, condannati come incitatori a commettere il saccheggio diversi individui, più fu incolpata la Internazionale come causa principale di detti disordini e vollero trovarvi in questo anche la cospirazione […] Se credete che questi infelici, ma onesti operai, che chiedono pane e lavoro, siano degni di  casa di forza, allora non mi rimane altro che subire con calma la mia sorte, convinto che non ho nulla a rimproverarmi ..” (autodifesa di Francesco Natta al  processo per cospirazione ed internazionalismo  del 1875 ) 
Bibliografia: in Pier Carlo Masini, I leaders del movimento anarchico,Minerva Italica , 1980 p. 94 . cfr. anche Giancarlo Torra, Della mia onestà vado superbo. Francesco Natta. Storia di un anarchico salvatorese,  Viandanti delle Nebbie in https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2020/12/della-mia-onesta-vado-superbo.pdf dove tra l'altro da p. 31 a p. 37 vi è  la sua integrale e appassionata autodifesa, che pubblicata come opuscolo fu, per lungo tempo, uno dei testi classici della propaganda anarchica.
 
Libero, riprese una intensa attività politica e organizativa (  tra cui la promozione di  vari congressi, anche nei tempi difficili seguiti al fallimento dei moti nel Matese ( cfr. post su CARLO CAFIERO) .
 
A PARTIRE DALLA SECONDA FILA DA SINISTRA: ORESTE FALLERI, LUISA MINGUZZI, FRANCESCO PEZZI, GIOVACCHINO NICCHERI,  PAOLO RANIERI MARTINI, FRANCESCO NATTA, ANNA KULISCIOFF, AURELIO VANINI
 
 Nel 1878 fu arrestato  insieme ai principali responsabili della Federazione Toscana,  tra cui  Francesco e Luisa Pezzi, Oreste Falleri,Giovacchino Niccheri, la giovane Anna Kuliscioff  (cfr. post: INTERNAZIONALISTE E ANARCO-FEMMINISTE ITALIANE : MARIA LUISA MINGUZZI ... ) e dopo circa un anno di carcere preventivo processato. Il processo , denominato da subito come il “processone”, ebbe grandissima risonanza giornalistica e l’aula era sempre affollatissima. (cfr. brano)
  Brano da commentare: . Il cronista de “La Gazzetta piemontese”, riportando l’inizio della requisitoria del P.M., così lo descrive: “Incomincia dal Natta. Nota che il Natta non va semplicemente guardato come un segretario, un socio qualunque dell’Internazionale. Egli era uno dei capi più influenti dell’Associazione ed era per certo l’anima della Federazione fiorentina. Egli formulava i quesiti da discutersi faceva circolari, dava le direzioni opportune, insomma era uno dei capi più autorevoli dell’Associazione” (resoconto dell’udienza del 24 dicembre (?!) E così anche il cronista de “Il Monferrato” annota: “Francesco Natta, come al solito, comparisce come capo ....”.
Bibliografia: Giancarlo Torra, Della mia onestà vado superbo. Francesco Natta. Storia di un anarchico salvatorese,  Viandanti delle Nebbie in https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2020/12/della-mia-onesta-vado-superbo.pdf 
 
Negli anni ottanta Francesco Natta insieme a  Francesco Pezzi a cui era legato da una profonda amicizia, assistettero sgomenti all’ allontanamento di Andrea Costa dall’anarchismo, (vedi sopra) Nel 1884  Fu condannato in contumacia e decise di  lasciare l’Italia , con  i figli Ezio e Temistocle,  Francesco  Pezzi e Maria Luisa Minguzzi, Galileo Palla ed Errico Malatesta, (cfr. post ERRICO MALATESTA 2) per trasferirsi in Argentina e restarvi anche quando i suoi compagni tornarono in Italia.   Aprì un' officina meccanica a  Buenos Aires. Con i ricavati di questa attività, abbastanza redditizia, organizzò e finanziò, nei suoi ultimi anni di vita,  molteplici iniziative:organizzazione di conferenze,  pubblicazione di opuscoli, fondazione, con altri compagni, di giornali come per esempio La Questione sociale, primo periodico in lingua italiana in Sud America,  che conteneva al suo interno una rubrica dedicata alla “Propaganda anarquista entre las mujeres”, ecc.    Senza mai rinnegare le proprie idee, morì nel 1914.
 
ORESTE FALLERI, PAOLO RANIERI MARTINI, GIOVACCHINO NICCHERI, AURELIO VANNINI
                  

ORESTE FALLERI (1849-1903): Nato a Pisa, operaio litografo, soprannominato “Diobello”. Volontario garibaldino, partecipò, tra l’altro, alla battaglia di Mentana. Fu uno dei fondatori, dopo la Comune di Parigi, della sezione pisana dell’AIL, che diventò una delle più  importanti della Toscana.  In quanto internazionalista, fu arrestato in seguito al tentativo insurrezionale fallito dell’ estate  1874.  Nel 1877, dopo uno scontro, più violento del solito,  tra   repubblicani che volevano entrare in guerra con l’Austria per il problema delle “terre irredente”  e gli internazionalisti, contrari  a una guerra nazionalista, Oreste Falleri e Paolo Ranieri Martini furono arrestati e condannati ad alcuni mesi di prigione e a un anno di libertà condizionata.  Nel 1878  fu arrestato con Natta e gli altri con l’accusa di cospirazione e , dopo circa un anno di carcere preventivo, furono tutti assolti nel “processone” del 1879. Fu decisamente contrario, alla “svolta” parlamentarista di Andrea Costa. Perseguitato dalla polizia, si trasferì in Egitto dove trovò Errico Malatesta e dove vi restò sino all’espulsione degli anarchici dal territorio egiziano.. Tornato a Pisa divenne un punto di riferimento importante per i giovani rivoluzionari  toscani, tra cui Pietro Gori e alla sua morte, nel 1903,  migliaia di compagni e compagne e anche di  rappresentanti di varie associazioni e partiti di sinistra seguirono il corteo funebre. -  GIOACCHINO NICCHERI (1848- ?) Nato a Firenze. Volontario garibaldino. Nel 1872  partecipò alla fondazione della sezione fiorentina dell’ AIL.   Fu   arrestato e processato per il tentativo rivoluzionario  a Bologna del 1874. (vedi sopra)  Appoggiò dall’esterno i moti nel Matese (1877).  Assunse il ruolo di gerente responsabile della rivista Anarchia fondata d a Enrico Covelli. Nel 1878 fu uno degli imputati del cosiddetto “processone”,  di Firenze del 1879.  (vedi sopra) . Per sfuggire alle incessanti persecuzioni poliziesche fuggì all’estero.  Tornato in Italia grazie ad un’amnistia fondò a Firenze il circolo “ Gustavo  Florenz” . In seguito alle  leggi repressive emanate dal governo nel 1894 fu condannato per tre anni al domicilio coatto.  La data della sua morte  è sconosciuta  - PAOLO RANIERI MARTINI  (1852-1915). Nato a Pisa , pittore e maestro di scherma.    Ex repubblicano passato all” Internazionale “fu arrestato, insieme a Oreste Falleri, dopo uno rissa contro membri dell’Associazione Reduci delle Patrie Battaglie, di cui lui stesso, una volta aveva fatto parte, e furono entrambi condannati a 4 mesi di carcere e un anno di libertà condizionata.   In quell’occasione  furono molti gli internazionalisti, che , pur estranei allo scontro, chiesero, pubblicamente, di condividere la medesima pena dei due condannati.  Nel 1878 fu arrestato e processato a Firenze insieme  a Natta, Falleri,  Kuliscioff ed altri nel cosiddetto “processone” (vedi sopra)  . Negli anni ottanta aderì al  “ Partito Socialista Rivoluzionario “ di Andrea Costa.  - AURELIO VANNINI ( 1839- ?) fu volontario garibaldino.  Partecipò al tentativo insurrezionale di Bologna nel 1874 e al processo, pur se assolto per i reati più gravi  contestategli dall’accusa, venne condannato ad alcuni mesi di carcere  , per detenzione abusiva di armi.  Durante il  cosiddetto “processone di Firenze” nel novembre del 1879, Vannini, che era  già in carcere col numero di galeotto 124 per l’accusa più grave di essere uno degli autori della bomba di Via Nazionale,  fu assolto come tutti gli altri imputati coinvolti  , ma nel giugno 1879, in conclusione del  “processo Batacchi” per l’attentato di Via Nazionale, fu condannato a 19 anni di carcere, pur essendo innocente, così come lo erano anche  CESARE BATACCHI,  GIUSEPPE SCARLATTI  e AGENORE NATTA condannati a 20 anni. Non si conosce data e luogo della sua morte.

                                            
        
GALILEO PALLA
 
GALILEO  PALLA  (1865-1944) Nato ad Aulla in provincia di Massa Carrara trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Massa. .  Nel 1882 , durante una rivoluzione   araba contro  l’amministrazione inglese, Palla  si stabilì  ad Alessandria d Egitto In quel periodo era in Egitto anche Errico Malatesta. Sebbene , per quel che se ne sa, non si conobbero in quell'occasione,  ma  probabilmente il motivo della loro presenza  ad Alessandria d'Egitto  era probabilmente il medesimo. (cfr. post ERRICO MALATESTA 1)
  Rientrato a Massa tra il 1883 e il   1884 Palla  partecipò alle attività del  gruppo anarchico locale  sino a quando ,  venuto a conoscenza della diffusione del colera nella città di Napoli vi si recò per assistere i malati., unendosi, come ricorda Errico Malatesta, al gruppo anarchico fiorentino. (brano da commentare)
Brano da commentare:  « Conobbi il Palla a Firenze nel 1884. A Napoli infieriva il colera, ed eravamo molti fra i socialisti che anelavano di correre in soccorso ai colerosi. Mentre cercavamo  di raccogliere il denaro per il viaggio, arrivò il Palla, il quale andava anche lui a Napoli, e siccome aveva più denaro di quello che gli occorreva per il biglietto della ferrovia, si fermò a Firenze per vedere se vi era qualche volenteroso che non poteva partire per mancanza di denaro ed aiutarlo.  Mi giunse in casa gridando e gesticolando.  Come – mi disse -  tu non vai a Napoli he t’importa – fu la sua risposta : i colerosi non hanno bisogno di sapere il nome di chi sta al loro capezzale. E’ giusto  - gli dissi – siamo qui in parecchi, ma non abbiamo ancora potuto mettere insieme il denaro per il viaggio. Allora Palla vuotò le sue tasche sul tavolo, e così tra il denaro suo  e quello che potemmo trovare a Firenze, potevamo partire, lui, la Gigia Pezzi  [ Luigia Minguzzi Pezzi] , Arturo Feroci, Vinci, Del Vecchio,  io ed altri compagni . […] La condotta di Palla fu splendida. Coraggioso, infaticabile, notte e giorno  era sempre all’opera ….. «( Errico Malatesta e i fatti di Roma in La Rivendicazione n. 20 23 maggio 1891)
 Bibliografia : Errico Malatesta Autobiografia mai scritta . Ricordi ( 1853-1932) a cura di Piero Brunello e Pietro di Pe aola, edizioni Spartaco , 2003 pp. 116-117  e anche Massimo Michelucci, Galileo Palla (1856-1944) Anarchico notissimo, audacissimo, pericolosissimo  ISRA Istituto Storico Resistenza Apuana,  2014 p. 55 e p. 57

 Il suo contributo alla lotta contro l’epidemia fu notevole come si deduce anche dall’attestato ricevuto dalla Croce Bianca , in cui lo si definiva « volontarissimo e «zelantissimo».  Tra il 1885 e il 1886, al culmine di una dura repressione poliziesca,  si recò con Malatesta,  Francesco Pezzi,  Gigia Minguzzi, Francesco Natta in Sud America, dove tra l’altro, insieme a Errico Malatesta , tentò una spedizione in  Patagonia  per cercare oro. La spedizione fu, come ricorda  Malatesta, del tutto fallimentare ( cfr.   post ERRICO MALATESTA 1853-1913) Assai avventuroso fu inoltre il viaggio di ritorno da Capo delle Vergini a Buenos Aires . (brano da commentare) .  
Brano da commentare. «  Dopo lunghi mesi di sofferenze che non è il caso di narrare, arriva infine improvvisamente quel battello , che per noi significava liberazione e  ritorno alo mondo civile- […] Palla e gli altri compagni, che si trovavano  a parecchia distanza dal mare, appena scorsero il battello si misero a correre verso il mare; ma il battello non fece  che buttare a terra la posta e, prima che essi raggiungessero la costa, già si allontanava a velocità crescente […]  Ma Palla affretta la corsa e giunge alla spiaggia. Il mare, in quel punto, oltre ad essere glaciale, è percorso da correnti violente che impediscono l’accostarsi delle barche ed è popolato dai pesci cani. Palla sapeva tutto questo, ma non esita un istante. Si spoglia rapidamente, si butta in mare e nuota verso il largo, mentre i compagni giunti alla costa dietro di lui, gridano ed agitano la sua camicia per attirare l’attenzione di quei di bordo. Finalmente il vapore rallenta la corsa si ferma , stacca una barca che va a raccogliere  il Palla e lo trasporta a bordo mezzo intirizzito. Il capitano, specie di bruto gallonato lo riceve villanamente e dà l’ordine di partenza. Palla lo prega di mandare a prendere i compagni che erano a terra, ma riceve in risposta un rifiuto ed un’insolenza. Allora, risponde Palla, ritorno con i miei compagni – e fa per buttarsi nuovamente in mare. Lo trattengono a viva forza , ed il capitano ordina  di metterlo ai ferri . Ma egli strepita, prega, minaccia, e riesce infine a commuovere i passeggeri, i quali obbligano a prendere coloro che erano rimasti a terra « ( Errico Malatesta, Galileo Palla  e i fatti di Roma in La Rivendicazione n. 20 23 maggio 1891)
Bibliografia : Errico Malatesta Autobiografia mai scritta . Ricordi ( 1853-1932) a cura di Piero Brunello e Pietro di Pe aola, edizioni Spartaco , 2003 pp. 121-122 e anche Massimo Michelucci, Galileo Palla (1856-1944) Anarchico notissimo, audacissimo, pericolosissimo  ISRA Istituto Storico Resistenza Apuana,  2014 p. 62 e p. 63

Nella capitale argentina Palla, in quanto anarchico e amico di Malatesta, fu infine accusato dalla polizia argentina  di falsificazione di moneta con lo scopo principale di  depistare le indagini dalla corruzione politica dominante .  Il tentativo di depistaggio però, davanti all’evidenza dei fatti , durò poco.
Tornati in Europa Malatesta e Palla   viaggiarono in Francia e in Spagna venendo a contatto con molti anarchici italiani rifugiati in Francia, tra cui Amilcare Cipriani,  Luigi Galleani, Saverio Merlino   e francesi come per esempio Charles Malato. Nel 1891  sempre insieme a Errico Malatesta partecipò al congresso di Capolago in Svizzera, dove si costituì l  partito socialista anarchico rivoluzionario- federazione italiana. Palla , tornato in Italia, partecipò alla  grande manifestazione  del  primo maggio  a Roma in Piazza Santa Gerusalemme ,  provocando, secondo le accuse  della questura, con le sue parole pronunciate  dal palco una vera e propria rivolta popolare. 
Nel rapporto del questore scritto immediatamente dopo i fatti  si leggono le seguenti parole parole attribuite al Palla :  «« ….. Così erano le cose quando comparve improvvisamente sul palco uno sconosciuto mostrandosi risoluto a parlare.  […]   Rivoltosi alla folla  disse. «  E’ inutile  continuare a  perdersi in ciarle. Le rivoluzioni si fecero sempre senza discutere e senza comizi: bisogna incominciare i fatti. Tutto sta a  prendere il momento e può essere domani, oggi, quando volete» Le sue parole riscuotono frenetici applausi dal gruppo anarchico e gridandosi  « Sì , sì , oggi!" «egli finisce: « io sono con voi, viva la  rivoluzione! Ed immediatamente slanciavasi dal palco in mezzo ai radunati e col suo esempio diede il segnale della rivolta «
 Bibliografia : Massimo Michelucci, Galileo Palla (1856-1944) Anarchico notissimo, audacissimo, pericolosissimo  ISRA Istituto Storico Resistenza Apuana,  2014 p. 86 . Cfr. anche Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi del marmo. Dall’Internazionale ai moti del 1894, in appendice saggi di Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La coop. Tipolitografica, 2004 p. 146, dove è riportata la testimonianza su quanto avvenne di  Aristide Ceccarelli.

 Il processo di primo grado del tribunale di Roma condannò  Palla alla pena di due anni e  8 mesi di prigione  più  1500 di multa e un periodo di tre anni di vigilanza speciale., in quanto ritenuto colpevole " di istigazione ed associazione a delinquere",ma  il processo di appello ridusse la pena a 18 mesi. 

Tornato a Massa circolarono voci  che Palla, domato dal carcere,  avrebbe votato,  nella ormai vicina campagna elettorale, i candidati della sinistra legalitaria. Indignato da queste voci calunniose Palla pubblicò un famoso  manifesto rivolto ai cittadini e compagni massesi. ( cfr. brano)

Brano da commentare: “ Un’acre ma franca e leale parola  a’ miei compagni di Massa per evitare equivoci. Or sono quasi nove anni che manco da Massa, la mia condotta non cambiò. Ciò che pensavo allora lo penso ora; nessuno, eccezione fatta della Questura e di alcuni venduti, come risulta dal processo di Roma, ha ardito criticare e calunniare le mie azioni.   Dunque è perciò che io ho il diritto e il dovere di domandarvi: potete voi pure dire "egualmente" con coscienza  e convinzione? Durante la passata e la presente elezione, la vostra coscienza fu ed è tranquilla?  La vostra dignità di uomini e in special modo di anarchici non ci perdé e ci perde; non la calpestaste e la calpestate tutt’ora? Con quale diritto e con quale ragioni, domani o posdomani, quando saranno finite le elezioni, vi presenterete al popolo a propagare i più nobili  ideali- tali sono i nostri- dal momento che le vostre azioni passate vi smentiscono? […] Che diranno i nostri compagni di Francia, Italia e di tutte le altre parti del mondo? […] Gli occhi delle altre città d’Italia sono rivolti su di voi: smentite tutti con un atto energico: non rispondete che col silenzio: sappiate imitare Carrara, consorella di Massa.  […] Compagni, cittadini ! Io sono convinto che chiunque vada al Parlamento non può fare niente per migliorare la già nostra misera condizione: perciò vi dico non votate per nessuno, così vi resterà il diritto di lamentarvi e di protestare. Galileo Palla. Nota: Ho fatto questa dichiarazione perché v’è chi crede che sono ambiguo e perché non si creda che le sofferenze m’abbiano cambiato come alcuni indirettamente  lo fanno capire” (  Gaetano Palla, Manifesto ai cittadini massesi e compagni! del 5 novembre 1892) 

Bibliografia: Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi del marmo. Dall’Internazionale ai moti del 1894, in appendice saggi di Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La coop. Tipolitografica, 2004 pp. 149 e 150

  Poco tempo dopo fu   condannato da un tribunale militare per renitenza alla leva e costretto a fare il servizio militare a Chieti, sebbene avesse ormai ventisette anni.  Con l’accusa di propaganda delle idee anarchiche tra i soldati  e incitazione alla disobbedienza verso i superiori fu presto assegnato alla famigerata Compagnia di disciplina di Portoferraio nell’isola d’Elba e subì in questo periodo due condanne   per tentativi di fuga. Fu liberato  dal carcere di Portoferraio solo nel  dicembre del 1894 e  iniziò per lui un pesantissimo periodo , dal 1894 al 1900, di domicilio coatto:  Porto Ercole , da dove fuggì con sei compagni non in vista di una impossibile , date le condizioni oggettive,  ,  libertà, ma per denunciare le inumane condizioni dei confinati,   Favignana, dove nuovamente fuggì, ma  rifugiatosi a Tunisi fu  dalla polizia locale restituito all’Italia, ,  Ustica e infine Pantelleria., dove , in vista di prossime elezioni politiche , condivise il netto rifiuto delle candidature-proteste degli anarchici confinati. , espresso principalmente da Luigi Galleani con il suo opuscolo, I morti scritto  nel 1899, proprio al confino di Pantelleria. (cfr. post LUIGI GALLEANI)  Tornato a Massa andò ad abitare nella frazione di Forno dove iniziò una intensa attività anarchica e sindacale sino al 1904 ricoprendo spesso anche la carica di segretario della Camera del Lavoro di Carrara sezione Del Forno.  Nel 1905 si ritirò dalla militanza attiva e si trasferì con la sua compagna  Caterina Michelucci  e la loro bambina, Giovanna , a Marina di Massa, dove praticò il lavoro di fornaio. Con l’avvento del fascismo, che gli  chiuse,  con vari cavilli burocratici,  il suo forno) fu costretto quasi all’indigenza. Nel 1944 morì nell’ospedale di Carrara a settantanove anni


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