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AMILCARE CIPRIANI | | |
AMILCARE CIPRIANI (1844-1918) : Giovanissimo volontario nell’esercito piemontese durante la II guerra d’indipendenza, disertò per partecipare all’impresa dei Mille. Reintegrato nell’esercito regolare disertò ancora una volta nel 1862 per raggiungere Garibaldi all’ Aspromonte . Negli anni seguenti partecipò a un tentativo insurrezionale in Grecia e a una spedizione geografica in Africa. Tornò in Italia nel 1866 per combattere assieme a Garibaldi nella III guerra d’indipendenza. Dopo l’esperienza della Comune di Parigi , a cui partecipò col grado di colonnello e della sua deportazione nelle Nuova Caledonia Cipriani (cfr. post: LA COMUNE DI PARIGI) tornò nel 1881, in Italia , ed immediatamente arrestato, fu condannato a 25 anni di prigione nel duro carcere di Portolongone, per un omicidio, compiuto 15 anni prima in Egitto per legittima difesa.
AMILCARE CIPRIANI A PORTOLONGONE
Le sue inaudite sofferenze dall'arresto a Rimini sino alla liberazione dal carcere di Portolongone furono da lui memorizzate in un diario , che poi, a puntate , fu nel 1888 pubblicato a puntate sul " Messaggero " di Roma. Da questo diario cito alcuni brani:
Brano da commentare: “ … “ E infatti il 19 settembre 1882 cadde in questo povero bagno un ”capoguardia modello” , il ferocissimo e perfido Karl Simon, uomo fatto per spingere i poveri condannati al delitto . […] Intanto per dare un saggio del suo saper fare, il capo sgherro Simon cominciò da me , ed è per me ch’era stato tolto dal fianco del povero Passanante che aveva tormentato per quattro lunghi anni. Penetrato nella mia cella coll’insolenza propria di un capo di simile gente, bruscamente e senza nessun motivo mi minacciò di mettermi al puntale. Avendogli fatto osservare che ci volevano pure dei motivi per incatenare al muro un uomo “ i motivi sono io- mi replicò grossolanamente – ci ho messo Passanante, ci metterò anche "Cipriani”. […] Tutto era colpa, uno sguardo, una parola, un sorriso, un cenno; il possesso di uno straccio, d’un po’ di filo, d’uno spilli e di qualunque altra cosa. […]La sua più grande ira era che nella cella n. 13 vi fosse un uomo che, deridendosi delle sue smargiassate, alzasse sdegnosamente le spalle disprezzandolo. Ed esso a vendicarsene col vitto, col riposo, coll’ aria, col moto; col farmi dei falsi rapporti, vessazioni, prepotenze, angherie e farmi infliggere delle punizioni ingiuste. …”
Bibliografia: Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il Rivoluzionario, Bookstones, 2019 p. 265, 268, 270 . Queste breve frasi estrapolate dal teso, per ragioni di spazio, danno un' idea solo superficiale delle angherie disumane perpetrate in carcere dal Simon e dai direttori che si succedettero alla direzione del carcere in quegli otto anni. Rinvio quindi al diario finalmente pubblicato nella sua integrità.
I quotidiani soprusi e le disumane sofferenze subite da Amilcare Cipriani nel carcere di Portolongone comunque non passarono sotto silenzio fuori dal carcere. Sempre più spesso durante le manifestazioni operaie apparvero, senza commento, targhette con il numero 2403, quello cioè che contraddistingueva Cipriani dagli altri detenuti di Portolongone, per ricordare a tutti l’ingiusta condanna per omicidio, laddove al contrario si era trattato di un istintivo atto di legittima difesa, inflitta all’ “uomo più rosso d’ Italia”. Amnistiato, dopo 8 anni, Cipriani riprese immediatamente l'attività politica. Nel 1891 partecipò al Congresso Anarchico di Capolago dove, fu fondato il Partito Socialista Anarchico Rivoluzionario e sempre in quell'anno, dopo un giro di conferenze in Sicilia , partecipò alla grande manifestazione del I maggio a Roma in Piazza Santa Croce di Gerusalemme, in seguito alla quale venne condannato a tre anni. La sua presenza in piazza fu accolta fu accolta dalla moltitudine di persone , ivi radunate, con enorme entusiasmo e grida inneggianti , tra cui le più ricorrenti furono " Viva il nostro Dio ! ", " Viva il colonnello della Comune !", "Viva il martire della Caledonia!", Viva il nobile galeotto di Portolongone! ". (cfr. brano da commentare )
Brano da commentare : « Giunto a Roma la vigilia del 1 maggio , i suoi amici lo invitarono ad assistere a un comizio indetto per il dì seguente in Piazza Santa Croce in Gerusalemme. Da principio egli riluttò, ma poi si arrese alle insistenti preghiere degli amici. La folla innumerevole raccolta in Santa Croce in Gerusalemme fece un’ovazione trionfale al Cipriani, che, vedendo la vastissima piazza cinta da una quadruplice fila di baionette, sconsigliò ogni violenza, esortando il popolo a prepararsi con calma risoluta e senza cedere alle impazienze pericolose. Se non che l’anarchico Galileo Palla accese gli animi e gli agenti provocatori - numerosissimi fra gli astanti – ne approfittarono per dar fuoco alle polveri. Scoppiò un tumulto nel quale cinque carabinieri, dei sei che circondavano la tribuna degli oratori, furono accoltellati e la truppa ebbe l’ordine di caricare. Mentre da tutte le parti della piazza la moltitudine cercava di fuggire ( e non poteva perché ogni via d’uscita era preclusa) e mentre i più audaci si battevano coi carabinieri, il Cipriani sceso dalla tribuna, si sforzava di ricondurre la calma negli animi, quando una guardia di questura , di nome Raco, gli si avventò improvvisamente contro prendendolo di mira con la rivoltella. Ma a un tratto la guardia, come se qualcuno le avesse reciso i piedi, si fermò, crollò, ruzzolò al suolo. Allora, per un attimo, apparve agli occhi del Cipriani l’immagine ignota di un giovane, alto, bruno, vigoroso, il quale gettando il pugnale con cui aveva atterrata la guardia e facendogli senza riuscire della mano un cenno, gli disse con voce ferma e calma: - At salot (ti saluto) … E sparve. Travolto da un’ondata di cavalli, trasportato più morto che vivo in una casa di via Ugo Foscolo, il Cipriani rivedeva di lì a poco le mura poco ospitali del carcere. Il processo ebbe luogo dopo 15 mesi, e il Cipriani fu condannato a 3 anni di reclusione, che finì di scontare a Perugia nel 1984. …« " Durante tutto il processo - mi ha narrato il Cipriani una persona fra tutte quelle che seguivano lo svolgersi delle discussioni, mi colpì: un giovanotto, alto, bruno, vigoroso, dal cappello alla romagnolhe, raccolto nel vano d'una finestra, teneva gli occhi fissi su di me, come in un pensiero di adorazione. Più di una volta mi chiesi chi fosse quel giovane senza riuscire a ricordare dove l'avessi veduto; ma, quando si discusse dell'assassinio della guardia Raco, un lampo mi rischiarò la memoria. Il giovane alto, bruno, vigoroso, era quello che mi aveva salvato la vita. " (Luigi Campolonghi , Amilcare Cipriani. Memorie )
Bibliografia: Luigi Campolonghi, Amilcare Cipriani. Memorie, Centro studi libertari Camillo Di Sciullo edito dalla Società Editoriale Italiana nel 1912 e ristampato dalle edizioni Samizdat di pescara nel 1996. Cfr. anche Bibliografia: Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il Rivoluzionario, Bookstones, 2019 p. 56, dove è citato , in una versione meno sintetica, l'arringa tenuta da Cipriani, durante il comizio
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AMILCARE CIPRIANI FERITO A MODOKOS |
Nel 1897 Cipriani partecipò a una spedizione garibaldina, contro i Turchi. Nominato capo di una legione poi, nota con il nome di "Compagnia della morte", di circa ottanta volontari, tra cui GIUSEPPE CIANCABILLA , mostrò nella battaglia di Domokos, la più cruenta di quella guerra, un grande coraggio, ricavandone, tra l'altro, una grave ferita alla gamba, che lo rese zoppicante per tutto il resto della sua vita. (cfr. brano)
Brano da commentare: [ Amilcare Cipriani] “Un comandante d’altri tempi , abituato a fare di tutto, avvezzo alle privazioni, alle lunghe marce, a far meno della colazione e della cena. Un capo che crede che anche gli uomini che guida siano di quella tempra, e che lo possano seguire, e si meraviglia quando vede che la razza degli spartani antichi è spenta e che la sua minuscola colonna si va sciogliendo. Si espone al fuoco nemico senza rifugiarsi nelle trincee scavate alla bisogna; fa avanti e indietro incurante del pericolo. C’è chi pensa che non sia lì per la guerra ma per cercare il suicidio, chi invece ritiene che possegga un amuleto preservatore. Senza fucile, revolver e sciabola cammina come un folle sopra le trincee come fosse stato sui grandi Boulevards , dispensa ordini e consigli, incoraggia, prende pacchi di cartucce dai greci e li passa ai suoi. Ha in mano un bastoncello e a tracolla un binocolo. Le palle turche piovono. Una di queste gli colpisce il bastone. Sorride e dice: - Come tirano questi dannati turchi! Un altro proiettile gli spezza il binocolo ed egli torna a sorridere ed esclama: - Sono proprio invulnerabile! I combattimenti continuano e di sera, dal comando supremo greco, arriva l’ordine di ritirata generale. Si ubbidisce, l’ordine è saggio e gli uomini abbandonano la postazione; […] egli li segue per ultimo , una palla gli trapassa un ginocchio e stramazzando ma pur sorridendo ancora: - Sta a vedere –mormora – che questa canaglie di turchi mi hanno colpito! “ … ( in Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il rivoluzionario…, )
Bibliografia: in Marco Sassi, Amilcare Cipriani. Il rivoluzionario, Bookstones 2019 p. 78. Cfr. anche il giudizio quanto mai positivo di Giuseppe Ciancabilla su Amilcare Cipriani in Maurizio Antonioli, La compagnia della morte. Gli anarchici garibaldini nella guerra greco-turca del 1897. Ritratto di gruppo in Maurizio Antonioli, Sentinelle perdute. Gli anarchici , la morte , la guerra, BFS, 2009 p. 28 n. 29. Per la defezione di alcuni componenti della "Compagnia della morte" prima dello suo scioglimento ufficiale in dissidio con Cipriani, cfr. oltre ai due testi citati anche Bibliografia: Eva Cecchinato Camicie rosse: i Garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra , Laterza Editori Laterza 2011, pp. 253ss.
Quella spedizione ritenuta come non
rivoluzionaria fu duramente criticata con parole assai dure da Errico
Malatesta. (cfr. brano)
Brano da commentare: " Cipriani è restato sempre un garibaldino-garibaldino nel senso meno intelligente della parola, cioé uomo senza idee chiare, pronto sempre alla battaglia, comechessia, purché sulla bandiera appaia scritta qualche parola come quelle che altre volte rappresentavano il progresso, per esempio, repubblica, patria, indipendenza nazionale. " (Errico Malatesta in L' Agitazione, 7 novembre 1897)
Bibliografia:
in
Vittorio Emiiani, Gli anarchici: vite di Cafiero, Costa, Malatesta,
Cipriani, Berneri, Borghi, Informazione storica , Bompiani, 1973 p.
139. Cfr. anche Marco Sassi, Amilcare
Cipriani. Il Rivoluzionario. Book
Stones 2019, p. 87
Un giudizio più
positivo dal punto di vista rivoluzionario di quella spedizione fu invece dato
dal giovane Ciancabilla, allora ancora socialista. (cfr. brano)
Brano da commentare: Per ogni dove è passata la
nostra legione, attraverso questo popolo rozzo, brutale, quasi feroce, , ha lasciato
dappertutto una traccia indelebile , un’ impressione quasi di leggenda, un’idea
di generosità e di sentimenti , buoni, miti, che non si distruggerà più. A
questa gente abbiamo lasciato nell’anima il dubbio, il presentimento di una
cosa nuova, di una cosa grande da conquistarsi nell’avvenire, oltre alla patria
che sii vogliono riconquistare adesso. A questa gente noi abbiamo voluto, per
quanto è stato possibile, far comprendere la nostra essenza di socialisti […] io sono sempre convinto che noi
socialisti abbiamo fatto bene a venire qui ..”
Bibliografia: Eva Cecchinato Camicie rosse: i Garibaldini dall’Unità alla Grande Guerra , Laterza Editori Laterza 2011, p. 253
Più volte eletto tra le file della sinistra, Cipriani non entrò mai a Montecitorio per il rifiuto di prestare giuramento alla monarchia. Nel 1914 firmò, con Kropotkin, Grave e altri 13 anarchici, un manifesto interventista , contro l’Austria e la Germania. Gli ultimi anni li visse , d'altronde così come quelli precedenti, in dignitosa e volontaria miseria . (cfr brani da commentare)
Brani da commentare: 1) « La sua esistenza segna ormai un corso tranquillo. E’ povero, poverissimo. Guadagna quanto basta per un pasto al giorno che consuma al solito bistrò di Montmartre. Alla sera qualche foglia di insalata, un pezzo di formaggio, un morso di pane, come fanno alla stessa ora i vecchi nella lontana Romagna contadina. Potrebbe essere ricco, agiato, ma rifiuta ostinatamente questa condizione. Una signora amica gli lascia in eredità 50000 franchi, ma al notaio sbalordito Cipriani spiega senza scomporsi : « Io sono socialista e il socialista che combatte la proprietà non deve diventare proprietario.» . Un editore inglese gli offre 150000 franchi per le sue memorie: ricusa. L’amico Rochefort, deportato con lui in Nuova Caledonia e ora fortunato editore, gli propone 200 franchi al giorno perché scriva di sé, del suo straordinario passato: rifiuta e preferisce l’indigenza, il modestissimo alloggio di Passage Clichy, 10 bis dove ogni sera qualche compagno fedele bussa col segnale convenuto per incontrarlo. [….] Di lui a Rimini mi hanno raccontato che, quando aveva un qualche centesimo in tasca, si recava al mercato parigino degli uccelli sul Qai de la Cité, e comprava una gabbietta: solo per aprirla e ridare così la libertà all' uccello prigioniero. Quella libertà che a lui era stata negata per 20 anni nei bagni penali più disumani. Non so se sia verità o affettuosa leggenda. Cipriani era senz'altro capace di questi gesti simbolici , ricchi di grazia". « ( Vittorio Emiliani, Gli anarchici …..)
Bibliografia: in Vittorio Emiliani , Gli anarchici. Vite di Cafiero, Costa, Malatesta, Cipriani, Gori, Berneri, Borghi, Informazione Storica Bompiani, 1973, pp. 141-142 e pp. 143-14. Cfr. anche l'intervento di Vittorio Emiliani ed altri alla commemorazione di Amilcare Cipriani nel centenario della sua morte ( 1918-2018) su You Tube.
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EMILIO COVELLI |
EMILIO
COVELLI ( 1846- 1915) Fu amico d’infanzia e
compagno di collegio di Carlo Cafiero
al seminario di Molfetta condivindone le critiche ai metodi
d’insegnamento . Cafiero, anni più tardi lo ricorderà così:
Brano
da commentare: « al seminario, ove fummo educati insieme, egli riportò sempre
il primo premio… Non solo non lo ricordo mai punito, ma mi
sembra che egli imponesse una specie di rispetto e di riverenza ai superiori
stessi. Parco nel parlare e nel gestire, egli possedeva la bella moderazione di
un carattere mite, dolce, uguale, costante …. La sua nera figura, angolosa
e rannuvolata, il suo sguardo sospettose e scrutatore, e , persino il mutismo
delle sue labbra, sono tutte cose che incutono soggezione» ( da un ricordo di Carlo Cafierodel giovane Covelli (1882)
Bibliografia:
Pier
Carlo Masini, ,
Dizionario biografico degli anarchici
italiani, volume primo A-G,
BFS , 2003 p. 462
Nei primi anni settanta, dopo essersi laureato in giurisprudenza all' Università di Napoli. pubblicò alcuni scritti di
storia economica ponendo l’accento
sullo sviluppo del movimemto operaio e delle dottrine
socialiste.(cfr. brano da commentare )
Brano
da commentare: « Da prima il programma
del proletariato era naturalmente utopistico; il presente è male, dunque tabula
rasa, vogliamo invece il bene; facciamo quindi l’avvenire come noi stessi
vogliamo. La realtà attuale si offriva come qualcosa di assolutamente
intollerabile; non s’indagava quello che poteva naturalmente uscirne. Non si avevano idee di leggi sociali; e le
istituzioni sociali sembravano puro risultato dell’arbitrio. Vennero le utopie
di Saint- Simon,
Fourier, Owen ecc. Ma esse non si attuarono; onde l’operaio seguì naturalmente
la via di lottare come poteva col presente per ricavarne il meno male possibile. Questa
lotta nella vita pratica dette con l’andare del tempo dei risultati che
influirono nelle concezioni de’pensatori e sull’indirizzo
generale
del socialismo, che venne quindi mutando d’aspetto.»
Bibliografia:
Pier
Carlo Masini, ,
Dizionario biografico degli anarchici
italiani, volume primo A-G,
BFS , 2003 p. 462
Sempre nell’ambito di questi studi,
in gran parte ispirati al pensiero di Dühring, che era stato suo maestro a
Berlino, Covelli introdusse , tra i primi in Italia, anche una
riflessione sul pensiero
politico-economico di Karl Marx . ( cfr. brano da commentare)
Brano
da commentare: « Ciò che il Dühring trova
più da biasimare nel Marx è l’oscurità intorno all’avvenire sociale […] Questo che pare un
difetto è per me un pregio. Marx è
vero, nel suo grosso volume sul Kapital non ha presentato ancora una di quelle
costruzioni sociali a priori, che ogni socialista è in debito di offrirci […]
Partendo dall’osservazione della società borghese, ch’è la più progredita
industrialmente, si propone di scoprire la legge di movimento della società
economica moderna […] Del resto? A che delle costruzioni ideali? Ufficio della scienza è la critica delle
false teoriche e la ricerca delle leggi naturali della società. « ( Emilio
Covelli, recensione a Storia critica
dell’economia politica e del socialismo di Eugen Dühring sulla
Rivista Partenopea (1871-1872)
Bibliografia: Pier Carlo Masini,
Cafiero
Biblioteca Franco Serrantini
(BFS), 2014, p. 134
Avendo partecipato ai tentativi rivoluzionari del 1874, al fallimento di questi, si rifugiò a Locarno
dove entrò in contatto con l’amico Cafiero ed altri internazionalisti. Tornato
in Italia si iscrisse nel 1875 alla sezione internazionalista napoletana. Pur non partecipandovi direttamente,
contribuì alla preparazione del moto insurrezionale nel Matese. Fondò e diresse il giornale L’ Anarchia e partecipò a vari convegni clandestini, subendo numerosi arresti.. Per evitare una condanna a 10 mesi di prigione nel 1880 si
rifugiò in Francia e Inghilterra.
Dissentì con forza nel suo nuovo giornale , I
malfattori dalla
svolta legalitaria di Andrea Costa opponendo ad essa una azione tendenzialmente individualista ed antiorganizzatrice, motivata, tra l'altro, da una sua originale concezione della rivoluzione e delle classi che la potrebbero attuare . ( cfr. brani da commentare)
Brani
da commentare : 1) « Io credo che la rivoluzione non è
l’organizzazione, in modo più o meno pacifico e legale, di un esercito che,
all’ordine di uno o più capi deve poi marciare all’assalto. In nessun paese la classe operaia è organizzata
come in Inghilterra e non è meno preparata alla rivoluzione. La rivoluzione , parmi, è
l’azione continua di eccitamento e di pepretrazione di
ogni specie di reati contro l’ordine pubblico « ( Emilio Covelli Ai redattori della Lotta, Londra
novembre 1880) ; 2) « La questione sociale è questione economica,
politica e morale. E a questo triplice aspetto corrispondono i tre elementi
della massa, che nella lotta sociale presente, è per l’ avvenire contro il
passato. , gli
spostati. La classe operaia lavora per
la rivoluzione economica, la piccola borghesia per la rivoluzione politica, gli spostati
lavorano, con o senza coscienza, per la rivoluzione morale […] . Gli spostati non sono operai né
borghesi. Sono individui che, non potendo adattarsi all’ordine stabilito, s’
infrangono per ragioni individuali, contro i suoi limiti o, se hanno coscienza
della loro ragione di essere, sono riformatori sociali, rivoluzionari ,
anarchici .» ( Emilio Covelli, primo numero della rivista anarchica « I malfattori» 21 maggio 1881) ; 3) « Gli
spostati […] il precipitato putrido delle
altre classi sociali., i malfattori per ragioni individuali o sociali
combattono e non possono non combattere per la rivoluzione morale, ch’è la
parola ultima della rivoluzione sociale, è la libertà umana di svolgersi
secondo la necessità della propria
natura, nonostante tutti i limiti, tutti i vincoli, tutti i pregiudizi che ci
fanno infelici». ( Emilio Covelli, I
malfattori 28 maggio 1881)
Bibliografia: Pier Carlo Masini,
Cafiero
Biblioteca Franco Serrantini
(BFS), 2014, p.170 e p. 171
Dalla metà degli anni ottanta iniziò a
manifestarsi
in lui una malattia mentale, (
diagnosticata secondo la medicina del tempo
come «monomania acuta 2) che lo condusse alla reclusione, per periodi
sempre più lunghi e frequenti in manicomi:
Como (1885), Anversa (
1892-1894), Nocera Inferiore ( 1904-1908) , Como ( 1909-1913) e infine
Nocera Inferiore ( 1915 ), dove morì .
FRANCESCO
SAVERIO MERLINO (1856-1931). Nacque a Napoli da una famiglia di giuristi, fu
compagno di scuola di Errico Malatesta nel liceo napoletano degli Scolopi.
Divenuto avvocato aderì alle idee socialiste e anarchiche professate dalla I
Internazionale. Difese Malatesta ed altri compagni nel processo alla cosiddetta Banda del Matese (cfr. post “Internazionalisti nel Matese). Si impegnò profondamente , per
molti anni, nel movimento e fu più volte
arrestato e imprigionato. Notevoli in questo periodo furono anche i suoi
scritti teorici, tra cui i principali furono quelli contro alcuni aspetti del marxismo ( in
particolare la dittatura del proletariato e l’economicismo deterministico) e
contro la teoria del “delinquente nato” di Cesare Lombroso. Nel 1899, dopo una sofferta polemica con Malatesta
sull’anarchismo lasciò il movimento anarchico e aderì al Partito Socialista.
Continuò, comunque, a difendere
calorosamente gli anarchici come
avvocato (per es. nel processo contro Gaetano Bresci e in tutti i processi di Errico Malatesta. Quando il fascismo
iniziò la sua scalata verso il potere, Merlino si riavvicinò all’anarchismo.
Morì nel 1931.
Brano
da commentare: “… L’anarchia ci offre un
tipo d’uomo ben diverso dall’attuale. L’anarchico è un individuo che rifugge
dal comandare ad altri, vuoi col potere del braccio, vuoi con quello della
mente; che stima l’indipendenza parte integrante della sua esistenza e
l’indipendenza di tutti i suoi simili parte integrante dell’indipendenza sua
propria; che non ripone la sua felicità e la
sua Gloria
nel possedere o parere più del suo vicino, sibbene nell’unirsi a lui per lottare insieme
contro la natura e contro gli uomini oppressori. Egli è perciò scevro di puntigli e di pregiudizi e delle velleità di
un falso amore proprio personale, e incapace egualmente di abdicare
all’indipendenza propria e di attentare all’altrui. Tale è il nuovo tipo
d’uomo, che ci dà l’anarchia; un lavoratore libero ed indipendente, socio
attivo d’una società d’eguali, compartecipante co’ suoi compagni all’uso dei beni della
natura, uomo intero, per così dire, non uno strumento vocale, non una frazione
umana , padrone di sé, non possessore di schiavi, non capo di armento,
lavoratore per sé e per altrui, ma non sfruttato, non dispreggiato
mercenario: L’ anarchia perciò segna un grande progresso sulla “Dichiarazione
de? Diritti dell’uomo” e sulla morale cristiana. Il principio suo fondamentale
è il completamento dell’uomo mediante l’elevamento dell’operaio..” ( Francesco Merlino, Dell’anarchia o donde veniamo e dove
andiamo! Nel supplemento alla Fiaccola
rossa
n. 12 (1887)
Bibliografia
: in I Leaders
del movimento anarchico
a cura di Pier Carlo Masini, Minerva Italica 1980 pp.
101-102
FRANCESCO PEZZI (1849-1917) Nato a Ravenna fu uno dei primi aderenti
alla sezione italiana romagnola
dell’AIL. Partecipò, con Bakunin, Costa ed altri, alla preparazione dei moti
del 1874 in Emilia. Dopo il fallimento del moto fuggì assieme alla compagna
Maria Luisa Minguzzi a Lugano. Tornato in Italia, stabilitosi a Napoli insieme allaMinguzzi,
partecipò alla preparazione della spedizione nel matese con altri compagni, tra
cui, CARLO CAFIERO, ERRICO MALATESTA e PIETRO CESARE CECCARELLI. Ma non poté fare parte della banda del Matese perché rimasto ferito prima
della partenza, in una rissa le cui motivazioni sono ancora poco chiare. Nell’ottobre
del 1878 , durante una riunione clandestina, fu arrestato insieme alla moglie e
ad altri compagni, tra cui FRANCESCO NATTA (1844-1929) e ANNA KULISCIOFF per il
reato di cospirazione. Dopo un anno di detenzione preventiva si fece
contro di loro, accusati di avere costituito un’“associazione
di malfattori”, un grande processo, ( noto come il “processone”, concluso con
la loro piena assoluzione, contribuì notevolmente alla diffusione delle idee
“internazionaliste” .Nel 1882 con un altro compagno tentò di riaprire il caso dei
compagni CESARE BATACCHI, AGESILAO NATTA, AURELIO VANNINI condannati per le
bombe di via Nazionale, pubblicando le ritrattazioni dei falsi testi al
processo nel volumetto Un errore
giudiziario, ovvero un po’ di luce nel processo della bomba di via Nazionale. (cfr. brano da commentare)
Brano da commentare: “…Ponendoci oggi a scrivere queste pagine che
richiamano alla nostra memoria il triste ricordo di codarde macchinazioni
poliziesche, sentiamo che a stento possiamo frenare lo sdegno che ci muovono
iniquità commesse dalla polizia, ma il pensiero doloroso che sette infelici
gemono ingiustamente nelle case di forza; la speranza che la giustizia non
tarderà a ridonarli all’affetto delle loro famiglie, ci consiglia ad esporre i
fatti con calma ed imparzialità, ed attendere, sereni e tranquilli, i responsi
della magistratura e il verdetto inesorabile della pubblica opinione. Il primo
atto di selvaggia iniquità compiuto dalla polizia fu quello di denunziare per l’ammonizione la maggioranza
dei socialisti fiorentini, e principalmente
quelli che dovevano comparire alle assise come testimoni della difesa. Il
marchio infame dell’ammonizione ingiustamente impresso sulla fronte onorata di
quei socialisti citati dalla difesa, diede occasione al pubblico ministero per
ritenere inattendibili le loro deposizioni, mentre egli non fece altrettanto
per le mendaci deposizioni di quei testimoni d’accusa condannati moltissime
volte per furto e per frode! ...” ( Francesco Pezzi , Un errore giudiziario, ovvero un po’ di
luce sul processo della bomba di Via Nazionale, Firenze giugno 1882)
Bibliografia : in Eugenio Ciacchi – Giuseppe Galzerano, Il
processo Batacchi. Un innocente condannato all’ergastolo. , Galzerano editore, Atti e Memorie del popolo,
2021, p. 116. Per ulteriori notizie sulla controinchiesta di Pezzi, cfr.
anche pp. 274-280-284-288- 290.
La svolta di
Andrea Costa e la nascita del Partito Socialista rivoluzionario addolorò Pezzi che cercò in tutti i modi di impedire
la scissione ( cfr. brano)
Brano da commentare: “ A parere nostro, voi romagnoli, faceste
male ad abbandonare il nome di Internazionale dato alla nostra associazione per
sostituirvi quello di Partito socialista rivoluzionario italiano… Per la natura
stessa dei principi del socialismo rivoluzionario, per la stessa
organizzazione, per il patto di solidarietà che ci lega a tutti i lavoratori
del mondo: la nostra associazione è e non può non essere che l’Internazionale.
L’Internazionale è proibita oggi in Italia. L’Internazionale è calunniata,
maledetta, perseguitata. Essa è considerata quale associazione di malfattoti, i
suoi membri condannati come tali, imprigionati, ammoniti, mandati a domicilio
coatto. L’Internazionale è dipinta con i più neri colori e l’ internazionalista
è considerato come una canaglia qualunque: e appunto per questi motivi, oggi,
più che mai, noi non possiamo e non dobbiamo essere che internazionalisti.” ( Francesco.
Pezzi , lettera a Andrea Costa e ad Anna Kuliscioff)
Bibliografia: Pier Carlo Masini,
Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Biblioteca
Universale Rizzoli ,1974, pp. 206-207
Nel 1985 per sfuggire alle continue persecuzioni da
parte della polizia , approfittando di un momento di libertà provvisoria, fuggì insieme a Luisa Minguzzi,
Enrico Malatesta, Galileo Palla e
Francesco Natta in Argentina ( cfr. i post ERRICO MALATESTA 1 e 3). Tornato in
Italia, grazie ad un’ amnistia, nel 1894 lui e Luisa furono coinvolti nella repressione seguita
all’attentato di PAOLO LEGA contro Francesco Crispi ( cfr. NEL FOSCO FIN DEL
SECOLO MORENTE 2) e accusati di complicità nell’attentato. Processati furono
assolti dal reato a loro contestato ma condannati ad un confino separato: Pezzi nell’isola di
Favignana e la Minguzzi a Orbetello. Pezzi
riuscì a fuggire con una barca insieme ad altri confinati , tra cui l’amico Galileo Palla e a sbarcare a Tunisi.
Le autorità locali francesi li
riconsegnarono alla polizia italiana. Dopo avere scontato finalmente la pena,
aggravata dopo l’evasione, tornò a Firenze e si riunì a Luisa Minguzzi,la cui
salute si era molto deteriorata, specie per quanto riguardava la vista.
Nell’aprile del 1900 Francesco Pezzi per legittima difesa uccise, con un colpo di pistola Lisandro Marchini che ormai reso quasi completamente pazzo per la
quotidiana persecuzione poliziesca subita da lui e dalla sua famiglia., l’aveva
aggredito con un trinchetto di calzolaio.
Alcuni anni dopo la morte , nel
1911, di Luisa Minguzzi, Francesco Pezzi, dopo un nuovo matrimonio con
la giovane Annunziatina Trambi, si uccise con un colpo di pistola nel 1917.
FRANCESCO
NATTA ( 1844-1914) Operaio meccanico, dapprima mazziniano, aderì alla Prima
Internazionale, dopo la Comune di Parigi. Nel 1872 partecipa alla fondazione
del Fascio Operaio e della sezione fiorentina dell’Associazione
Internazionale dei Lavoratori (AIL) In diretto contatto con Bakunin. Nel 1875, dopo il tentatitivo insurrezionale di Bologna del !874 fu, con altri numerosi compagni, accusato di cospirazione e durante il processo, pronunciò una celebre autodifesa. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ La
Internazionale come Associazione dei lavoratori in Italia rappresenta la voce
straziante di migliaia di operai onesti, che mancanti di lavoro, o mal
retribuiti, sorgono a protestare contro chi ne è la causa [….] Voi vi rammentate,
o Signori Giurati, la situazione d’Italia nel luglio e agosto 1874, vi
ricorderete le sommosse di piazza per il caro dei viveri e per la mancanza
generale dei lavori …. Ebbene, o signori, dietro questi strazianti fatti furono
fatti degli arresti, condannati come incitatori a commettere il saccheggio
diversi individui, più fu incolpata la Internazionale come causa principale di
detti disordini e vollero trovarvi in questo anche la cospirazione […] Se
credete che questi infelici, ma onesti operai, che chiedono pane e lavoro,
siano degni di casa di forza, allora non mi rimane altro che subire con
calma la mia sorte, convinto che non ho nulla a rimproverarmi ..” (autodifesa
di Francesco Natta al processo per cospirazione ed internazionalismo
del 1875 )
Bibliografia:
in Pier Carlo Masini, I leaders
del movimento anarchico,Minerva Italica , 1980 p. 94 . cfr. anche Giancarlo Torra, Della mia onestà
vado superbo. Francesco Natta. Storia di un anarchico salvatorese, Viandanti delle Nebbie in https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2020/12/della-mia-onesta-vado-superbo.pdf dove tra l'altro da p. 31 a p. 37 vi è la sua integrale e appassionata autodifesa, che pubblicata come opuscolo fu, per lungo tempo, uno dei testi classici della propaganda anarchica.
Libero, riprese una intensa attività politica e organizativa
( tra cui la promozione di vari congressi, anche nei tempi
difficili seguiti al fallimento dei moti nel Matese ( cfr. post su CARLO CAFIERO) .
A PARTIRE DALLA SECONDA FILA DA SINISTRA: ORESTE FALLERI, LUISA MINGUZZI, FRANCESCO PEZZI, GIOVACCHINO NICCHERI, PAOLO RANIERI MARTINI, FRANCESCO NATTA, ANNA KULISCIOFF, AURELIO VANINI
Nel 1878 fu
arrestato insieme ai principali responsabili della Federazione
Toscana, tra cui Francesco e Luisa Pezzi, Oreste Falleri,Giovacchino
Niccheri, la giovane Anna Kuliscioff (cfr. post: INTERNAZIONALISTE E ANARCO-FEMMINISTE ITALIANE : MARIA LUISA MINGUZZI ... ) e dopo circa un anno di carcere preventivo processato. Il processo ,
denominato da subito come il “processone”, ebbe grandissima risonanza giornalistica e l’aula
era sempre affollatissima. (cfr. brano)
Brano da commentare: . Il
cronista de “La Gazzetta piemontese”, riportando l’inizio della requisitoria del
P.M., così lo descrive: “Incomincia dal Natta. Nota che il Natta non va
semplicemente guardato come un segretario, un socio qualunque
dell’Internazionale. Egli era uno dei capi più influenti dell’Associazione ed era per certo l’anima della Federazione fiorentina. Egli formulava i quesiti da discutersi faceva circolari, dava le direzioni opportune, insomma era uno dei capi più autorevoli dell’Associazione” (resoconto dell’udienza del 24 dicembre (?!) E così anche il cronista de “Il Monferrato” annota: “Francesco Natta, come al solito, comparisce come capo ....”.
Bibliografia: Giancarlo Torra, Della mia onestà
vado superbo. Francesco Natta. Storia di un anarchico salvatorese, Viandanti delle Nebbie in https://viandantidellenebbie.files.wordpress.com/2020/12/della-mia-onesta-vado-superbo.pdf
Negli anni ottanta Francesco Natta insieme a Francesco Pezzi a cui era legato da una profonda amicizia, assistettero sgomenti all’ allontanamento
di Andrea Costa dall’anarchismo, (vedi sopra) Nel 1884 Fu condannato in contumacia e decise
di lasciare l’Italia , con i figli Ezio e Temistocle, Francesco Pezzi e Maria Luisa Minguzzi, Galileo Palla ed Errico
Malatesta, (cfr. post ERRICO MALATESTA 2) per
trasferirsi in Argentina e restarvi anche quando i suoi compagni tornarono in Italia. Aprì un' officina meccanica a Buenos Aires. Con i ricavati di questa
attività, abbastanza redditizia, organizzò e finanziò, nei suoi ultimi anni di
vita, molteplici iniziative:organizzazione di conferenze, pubblicazione
di opuscoli, fondazione,
con altri compagni, di giornali come per esempio La Questione sociale,
primo periodico in lingua italiana in Sud America, che conteneva al suo interno una rubrica dedicata
alla “Propaganda anarquista entre las mujeres”, ecc. Senza mai rinnegare le proprie idee, morì nel
1914.
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ORESTE FALLERI, PAOLO RANIERI MARTINI, GIOVACCHINO NICCHERI, AURELIO VANNINI |
ORESTE FALLERI (1849-1903): Nato a Pisa, operaio litografo,
soprannominato “Diobello”. Volontario garibaldino, partecipò, tra l’altro, alla
battaglia di Mentana. Fu uno dei fondatori, dopo la Comune di Parigi, della
sezione pisana dell’AIL, che diventò una delle più importanti della Toscana. In quanto internazionalista, fu arrestato in
seguito al tentativo insurrezionale fallito dell’ estate 1874. Nel
1877, dopo uno scontro, più violento del solito, tra repubblicani che volevano entrare in guerra
con l’Austria per il problema delle “terre irredente” e gli internazionalisti, contrari a una guerra nazionalista, Oreste Falleri e
Paolo Ranieri Martini furono arrestati e condannati ad alcuni mesi di prigione
e a un anno di libertà condizionata. Nel
1878 fu arrestato con Natta e gli altri con
l’accusa di cospirazione e , dopo circa un anno di carcere preventivo, furono
tutti assolti nel “processone” del 1879. Fu decisamente contrario, alla
“svolta” parlamentarista di Andrea Costa. Perseguitato dalla polizia, si
trasferì in Egitto dove trovò Errico Malatesta e dove vi restò sino
all’espulsione degli anarchici dal territorio egiziano.. Tornato a Pisa divenne
un punto di riferimento importante per i giovani rivoluzionari toscani, tra cui Pietro Gori e alla sua morte,
nel 1903, migliaia di compagni e
compagne e anche di rappresentanti di
varie associazioni e partiti di sinistra seguirono il corteo funebre. - GIOACCHINO NICCHERI (1848- ?) Nato a Firenze.
Volontario garibaldino. Nel 1872
partecipò alla fondazione della sezione fiorentina dell’ AIL. Fu arrestato
e processato per il tentativo rivoluzionario
a Bologna del 1874. (vedi sopra)
Appoggiò dall’esterno i moti nel Matese (1877). Assunse il ruolo di gerente responsabile
della rivista Anarchia fondata d a Enrico Covelli. Nel 1878 fu uno degli
imputati del cosiddetto “processone”, di
Firenze del 1879. (vedi sopra) . Per
sfuggire alle incessanti persecuzioni poliziesche fuggì all’estero. Tornato in Italia grazie ad un’amnistia fondò
a Firenze il circolo “ Gustavo Florenz”
. In seguito alle leggi repressive
emanate dal governo nel 1894 fu condannato per tre anni al domicilio coatto. La data della sua morte è sconosciuta - PAOLO RANIERI MARTINI (1852-1915). Nato a Pisa , pittore e maestro
di scherma. Ex
repubblicano passato all” Internazionale “fu arrestato, insieme a Oreste
Falleri, dopo uno rissa contro membri dell’Associazione Reduci delle Patrie
Battaglie, di cui lui stesso, una volta aveva fatto parte, e furono entrambi condannati
a 4 mesi di carcere e un anno di libertà condizionata. In quell’occasione furono molti gli internazionalisti, che , pur
estranei allo scontro, chiesero, pubblicamente, di condividere la medesima pena
dei due condannati. Nel 1878 fu
arrestato e processato a Firenze insieme
a Natta, Falleri, Kuliscioff ed
altri nel cosiddetto “processone” (vedi sopra)
. Negli anni ottanta aderì al “
Partito Socialista Rivoluzionario “ di Andrea Costa. - AURELIO VANNINI ( 1839- ?) fu volontario
garibaldino. Partecipò al tentativo
insurrezionale di Bologna nel 1874 e al processo, pur se assolto per i reati
più gravi contestategli dall’accusa, venne
condannato ad alcuni mesi di carcere ,
per detenzione abusiva di armi. Durante
il cosiddetto “processone di Firenze”
nel novembre del 1879, Vannini, che era
già in carcere col numero di galeotto 124 per l’accusa più grave di
essere uno degli autori della bomba di Via Nazionale, fu assolto come tutti gli altri imputati
coinvolti , ma nel giugno 1879, in
conclusione del “processo Batacchi” per
l’attentato di Via Nazionale, fu condannato a 19 anni di carcere, pur essendo innocente, così come lo erano anche
CESARE BATACCHI, GIUSEPPE SCARLATTI e AGENORE NATTA condannati a 20 anni. Non si conosce
data e luogo della sua morte.
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GALILEO PALLA |
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GALILEO PALLA (1865-1944) Nato ad Aulla in provincia di Massa Carrara
trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Massa. .
Nel 1882 , durante una rivoluzione
araba contro l’amministrazione
inglese, Palla si stabilì ad Alessandria d Egitto In quel periodo era
in Egitto anche Errico Malatesta. Sebbene , per quel che se ne sa, non si conobbero in quell'occasione, ma probabilmente il motivo della loro presenza ad Alessandria d'Egitto era probabilmente il medesimo. (cfr. post ERRICO MALATESTA 1)
Rientrato a Massa tra il 1883 e il 1884 Palla
partecipò alle attività del
gruppo anarchico locale sino a
quando , venuto a conoscenza della
diffusione del colera nella città di Napoli vi si recò per assistere i malati.,
unendosi, come ricorda Errico Malatesta, al gruppo anarchico fiorentino. (brano da commentare)
Brano
da commentare: « Conobbi il Palla a
Firenze nel 1884. A Napoli infieriva il colera, ed eravamo molti fra i
socialisti che anelavano di correre in soccorso ai colerosi. Mentre cercavamo di raccogliere il denaro per il viaggio,
arrivò il Palla, il quale andava anche lui a Napoli, e siccome aveva più denaro
di quello che gli
occorreva per il
biglietto della ferrovia, si fermò a Firenze per vedere se vi era qualche
volenteroso che non poteva partire per mancanza di denaro ed aiutarlo. Mi giunse in casa gridando e gesticolando. Come – mi disse - tu non vai a Napoli he t’importa – fu la sua risposta
: i colerosi non hanno bisogno di sapere il nome di chi sta al loro capezzale.
E’ giusto - gli dissi – siamo qui in
parecchi, ma non abbiamo ancora potuto mettere insieme il denaro per il
viaggio. Allora Palla vuotò le sue tasche sul tavolo, e così tra il denaro
suo e quello che potemmo trovare a
Firenze, potevamo partire, lui, la Gigia Pezzi
[ Luigia Minguzzi Pezzi]
, Arturo Feroci, Vinci, Del Vecchio, io
ed altri compagni . […] La condotta di Palla fu splendida. Coraggioso,
infaticabile, notte e giorno era sempre
all’opera ….. «( Errico Malatesta e i fatti di Roma in La Rivendicazione n. 20
23 maggio 1891)
Bibliografia
: Errico Malatesta Autobiografia mai scritta . Ricordi ( 1853-1932)
a cura di Piero Brunello e Pietro di Pe aola,
edizioni Spartaco , 2003 pp. 116-117 e anche Massimo
Michelucci, Galileo Palla (1856-1944) Anarchico notissimo, audacissimo,
pericolosissimo ISRA Istituto Storico
Resistenza Apuana, 2014 p. 55 e p. 57
Il suo contributo alla lotta contro l’epidemia fu notevole come si deduce anche
dall’attestato ricevuto dalla Croce Bianca , in cui lo si definiva « volontarissimo e «zelantissimo». Tra il 1885 e il
1886, al culmine di una dura repressione poliziesca, si recò con Malatesta, Francesco Pezzi, Gigia Minguzzi, Francesco Natta in Sud America,
dove tra l’altro, insieme a Errico Malatesta , tentò una spedizione in Patagonia
per cercare oro. La spedizione fu, come ricorda Malatesta, del tutto fallimentare ( cfr. post ERRICO MALATESTA 1853-1913) Assai
avventuroso fu inoltre il viaggio di ritorno da Capo delle Vergini
a Buenos Aires . (brano da commentare) .
Brano
da commentare. « Dopo lunghi mesi di
sofferenze che non è il caso di narrare, arriva infine improvvisamente quel
battello , che per noi significava liberazione e ritorno alo mondo civile-
[…] Palla e gli altri compagni, che si trovavano
a parecchia distanza dal mare, appena scorsero il battello si misero a
correre verso il mare; ma il battello non fece
che buttare a terra la posta e, prima che essi raggiungessero la costa,
già si allontanava a velocità crescente […]
Ma Palla affretta la corsa e giunge alla spiaggia. Il mare, in quel
punto, oltre ad essere glaciale, è percorso da correnti violente che
impediscono l’accostarsi delle barche ed è popolato dai pesci cani. Palla
sapeva tutto questo, ma non esita un istante. Si spoglia rapidamente, si butta
in mare e nuota verso il largo, mentre i compagni giunti alla costa dietro di
lui, gridano ed agitano la sua camicia per attirare l’attenzione di quei di
bordo. Finalmente il vapore rallenta la corsa si ferma , stacca
una barca che va a raccogliere il Palla e lo
trasporta a bordo mezzo intirizzito. Il capitano, specie di bruto gallonato lo
riceve villanamente e dà l’ordine di partenza. Palla lo prega di mandare a
prendere i compagni che erano a terra, ma riceve in risposta un rifiuto ed
un’insolenza. Allora, risponde Palla, ritorno con i miei compagni – e fa per
buttarsi nuovamente in mare. Lo trattengono a viva forza , ed il capitano
ordina di metterlo ai ferri . Ma egli
strepita, prega, minaccia, e riesce infine a commuovere i passeggeri, i quali
obbligano a prendere coloro che erano rimasti a terra « ( Errico Malatesta,
Galileo Palla e i
fatti di Roma in La Rivendicazione n. 20 23 maggio 1891)
Bibliografia
: Errico Malatesta Autobiografia mai scritta . Ricordi ( 1853-1932)
a cura di Piero Brunello e Pietro di Pe aola,
edizioni Spartaco , 2003
pp. 121-122 e anche Massimo
Michelucci, Galileo Palla (1856-1944) Anarchico notissimo, audacissimo,
pericolosissimo ISRA Istituto Storico
Resistenza Apuana, 2014 p. 62 e p. 63 .
Nella capitale argentina Palla, in quanto anarchico e amico di
Malatesta, fu infine accusato dalla polizia argentina di falsificazione di moneta con lo scopo
principale di depistare le indagini
dalla corruzione politica dominante . Il
tentativo di depistaggio però, davanti all’evidenza dei fatti , durò poco.
Tornati in
Europa Malatesta e Palla viaggiarono in
Francia e in Spagna venendo a contatto con molti anarchici italiani rifugiati
in Francia, tra cui Amilcare Cipriani,
Luigi Galleani, Saverio Merlino e francesi come per esempio Charles Malato.
Nel 1891 sempre insieme a Errico
Malatesta partecipò al congresso di Capolago in Svizzera, dove si costituì l partito socialista anarchico rivoluzionario-
federazione italiana. Palla , tornato in Italia, partecipò alla grande manifestazione del
primo maggio a Roma in Piazza
Santa Gerusalemme , provocando, secondo
le accuse della questura, con le sue
parole pronunciate dal palco una vera e
propria rivolta popolare.
Nel rapporto del questore scritto
immediatamente dopo i fatti si leggono le seguenti parole parole attribuite al Palla : «« ….. Così erano le cose quando comparve
improvvisamente sul palco uno sconosciuto mostrandosi risoluto a parlare. […]
Rivoltosi alla folla disse.
« E’ inutile continuare a
perdersi in ciarle. Le rivoluzioni si fecero sempre senza discutere e
senza comizi: bisogna incominciare i fatti. Tutto sta a prendere il momento e può essere domani,
oggi, quando volete» Le sue parole riscuotono frenetici applausi dal gruppo anarchico e
gridandosi « Sì , sì , oggi!" «egli
finisce: « io sono con voi, viva la
rivoluzione! Ed immediatamente slanciavasi dal palco in mezzo ai radunati e col suo
esempio diede il segnale della rivolta «
Bibliografia : Massimo Michelucci, Galileo Palla (1856-1944)
Anarchico notissimo, audacissimo, pericolosissimo ISRA Istituto Storico Resistenza Apuana, 2014 p. 86 . Cfr. anche Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi
del marmo. Dall’Internazionale ai moti del 1894, in appendice saggi di
Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La coop.
Tipolitografica, 2004 p. 146, dove è riportata la testimonianza su quanto avvenne di Aristide Ceccarelli.
Il
processo di primo grado del tribunale di Roma condannò Palla
alla pena di due anni e 8 mesi di
prigione più 1500 di multa e un periodo di tre anni di
vigilanza speciale., in quanto ritenuto colpevole " di istigazione ed associazione a delinquere",ma il processo di
appello ridusse la pena a 18 mesi.
Tornato a Massa
circolarono voci che Palla, domato dal carcere, avrebbe votato, nella ormai vicina campagna elettorale, i candidati
della sinistra legalitaria. Indignato da queste voci calunniose Palla pubblicò un
famoso manifesto rivolto ai cittadini e
compagni massesi. ( cfr. brano)
Brano da
commentare: “ Un’acre ma franca e leale parola
a’ miei compagni di Massa per evitare equivoci. Or sono quasi nove anni
che manco da Massa, la mia condotta non cambiò. Ciò che pensavo allora lo penso
ora; nessuno, eccezione fatta della Questura e di alcuni venduti, come risulta
dal processo di Roma, ha ardito criticare e calunniare le mie azioni. Dunque è perciò che io ho il diritto e il dovere di domandarvi: potete voi pure dire "egualmente" con coscienza e convinzione? Durante la passata e la presente elezione, la
vostra coscienza fu ed è tranquilla? La
vostra dignità di uomini e in special modo di anarchici non ci perdé e ci
perde; non la calpestaste e la calpestate tutt’ora? Con quale diritto e con
quale ragioni, domani o posdomani, quando saranno finite le elezioni, vi
presenterete al popolo a propagare i più nobili
ideali- tali sono i nostri- dal momento che le vostre azioni passate vi
smentiscono? […] Che diranno i nostri compagni di Francia, Italia e di tutte le
altre parti del mondo? […] Gli occhi delle altre città d’Italia sono rivolti su
di voi: smentite tutti con un atto energico: non rispondete che col silenzio: sappiate
imitare Carrara, consorella di Massa. […]
Compagni, cittadini ! Io sono convinto che chiunque vada al Parlamento non può
fare niente per migliorare la già nostra misera condizione: perciò vi dico non
votate per nessuno, così vi resterà il diritto di lamentarvi e di protestare.
Galileo Palla. Nota: Ho fatto questa dichiarazione perché v’è chi crede che
sono ambiguo e perché non si creda che le sofferenze m’abbiano cambiato come
alcuni indirettamente lo fanno capire” ( Gaetano Palla, Manifesto ai cittadini massesi e compagni! del 5 novembre 1892)
Bibliografia: Ugo Fedeli, Anarchismo a Carrara e nei paesi
del marmo. Dall’Internazionale ai moti del 1894, in appendice saggi di
Armando Sestani, Franco Bertolucci, Alfonso Nicolazzi, La coop.
Tipolitografica, 2004 pp. 149 e 150
Poco tempo dopo fu condannato da un tribunale militare per renitenza
alla leva e costretto a fare il servizio militare a Chieti, sebbene avesse ormai ventisette anni. Con l’accusa di propaganda delle idee
anarchiche tra i soldati e incitazione
alla disobbedienza verso i superiori fu presto assegnato alla famigerata Compagnia
di disciplina di Portoferraio nell’isola d’Elba e subì in questo periodo due condanne per tentativi di fuga. Fu liberato dal carcere
di Portoferraio solo nel dicembre del 1894 e iniziò per lui un pesantissimo periodo , dal
1894 al 1900, di domicilio coatto: Porto
Ercole , da dove fuggì con sei compagni non
in vista di una impossibile , date
le condizioni oggettive, , libertà,
ma per denunciare le inumane condizioni dei confinati,
Favignana, dove nuovamente fuggì, ma
rifugiatosi a Tunisi fu dalla
polizia locale restituito all’Italia, ,
Ustica e infine Pantelleria., dove , in vista di prossime elezioni
politiche , condivise il netto rifiuto delle
candidature-proteste degli anarchici confinati. ,
espresso principalmente da Luigi Galleani con il suo opuscolo, I
morti scritto nel 1899, proprio al confino di Pantelleria. (cfr. post LUIGI GALLEANI) Tornato a Massa andò ad abitare
nella frazione di Forno dove iniziò una intensa attività anarchica e sindacale sino al 1904 ricoprendo spesso
anche la carica di segretario della Camera del Lavoro di Carrara sezione Del
Forno. Nel 1905 si ritirò dalla
militanza attiva e si trasferì con la sua compagna Caterina Michelucci e la loro bambina, Giovanna , a Marina di
Massa, dove praticò il lavoro di fornaio. Con l’avvento del fascismo, che gli chiuse, con vari cavilli burocratici, il suo forno) fu costretto quasi
all’indigenza. Nel 1944 morì nell’ospedale di Carrara a settantanove anni
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