lunedì 25 aprile 2011

ANARCHICINI: PIERRE JOSEPH PROUDHON (1809-1865) , JOSEPH DEJACQUES ( 1821-1864) , CAMILLO BERNERI (1897-1937)

                                                                          


                                       
PIERRE JOSEPH PROUDHON (1809-1865): era figlio di un modesto artigiano. Ancora giovanissimo si guadagnò da vivere come correttore di bozze e poi come tipografo .   Il suo libro “Che cos’è la proprietà? (prima memoria)(1840), nel quale affermava  che la proprietà era un furto  ottenne una  buona accoglienza da parte dell’accademia di Besancon per la quale era stata scritta. Sul medesimo argomento a questa prima memoria se ne aggiunsero una seconda (1841)  e  una terza (1842)  ,  per la quale subì una condanna per attacco alla proprietà. (cfr. brano)
Brano da commentare: “  Io iniziai in seguito l’economia politica. Io avevo preso per regola dei miei giudizi, che ogni principio che, spinto alle sue ultime conseguenze, avrebbe portato ad una contraddizione, doveva essere ritenuto falso e negato; e che, se questo principio aveva dato luogo ad una istituzione, l’istituzione stessa doveva essere considerata falsa, come un’utopia. Munito di questo criterio, io scelsi per soggetto di esperienza quello che avevo trovato nella società di più antico, di più rispettabile, di più universale, di meno controverso , la proprietà. Si sa ciò che mi accadde. Dopo una lunga, minuziosa e imparziale analisi, io arrivai come uno studioso d’algebra condotto dalle sue equazioni, a questa conclusione sorprendente: la proprietà , da qualsiasi parte la si guardi, con qualsiasi principio la si confronti, è un’idea contradditoria. E, avendo la negazione della proprietà come conseguenza quella dell’autorità, io deducevo immediatamente dalla mia definizione questo corollario non meno paradossale: la  vera forma di governo è l’anarchia . […] La procura di Besancon avendo ritenuto di procedere contro questo opuscolo, io fui tradotto davanti alla  corte d’ assise del dipartimento del Doubs, sotto la quadruplice imputazione di attacco alla proprietà, d’incitazione al disprezzo del governo,  d’oltraggio alla religione e al costume ..” ( Proudhon giovane: autoritratto)
Bibliografia:  in Daniel Guerin, Né Dio né padrone. Antologia del pensiero anarchico
                                                                 
PROUDHON OPERAIO TIPOGRAFO

Quest’opera ebbe, come è noto,  una grande influenza sul pensiero rivoluzionario successivo, specie  per la sua  equiparazione tra  la proprietà e il  furto (cfr.  brano)
Brano da commentare:  “Se dovessi rispondere alla seguente domanda Che cos’è la schiavitù? E rispondessi con una sola parola: E’ un assassinio, il mio pensiero sarebbe subito compreso. Non avrei bisogno di un lungo discorso per dimostrare che il potere di privare l’uomo del pensiero, della volontà, della personalità è un potere di vita e di morte, e che rendere schiavo un uomo significa assassinarlo Perché dunque a quest’altra domanda Che cos’è la proprietà ? non posso rispondere allo stesso modo : E’ un furto  senza avere la certezza di non essere compreso, benché questa seconda proposizione non sia che una trasformazione della prima? “ (da  Che cos’è la proprietà?( 1840) 

Bibliografia:  in Proudhon, Che cos'è la proprietà?, Laterza 1967, p. 19

E , tra l’ altro, questo libro suscitò come è noto, l’incondizionato elogio del giovane Marx  nella sua opera giovanile, “La sacra famiglia “(1845).  (cfr. brano). 
Brano da commentare:  ..” Proudhon non ha scritto soltanto nell'interesse dei proletari, è egli stesso un proletario. La sua opera è un manifesto scientifico del proletariato francese e presenta una importanza storica completamente altra dall'elucubrazione di un critico qualunque"
Bibliografia:  in Marx nella sua opera giovanile "La sacra fasmiglia, (1845) Editori Riuniti
                                                                                   
Nelle sue opere successive , tra cui : " Le confessioni di un rivoluzionario”,  “Idea generale della rivoluzione nel XIX secolo”, “ La giustizia nella rivoluzione e nella chiesa”,  “Il principio federativo”, “ La capacità politica dell classe operaia” , ecc. Proudhon espose in modo molto dettagliato il suo pensiero, i cui cardini fondamentali furono il mutualismo e il federalismo. Per mutualismo intese,  un sistema  fondato su associazioni di produttori e di consumatori , che abolito ogni movente di lucro  alla base dei rapporti economici , adottino la norma del “mutuo scambio” . Per federalismo intese , invece,  un’ organizzazione sociale contrapposta al centralismo e fondata prevalentemente sulle autonomie comunali. Bisogna comunque notare che questi due termini in Proudhon sono , seppure sotto profili diversi,  affini – (cfr. brano)
Brano da commentare: “…  La questione non è quindi di sapere se la Libertà risulterà dall’Ordine o se l’Ordine risulterà dalla libertà; l’una e l’altra  esistono, legate indissolubilmente fra loro per l’eternità. Nessuna forma politica ha dato sinora la vera soluzione del problema dell’accordo fra le due idee, perché fin qui la Unità è sempre stata unità artificiale, frutto della coercizione: è stata sinora Dogma, Bandiera, Simbolo di setta di partito, di  chiesa o di razza, articolo di fede o ragione di Stato. Le generazioni nuove vogliono un’unità che esprima l’anima della società; una unità spirituale che congiunga tutti i poteri della nostra coscienza e della nostra ragione, e tuttavia ci lasci il pensiero libero, la coscienza libera, il cuore libero. Ciò che oggi ci occorre è una unità, che, aggiungendosi a tutte le nostre libertà, le accresca e si fortifichi in questa libertà stessa […]  La  vecchia legge di unità e di indivisione è abrogata: il centro politico è ovunque, la circonferenza non è in alcun punto. Ogni gruppo, ogni razza, ogni lingua è sovrana nel suo territorio: ogni città è regina nel suo raggio di azione. L’ Unità resta per queste promesse che si fanno tra loro i gruppi sovrani : 1° di governarsi mutualmente e di trarre con i vicini sulla base di certi principi ; [….] Quello che noi abbiamo chiamato fin qui mutualismo, trasportato nel campo politico prende il nome di federalismo in una semplice sinonimia è espressa completamente tutta la rivoluzione , politica ed economica .” ( Proudhon, La capacità politica delle classi operaie (1864)
Bibliografia:  Lettura di Proudhon in  A rivista anarchica n. 348, novembre 2009 p. 7
  
 Eletto deputato nella Costituente del 1848, Proudhon fondò  una Banca del popolo destinata a dimostrare la possibilità del credito gratuito, ma  essa  ebbe breve durata a causa, soprattutto, della repressione bonapartista Durante il “ secondo impero” fu più volte incarcerato. Morì nel 1862. Molti suoi seguaci aderirono alla Prima Internazionale (1864), dove contestarono la  corrente socialista autoritaria guidata da Marx.
                                                                                

Infine non può,  essere taciuta la mentalità tenacemente conservatrice e reazionaria di Proudhon nei confronti della donna, la cui inferiorità per forza e per intelligenza rispetto all'uomo, la destinava, secondo lui,  all'esclusivo ruolo  di moglie e, soprattutto , di madre .  Tale reclusione in ambito domestico, vissuta fatidicamente per molti secoli da molte donne, a mio parere, fu anche dettata dalla volontà di padri e mariti di sottrarle, ritenendole," prive di discernimento" e "senza "giustizia né pudore", ai loro   "per natura" permanenti  istinti "civettuoli", (cfr. brani)

Brani da commentare:   1) “ L’essere umano completo, adeguato al  suo destino – parlo del fisico – è il maschio, che con la sua virilità raggiunge il massimo grado di tensione muscolare e nevosa inerente alla sua natura e al suo fine, e, con ciò, il massimo di attività nel lavoro e nel combattimento. La donna è il diminutivo dell’uomo, e le manca un organo per diventare qualcosa di diverso da un efebo”; “ 2) “ Il fatto è che per mettere [le donne] alla pari con noi bisognerebbe rendere in noi inutili la forza e l’intelligenza, arrestare  il progresso della scienza, dell’industria, del lavoro, impedire all’umanità di sviluppare virilmente la sua potenza, mutilarla nel corpo e nell’anima, smentire il destino, reprimere la natura, e tutto per la maggior gloria di questa povera piccola anima di donna che non può né rivaleggiare col suo compagno né seguirlo. “ ; 3) “ Così, la castità è un corollario della giustizia, il prodotto della dignità virile, il cui principi, come abbiamo spiegato prima, esiste, se esiste, a un livello molto più basso nella donna. Negli animali è la femmina che cerca il maschio, e prende l’iniziativa. Non è diversa, bisogna ammetterlo, dalla donna quale la  fa la natura e la prende la società. Tutta la differenza che c’è fra lei e le altre femmine è che la sua fregola è permanente, dura a volte tutta la vita. E’ civetta , non è detto tutto ? Nei campi, in città, ovunque si mescolano nei loro giochi ragazzi e ragazze è quasi sempre la lubricità di queste che provoca la freddezza , di quelli. Tra gli uomini quali sono i più lascivi ? Quelli il cui temperamento è più simile a quello della donna. ( brani antifemministi di Proudhon  estratti dalla Storia dell’antisemitismo di Poliakov )

Bibliografia: Leon Poliakov, Storia dell’ antisemitismo vol. 3 Da Voltaire a Wagner, La Nuova Italia 1976 pp .433-434  Cfr. anche  Elena Bignami, Le “schiave” degli “schiavi”. La “questione femminile” dal socialismo utopistico all’anarchismo italiano (1825-1917)  Clueb 2011 pp. 84-85   dove  è ben evidenziata la differenza tra la retrograda visione  sulle donne di Proudhon e quella  di precedenti socialisti "utopisti", tra cui Fourier e Saint -Simon                   



JULIETTE ADAM
JENNY D'HENRICOURT







                                                 
              
PIERRE JOSEPH PROUDHON

Una  rigida contestazione da parte di Proudhon   delle rivendicazioni femministe per l’ emancipazione e l’elogio della famiglia monogamica e del matrimonio trovarono poi  completa espressione nel libro  La pornocratie ou les femmes dans les temps Modernes , dove venivano esplicitamente attaccate  due scrittrici  e giornaliste  "femministe"  , a lui contemporanee :  JENNY D’HENRICOURT (1809-1875) e  JULIETTE LAMBERT, LA MESSINE, ADAM ( 1836-1936), che avevano criticato le sue opinioni maschiliste, nonostante la loro ammirazione per le sue dottrine sociali. (cfr. brano)
Brano da commentare: “ … Quando riassumendo in due parole, legate da un disgiuntivo, la teoria del matrimonio e il destino della donna, ho pronunciato , esprimendomi contro certe tendenze dell’epoca nostra ed a di conclusione, questa energica espressione  “cortigiana o casalinga”, in realtà non avreste dovuto fare altro che  applaudire  […]  Detto questo, consentitemi, signore, di  richiamarmi al pensiero che ha dato origine alla mia critica […]  E questo pensiero è che ogni donna che stia sognando  l’emancipazione abbia perduto, ipso facto, la santità dell’anima, l’acutezza della mente e la verginità del cuore, e si sia incamminata sulla via del peccato, non mi spingo oltre …” e più avanti nel testo "  La scuola della fantasia, di cui voi ci  date, senza saperlo, e per il solo fatto dello squilibrio del vostro cervello e della malattia della vostra anima, l’assurdo metafisico, è il piacere, il vizio, l’immoralità, la degradazione politica, è la PORNOCRAZIA”. ( Proudhon, La pornocrazia
Bibliografia : Pierre Joseph Proudhon,  La pornocrazia o le donne nei tempi moderni, Dedalo 1979, p. 62 e p. 63 . 


  
JOSEPH DEJACQUE
                                                        
    Tra i coetanei libertari (anarchici) che contestarono con durezza e al contempo con sarcasmo e ironia, l'antifemminismo conservatore di Proudhon cito JOSEPH DEJACQUE  ( cfr. post MAX STIRNER, ANSELME BELLEGUARIGUE .......) (cfr. brano)
Brano da commentare: “ .... Scrittore, sferzatore di donne, servo dell'uomo assoluto, Proudhon - Haynau  [ Haynau, generale austriaco che represse i movimenti rivoluzionari del 1848-1849, N.d.T.] che avete per knut la parola, come il boia croato, sembrate gioire di tutte le oscenità della bramosia a spogliare le vostre belle vittime sulla carta del suplizio e a flagellarle con le vostre invettive. Anarchico a metà, liberale e non libertario, volete il libero scambio per il cotone e la cera, e preconizzate protettorati dell'uomo sulla donna nella circolazione delle passioni umane; gridate contro gli alti baroni del capitale, e volete riedificare l'alta baronia del maschio sulla sua femmina vassalla; ragionatore con gli occhiali, vedete l'uomo attraverso la lente che ingrandisce gli oggetti, e la donna con la lente che li rimpicciolisce; pensatore afflitto da miopia, non potete distinguere che ciò che vi abbaglia nel presente e nel passato, e non potete scoprire niente di ciò che è alto e distante, nella prospettiva dell'avvenire: siete un infermo! [...]  Sul terreno della vera anarchia, della libertà assoluta, esisterebbe senza alcun dubbio tanta diversità fra gli esseri  quante sarebbero le persone nella società, diversità di età, di sesso, di attitudine: l'uguaglianza non è uniformità. [...] Con l'anarchia radicale, vi sarebbero dunque donne e uomini di maggiore o minore valore relativo;  vi sarebbero bambini e vecchi; ma  tutti, indistintamente , non sarebbero meno esseri umani, e sarebbero ugualmente e assolutamente liberi di muoversi nel cerchio delle loro attrazioni, liberi di consumare e di produrre come converrebbe a loro, senza alcuna  autorità paterna, maritale o governativa, senza che nessun regolamento legale o contrattuale possa pertarvi danno.  La società così compresa - e dovete comprenderla  così voi, anarchico,  che vi vantate di essere logico - che avete ancora da dire dell' infermità sessuale della femmina o del maschio del genere umano? Ascoltate, maestro Proudhon, non parlate della donna, prima di parlarne, studiatela, andate a scuola. Non vi dite  anarchico, o siate anarchico fino alla fine. Parlateci, se volete, dell'ignoto e del conosciuto, di Dio che è male, della Proprietà che è un furto. Ma quando parlate dell'uomo, non fatene una divinità autocratica, perché vi risponderò : l'uomo è male! Non attribuitegli il capitale d'intelligenza che non gli appartiene se non come diritto di conquista, per commercio d'amore, ricchezza usuraia che gli viene interamente dalla donna, che è il prodotto della sua stessa anima, non abbigliatelo con le espoliazioni altrui, perché allora vi risponderò: la proprietà è un furto ( tratto da Joseph Dejacques, De l’etre-humain male et femelle : lettre a P. J. Proudhon (1857)
Bibliografia:  Questa lettera è riprodotta integralmente  in Joseph Dejacques, L' umanisfera. Utopia anarchica, Edizioni Immanenza , 2014 nota n. 9  p. 35, p. 37, p. 38 .  Mi sembra inoltre che sia interessante sottolineare che in questa lettera per la prima volta apparve il termine "libertario" in contrapposizione con "liberale" e che poi, come è noto, fu successivamente usato spesso come sinonimo di "anarchico". Cfr. anche Internet/Google, Anarco-femminismo in Anarcopedia.
                                                                                                                                     
CAMILLO BERNERI

Nota: Purtroppo bisogna constatare che la visione sulle donne  di Proudhon persistette, per ancora molto tempo ,  in alcuni ambienti del movimento anarchico e , in parte, influenzò , persino,  lo scritto di Camillo Berneri,  "La garconne e la madre", apparso nel 1926 nel periodico Fede e ripubblicato nel 1970 dalle edizioni RL con l'ambiguo titolo L'emancipazione della donna .... . Una delle fonti ispiratrici di questo opuscolo di Berneri è, infatti, proprio la famosa frase di Proudhon, "La donna si trova al bivio: o madre di famiglia o prostituta ". (cfr. brano)
Brano da commentare:  “ …”  l’abolizione della famiglia è un programma mostruoso non solo perché cozza contro la natura spirituale della donna, ma anche perché annienta la grande missione della madre. Quello che fu il fuoco per il progresso, fu la famiglia per la civiltà. La donna è la vestale della civiltà, la donna che non è vergine costretta da un voto sacerdotale, che non è la zitella che invecchia sognando un qualsiasi Romeo che la impalmi, che non è la bestia da soma del marito e dei figli, ma la donna che considera la maternità un segno di dignità e una missione, […]  Di fronte a questa Madonna umana, la garçonne è una ridicola maschera di una femmina spregevole. …. “  ( Camillo Berneri,  La  garçonne  e la madre,  1926)
Bibliografia : Camillo Berneri, L’emancipazione della donna (considerazioni di un anarchico),  Edizioni RL, 1970, pp. 49-50


Per una critica, dal punto di vista anarchico, già negli anni '20, di questo opuscolo rinvio al post: CAMILLO BERNERI: INFANZIA E FORMAZIONE... )  Bisogna , tuttavia, notare che già all'inizio degli anni trenta,  Berneri mutò di molto le sue vedute sulle donne ( in particolare sulla figura della madre) e sulle loro sottomesse  condizioni di vita all' interno di una società patriarcale, maschilista e sessuofobica, qual' era, nell'  Europa di quegli anni, quella catto-fascista. ( cfr. i post : LA RIVOLUZIONE SESSUALE  ..... ; NEO -MALTHUSIANESIMO ANARCHICO ;  CAMILIO BERNERI, ESILIO E RIVOLUZIONE SPAGNOLA ) . 
Nell'opuscolo   Le pechê originel , scritto nel 1931, in Francia,  Berneri, infatti, a differenza che nel testo del 1926, distinse nettamente la maternità  libera e consapevole dalla  “maternità conigliesca “ (cfr. brano)
Brano da commentare:   Nessun amore fuori dal matrimonio , questa fu  la parola d’ordine  della Chiesa, che inchiodò le ali di Cupido – ex lege -   a tutte le  gogne, che infierì sulle adultere , pepetuando  i supplizi  più  barbari ; che disse  “onesta” la madre maritata e “disonesta” la non maritata, condannò i  figli naturali all’  obbrobrio generale,  chiudendoli  la porta del  sacerdozio . La morale cattolica condanna l’adulterio  con mentalità e con severità  ebraica.  L’adultera non è adultera verso l’amante, ma verso il marito, cioè verso il matrimonio, istituzione sociale sacra e inviolabile.  La donna è oltre che  res del marito,  res della società. La donna è destinata ad essere la sposa di Cristo o quella dell’uomo., o vergine o madre prolifica ed eterna minorenne soggetta al “pater familias[…]  La schiavitù matrimoniale e  la maternità obbligatoria : ecco il purgatorio anticipato per salvare dalle eterne pene infernali.[…]  La maternità conigliesca, la servile soggezione al marito puniscono tutte le donne per il peccato della prima mitica donna.  L’esaltazione della fecondazione per se stessa è civica, non ecclesiastica. Quando i preti tuonano contro il preservativo, contro il quale un  papa del secolo XIX scagliò i suoi fulmini, se hanno preoccupazione religiosa, essa è inquisitoriale. I preti non perdonano mai ad Eva di avere sedotto l’uomo “fatto a somiglianza di Dio” l’uomo che era un semi-angelo e si fece maschio, per colpa di Eva che volle una veste di carezze tutta trapunta di baci per la sua nudità. Il cruccio di Dio si rivolse contro Adamo “ tu lavorerai con sudore”. Ma l’uomo fece della donna il suo primo animale domestico. Essa sudò per lui e partorì. Gli dette i frutti della terra e del corpo suo.  […]   La  morale tradizionale  :  ecco la catena al piede di Eva.  Il prete gliel’ha ribadita.  Le leggi  e i costumi  le prime influenzate dai preti, i secondi formati da lui,  costrinsero la donna al celibato monastico, alla verginità scontenta della zitella, alla rassegnazione servile della moglie non amata e  non amante, al matrimonio imposto dai parenti.  L’ anticonformismo amoroso fu condannato dalle leggi e dall' opinione pubblica perché , alle origini, Chiesa e  Polis, dogma e leggi , rito religioso e obbligazione civica erano unite.  La fanciulla  madre sarà  condannata perché ha concepito fuori del matrimonio, cioè perché ha amato per amore e non per la prole.  La divorziata, la separata per volontà propria, sarà severamente giudicata, mentre non lo sarà il marito ripudiatore. L’adultera sarà giudicata molto più severamente dell’adultero – L’uxoricidio sarà delitto minore dell’uccisione del marito da parte della moglie. Leggi e costumi saranno ingiusti verso la donna perché la Chiesa l’ha dannata. […] Se l’educazione sessuale è ai primordi, la colpa è del moralismo cattolico . […] Dio morirà,    i dogmi saranno esposti nei musei come se si trattasse di mostruosi ragni; i preti saranno uccisi dal sole; la morale tradizionale autoritaria, intollerante, sarà sostituita dalla morale critica e libertaria.  Allora  Eva sarà bella, perché non sarà sformata per gli eccessi del lavoro , né per le privazioni della maternità conigliesca.  Eva sarà allora serena e buona. Ed è come  donna che la adorerà Adamo; cioè, come amante e come madre . Sarà allora, non il giudizio universale, ma la rinascita universale.   Poi tutta la Terra sarà un Eden, perché il lavoro l’avrà resa ricca e l’amore l’avrà riempita di canti  e di ronde di bimbi sani e  di coppie che, sorprendendo gli altri nell’impeto della voluttà e nell’estasi della  tenerezza, si scosteranno con passo leggero per non turbarle, con un sorriso di bontà e d’intesa, sognando con gioiosa speranza o ricordando  con serena nostalgia.  [ E la felicità, frutto dell’ Amore e della Libertà, germinerà e fruttificherà  ovunque agghindando la Terra. ]
 Bibliografia:  Camillo Berneri , Il peccato originale  , Archivio Famiglia Berneri 1982, pp. 17-18-19. Cfr. anche su Internet la prima edizione italiana del 1955 a cura del gruppo Albatros in 
https://www.liberliber.it/.../berneri_camillo/...peccato_originale/.../berneri_il_peccato_...
  Cfr.  ancheCamillo Berneri , Maldiciones Bíblicas, in https://ekinarenekinaz.files.wordpress.com/.../maldiciones-biblic...  dove  vi sono, alla fine, alcune righe in più, che ho messo tra parentesi quadre. (traduzione italiana mia)

 Dunque, ancor prima dei grandi passi avanti ottenuti in questo campo, dalla rivoluzione sociale spagnola ( cfr. post sulle MUJERES LIBRES) e che certamente non possono non averlo influenzato,  Berneri  già durante gli anni di esilio,  forse grazie, in parte, alla sua amicizia con  Jeanne ed Eugene Humbert,  aveva  probabilmente superato la  tradizionalistica visione antifemminista di Proudhon. ( cfr. posr  CAMILLO BERNERI , ESILIO...).  Sulla irreversibile antipatia  di Jeanne Humbert nei confronti di Proudhon, cfr. il seguente brano:
  Brano da commentare: " Un libro su Proudhon ... mi offre l'occasione di dire ciò che penso di questo falso profeta, di quello che si è affibbiato  il titolo di "padre dell'anarchia " contro ogni logica. Ciò mi attirerà i fulmini degli anarchici restati allo stadio degli illusionisti dell' idea. " ciò mi è del tutto indifferente. ... Io ho seriamente punzecchiato ( égratigné ) Proudhon nel numero di marzo del Refrattario . Questo vecchio pudibondo, antimalthusiano, anti-femminista e assai confuso nelle sue altre manifestazioni, battezzato da qualche fanatico "il padre dell'anarchia" è un amàlgama di contraddizioni che non giustifica questo titolo .... Insomma, molto antipatico..." ( Jeanne Humbert citata in  Jeanne Humbert et la lutte pour le contrôle des naissances...)

Bibliografia: in  Roger-Henri Guerrand et Francis Ronsin,    Jeanne Humbert et la lutte pour le contrôle des naissances, Spartacus, 2001 p. 182 . Il commento degli autori a questa citazione è stato:  "  Jeanne Humbert non aveva Diopadroni. Peccato per Proudhon "  (traduzione italiana mia) . 
 
 Infine tale nuovo modo di  impostare  i problemi inerenti alla famiglia e alla questione sessuale fu certamente anche agevolato in Berneri dal suo essere circondato da donne della sua famiglia (madre, moglie e figlie) eccezionali e dalla mentalità molto aperta.  Come è noto fu proprio Giovanna Caleffi Berneri a condurre in Italia, negli anni quaranta e cinquanta la lotta per il controllo delle nascite e furono Maria Luisa Berneri e la sorella Giliana a introdurre negli ambienti anarchici il pensiero di Wilhelm Reich e della cosiddetta "rivoluzione sessuale". ( cfr. i post:  "GIOVANNA CALEFFI BERNERI" e " LA RIVOLUZIONE SESSUALE (1 e 2)" ).
                                                                
PROUDHON E LA SUA FAMIGLIA

Comunque più che sul piano teorico le differenze sulla concezione della famiglia e della donna tra i due “padri di famiglia”  Camillo Berneri   e Pierre-Joseph Proudhon divergono nel modo in cui essi stessi  hanno vissuto quel ruolo. Proudhon descrisse in alcune lettere ad  amici le motivazioni , per cui si sposò e le sue concezioni sul matrimonio e sulla procreazione. (cfr.  brani) 
Brani da commentare:  1) “ Ho sposato a quarantun anni, una semplice operaia parigina, senza fortuna, ma di severi costumi e di una perfetta devozione; in quanto all’educazione, si occupa di passamaneria, per il resto così poco saccente quanto ottima cuoca. Lei ha quattordici anni meno di me.  […] Ho fatto questo matrimonio premeditatamente, senza passione, per essere a mia volta padre di famiglia, vivere completamente la mia vita, e mantenere accanto a me, nel vortice in cui mi trovo scaraventato, un’immagine della semplicità e della modestia materne. “ […] “ Mi sembra, salvo successive esperienze, di essere soddisfatto della mia scelta. Mia moglie potrebbe essere più istruita, non la troverei affatto peggiore; ma ciò non è dipeso né da lei né da me. Il lavoro e le avversità le hanno dato, in compenso, un buon senso che ha il suo valore…” (( Pierre Joseph Proudhon, Lettera al signor Tissot, 28 ottobre 1850, spedita dal carcere di Saintre-Pélagie) ; 2) “ Ho sposato a quarant’anni, una giovane e povera operaia, non per amore – capisci senza difficoltà di quale natura siano le mie passioni – ma per affinità con la sua situazione, per stima della sua persona, perché morta mia madre, mi ritrovavo senza famiglia; perché, credimi, in mancanza d’amore, avevo il desiderio della vita domestica e della paternità! Non ho fatto altri ragionamenti. […] Dopo quattro anni, la gratitudine di mia moglie mi è valsa tre  figliolette, bionde e vermiglie, che la loro madre ha allattato lei stessa e la cui esistenza riempie oggi quasi tutta la mia anima” (( Pierre Joseph Prudhon, Lettera al signor  Bergmann del 5 marzo 1853 );  3) “ Questo amore della famiglia mi rende la vita normale , limpida, facile, libera, elevata al di sopra di tutte le preoccupazioni e della stessa morte. Eh! Bambine mie, cosa io possa augurarvi di più bello che il mio nome senza macchia. E voi che cosa potete offrirmi di più prezioso come testimonianza della vostra riconoscenza, che trasmetterlo  puro e onesto ai vostri discendenti. Quanto sono bestie coloro che discutono della famiglia e vogliono porre i bambini sotto la tutela dello Stato. Lo stato, io dico come  sotto Luigi XIV, lo Stato sono io! E sventura a colui che, malgrado me,  prenderà (touchera) le mie bambine. Fare bambini, educarli, ciò renderà la morte dolce e felice; cosa importa  (que me fait) di morire se essi vivono, se io lascio a loro  qualche cosa che li aiuti a vivere e li renda buoni e felici. La morte! Per un padre di famiglia, è il brindisi alla fine del banchetto, è la corona (couronne) dopo la lotta , è la canzone dopo il ballo. Occorreva ( faillait)  essere un monaco celibe, sequestrato dal mondo, dalla vita, dalla famiglia, per occuparsi della  buona morte (bonne mort).  La morte è buona quando si ama  e si lasciano dei sopravissuti che  vi amano . Cappuccini imbecilli, lasciate la vostra tonaca, e, invece, di violentare le ragazze e le donne, fate  delle famiglie! Impuri, vili (lačhes ), cinici, satiri. …  ( Pierre Joseph Proudhon , Carnets, 1852
Bibliografia:  I primi due brani si trovano in Pierre Joseph Proudhon, Proudhon si racconta. Autobiografia mai scritta, Zero in condotta, 2016 pp. 54-55. Il terzo brano in  Edouard Dolléans, Proudhon, Gallimard 1948, p. 170
                                                                               
FAMIGLIA BERNERI
Per quanto riguarda invece  il rapporto  tra  Camillo Berneri e Giovanna Caleffi esso  appare totalmente diverso da quello instauratosi  con il matrimonio di convenienza tra Proudhon e sua moglie. Non solo il loro fu un matrimonio d’amore, ma culturalmente Giovanna , come poi dimostrò ampiamente ,  non gli era assolutamente inferiore e certamente non venne mai considerata come tale da Camillo e neanche da coloro, come per esempio Gaetano Salvemini e Umberto Marzocchi, che la conobbero. ( cfr. post GIOVANNA CALEFFI BERNERI ...) Pur condividendo  l’opinione di Carlo De Maria di  un'  adesione volontaria di Giovanna “al ruolo tradizionale di cura e salvaguardia dello spazio e degli affetti familiari “, (cfr. Carlo De Maria,  Tra pubblico e privato…., op.cit. p.156) e , aggiungo io, a una vita di sacrifici , durata lunghi difficilissimi anni,  per amore delle bambine e del marito,  non si può, a mio parere, evitare di pensare al senso di sollievo , che ella , come scrive nella sua ultima lettera a Camillo, provò  quando le figlie erano ormai cresciute e autonome.  (cfr. infra post GIOVANNA CALEFFI BERNERI). Personalmente non credo che sia stato il solo  “dolore per  la perdita di Camillo “ e la “volontà di non perderlo”  a  determinare la sua entrata nel movimento anarchico , ma anche  la volontà, di  realizzare , con maggiore tempo, ora, a sua disposizione, i suoi  giovanili ideali pedagogici e sociali , a cui aveva dovuto, in gran parte rinunciare a causa della maternità e delle ingenti responsabilità familiari .  E  , negli anni successivi, fu proprio prediligendo  quegli ideali  ,  visti per lo più da una prospettiva prettamente " al femminile", che Giovanna Caleffi si dedicò  a tempo pieno in difesa  dei valori libertari ovunque essi fossero calpestati, ( come per esempio il diritto della donna  all'autodeterminazione nella gestione del proprio corpo) sentendo comunque di avere sempre idealmente al suo fianco,   il suo amato Camillo   (cfr. infra il post  "NEO-MALTHUSIANESIMO ANARCHICO ...") 
  Berneri ebbe , inoltre un rapporto comunicativo e  affettuosamente  solidale  , assai insolito in quegli anni da parte dei padri, con le figlie  Maria Luisa e con Giliana.  Sin dalla loro infanzia, per quanto lo permettevano le sue ripetute espulsioni, arresti e le, più o meno, lunghe detenzioni nei carceri di quasi tutta Europa,  egli cercò di instaurare una relazione sincera e, il più possibile, paritaria,   che aumentò progressivamente  tanto più esse crescevano . (cfr. brano) 

Brano da commentare :  Prigione di Forest 1930. Care piccole, no, mai nella mia vita le lacrime di coloro che mi amano e che io amo profondamente mi hanno consolato. Ogni volta che accade qualche cosa vorrei essere solo, non avere nessuno che mi ami e che soffra a causa mia. Cercate dunque d’essere allegre. Essere in “tristitia hilari” come diceva Bruno, è il segno della grandezza d’animo. Voi siete delle ragazze, ma la vita di oggi è crudele e il domani sarà oscuro e pieno di lotte truci. Bisogna  abituarsi a vivere all’ombra della spada e non a quella dell’ulivo. [...]Ciò che mi è accaduto non sarebbe nulla se non fosse il segno di una cecità generale e di una viltà collettiva. Io non protesto dunque per il mio caso, in particolare; io mi rivolto contro l’epoca .  […]  Non è il carcere che mi preoccupa, ma è lo sforzo che devo fare per uscire dalla mia vita di ieri che è una volta di più spezzata e che non spero di poter riprendere a meno che io non riesca a raggiungere un po’ di tranquillità. In questo sforzo sta tutto l’amore per vostra mamma e per voi , la compensazione di sacrifici morali enormi che mi sono imposto e che nessuno oltre a me conoscerà mai; c’è in me un bisogno smisurato di prendere coscienza del mio  valore e della mia missione personale nella vita. Se tutto ciò dovesse saltare, sarebbe per me peggio  che la morte. [...] Continuare questo sforzo mi è necessario quanto respirare. Cercate dunque di essere serene. Se voi sarete   sagge, il mio cuore sarà forte. Vi abbraccio e vi ringrazio molto delle vostre belle lettere.  …” (  lettera di Camillo Berneri  a Maria Luisa e Giliana Berneri, , Prigione di Forest  1930) 
Bibliografia:  Camillo Berneri, Epistolario inedito,  volume  secondo, Archivio Famiglia Bertneri Edizioni Pistoia . Mi sembra probabile, ma non sono sicuro, che questa lettera abbia un qualche rapporto con il disegno di Giliana di una finestra senza inferriata e senza catenacci alla porta, che ho citato  nel  post GIOVANNA CALEFFI BERNERI

 Anche fisicamente  , a chi  li osservava per la prima volta, le due   “giovinette” , sembravano più  delle sorelline di Camillo piuttosto che sue figlie.  (cfr. brano)
Brano da commentare :  “ La sera me ne stavo lavorando nella mia stanzona, ecco il suono del campanello ….. Aprendo , mi trovai dinnanzi un signore alto, magro, con due belle giovinette ai lati …. Più tardi seppi che egli si era maritato giovanissimo e mi spiegai perché paresse il fratello maggiore delle due ragazze” ( Ricordo di Maria dell' Isola in Adalgisa Fochi, Con te, figlio mio! )
Bibliografia:  in  Francisco Madrid Santos, Camillo Berneri. Un anarchico italiano (1897-1937) Rivoluzione Controrivoluzione in Europa (1917-1937),  Archivio Famiglia Berneri, Pistoia, 1985 p. 204 n. 10.. Cfr. anche Vittorio Emiliani,  Gli anarchici, Bompiani, 1973, p. 176
 
Il rapporto tra padre e figlie, divenute due intelligenti ragazze,  è stato  studiato,  sulla base dei carteggi privati, in alcuni articoli di Carlo De Maria, il quale ha  evidenziato come i concetti tradizionali espressi , nell’ormai lontano 1926, da Berneri nell'opuscolo La garĉonne e la madre    (intitolato nelle  Edizioni RL  del 1970, L’emancipazione della donna ),  non influenzarono affatto  il  comportamento di Camillo nei confronti delle adolescenti  Maria Luisa e Giliana.   (cfr. brano)
Brano da commentare:  “… Anche nel «caso» dei Berneri perché il tema della famiglia  - fin qui affrontato a livello teorico – acquisti concretezza e quotidianità è necessario riferirsi al carteggio privato .Proprio nel contesto della famiglia, il dialogo tra Berneri e le sue due figlie, Maria Luisa e Giliana, nate rispettivamente nel 1918 e nel 1919, presenta dei frammenti per noi interessanti. Tra di loro si stabilì un confronto continuo a proposito di cultura, religione e politica. […]  (p. 114)Il dialogo con le figlie non fu solo di carattere personale e culturale, ma riguardò anche la situazione politica. , Giliana, ad esempio,  fin dall’estate del 1936 d’accordo con Camillo – si era impegnata a raccogliere fondi a favore degli antifascisti che partivano per la Spagna. Maria Luisa, intanto, dava il suo contributo all’organizzazione del reclutamento…..  (p. 122) .  Tornando alla corrispondenza con le figlie, è ormai possibile concludere che Camillo Berneri non cercava nel modo più assoluto di chiudere dentro la sfera domestica il  destino delle figlie.  […] Agli occhi di Camillo, Maria Luisa e Giliana  erano individui autonomi, e non soggetti il cui ruolo e la cui identità si definissero in funzione di qualcuno (figlie, mogli, madri)….» ( Carlo De Maria, Percorsi militanti e modelli di femminilità ….. «  

Bibliografia:  Carlo De Maria, Percorsi militanti e modelli di femminilità: la famiglia Berneri nel Novecento Europeo , in  Biografie percorsi e network nell’ Età contemporanea. Un approccio transnazionale tra ricerca didattica e  Public History a cura di Eloisa Berti e   Carlo De Maria , Roma Bradypus  2018  p. 114 e p. 122 . Dove sostanzialmente  l'autore si attiene  a quanto aveva gia scritto in Tra pubblico e privato. Carte personali, legami affettivi e impegno politico, in “Storica”, 2005, n. 32, p. 150, p. 152 e p. 153.  e anche Famiglia ed emancipazione agli occhi di un critico militante: Camillo Berneri, in “Studi Urbinati”, sezione B “Scienze umane e sociali”, 2005, p. 61 - p. 63 e p. 64. Cfr. anche Patrizia Gabrielli, Tempio di virilità. L’antifascismo, il genere e la storia , Franco Angeli, 2008, p. 118
 

Tornando a Pierre Joseph Proudhon  concludo questo post rilevando che, pur detestando  aspetti del suo pensiero, tra cui l' antifemminismo e l'antisemitismo (cfr. post ANARCHISMO E ANTISEMITISMO ...), a mio parere, assolutamente non condivisibili , non può tuttavia essere sottovalutato il contributo di Proudhon al pensiero antiautoritario e  anarchico come mostra  il seguente famosissimo brano, che resta tuttora un imprescindibile punto di riferimento per ogni libertari * (nota mia: l'asterisco è voluto). (cfr. brano)
Brano da commentare: “ O personalità umana! E’ possibile che durante sessanta secoli tu ti sia corrotta in questa abiezione! Tu che ti definisci santa e sacra, e non sei altro che la prostituta infaticabile, gratuita, dei tuoi servi, dei tuoi monaci e dei tuoi soldatacci. Tu lo sai e tu lo sopporti! Essere governato vuol dire essere guardato a vista, ispezionato, spiato, diretto, essere oggetto di legge, essere sottoposto a regolamenti, essere rinchiuso, indottrinato, esortato, controllato, giudicato, apprezzato, censurato, sottoposto ad ordini da parte di esseri che non ne hanno né il diritto, né la capacità, né la sapienza. Essere governato vuol dire essere fatto oggetto in ogni operazione, in ogni transazione, in ogni movimento di annotazioni, essere registrato, recensito,, essere sottoposto a tariffe, timbri, essere squadrato, essere quotato, patentato, licenziato, autorizzato, postillato, essere rimproverato, ostacolato, riformato, raddrizzato, corretto. Vuol dire, sotto il pretesto dell’unità pubblica, e in nome dell’interesse comune, essere sottoposto a tasse, essere rapinato, sfruttato, monopolizzato, essere oggetto di concussione, essere spremuto, mistificato, fatto segno di furti; poi, alla minima resistenza, alla prima parola di protesta, essere represso, multato, vilipeso, vessato, braccato, maltrattato, ammazzato, disarmato, incatenato, imprigionato, fucilato, mitragliato, giudicato, condannato, deportato, sacrificato, venduto, tradito e, per colmo di sventura, essere preso in giro, beffeggiato, oltraggiato, disonorato. Ecco il governo, ecco la sua giustizia, ecco la sua morale!...” ( Pierre, Joseph Proudhon, estratti da “  Idea generale della rivoluzione del XIX secolo (1851)
Bibliografia:  in Daniel Guerin,  Né Dio né padrone,  Antologia del pensiero anarchico, Jaca Book, p. 126-127.


 Desidero pensare, sperando che non sia  una forzatura da parte mia, che vi sia una qualche influenza di questo brano di Proudhon sul suggestivo e bellissimo articolo di Carlotta Pedrazzini « Il mio corpo non è mio» pubblicato su A  rivista anarchica.  Cito  la parte iniziale dell’articolo :
« …. Il corpo delle donne è un luogo pubblico e così anche il mio. Per quanto possa sembrare assurdo, il mio corpo non mi appartiene. Non è solo mio, appartiene allo stato, a dio, alla famiglia. Appartiene alla comunità, alla nazione, a entità collettive e superiori a me. Per questo non posso disporne come credo: ci sono delle leggi, delle norme di condotta morale e religiosa, delle regole che sanciscono cosa posso farne e in che modo, cosa mi è vietato. Il mio corpo è, all’ occorrenza, normato, attraversato, toccato, additato, calpestato, giudicato, valutato, violato, ignorato, strumentalizzato. Il mio corpo è anche un campo di battaglia. Su di esso si combattono molte guerre: repressive e securitarie, economiche , per la grandezza della nazione, contro le migrazioni, per la continuazione della razza, di religione e di dominazione culturale, di colonizzazione e di conquista. Il mio corpo è solo un tassello in un mosaico di antiche e consolidate gerarchie patriarcali che intendono autoconservarsi. Il mio corpo sta alla base di una piramide di potere e la sorregge ….»
Bibliografia:  Carlotta Pedrazzini, Il mio corpo non è mio in  A  rivista anarchica n. 430, dicembre 2018/gennaio 2019 p. 13


 

 
 
 
 
 

 

 
 
 

 
  
                                                               

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